§ "LE OPINIONI"

OTTIMISMO CON GIUDIZIO




Gianni Agnelli



Guardiamo all'economia italiana nel 1985 con il sollievo di chi ha passato, nel 1984, un "guado difficile"; con un ragionato ottimismo, quindi, ma anche con la consapevolezza di chi sa che il terreno asciutto è ancora lontano, che è necessario nuotare e non solo galleggiare.
Sono convinto che il fatto più importante, il fiore all'occhiello con cui ci affacciamo al 1985, sia la diminuzione dell'inflazione. Un abbassamento di quattro punti in un anno nel tasso d'inflazione, una netta riduzione del differenziale con gli altri paesi della Cee, la riconquista, dopo ben undici anni, dell'"inflazione a una cifra", sono traguardi meritevoli. Sono traguardi, vorrei aggiungere, che depongono bene non solo per l'economia ma anche per la società. Perchè l'inflazione italiana ha radici anche nella decomposizione della società civile, in una "indicizzazione spontanea" fondata sulla diffidenza, sullo scavalcamento, sull'antagonismo di ceti, categorie, classi, interessi. Un allentamento delle pressioni inflazionistiche vuoi dire quindi anche un salto di maturità, una ricomposizione delle tensioni, un armistizio della lotta sociale.
Può sembrare ironico parlare di ricomposizione proprio quando si abbassano le saracinesche nei negozi e il solco fra lavoratori dipendenti e indipendenti sembra diventare una trincea. Ma io voglio leggere questi avvenimenti in chiave di ottimismo, come i travagli di un cambiamento: la società italiana sta maturando, e affronta i grandi problemi dell'inflazione e del disavanzo pubblico. Sono problemi che vengono da lontano, che hanno radici profonde: la loro soluzione mette e metterà in crisi equilibri costituiti, ma la linea che stiamo seguendo è quella giusta.
Proprio perchè penso che la riduzione dell'inflazione sia un fatto importante, proprio perchè penso sia sperata e voluto dall'opinione pubblica come un fatto irreversibile, sono preoccupato da come si annuncia l'inflazione nel 1985. È importante che il rientro dell'inflazione italiana non rallenti, ed è indispensabile che non si ritorni indietro. Se si dovessero deludere le speranze di un rientra permanente dell'inflazione, forse sarebbe stato meglio non averle mai suscitate.
Quali sono i fattori che incidono sull'inflazione del 1985? Sono essenzialmente tre: l'inflazione importata, e quella interna, che a sua volta si divide fra inflazione. "governativa" (prezzi controllati, tariffe, imposte) e inflazione "di mercato", che dipende essenzialmente dal costo del lavoro, dato che il lavoro assorbe il 70% del reddito nazionale netto. Ebbene, l'inflazione importata ci ha dato una mano nel 1984: perchè l'anno prima i prezzi delle importazioni erano aumentati solo del 4%, e gli effetti si sono lentamente trasferiti nella determinazione dei prezzi del 1984. Ma oggi, i prezzi delle importazioni sono stati spinti in alto dalla ripresa internazionale e dall'effetto-dollaro sul petrolio, e viaggiano sul 10%. Questa percentuale di aumento non è più favorevole, e non è più nemmeno neutra: è sfavorevole, dato che l'obiettivo governativo per il 1985 è un tasso di inflazione del 7%. Dei pari, l'andamento delle tariffe e dei prezzi amministrati ci ha dato una mano nel 1984, essendo stato inferiore alla media. Ma non si prevede un andamento analogo nel 1985, dato che disinflazionare con le tariffe vorrebbe dire allargare il deficit pubblico. E l'accorpamento dell'Iva, accompagnato da una qualche traslazione delle maggiori imposte sui commercianti, desta altre preoccupazioni sull'inflazione "da imposte".
Rimane l'inflazione da costo del lavoro, ma anche qui le notizie non sono buone: il peso degli automatismi del passato è tale, per cui il costo orario del lavoro si accinge ad aumentare nel 1985 in misura incompatibile col tasso di inflazione programmato dal governo. Per questo penso sia indispensabile un accordo o un intervento per riportare l'inflazione italiana a quell'obiettivo che sancirebbe il rientro in Europa e lo smantellamento di quelle attese, di quelle tensioni, di quelle incertezze che tanto hanno contribuito alla precarietà della nostra convivenza civile.
Ho voluto parlare a lungo dell'inflazione perchè penso sia il nodo centrale anche per quanto riguarda le prospettive dell'economia reale. Con una Banca Centrale che prende giustamente sul serio l'obiettivo del 7%, è da prevedere che anche le modeste previsioni di crescita del prodotto interno lordo italiano - il 2,5-3% all'incirca eguale al tasso di sviluppo dell'84 - rischiano di non realizzarsi se l'inflazione dovesse essere superiore al previsto.
Questa non è la sola nube che grava sull'economia reale. Un altro fattore di incertezza sta nel rallentamento dell'economia statunitense. Abbiamo tutti guardato con ammirazione alla locomotiva americana, e al record del dollaro. Ma il fatto è che l'economia americano era e rimane un'economia fortemente ciclica, e i boom non durano per sempre. La stessa ammirazione che i mercati valutari portano al dollaro si sta ritorcendo contro l'economia degli Usa, dove la caduta della competitività e il dilagare delle importazioni sottraggono vendite ai produttori domestici. In breve, stanno venendo al pettine i nodi di una ripresa impetuosa ma anomala, fondata su un forte disavanzo pubblico e accompagnata da un forte disavanzo con l'estero.
Tutto questo vuoi dire che l'Europa non può contare, come nel 1984, sulle grucce dell'economia americana. Esistono nel nostro continente stimoli sufficienti per una continuazione della pur timida ripresa europea? Forse sì, se gli investimenti confermano l'attuale tendenza positiva, e se i progressi realizzati in Germania e Inghilterra nel controllo della finanza pubblica consentiranno una politica di bilancio meno restrittiva.
I tassi di interesse reali in Italia rimarranno elevati. Questa è una facile previsione, dato che i progressi realizzati sul contenimento del fabbisogno pubblico non sono tali da permetterci di diminuire la remunerazione reale del risparmio delle famiglie.
Per quanto riguarda i mercati delle valute, il meno che si posso dire è che siamo in un periodo di grande instabilità, effettiva e potenziale. è difficile fare previsioni, e la continua ascesa del dollaro ci ha insegnato a esser cauti. Ma, anche se i numeri sono incerti, è invece certo il messaggio operativo che ne discende: non dobbiamo aspettarci regali dai mercati delle volute, e dobbiamo coprirci dai rischi. In questo, come nel resto, dobbiamo contare solo sulle nostre forze: è nella gestione industriale, nella capacità di produrre reddito, e non nella gestione finanziaria o dei cambi, che dobbiamo trovare la conferma della competitività dell'Azienda Italia.

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