§ FANTASIA POPOLARE

LA NIPIOLOGIA NEI PREGIUDIZI POPOLARI SALENTINI




Ada Nucita



I nostri vocabolari spiegano la parola "nipiologia" come la scienza che studia il lattante sotto i vari aspetti: biologico, psicologico, ecc., mentre attribuiscono alla parola "pregiudizio" (fatto arcaico nelle nuove epoche) il significato di falsa opinione o "errore", come pensarono gli enciclopedisti, i quali ritennero di poterlo controllare "con la pietra del vero".
Col progresso degli studi, però, ai pregiudizi è stato attribuito un valore relativo: ciò che oggi è falso o vero non lo sarà domani col mutare della situazione scientifica.
I pregiudizi, comunque, sono innumerevoli, diversi da continente a continente, da stato a stato, da regione a regione, da paese a paese; ma, fra tutti, quelli che rivestono un particolare carattere sono i pregiudizi sull'allattamento, che riguardano la prima fase della vita, quando l'infanzia è maggiormente legata alla madre. Il latte, in tale periodo, suscita grande preoccupazione, tant'è che l'antichità creò la dea Rumina (da ruma, mammella) affinchè proteggesse la nuova creatura durante l'allattamento (Corso).
Secondo una credenza popolare, ogni anno bisestile "ete annu, te vacche" (è anno di vacche) per il fatto che le coppie procreano di più.
Sin dal periodo della gestazione le donne del basso Salento usavano appendersi al collo la pietra del latte, che consisteva in un pezzettino di seice e ricordava la galattite del Romani. Subito dopo il parto la nonna, seguendo i consigli della tradizione, strizzava i capezzolini alla neonata, in modo che essa crescendo e diventando madre li avesse ben disposti alla secrezione.
In qualche paese della Grecìa Salentina, la madre che allattava usava spalmare per alcuni giorni i genitali del bambino con un poco d'olio credendo di evitare, in fai modo, il disseccamento degli organi della generazione.
Anche oggi si pensa che la quantità e la qualità del latte dipendano dall'alimentazione, secondo il principio che ogni cibo ed ogni bevanda ingeriti dalla madre passano con il latte alla creatura, producendo buoni o cattivi effetti. Di qui l'idea di regolare la dieta della puerpera secondo le pratiche della tradizione, la quale, per favorire la secrezione, consiglia di mangiare: lattughe, patate cotte, carne lessata di vitello, pasta fatto in casa, verdura in abbondanza e bere del buon vino.
A Castrignano dei Greci si dice: "Làchano poddhì, addho tósson gala sto vizzì" (Verdura in abbondanza, altrettanto latte nella mammella); a Corigliano d'Otranto, invece.: "Màlafro is mana, gala sto pedì" (Finocchio alla madre, latte al bambino).
Per diminuire od attenuare la secrezione, la tradizione consiglia di fare uso di legumi, sciroppo di cicoria (quest'ultima indurisce le ghiandole galattofore) e di malva; le donne di Tiggiano infatti dicono: "Fenucchiu: forza te minne. Cicora: latte nun tinne" (Finocchio: forza di mammelle. Cicoria: latte non tenne). A Specchia Gallone: "le lenticchie, poco latte triste". A Maglie, come in altri paesi, alcune donne anziane fanno distinzione tra il "latte del cuore" il "latte di capo" oppure il "latte di spalla".
Secondo questa tradizione il primo ed il secondo, affluendo dalle parti vicine al cuore od al capo, si alterano se la madre è in preda a qualche dispiacere o a qualche agitazione psichica; il latte di spalla, invece, affluendo dalle regioni posteriori, non è suscettibile di alterazioni. Se poi il latte non è quello della madre, ma di una balia, si bada al suo parto, cioè se essa abbia dato alla luce un maschio od una femmina. Nel primo caso il latte è ottimo per una bambina; nel secondo per un bambino.
Non manca chi ancora oggi crede che lo stato di salute del poppante dipenda dal colore delle carni della madre: il latte della donna bruna è più nutriente di quello della donna bionda. la spiegazione di questo principio biologico viene data dalle stesse donne, le quali affermano che tale differenza è analoga a quella che passa fra il latte di una vacca dal manto nero e quello di una vacca dal manto bianco. D'altronde tale intuizione trova riscontro nelle asserzioni delle ricerche moderne, secondo le quali sembra che gli animali neri siano più sani degli altri.
Abbondanza Mele di 90 anni da Castrignano del Greci afferma che il latte sostanzioso poteva essere "restituito" dalla creatura, invece quello acquoso poteva coagularsi nelle tenere viscere. Ad evitare questo inconveniente, ai suoi tempi - afferma - si ricorreva nel primo caso a qualche amuleto, legando al collo del lattante il coccio di una brocca rotta, purchè rinvenuto fortuitamente. Si diceva allora "il bambino tiene il latte" per significare che non lo "restituisce".
Durante i primi giorni al bambino non si dà la mammella, ma acqua; e nei giorni successivi e durante il periodo dell'allattamento, l'acqua è prescritto almeno una volta al giorno nonostante che le mammelle rigurgitino.
Era ritenuto non tanto buono il latte dei primi quaranta giorni dopo il parto, onde il modo di dire magliese: "Fenca 'n capu parturu è pperta a chianca". (Fino al ristabilirsi del ciclo mestruale "a chianca" [= lastra di pietra leccese] è aperta, con chiara allusione al sesso femminile, che in quel periodo è soggetto a "perdite"). Il latte delle prime sei settimane è detto "culòstra" (colostra), che oltre ad avere valore nutritivo ha anche funzione purgativa, in quanto - dicono le mamme di altri tempi -serviva a pulire l'intestino del neonato. Con l'espressione "latte sporcu" (latte sporco), naturalmente non buono per il bimbo, deve intendersi quello del periodo mestruale e vi si sopperiva con un biberon di latte di mucca e biada bollito (come rinfrescante).
L'ingorgo che ne impedisce la fuoriuscita è attribuito o alla grande abbondanza del latte o a qualche raffreddore, oppure a qualche pelo che, infiltratosi nei condotti del latte, porto la febbre del "mal del pelo", che in greco salentino è detta: "térmasi tu maddhàci" e in dialetto leccese: "freve te lu pileddhu" (febbre del pelo). Contro i primi due mali si usavano rimedi medicinali e superstiziosi, come impiastri di finocchio o di cavolo, mentre per il terzo male giovava far succhiare il pelo (a Castrignano dei Greci c'è un uomo anziano esperto in tale operazione), il che consisteva nello spremere il capezzolo con la lingua e labbra insieme molto delicatamente.
Le donne prive di latte, anche se temporaneamente, si recavano devotamente alla Madonna dell'Abbondanza in Cursi (qualche donna vi accorre anche oggi) e, dopo aver recitato alcune preghiere, posavano sul petto il fazzoletto col quale avevano toccato il manto della statua della Vergine. Per svezzare un bambino si usava ungere il seno della madre con la fuliggine delle caldaie, con inchiostro nero o con miele misto a capelli o peli, o miele e sale, in modo che il poppante provasse disgusto e si rifiutasse di poppare.
Tra i pregiudizi, vanno compresi gli amuleti lattaiuoli, intendendo per amuleti degli oggettini che i superstiziosi portano addosso per preservarsi dai malefici. Gli amuleti materni consistevano in qualche corallo bianco e nella pietra del latte; quelli per i lattanti, poi, in cornetti o coralli bianchi o rossi, legati al polso del bambino: servivano a proteggerlo dagli spiriti malefici. La collanina di coralli attorno al collo della madre avrebbe la virtù magica di proteggere la secrezione da ogni stregoneria ed impedire alle streghe, durante la notte, di soffocare i bambini attaccati alle poppe materne.
Cerchiamo ora di trarre qualche conclusione. E' opinione dei naturalisti e dei medici che i pregiudizi siano frutto della "immaginazione" del popolo ignorante o addirittura "rimedi sciocchi" suggeriti dalla superstizione. Ma non è proprio così. I pregiudizi sull'allattamento ce ne danno conferma. Alcuni di essi trovano riscontro nella storia della medicina; altri, molto antichi, sono propri della mentalità delle genti e - a loro modo - modi di agire e di pensare. Così il "mal del pelo" - ingorgo latteo che risale ai tempi di Aristotele (Corso) - è ritenuto una credenza strana, ma essa è nata nel popolo in seguito alle fastidiose conseguenze prodotte in una donna che aveva inghiottito sbadatamente un pelo.
Si tratta senza dubbio di fatti spontanei e naturali, di carattere magico-religioso (vedi devozione alla Madonna della Abbondanza), da cui ha avuto origine nell'anima religiosa del popolo quel sentimento oscillante tra magico e sacro. In linea di principio, la magia penetra in quasi tutte le pratiche di medicina popolare, mutandone l'aspetto ed il fondamento scientifico. Ma il pensiero magico meglio risulta dagli amuleti diffusi in tutti i popoli, come i coralli e la pietra del latte di impiego primitivo, rintracciati nelle antiche tombe storiche e preistoriche. "Ciò fa intendere la vetustà delle odierne superstizioni popolari, le quali riflettono stati mentali o psicologici superati dallo sviluppo della scienza, ma persistenti o reviviscenti nelle umili classi", che sono più attaccate alle tradizioni millenarie, mantenendone il lievito nel fiorire della scienza e della civiltà.
E' rimasto nei nostri giorni qualcosa di tanti pregiudizi? Poco o niente.

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