IL SENSO DELLA SFIDA




Romano Prodi



Il 1985 non ci risolverà molte novità per quanto riguarda i risultati dell'economia mondiale, ma sarà decisivo per le scelte che si dovranno operare. Sarà dunque importante più per la politica economica che per l'andamento dell'economia. Questa avrà infatti un trend molto simile a quello espresso nel 1984. Avremo cioè un andamento positivo negli Stati Uniti (penso più nell'ordine del 4% che non del 3% di sviluppo del prodotto nazionale lordo), anche se non saranno raggiunti gli stessi risultati dell'84. La ripresa del nostro continente invece si manterrà fragile. L'economia europea è infatti pigra, timorosa. La stessa Germania ha paura. Sono così le esportazioni verso gli Usa, più che le decisioni interne o la possibilità di gestire se stessi, a scandire il ritmo sonnolento di tale ripresa.
Se è vero che i paesi europei sono riusciti a fronteggiare il pericolo numero uno della fine degli anni Settanta, cioè l'inflazione, è anche vero che non sono stati capaci di avere una pur vaga idea di come provocare una ripresa. E soprattutto hanno permesso che si ingigantisse quello che allora era il pericolo numero due e che ora è il pericolo numero uno, cioè la disoccupazione. La disoccupazione è oggi il veleno dell'Europa, un tema su cui, ancora una volta, non c'è coordinamento, non c'è fantasia, non ci sono piani pubblici. E d'altra parte , ogni possibile rimedio assumerebbe il valore di un palliativo. La disoccupazione la si vince solo con la ripresa dinamica del sistema economico e non con lo sviluppo del Pil che si aggirerà anche quest'anno tra il 2 e il 3%.
E veniamo alla politica economica. Qui l'interesse è puntato sugli Stati Uniti.
La politica economica di Reagan ha avuto risultati certamente positivi ed è stata la frusta della ripresa americana. Ma ora il presidente è di fronte a problemi la cui soluzione non può essere rinviata. Deficit pubblico e disavanzo della bilancia commerciale hanno raggiunto infatti limiti più che preoccupanti. Stretta tra una spesa pubblica difficilmente comprimibile (almeno per quanto si ritiene possibile) e la promessa dello stesso Reagan di non accrescere le imposte, l'economia americana rischia di cadere nella trappola di un drammatico immobilismo, di una politica "tutto fumo, niente arrosto". E in più si dovranno fare i conti con il deficit della bilancia commerciale che, trascurato fino ad ora, è diventato estremamente pesante. Gli Usa oggi esportano solo beni di cui detengono quasi il monopolio mondiale: cereali, aerei, tecnologie altamente sofisticate e buoni del tesoro. Ed è proprio attraverso quest'ultimo tipo di esportazione che proteggono la bilancia dei pagamenti. Un tale processo non può continuare all'infinito e qualche decisione dovrà essere presa. In termini teorici basterebbe una non grande imposta sulla benzina e sul gasolio a frenare sia il deficit pubblico che quello della bilancia dei pagamenti. Tutti lo riconoscono, ma riconoscono anche che questa misura sarebbe "rivoluzionaria" e perciò improponibile.
L'Europa si accontenta di questo stato di torpore, che accresce lentamente il tasso di disoccupazione, senza creare drammatici traumi, ma che fa perdere terreno nei confronti degli Stati Uniti. Ed è abbastanza grande per poter prendere quelle decisioni per sopravvivere, ma nessun paese è tanto grande da poter operare scelte sufficienti per un rilancio generale.
Anche in Italia la ripresa è stata timida come negli altri paesi europei. Le aziende hanno la necessità di spingere sempre di più le esportazioni verso i paesi industriali. In tale quadro emerge un altro problema per la nostra economia, rappresentato da una sostanziale rivalutazione della nostra moneta nei confronti del marco tedesco e del franco francese. Mediamente, in quattro anni questa è stato di circa il 24% nei confronti del marco e del 19% sul franco. Si sono perse così quote di mercato in Europa che sono, è vero, bilanciate dall'incremento delle esportazioni in Usa, ma che affaticano ugualmente il nostro sistema produttivo.
Di fronte a tali difficoltà e al mercato stagnante, le imprese italiane sono costrette a trovare al proprio interno le ragioni e gli strumenti del successo. Anche per il 1985 la strada per far tornare i conti passa dunque attraverso le razionalizzazioni, gli aumenti di produttività, la raffinazione dei prodotti, la fantasia nel trovare settori e soluzioni inedite. Non è facile adottare la propria mente e le proprie azioni ad un periodo in cui i prodotti e i mercati non crescono più, ma cambiano continuamente. Ma questa è proprio la sfida che abbiamo di fronte.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000