§ NORD CHIAMA SUD

DUE QUESTIONI INCROCIATE PER UN PROGETTO DI SVILUPPO




Claudio Alemanno



Il nuovo Sud col suo antico rosario di domande inevase ed il nuovo Nord stretto nella morsa dei sussulti rigeneratori della dinamica d'impresa guardano entrambi con sofferta indulgenza a chi detiene compiti e responsabilità di direzione politica. Siamo ormai tutti coinvolti, talmente coinvolti nella ricerca di un nuovo schema di valori, di un nuovo assetto economico-produttivo, di un nuovo modello di organizzazione sociale da indurci a riporre tra le anticaglie della nonno le minute vicende corporative e di contrada che popolano quotidianamente la vita del "Palazzo".
Ahimè, la nuda sequenza dei fatti è molto distante da una visione progettuale d'assieme a un tempo concreta e suggestiva che una rinnovata organizzazione del mercato richiederebbe. Da qui l'esigenza di elevare nel tono e nei contenuti la tensione morale del momento politico, situandola "ultra partes" almeno nelle decisioni di maggiore interesse generale (le scelte per il Sud scaturenti dalla definizione del modello di società postindustriale che si vuole accreditare sono sicuramente tra queste).
Quest'appello può sembrare patetico o retorico, in realtà esprime l'ansia di mutamenti reali nella condizione politica e parlamentare, preliminari ad ogni iniziativa volta a promuovere e muovere le pedine del gioco complesso che alimenta la ricerca degli equilibri di lungo periodo. L'attuale travaglio investe il Nord come il Sud anche se il conformismo intellettuale e la strategia dei potentati economici, più inclini ad accettare lo status quo e dunque una visione statica della geografia dello sviluppo, possono indurre a trovare soluzioni differenziate, ratificando ancora distinzioni di ruolo tra attori e comprimari.
La tentazione di interpretare l'innovazione tecnologica come fattore di stabilizzazione è forte. Ma l'obiettiva funzione sociale del "fare politica" non può prescindere da questa nuova occasione storica per dare alla sua azione una palese coloritura dirimente le antiche e costose diseguaglianze. Se si radica la convinzione comune di considerare tutti protagonisti in pari grado dell'onere a tutti incombente nella costruzione di un modello di sviluppo diffuso, nuovi spiragli si aprono sul fronte della produzione legislativa e del ruolo dell'impresa. Spazzando via un dogma antico ed ancora vitale, il sottile e cinico "distinguo" tra sistema e sottosistemi, foriero di ulteriori esasperazioni sia al Nord che al Sud. Spazzando via la logica disarticolante dei provvedimenti tampone (i limiti finanziari imposti all'attività di liquidazione della Casmez sono noti) e l'ossessiva gimcana dei minuti compromessi a basso costo inquinanti intenzioni e metodi di lavoro su tutto l'arco della politica industriale.


Si attendono poche, chiare e suggestive idee-guida che verosimilmente portino la riflessione politica ad esercitare la sua tradizionale funzione di proposta nel segno di una organica riorganizzazione del mercato e quindi aperta a fenomeni naturali di penetrazione finanziaria e di irradiamento dei centri di ricerca di nuove unità produttive e di stimolanti attività d'impresa verso il Mezzogiorno.
Le molte facce della questione meridionale per molti versi sono lo specchio riflettente i guasti prodotti dalla turbolenza che il diverso atteggiarsi della questione settentrionale di volta in volta ha generato. Ed è proprio la tematica dello sviluppo tecnologico e delle conseguenti modifiche di struttura che ora ha investito con accenti più gravi le aree del Settentrione a rendere caduchi i valori di egemonia del sistema primario, avendo portato allo scoperto tutte le disfunzioni implicite nella esasperata concentrazione territoriale della base produttiva. L'approccio al problema del nuovo ordine economico va quindi affrontato con meno sussiego verso gli schemi tradizionali imposti dalle politiche dei fattori e dei settori, ricercando discipline di supporto per l'attività d'impresa più flessibili e aderenti all'evoluzione spontanea del mercato che per suo conto non trova più favorevoli condizioni di espansione nelle aree superindustrializzate.
Occorre rimestare con sapienza e lungimiranza gli aspetti economici e finanziari con le valutazioni di ordine strategico nel contesto di un disegno politico globale, promotore di uno sviluppo diffuso. Percorrendo questa via l'astratto richiamo al mercato unitario diventa impegno concreto, si personalizza in iniziative imprenditoriali sempre più ramificate dando impulso ad una partecipazione meno distaccata e conflittuale del mondo del lavoro ai nuovi meccanismi con cui s'intende accompagnare il rilancio delle attività produttive.


Fattore trainante resta comunque l'azione statale di proposta e di coordinamento e sotto il profilo della qualificazione dello sviluppo il ruolo esercitato dalla domanda pubblica. Esso sarà tanto più apprezzato se riuscirà a stimolare in pari grado un processo selettivo degli impieghi ed una equilibrata diffusione territoriale delle attività d'impresa, secondo uno schema di allineamento tendenziale dei valori regionali espressi dal prodotto per abitante. All'egemonia del sistema primario, sorretta ancora da ragioni di opportunismo convenzionale, si deve contrapporre una nuova leadership che a livello politico e manageriale sia portatrice di valori e strumenti operativi realmente unificanti. E' questo l'humus con cui modellare le scadenze prossime, piano triennale per il Mezzogiorno, legge organica per l'intervento straordinario, leggi generali d'incentivazione, e quelle più remote, relative ai grandi progetti di riforma attesi sul più vasto orizzonte economico e istituzionale. Per dare con spirito di servizio chiare regole procedurali al riordino del frammentato e distorto circuito della crescita. Per sfatare l'ineluttabilità delle diseguaglianze di orwelliana memoria.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000