INUTILI GRIDE




Federico Orlando



Ogni tanto il Comune di Roma fa ripulire sui muri le lapidi del Sei e del Settecento con le ordinanze dell'illustrissimo e Reverendissimo monsignor Presidente delle Strade, che comminano pene di "scudi dieci et altre pene corporali a chi faccia immondezzaro in esto loco". Dove, peraltro, l'immondizia continuò ad accumularsi allora e s'accumula oggi.
Molte leggi italiane si affiancano a queste inutili gride. Alcune, però, le superano per irragionevolezza. Ce n'è una del 1976, la numero 319, che punisce con l'ammenda o con l'arresto per l'inquinamento dell'acqua, ma solo con l'ammenda per l'inquinamento dell'aria, che è un bene di eguale natura e rilevanza. Un'altra legge, la 283 del 1962, punisce con arresto e ammenda per le adulterazioni degli alimenti in genere, ma solo con l'ammenda per quelle dei prodotti dietetici e per la prima infanzia, destinate a soggetti più bisognosi di tutela.
Questo spiega la convinzione che si son fatti i redattori di Leggi d'Italia - Testo vigente, la colossale opera in 63 volumi di cui l'Istituto De Agostini di Novara ha presentato l'ottava edizione: "Il nostro sistema legislativo - dicono - è quanto di più complesso, farraginoso e, in sostanza, inconoscibile si possa immaginare. E questo per due motivi, soprattutto: l'enorme numero delle materie che vengono disciplinate con leggi e le continue modificazioni alle quali vengono assoggettate le norme".
Il lettore neanche immagina cosa ci sia dietro quella bustina di camomilla che talvolta gli fa compagnia prima di andare a letto. Era il 30 ottobre 1940: due giorni prima, l'Italia aveva deciso di spezzare le reni alla Grecia e perciò si combatteva sulle montagne dell'Epiro. Ma il nostro legislatore varava la legge 1724, appunto del 30 ottobre 1940, sulla "Disciplina della raccolta e della vendita della camomilla". Essa vieta che la raccolta abbia luogo "fuori del periodo di tempo balsamico stabilito". Né permette di fare, come si dice, d'ogni erba un fascio. Infatti, allo stato fresco, il fiore di camomilla è catalogato di tipo A e di tipo B. Il primo tipo contempla solo capolini integri, a colore inalterato, con gambi di lunghezza massima di due centimetri; mentre l'altro tipo comprende capolini integri e sfatti o solo capolini sfatti, gambi fino a centimetri cinque, ricettacoli con gambo della stessa lunghezza, foglie in quantità massima 5%, steli idem per lunghezza e quantità. La legge passa quindi a dettagliare 5 tipi di fiori allo stato secco, ma non possiamo appagare il vostro anelito di conoscenza giuridica, perchè non abbiamo spazio.
L'istituto De Agostini di spazio ne ha trovato tanto, 63 mila pagine, aggiornate ogni volta che esce una nuova legge. E' un lavoro improbo, ma sacrosanto, altrimenti gli "operatori del diritto", come si dice oggi in sociologese, e i cittadini che del Diritto portano la croce, cadrebbero più spesso sotto il suo peso.
L'incoscienza del nostro legislatore, infatti, non ha limiti. Il 25 giugno 1865, Vittorio Emanuele Il regnava su questo Paese, ma la sua capitale era ancora a Firenze. Roma sarebbe diventata italiana solo nel 1870. Quel 25 giugno fu varata una legge, tuttora vigente, la 2325, su un problema importantissimo, l'esproprio per pubblica utilità. L'articolo 5 dice che "Il modo in cui dovranno proporsi, raccogliersi e trasmettersi le osservazioni e le risposte e gli altri particolari relativi, saranno determinati nel regolamento di amministrazione, da pubblicarsi per la esecuzione della presente legge". Sono passati 119 anni e quel regolamento non è stato mai emanato.
Nel frattempo, alcuni articoli della legge sono stato sostituiti da un'altra del 18 dicembre 1879, altri sono stati sostituiti o abrogati dopo più di un secolo, la legge ha perduto perfino il suo titolo "Espropriazione per pubblica utilità", poichè la Costituzione parla di espropriazione "per pubblico interesse". Per poter essere applicata, dev'essere coordinata con altre leggi successive. Molti suoi termini non esistono più e sono stati modificati (Sottoprefetture, abrogate; Ministero della Guerra, diventato della Difesa; Deputazione Provinciale, diventata Giunta provinciale amministrativa, ecc.).
Nessun italiano è in grado, a meno di impazzire, di avventurarsi nei collages necessari per costruire il testo sicuramente vigente della disciplina di una materia. Troppa legge, niente legge. "A questo dovrebbero pensare i cittadini quando sentono parlare di riforme istituzionali e immaginano che siano cose che non riguardano loro, ma solo i politici", dice il giudice Vittorio De Martino, autore della colossale opera Leggi d'Italia, un'opera di privati, che hanno dato al nostro Paese l'intero Digesto delle sue leggi vigenti.
Essa apre strade nella selva legislativa, indicando per ogni legge i richiami alle altre norme con cui va collegata; le "disposizioni incompatibili" che ogni nuova legge abroga ma che lascia all'interprete il compito di ricercare; il regolamento che accompagno la nuova legge oppure quello che accompagnava la legge abrogata se la nuova ne è sfornita; le parti del vecchio regolamento ancora utilizzabili con la nuova disciplina. In Leggi d'Italia tutto questo è stato fatto, c'è già, e diventa più difficile capire perchè la Commissione di Palazzo Chigi creda che occorra "molto tempo" per accorpare e ordinare in materie le 220 mila leggi che ci deliziano in ogni momento della giornata, anche quando beviamo camomilla.

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