§ ITINERARI ALTERNATIVI

LE ALTRE PUGLIE




Tonino Caputo, Gianfranco Langatta



"Da secoli - aveva scritto Armando Perotti - la Puglia è una miniera archeologica che ha disseminato i suoi tesori in tutti i musei del mondo ( ... ) Per quel che si conosce di autenticamente pugliese sparso ai quattro venti, per quel che è già catalogato e studiato, con l'abbondanza ceramica, con l'innumerabilità delle monete, con le oreficerie, coi vetri, con la plastica di creta e di metallo, con le pietre incise, noi possedemmo e producemmo tanta bellezza da poterne regalare il superfluo alla gente nuova che ha bisogno, per credere nella propria, di specchiarsi nella nobiltà altrui".
Perotti parlava della civiltà artistica pugliese, dei suoi reperti, delle testimonianze, degli itinerari che suggeriva agli uomini di scienza e di mondo. Ma la Puglia in sè, come spettacolo naturale, come paesaggio, come insieme di scorci, e come proposta di viaggio all'interno di un territorio (con la sintesi d'architettura, d'urbanistica, di aree verdi, di fenomeni geologici, di acque e di terre, di "panorami" totali) che cosa offre? Cioè: che cosa offre di alternativo, al di fuori dei percorsi "obbligati", dal Romanico al Barocco, dal preistorico al medioevale? Noi ne tenti amo un disegno, disorganico quanto si voglia, ma comunque legato alla storia, alla terra e all'uomo che l'ha dominata o che ne è stato dominato e condizionato, fuori da ogni schema convenzionale. Ci ha guidati, in decenni di partenze e di ritorni, la curiosità, insieme con il gusto della scoperta, e in compagnia di poche fonti. La Puglia, le Puglie che ci portiamo dietro sono anche queste, fantasmi segreti e inquietanti che emergono dalle nostre rodici.
Il primo punto di riferimento è adriatico.
La Grotta del Bue Marino è il più bella fra gli antri naturali di San Domino, una delle tre Tremiti. Ricorda le splendide cavità costiere che ingioiellano Leuca, con le acque smeraldine e gli echi profondi del mare sotterraneo. E "acqua verde" fu chiamata la colonia penale che vi istituì Ferdinando II, re di Napoli, che vi trasferì un gran numero di guappi e di donnine allegre. Sicché ancora oggi il dialetto delle Tremiti ha cadenze partenopee e qualche radice oscosannita, scomparse persino all'ombra del Vesuvio e delle Forche Caudine. Verde l'acqua, verde il mondo dell'Umbra, unico esempio di foresta mediterranea. Una reliquia della natura, con duemila specie vegetali.
Boschi di faggi e macchie di querce, pini, aceri, lecci in cento chilometri della parte più alta, fra i 150 e gli 800 metri del Gargano. Tre strade, partendo da Monte Sant'Angelo, Vieste e Peschici, raggiungono il cuore della foresta. Intorno, è la roccia nera dello sperone che sembra una prua in procinto di scendere in acqua.
89 gradini per cinque rompe di scale portano alla grotta-santuario di Monte Sant'Angelo, dove la leggenda - recentemente ripresa da Cassieri - vuole che un toro gigantesco si sia prostrato all'apparizione dell'arcangelo Gabriele. Qui, nella vigilia di paura che precedette in Europa l'anno Mille, accorse l'imperatore tedesco Ottone III; qui sostavano i crociati in partenza per il Santo Sepolcro. Nella chiesa che sovrasta la grotta, su una porta di bronzo, arricchita d'argento e di rame e fusa nel 1076 a Costantinopoli, il monito dell'angelo guerriero del Bene: "Terribilis locus iste et janua coeli".
Poco lontano da San Giovanni, oltre il cimitero, lungo la strada di campagna che conduce verso il Monte, la Grava di Campolato. Profondissima, è la più grande del Gargano e del resto della Puglia. Difficoltosa l'esplorazione, servono corde e ramponi: ma irripetibile l'avventura e incantominati gli scenari ipogei. E poco oltre, ci piedi del Monte Saraceno, lungo la strada per Mattinata, una necropoli con vasi, con sculture, con bronzi. Molte cose si possono ammirare nientemeno che in una farmacia di Mattinata; il resto è finito nel Museo
di Taranto. Poi è panorama sul Tavoliere: del Vallone di Pulsano o dal Vallone del Romiti. La vista si stende fino al Golfo di Manfredonia e su gran parte del Tavoliere. Rignano ha balconi imperiali. La Tomba di Rotari ripropone i suoi misteri insoluti. Dalle rive dell'Ofanto riecheggiano le voci degli uomini di Annibale. Il sole trafora gli undici raggi del rosone della cattedrale di Troia, regina del romanico pugliese, in pietra rosata. E, speculari ai suoi merletti, le severe torri di Lucera: due cilindriche, nove pentagonali, tredici quadrilatere, cento metri di balzo su tre lati, resti di cisterne e di fornaci, un perimetro di novecento metri, i ruderi imponenti del palazzo di Federico li. Fu anche la più importante fortezza angioina, baluardo militare da tempi remoti. I Sanniti vi rinchiusero 321 anni prima di Cristo i 600 Romani presi in ostaggio alle Caudine.
In cima, accanto al Lesina, il Varano: a vederlo dall'alto, il lago sembra una delle frastagliate coste della Scandinavia. Una serie di lingue di terra nella parte centrale creano fiordi e rientranze, canali ciechi e calli d'acqua percorse dalle anguille e dai capitoni. A sud, i vigneti del Torre Quarto e del Favonio, del San Severo e del Lupinello, e del Doc "Cacc'e mmitte" di uva Sumarello, rosso e vigoroso, e tra i più adatti della Puglia all'invecchiamento.
Venivano fuori ragazzi nudi, colar tabacco: il mare era dirimpettaio, e quei ragazzi sembravano delfini tirati a secco sulle scogliere. La città vecchia di Bari è una casbah intorno alla superba fabbrica di San Nicola, l'edificio che più di tutti rappresenta la regalità del romanico pugliese. Voluto dalla genialità di un abate e dall'eccezionale valore di architetti e di maestri-artigiani, sorse per ospitare le reliquie trafugate del Santo e fu a lungo un complesso abbaziale e commerciale compatto. Nel 1095, due anni prima dalla consacrazione, il frate francese Pietro l'Eremita con parole di fuoco vi predicò la prima crociata. Ed è una chiesa "orientata". Cioèguarda ad oriente, verso il Santo Sepolcro.
L'altro riferimento, l'appuntamento con la singolarità, è a Castel del Monte. Assoluto in bellezza tra i castelli e le fortezze disseminati do Svevi e Normanni in Puglia. Ottagono, con torri ottagonali agli angoli, unite da una corona di pietra: senza fossato né opere di difesa. E con questi occhi va osservato:, non come baluardo guerresco, ma come architettura ideale, luogo d'incontro della corte che meravigliò il mondo, e tempio cosmico con misure esattissime delle fasi lunari e solari, rapportate alla proporzione fra le luci e le ombre delle mura. Un, monumento al sapere; una pietra miliare che aprì nuove vie alla scienza.
La grande valle è d'Itria. Una corica carsica con invincibili ulivi, sculture di legno e simboli della saggezza. Umano, il paesaggio è recente. Trulli per casa, trulli per l'industria olearia. E' un trullo-chiesa. Tra Alberobello, Castellana Grotte, Ceglie, Cisternino, Conversano, Fasano, Locorotondo, Martina Franca, Mottola, Noci, Ostuni, Putignano e Villa Castelli, sono il grande accampamento conico che deve l'esistenza alla ferocia della feudalità: non potendosi fondar città se non per consenso regio, il Conte di Conversano, il terribile "Guercio", noto per le infamie di cui ancora oggi si racconta, consentì queste rustiche dimore ai servi, potendole "sgarrare" in poche ore, in caso di ispezione governativa. Certo, lungo il confine dei Messapi, da Manduria dalle triplici mura a Martina capitale ideale d'Itria e alla sponda adriatica, ha termine la Puglia dominata sul piano urbanistico dalla saggezza dell'organizzazione contadina (i trulli come ultima espressione), e, sul piano architettonico, dalle cattedrali e dai castelli svevo-normanni; e ci s'imbatte d'improvviso nel barocco, strade, case, balconi, chiese, piazze, portoni, mensole, colonne come linguaggio metaforico, esuberante decorazione, eleganza fastosa, edonismo visuale. Muta la luce: sui tetti e sulla campagna.
All'opulenta Canosa, che domina l'Ofanto, "rifugio di briganti e di sgherre fuorbandite", è contraltare la diafana Ostuni, tutta scale e finestrelle in cielo, miracolo di levitazione totale. Alta anche Conversano. Il resto (ma pieno d'orizzonti) è radicato sulla pianura. Storia compresa.
Nel Barese, la chiesetta di Balsente fu innalzata nel 591: è un unicum architettonico. Già nella sua forma basilicale sembra avere accenni romanici: cinque secoli prima del gran romanico europeo. Isolata, sorge in posizione stupenda, sulla sommità d'una collina che si affaccia sul Canale di Pirro, la depressione sulla quale si vuole sia transitato il re d'Epiro votato all'inutile vittoria. Problematico raggiungere la chiesetta: sulla strada tra Alberobello e Noci s'aggroviglia un tratturo. Ed è il solo accesso. Dirimpettaia, la Foresta di Mercandante, un bel bosco di pini d'Aleppo e di; cipressi, su un manto d'un migliaio di ettari tra Cassano e Altamura. Più su, presso Modugno, il "Monaco", un menhir di tutto rispetto. E' alto due metri, ed è visibile dalla strada per Bitonto. E' alla località Chianca, quattro chilometri sulla strada per Corato, l'altro megalite di gran nome, il Dolmen di Bisceglie, con gallerie a due file di lastroni sormontati dalla piatta volta. Regole, tra quelli dei Paladini, della masseria Frisari e di Albarosa. Per tutta la campagna che circonda la capitale dell'olio, Bitonto, disseminate decine di chiese rurali. Di Santa Croce, di Torre Cela,. di San Demetrio, di Sant'Eugenio, di Sant'Aneta, di Torre Ulivi (con campanile che svetta accanto alla piccola fabbrica): disegnavano un progetto di territorio? Appartenevano a una precisa spiritualità? Certo, raggiungono Andria, e preludono allo splendido "a solo" del duomo tronese, che svetta illuminandosi col mare in tempesta.
E poi ancora: Santa Maria Amalfitano, Santa Maria delle Grazie, San Giovanni di Staveta, San Barbato, Santa Cecilia, Spirito Santo, Santi Andrea e Procopio: sono alcune delle numerosissime chiese rupestri e sotterranee della campagna di Monopoli. Di solito, nelle vicinanze di masserie abbandonate. Chiese e grotte con bellissimi affreschi.
Le specchie le hanno distrutte dappertutto. Ce n'erano di gigantesche, in Terra d'Otranto in particolare. Ora, bisogna cercarle con la lanterna di Diogene. Gli studiosi le datano fra il neolitico e l'età del bronzo: mille anni prima di Cristo. Una, di dimensioni non eccezionali (ha un diametro di venti metri, ed è alta undici metri), ma comunque suggestiva, è sulla strada fra Francavilla Fontana e Ceglie Messapico: è la Specchia di Miano, una delle meglio conservate, in un'area che domina un vasto orizzonte. Sulla sommità si giunge salendo gradoni concentrici: vi sorgeva, con ogni probabilità, una torretta di avvistamento.
Egnazia alle spalle, con le mura, le strade, i resti della basilica e del molo romano. E Selva di Fasano di fronte, con un gran mare di ulivi fra querce, lecci, carrubi, corbezzoli, lentischi, a quattrocento metri d'altezza. Il mare sembra entrare fin sotto i piedi della Selva (c'erano paludi con migliaia di migratori, una. volta; poi vennero gli insetticidi e le bonifiche indiscriminate, e distrussero un ambiente e una ricchezza). Tra gli alberi, sparsi trulli, con le cupole segnate dalla calce, forse contro il malocchio. Ceglie, da queste parti, e Manduria, nel Tarantino, segnano i confini del mondo messapico.
E Oria medioevale fuma, mentre Francavilla Fontana barocca guarda. Tra le campagne, gli echi di zoccoli bradi e i profumi di vini da quindici gradi. Una terra generosa crea primaticci che prendono le strade d'Europa. E qui crescono gli "alberi del vento", pettinati a occidente dai venti costanti che spirano dalle montagne epirote e illiriche.
Passando per Cerrate, e riprendendo la via della costa, le altre acque interne. Le Cesine sono un magnifico rifugio faunistico. Tre osservatori mimetizzati fra i due laghi gomito a gomito col mare, la palude e un labirinto di canali permettono di assistere, nel corso delle grandi migrazioni primaverili e autunnali, a uno spettacolo eccezionale: frecce d'uccelli che solcono il cielo. Sono più di centocinquanta le specie che vi trovano una sosta. Con alcune rarità: il fenicottero rosa, l'airone bianco, la cicogna nera. E le folaghe in fuga dai laghi di Alimini, offesi dai fucili a ripetizione e dalle doppiette automatiche. Per gli affezionati al carsismo, Grotte della Zinzulusa, idrovore, vore. Per chi ama o studia il nostro passato, Grotta Romanelli e Grotta dei Cervi. Porto Badisco è disegnato sulla roccia. Più a sud, gli atrii marini che curvano alla Ristola e risalgono fino alle terre piatte intorno alle marine ugentine. Leuca occhieggia su un mare che non è più Adriatico né Jonio, ma il primo Mediterraneo. All'interno, le masserie fortificate, le cripte, la campagna del Ciardo e quella di Mandorino, il sole abbagliante e il bianco abbagliante, disprezzati solo dal più livido dei viaggiatori, il Briggs. L'arte passa. dalla cattedrale di Otranto a Casaranello, da Santa Caterina a Santa Croce. In cima alle tradizioni popolari, il ghigno superbo del Malladrone, che incantò D'Annunzio. Roca greca e Ugento messapica ai due poli. Poi si risale verso le dune di Porto Cesareo e si entra nel Tarantino.
Chiamano "tratturi" i sentieri di campagna segnati dalle periodiche migrazioni dei pastori. Anche questi, pagine di una storia minore e di una civiltà dimenticata. Una ragnatela di comunicazioni segnava l'intera Puglia, travalicava il Molise e giungeva in Abruzzo: vi si svolse l'epopea della "mena delle pecore", cronaca di una devastazione economica e culturale, che condizionò la civiltà contadina e arricchì solo Angioini e Aragonesi. Suggestivo, e ancora intatto, il tratturo che da Martina Franca scende a Castellaneta, e attraverso Ginosa si spinge nella Basilicata e perfora persino la Sila. E' il "Tratturo dei briganti", un giorno percorso da contadini dal cuore gonfio, inseguiti dalla cavalleria e dai bersaglieri piemontesi. Ai lati, distese a perdita d'occhio di "uve primitive"; sulle zoccolature di pietre emerse dal ventre della terra e ordinate in muricce-meandri, foreste di "celline". Gli storni fanno la spola da qui ai due specchi dei Tara e della Stornara, prima che l'argilla muti colore, e il Bradano preannunci le terre di Scotellaro.
La natura ha creato le sue leggende. Sul fondo della gravino di Massafra, uno dei burroni meno conosciuti e più intatti della Puglia, si apre la grotta dove la tradizione vuole abbia vissuto il mago Greguro, monaco e speziale, insieme con una bellissima figlia, apprendista strega. L'antro, di difficile accesso, ha dieci "stanze", una delle quali ancora oggi annerita dal fumo. Si dice che il mago vi bollisse le pozioni, servendosi dell'acqua piovana raccolta con un ingegnoso sistema. E sul fondo di questa gravina sono state catalogate ben 264 varietà di erbe medicinali. L'uomo preistorico vi lasciò pitture rituali, così originali e tanto diffuse da far parlare di una irripetibile "civiltà delle pitture rupestri".
E sempre in quest'area, tra Mottola, Massafra e Palagianello, di gravina in gravina, non una tebaide, ma una catena di cripte ricche di preziosi dipinti. L'itinerario può essere dalla gravina di Massafra verso la gravina della Madonna della Scala, dalle cripte della Madonna della Buona Nova e di Sant'Antonio Abate a quelle della Gravina di San Marco, fino alla gravino di Petruscio, con il gran casale con centinaia di grotte-case e con tre chiese rupestri.E'l'ultima gravina, lunga dieci chilometri, larga cinquecento metri, profonda duecento, è a Laterza. In paese la considerano la più grande d'Europa. Aspra e selvaggio, è un canyon in miniatura che ha, in cima, il centro abitato Numerosissime le grotte, e difficilmente raggiungibili. Tutt'intorno, strapiombi, ciuffi di timo, di frassini e di viburni.
Vi dominano il corvo imperiale e il capovaccaio. Le uve sopra il costone danno un superbo vino viola.
Infine, le Puglie che mancano all'appello. Quelle distrutte dall'uomo e dalla sua arroganza e inciviltà. Scriveva nel '32 Pietro Marti: "Ho visto distruggere molti venerandi testimoni della nostra preistoria, fra cui il Sepolcro Megalitico, ( ... ), il Dolmen di Cocumola, la Specchia del Turco presso Corigliano, il Villaggio preistorico di Caballino, il Menhir, che, fino al 1930, aveva testimoniato, per un lungo corso di secoli, la sosta di remoti immigratori anche nell'agro leccese. Ho visto demolire, e interrare i resti colossali delle Terme Pentescinensi, dell'Anfiteatro Adriano e le Colonne del Tempio di Nettuno in Taranto, ed abbandonare alla ignoranza devastatrice dei contadini o alla rapacità profanatrice dei mercanti di anticaglie le doviziose necropoli di tante città, scomparse sotto l'ira funesta della contrastata occupazione romana, dopo che i Messapi avevano offerto contributo di uomini e di armi alla temibile riscosso di Annibale; delle impetuose e irresistibili irruzioni dei Goti e dei Saraceni, e delle incessanti guerre di predominio. Ho visto prendere le vie ultramontane a molti cimeli di superba bellezza, fra cui gli Attici vasi di argento niellato, venduti, ( ... ), al barone Rotschild, che ne fece poi nobile offerta al Museo del Louvre. Ho visto, nel 1909, interrare gli avanzi delle mura e delle necropoli di Nardò, venuti alla luce, mentre si aprivano le trincee per la costruzione dell'Edificio Scolastico, e mandare in frantumi una grande statua marmorea, simulacro di divinità pagana.( ... ). Ho visto ridotte al più desolante abbandono e spesso lasciate alla mercé dei devastatori le Chiesette medievali di Aurìo, presso Surbo, di Cervate, presso Squinzano, dell'Alto, presso Campi, di S. Pietro, presso Manduria, di S. Lucia, in Soleto, dell'Apostolo Giovanni, in San Cesario, di S. Mauro e del Salvatore, in. Gallipoli, di S. Pietro del Sàmari, in Taviano, ecc., e scomparire sotto il pennello dell'imbianchino molti affreschi dell'Alto Medio Evo, che il Salazar e il Diehl avevano creduto degni di severo esame, anche nei rapporti del neo-ellenismo nell'Italia Meridionale. Ed altro ho visto, che mi ha esacerbato lo spirito fino allo sdegno ed alla tristezza, e mi ha fatto considerare come inutile all'elevamento del popolo ed alla vigilanza delle amministrazioni la nobile fatica di coloro, che - compiuta appena la indipendenza e l'unità della Patria - per oltre mezzo secolo, dal 1865 al 1915, offersero l'ingegno, La dottrina e l'entusiasmo alla rinascita artistica e culturale del Salento".
E la spoliazione delle chiese nella. campagna barese e in quella tra Brindisi e Taranto? E la scomparsa di arredi funebri delle tombe messapiche? E le "trozzelle" che ancora oggi è possibile acquistare al mercato clandestino? Sono gli appuntamenti persi con le altre Puglie: quelli che non avremo mai più, se non - per avventura - nelle case di privati collezionisti e rastrellatori. Sterile il dolore, rimane la "protesta, fatta di amarezza e di speranza", che "implica la vita civile e rappresentativa di interi millenni, e tende non solo a custodire memorie, che si vanno dileguando, ma anche a salvare i residui di un grande ed incompreso patrimonio di bellezza e di gloria".

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