§ FRONTIERE FINANZIARIE DELLE BANCHE

LA NUOVA SFIDA




M.C.M.



Le banche, al contrario delle imprese abituate dalla rivoluzione industriale a "convivere con l'innovazione", non hanno fatto grandi rivoluzioni, ma hanno gradualmente adeguato i loro servizi in relazione alla crescita degli scambi e alla lenta affermazione dell'economia monetaria. L'innovazione finanziaria, intesa come predisposizione di nuovi prodotti, si è presentata, dunque, in termini di "variazione su temi già noti", per usare un'efficace espressione del governatore della Banca d'Italia. Da qui, un radicato, cauto atteggiamento (sotto certi aspetti anche un po' "conservatore") da parte del banchiere, nel valutare le implicazioni del "nuovo" nella gestione aziendale, ma nello stesso tempo anche un'apertura nel rapporto personalizzato, confidenziale con il cliente, e nell'"inventare" soluzioni caso per caso.
L'innovazione è stimolata e, diremmo, alimentata dal costante impegno del mercato a dominare l'incertezza, denominatore comune delle variabili-chiavi dell'attuale contesto economico e finanziario: inflazione, accentuazione degli squilibri dell'economia mondiale con i conseguenti maggiori rischi, variabilità dei tassi e dei cambi, espansione dei disavanzi pubblici, evoluzione delle politiche economiche e di regolamentazione, spostamenti delle frontiere della tecnologia e infine l'accrescersi della concorrenza bancaria e parabancaria. Le tipologie dell'innovazione bancaria vengono riferite: al "processo produttivo"; al prodotto; al sistema degli intermediari; alla distribuzione.
Sono questi elementi-chiave che interagiscono, trasformando rapidamente l'industria dei servizi finanziari. Quest'ultima - già ora negli Stati Uniti, e certamente negli anni '90 in Europa - presenterà contorni meno definiti, poiché le banche commerciali e i diversi istituti operanti nel merchant banking e nell'investment banking dovranno sempre più fare i conti con l'ingresso sul mercato di nuovi operatori, quali società di telecomunicazioni e di informatica, grandi magazzini e altre imprese industriali. Un discorso che ci porterebbe molto lontano, per cui ci limiteremo ai "prodotti".

L'esperienza internazionale
Nell'evoluzione del sistema finanziario internazionale, troviamo l'esempio più significativo del processo di adeguamento dei prodotti a una domanda generata dalle esigenze operative in un contesto in continuo mutamento. Possiamo individuare tre fasi di questo processo, nel quale si manifestano differenti connotazioni del rapporto banca-impresa.
La prima, durata fino alla metà degli anni '70, è stata caratterizzata dall'intermediazione finanziaria e creditizio a tasso fisso. Nella seconda fase, acquistano particolare rilevanza i rischi di trasformazione delle scadenze di tasso e di cambio.
La terza fase - che è quella che stiamo attraversando - è contrassegnata da un'evoluzione del sistema finanziario internazionale verso nuovi assetti in funzione sia della domanda del mercato sia dei maggiori rischi manifestatisi attraverso il diffondersi di situazioni di insolvenza. Questa svolta si è pienamente caratterizzata, nell'84, mediante una drastica contrazione degli eurocrediti e un parallelo trasferimento di risorse direttamente sul mercato dei capitali, dove il volume delle operazioni è passato da 76 a 107 miliardi di dollari. Il sistema bancario internazionale sta dunque assumendo un ruolo di più attiva intermediazione, rispetto a quello di finanziatore diretto delle imprese.

La "facilities"
Di particolare rilievo, sotto il profilo operativo, risultano le operazioni riconducibili alla tipologia della "back up facilities", con le quali si è riusciti a far coesistere la flessibilità dell'utilizzo, preziosa per i problemi di liquidità del prenditore, con la certezza della disponibilità a medio termine: esigenze, queste, a lungo avvertite dalle imprese, la cui soluzione contestuale non era in precedenza consentita, neanche con strumenti avanzati, come le "floating, rate notes".
Il meccanismo prevede, infatti, la garanzia offerta da una banca - o più frequentemente da un gruppo di banche - a un'impresa dì acquistare i suoi titoli di credito nel caso che essi non trovino uno sbocco sul mercato. Mentre la garanzia, o linea di credito che dir si voglia, è a medio termine, l'emissione, o una serie successiva di emissioni sono a breve, assicurando quindi al prenditore il grado di liquidità desiderato.
Il prodotto dì base viene denominato Ruf, (Revolving underwrating facilities); ma il clima innovativo che domina i mercati consente di predisporre pacchetti finanziari ad hoc per ogni singola esigenza, adottando variazioni di incidenza più o meno marginale alle caratteristiche del prodotto originario. Proliferano quindi nuove sigle, quali Truf (stesso prodotto, ma con trasferibilità), Snif (stesso prodotto, ma a breve termine), Nif (Note issuance facilities), ove l'intervento della banca si limita a curare il collocamento delle notes presso il pubblico, ma non lo garantisce.
Molti altri sono i prodotti più o meno analoghi via via sfornati sui mercati anglosassoni: il Raf (Revolving acceptance facilities), i "tender panels", in varie forme, i Mot (Multioptions facilities), e così di seguito: ogni giorno nascosto di nuovi. La possibilità di reperire contemporaneamente più di un programma - o pacchetto confezionato da gruppi diversi aumenta le alternative disponibili per le imprese e, quindi, la concorrenzialità del mercato.

I "futures"
A queste innovazioni di natura creditizia si affiancano altre, rispondenti all'esigenza di fornire adeguati margini di copertura alle tesorerie delle imprese e ai rischi di cambio.
Si tratta della gamma di prodotti offerti dai mercati futures.
Tali mercati, che hanno le loro principali sedi a New York, a Chicago, a Londra a Philadelphia, più recentemente a Singapore, hanno sostituito il momento della consegna dei valori comprati o venduti, proprio dei mercati a termine, con il momento del confronto fra prezzo pattuito e prezzo corrente sul mercato per il bene oggetto del contratto.
Il più noto fra i tipi di contratto gestiti su tali mercati è il "financiaI future", avente per oggetto attività finanziarie fruttifere: treasury bills, treasury notes, depositi di euromercato, eccetera.
I contratti, standard per importo, scadenza e qualità di attività finanziarie cui si riferiscono, vengono comprati e venduti dai tesorieri delle grandi multinazionali, o di aziende nazionali con specifici problemi di gestione di tesoreria; dalle banche, come intermediarie, per coprire "mismatchings" nelle scadenze di portafoglio attivo e passivo; da privati speculatori, ai quali è sufficiente depositare margini di garanzia per partecipare al mercato.
La presenza sempre maggiore di nuovi operatori produce vistose conseguenze sull'ampiezza delle oscillazioni, specie dei mercati dei cambi cui è riferito l'altro tipo di prodotti "future" il "currency future", relativo alle quotazioni contro dollaro delle principali monete.
Più recentemente, hanno fatto la loro apparizione, non ancora del tutto consolidata, le "options" che consentono di comprare o vendere non una moneta a consegna futura, ma soltanto il diritto, esercitabile o meno ad una scadenza fissata, di comprare o vendere tale moneta.
Le operazioni "futures" si sono allargate oltre i confini dei mercati d'origine, con i "future rate agreements".
A metà strada fra operazioni di credito e contratti per compenso, si collocano gli "interest rate swaps", il cui utilizzo contribuisce a rendere più fluida la ricerca di credito, poiché consente lo scambio fra indebitamenti ottenuti a tasso fisso con altri a tasso variabile e viceversa, quasi sempre con l'intermediazione di una banca garante dei flussi degli interessi alle scadenze.

Che si fa in Italia
E' opinione corrente che il sistema finanziario italiano sia "arretrato", poco sensibile alle innovazioni e, tutt'al più, impegnato in una faticosa rincorsa dei modelli e degli schemi operativi prevalenti nel mercato più evoluti. Noi non concordiamo con questo giudizio, o quanto meno con la severità con cui spesso viene espresso.
Le più recenti innovazioni dell'euromercato sono state oggetto di attenta analisi e, in alcuni casi, di immediato riscontro operativo: è il caso delle "back up facilities" - cioè delle "note issuance facilities" e prodotti derivati - a cui aziende industriali italiane, con particolare vocazione internazionale, hanno fatto prontamente ricorso sui mercati esteri, anche con il sostegno del sistema bancario nazionale.
Importanti fattori innovativi sono riscontrabili altresì nella distribuzione dei prodotti internazionali; è noto che l'esercizio del credito è, per tali prodotti, impostato sul "wholesale"; si rileva, invece, un cospicuo esercizio del "retail" nei rapporti fra datori esteri e prenditori italiani per importi di piccola e media entità, nel quadro delle autorizzazioni di massima concesse dal Ministero del Commercio con l'Estero all'indebitamento finanziario delle imprese e dei singoli.
Il precedente limite dei 250 milioni di lire per prestiti assunti da banche dei paesi della Comunità economia europea è stato portato a 500 milioni; la loro durata è di cinque anni, senza vincolo di durata minima, che può risultare anche molto breve. Se viene, invece, accettato un vincolo di durata minima di ventiquattro mesi, l'importo può essere elevato da 500 milioni a tre miliardi. Sempre con durante minima di ventiquattro mesi, l'importo può essere elevato da 500 milioni a tre miliardi. Sempre con durata minima di ventiquattro mesi si possono ottenere prestiti da banche dei paesi dell'Ocse per un ammontare massimo di un miliardo di lire.
Opportunità di indubbio interesse, specie se consideriamo che le filiali estere di banche italiane sono in questo settore particolarmente attive, e che la loro conoscenza della clientela italiana destinataria risulta agevolata, rispetto a quella in possesso di una banca estera, dalla più che probabile esistenza di precedenti rapporti mantenuti dalla casa madre in Italia con la medesima clientela.
Aumenta, anche, la domanda di lire estere a medio termine, così come quella di una maggiore circolazione delle nostra diviso sotto forma di prestiti eurobbligazionari. Com'è noto, l'esistenza di un mercato delle "eurolire" è stata recentemente riconosciuta dalle nostre autorità monetarie, con la partenza parallela delle prime emissioni eurobbligazionarie in lire estere.
Sarà necessario allargare - speriamo al più presto - le possibilità di impiego sull'estero dei capitali nazionali, in modo da realizzare quella reciprocità di comportamento che è la premessa essenziale per dare più credibilità alla volontà di integrazione del nostro sistema finanziario.
Per quanto riguarda i finanziamenti bancari sul mercato interno, è da segnalare, per cominciare, lo sviluppo dei finanziamenti in "pool", (900 miliardi nel 1979, circa 8.500 nel 1985).
Forme tecniche particolari utilizzate sono: lo "Stand-by" e l'"Ever green" che, come il termine stesso indica, non ha durata predeterminata, rimanendo quindi in vigore per un tempo indeterminato. Un'ulteriore facilitazione è costituita dalla "swing, line", attivata a favore di una "holding" che intende far beneficiare le partecipate delle facilitazioni creditizie oltre il breve.
A metà strada tra le operazioni internazionali e quelle nazionali, vi sono le "umbrella facilities", che comportano un rapporto di credito unico tra banca e holding estera di grandi gruppi italiani, ma a vocazione internazionale, per utilizzi di cassa o di firma da effettuarsi da parte di tutte le società estere del gruppo (in dollari o in altre valute): il massimale è ovviamente stabilito in base alla capacità di credito dell'intero gruppo.
Un cenno meritano, inoltre, i finanziamenti in lire indicizzati aIl'Ecu, al cui costo, rappresentato dal tasso della divisa comunitaria, va aggiunto il rischio sul cambio lira/Ecu all'atto del rimborso. Evidentemente, la convenienza consiste nell'attesa di un margine positivo tra il costo del mercato monetario in lire e il tasso dell'Ecu comprensivo dell'eventuale perdita di cambio.
Passando al parabancario, si dovrebbero considerare, per molti versi, il "leasing" ed il "factoring" prodotti maturi, poiché sono trascorsi ormai una quindicina di anni dalla loro introduzione in Italia.
Tuttavia, essi mantengono una forte carica innovativo per la specializzazione assunto da iniziative più recenti, volte a soddisfare ben individuate esigenze di specifici segmenti del mercato.
Veniamo, infine, al mercato dei capitali: il confronto con le più importanti piazze finanziarie internazionali ci colloca ancora in posizioni marginali, ma i passi compiuti nell'ultimo biennio inducono a ben sperare. Ci vogliamo soffermare in particolare sul ruolo positivo svolto dai fondi, che si è manifestato anche attraverso la diffusione di una cultura più favorevole alla Borsa, presso le imprese e i risparmiatori, e con la creazione di un clima che ha richiamato l'attenzione degli investitori esteri sul nostro mercato.
L'inversione di tendenza, che oggi caratterizza la Borsa italiana, emerge anche dall'ingresso di nuove società con un apporto patrimoniale, misurato sui mezzi propri, pari a circa 1.500 miliardi negli ultimi diciotto mesi; ma è ancora poco, se consideriamo che, a fronte di una capitalizzazione di Borsa aggirantesi sugli 80.000 miliardi, il "materiale" immediatamente quotabile si colloca, sulla base delle stime effettuate dall'Ufficio Studi del Banco di Roma, sui 15.000-20.000 miliardi in base agli attuali valori di mercato.

Le sfide del futuro
La vera sfida che il processo di innovazione finanziaria lancia oggi al banchiere non scaturisce solo dai nuovi prodotti, ma soprattutto dalla capacità di realizzare una gestione aziendale innovativo. Produrre un servizi finanziario è relativamente facile, anche se alcuni di essi hanno raggiunto, come abbiamo visto, un notevole livello di sofisticazione. Altra cosa è gestirlo, cioè valutare i costi/opportunità, l'impatto suIl'organizzazione, nonché disporre della tecnologia e dei canali distributivi adeguati.
Quali le prospettive? Le imprese maggiori tenderanno sempre più a "fare da sé" e a porsi come concorrenti delle banche stesse in alcuni settori dell'intermediazione finanziaria internazionale, nonché negli arbitraggi tra le valute. E le aziende di credito? Dopo il processo di despecializzazione, che ha coinvolto in maniera diversa i vari sistemi, ci sembra stiano "riaffiorando" ruoli e vocazioni più diversificati. In particolare, le grandi banche tenderanno sempre più a convergere verso un ruolo basato sull'offerta integrata di servizi finanziari, di informazione e di consulenza.
Non a caso, la complessità delle operazioni, la difficoltà di valutarne correttamente il rischio - che tende ad assumere sempre più un connotato assicurativo piuttosto che bancario - l'eccessiva propensione di talune aziende di credito ad entrare, senza una preparazione adeguata, nei nuovi settori di attività, costituiscono oggi motivi di crescente preoccupazione per la stabilità del sistema. Preoccupazioni che, comunque, non vanno sopravalutate.
Questo tipo di rischi, infatti, si può assimilare a quello che per le nostre banche riveste in Italia la quota non utilizzata dei fidi accordati, quota che è dell'ordine di decine e decine di migliaia di miliardi.

Intanto l'Efta sviluppa marketing
Poche funzioni manageriali, nel mondo bancario, sono divenute in questi anni così importanti come il marketing finanziario.
Il problema di individuare quali prodotti di servizi finanziari "vedere" a depositanti e ad imprese (e come farlo) è direttamente legato alla crescita del settore finanziario dell'economia e al sempre maggior numero di soggetti che in questo campo operano, (banche, società finanziarie, assicurazioni). Su questo campo, l'Italia sta recuperando, possiamo dire rapidamente, il terreno perduto.
Nel resto d'Europa, però, i progressi sono veloci e le occasioni di riflessione sono molte. Proprio di recente si è svolto a Montecarlo l'annuale congresso dell'Efta (l'associazione europeo di management e di marketing finanziario), dedicato in special modo ai rapporti tra banca e impresa. L'Efta è nata quindici anni fa e vi aderiscono 130 istituzioni finanziarie europee di tutte le categorie, banche pubbliche, banche private e associazioni nazionali. Il suo scopo è quello di stimolare studi e ricerche - ma, ripetiamo, anche riflessioni - sul marketing bancario e finanziario. Svolge attività di indagine e di formazione, organizza seminari e panels (gli ultimi hanno avuto per oggetto i nuovi sistemi di pagamento, l'introduzione delle nuove tecnologie, il retail banking).
E' ancora poco nota in Italia. Vi aderiscono (ma da non molti anni), la Banca nazionale dell'Agricoltura, il Credito Italiano, il Banco di Roma, la Fideuram, il San Paolo di Torino e l'Associazione bancaria italiana.


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