BANCHE POPOLARI E TRASFORMAZIONE DEL MERCATO




Francesco Parrillo



L'illustrazione dei soli problemi delle Banche Popolari sarebbe limitata e parziale, se non fosse inserito nell'intero contesto del sistema creditizio italiano. Si tratterebbe di un discorso che può essere paragonato ad un tempio senza cupola.


Numerosi sono gli organismi centrali di categoria: nel 1939 fu creato l'istituto Centrale delle Banche Popolari e nel '45 la Centrobanca. Nel 1960 venne fondato la Società Fiduciaria per l'assistenza alle Banche Popolari; nel 1968 la Società Italiana per il Leasing-Italease; nel 1976 la Società di Factoring delle Banche Popolari-Factorit; nel 1978 l'Italaudit, emanazione della Centrobanca e nel 1979 il Cefor per la formazione del personale delle Banche Popolari. Nel 1950 fu istituita la Confederazione Internazionale del Credito Popolare, che favorisce un collegamento internazionale all'opera delle "Popolari". La collocazione e l'ottica internazionale proietta su un piano più vasto i principi della solidarietà e della collaborazione.
Attraverso tali Istituti, si attua l'arricchimento ed il potenziamento finanziario delle Banche Popolari, con una integrazione funzionale ed operativa. Viene offerto un pacchetto di servizi con un'assistenza anche centralizzata per coprire tutti i fabbisogni della clientela: dal credito agrario ed industriale a breve termine ai prestiti a lunga scadenza. La concessione del credito viene resa, pertanto, più ampia e produttiva di effetti.
Le Banche Popolari si pongono come cerniera tra le due fasce delle aziende di credito pubbliche e private. Il Comitato interministeriale del credito e del risparmio le ha definite, infatti, aziende non di lucro, ma con funzione di carattere eminentemente sociale.
Dal punto di vista funzionale, le "Popolari" sono istituzioni al servizio delle economie e delle comunità locali, delle piccole e medie imprese, dell'artigianato e dell'agricoltura. Esiste un processo di interazione tra Banche Popolari ed ambiente di cui valorizzano le risorse umane e materiali, garantendo un valido meccanismo di accumulazione e di sviluppo, di progresso e di stabilità sociale. le "Popolari" si qualificano come banche della persona e del territorio in cui operano. Sono state definite "missionarie" del risparmio in quanto a diretto contatto con le radici primigenie di questa preziosa materia prima.
Esse debbono conciliare il fenomeno della despecializzazione ed universalizzazione bancaria con la necessità di mantenere e ravvivare le connotazioni peculiari, la "specificità" delle "popolari". La categoria rivendica, quindi, un ruolo originale, anche se, come le altre banche, sul piano funzionale, anche attraverso gli organismi centrali di categoria, possono svolgere tutte le forme di attività creditizia, compreso il parabancario e l'attività sull'estero. La loro validità, come banche locali, in un sistema economico pluralistico, decentrato, capillare, con una serie di centri decisionali, gli uni indipendenti dagli altri, è ribadita dal fatto che esse hanno spazio irreversibile, anche in un sistema di automazione avanzato. La coerenza e la compatibilità delle scelte delle "popolari", per l'instaurazione di un nuovo rapporto banca-mercato, poggiano su sostanziali mutamenti che riguardano principalmente i seguenti temi:
a) Approccio al mercato di tipo "differenziato", con adeguate strategie di marketing. Una scelta, questa, che dipende dalla specificità di ciascun istituto; in particolare dalle risorse attuali e prospettiche sulle quali esso può contare, dalla composizione quali-quantitativa del mercato e dalle caratteristiche della concorrenza.
b) Recupero dell'intermediazione attraverso l'offerta di un "pacchetto" composto di prodotti finanziari puri (depositi ordinari, certificati di deposito, impieghi) e da servizi adeguati alle esigenze dell'utenza.
c) Le tecnologie riguardanti il trattamento dell'informazione rappresentano un aspetto molto importante da tenere in considerazione nella gestione delle "Popolari". Le scelte di meccanizzazione, ovviamente, debbono essere adeguate alla dimensione ed alle esigenze operative della banca e dell'utenza, evitando investimenti che non diano adeguati ritorni in termini di profittabilità e sfruttando razionalmente tipi di automazione tramite "centri consortili esterni" o "misti", allorchè quelli in "proprio" non consentano l'eliminazione delle diseconomie ed il conseguimento di più alti livelli di efficienza.
d) Adeguate forme di cooperazione debbono essere favorite specialmente sul piano funzionale ed operativo, in situazioni in cui le problematiche non sono gestibili a livello di singola banca.
e) Man mano che si estende il quadro di cooperazione è importante valutare la possibilità di partecipare ad iniziative non bancarie. Anche la struttura delle aziende di credito sarà chiamata infatti a inserirsi sempre più massicciamente in un processo d'intermediazione orientato verso forme di investimento più ampie.
f) Sempre nell'intento di individuare alcuni strumenti che dovrebbero essere oggetto di un'attenta verifica da parte delle "Popolari", è possibile promuovere interventi a medio e lungo termine finanziabili attraverso risorse internazionali.
g) La ricerca di più elevati livelli di efficienza passa attraverso un processo innovativo che vede emergere nuove funzioni manageriali, quali il marketing, la pianificazione strategica, il controllo di gestione e la gestione delle risorse umane.
h) Le implicazioni tecnologiche, organizzative e di "vendita" dei "prodotti" bancari derivanti dall'innovazione sono legate al modo in cui la banca riuscirà a "formare" le proprie risorse umane alla "gestione del cambiamento".
Le istituzioni di credito popolare vantano un'ultra secolare esistenza: buona parte delle loro attività è impostata secondo le concezioni tradizionali della banca; il processo di ammodernamento in corso deve avvenire con continuità e coerenza, e non in forma traumatica; l'innesto di nuove metodologie di lavoro, l'applicazione delle più avanzate tecnologie non deve mai perdere di vista la realizzazione di un armonico equilibrio tra passato e presente pur nella costante proiezione verso il futuro.
Ancora una volta, va riaffermato che le Banche Popolari per realizzare mirabilmente storia e modernità debbono fondere insieme tradizione ed innovazione, tradizione che non significa retrivo ancoraggio al passato, ma esaltazione dei valori immanenti della categoria che ne hanno garantito ed accresciuto il ruolo e la funzione; innovazione che non significa spirito d'avventura, salto nel buio, ma valutazione ed applicazione costante del progresso tecnologico e scientifico e di tutte le conquiste che elevano l'efficienza della banca nella stabilità.
Le "Popolari", tuttavia, come è stato affermato inizialmente, sono una componente del sistema e sono, quindi, direttamente coinvolte nel processo evolutivo che interessa l'intera struttura bancaria. Gli aspetti più salienti che dominano, ed in un certo senso condizionano lo sviluppo ed il ruolo del credito, riguardano numerosi fattori quali, innanzitutto, lo spiazzamento del sistema attraverso il crescente disavanzo del settore pubblico e dell'indebitamento che ne deriva, il quale, secondo gli ultimi dati, è salito, alla fine del 1983, a 453.439 miliardi, pari all'84,61% del Pil. Da sottolineare che, ormai, la consistenza dei titoli pubblici (BOT, CCT, BTP) ha operato il sorpasso rispetto alla raccolta bancaria. Ancora una volta, va ribadito che elemento essenziale per il risanamento dell'economia italiana e l'autonomo funzionamento del sistema creditizio è costituito da un piano pluriennale per il rientro del disavanzo pubblico. Infatti, l'alto deficit del settore pubblico non potrà essere riassorbito che attraverso una programmazione pluriennale, sorretta da una solida e decisa strategia politica, ancora ben lungi dall'essere concertata; parimenti, non è ipotizzabile un sostanziale e rapido calo dell'inflazione e, comunque, l'accorciamento del differenziale rispetto agli altri Paesi, senza che ne sia stata eliminata la sua causa strutturale di fondo, per l'appunto quella del crescente deficit statale. Conseguentemente, non è concepibile, che, nell'immediato o nel breve termine, si posso verificare un mutamento radicale nella politica monetaria, che continuerà ad essere protagonista ed inevitabilmente restrittiva, specie se, come le trascorse esperienze insegnano, non matureranno gli attesi risultati della politica di bilancio e dei redditi.
Un altro fattore riguarda la graduale emarginazione del ruolo centrale della banca di allocatrice degli investimenti produttivi. Tale pericolo è strettamente collegato a quello dello spiazzamento, in quanto la crescente invadenza del settore pubblico ha gradualmente limitato le risorse che affluiscono al finanziamento dell'economia reale.
Gli impieghi economici del sistema creditizio rappresentavano nel 1970 il 67% dei depositi, mentre oggi costituiscono soltanto il 42%; per contro, gli investimenti in titoli che, nel 1970 erano l'8-9% al 31.12.1983 sono saliti al 42% dei depositi stessi. Inoltre, specie negli ultimi anni, la banca si è trovata ad operare in un quadro economico fortemente deteriorato e con alto grado di rischio nell'attività bancaria. Significativa espressione di questa peggiorata situazione operativa è l'andamento delle sofferenze, che, alla fine del 1983, con 10.696 miliardi rappresentavano il 6,6% degli impieghi. Nel 1982 tale percentuale era al 5,4% e nel 1981 al 4,5%. Al 31 giugno 1984, la consistenza delle sofferenze è salita a 13.419 miliardi, pari al 6,9%.
Altra caratteristica qualificante dell'evoluzione del sistema creditizio è il fenomeno della disintermediazione, che ha assunto, ormai, connotazioni strutturali e appare, nel breve termine, difficilmente reversibile. Nel 1975, la raccolta costituiva l'80,69% del PIL; nel 1983, tale rapporto è sceso al 69,46%. Espressi in lire 1975, i 372 mila miliardi di depositi del 1983 si riducono a 108 mila miliardi, cifra che poco si discosta dai 101 mila miliardi di raccolta di quell'anno. in termini reali, la crescita del risparmio gestita dal sistema è insignificante.
Si aggiunga che, specie nell'ultimo triennio, gran parte dell'aumento della raccolta è avvenuto negli ultimi mesi; nel 1983 su 43 mila miliardi d'incremento globale ben 40 mila miliardi, pari al 91%, si sono verificati nel solo mese di dicembre, a comprovare che la maggior aliquota della crescita è dovuta alla capitalizzazione degli interessi e non all'afflusso di risparmio fresco vero e proprio.
L'emorragia dei depositi trova rispondenza nella posizione occupata dalla raccolta nella consistenza e nei flussi delle attività finanziarie: essa è scesa, sempre alla fine del 1983, rispettivamente a livelli del 44,5% e del 38%, dopo aver toccato punte del 62% e 75% nell'anno 1975 ed essersi mantenute su quote sempre assai elevate.
Oltre che dalle note cause dell'inevitabile ricorso dello Stato a nuove e crescenti emissioni di titoli pubblici e dal permanere di una politica monetaria sostanzialmente restrittiva, la "fuga" dal deposito è favorita dall'elevata tassazione degli interessi sugli stessi, dall'offerta al risparmiatore di nuove attività finanziarie più allettanti, dalla scarsa efficacia di politiche aziendali rivolte a contrastare il declino della raccolta, attraverso un impossibile aumento dei tassi od una differenziazione della remunerazione in relazione alla diversificazione temporale delle varie forme di acquisizione di risorse.
Puntualmente, nel corso del 1984, si è verificato un decremento dei depositi da 372.240 miliardi al 31.12.1983 e 360.500 miliardi al 31.8.1984. L'incremento su base annua (agosto 1984 su agosto '83) è sceso al 9,98%. La disintermediazione, dunque, è una condizione, un vincolo, da cui non può prescindere, nel prossimo futuro, qualunque manovra che si ponga come obiettivo la salvaguardia dell'efficienza allocativa della funziona bancaria, compatibilmente con l'equilibrio finanziario ed economico della gestione. Gli spazi, pertanto, per le scelte di uomini, di rischio, di settori operativi e di attività produttiva continuano a permanere molto angusti per il sistema creditizio. Entro questo stretto sentiero va inserito e spiegato il fenomeno della disintermediazione bancaria.


Banca Popolare Pugliese
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