BANCHE D'AFFARI AL VIA




Lamberto Dini



L'importanza di una solida finanza d'impresa per lo sviluppo equilibrato del sistema produttivo si è riproposta in termini perentori nel corso della lunga fase di recessione economica e di instabilità finanziaria apertosi in tutto il mondo alla fine degli anni '70. I pericoli per l'ordinata gestione delle imprese, insiti in un ricorso all'indebitamento sproporzionato rispetto al capitale proprio, sono emersi allorchè agli effetti negativi sulla gestione finanziaria derivanti dal contenimento dell'attività produttivo si sono aggiunti quelli prodotti dall'alto costo e dalla scarsa disponibilità del credito.
La tematica non nuova del grado di capitalizzazione delle imprese e nei modi per elevarne il livello è dunque tornata di scottante attualità, in Italia come nella maggior parte del Paesi a economia di mercato. Desidero soffermarmi in particolare sulle indicazioni ormai maturate riguardo al contributo delle istituzioni creditizie ad un arricchimento del meccanismi finanziari e soprattutto all'attività di merchant banking. Infatti, il significato ultimo del dibattito in corso, sia pure nella varietà delle posizioni assunte, è sicuramente quello di stimolare concretamente il processo di acquisizione al nostro sistema di forme più articolate di finanziamento delle imprese.
L'analisi che si va svolgendo disegno ancora una volta il quadro delle condizioni nelle quali si svolge nel nostro Paese il dialogo tra banca e impresa. Innanzitutto l'abnorme livello del disavanzo pubblico, che assorbe quote crescenti del risparmio nazionale, riducendo particolarmente gli spazi per il finanziamento del settore produttivo; in secondo luogo, il rapporto strutturalmente basso tra mezzi propri e totale di bilancio delle imprese; in terzo luogo, il limitato sviluppo dei mercati mobiliari in generale e di quello dei titoli azionari in particolare e, specularmente, la posizione tradizionalmente "dominante" degli intermediari bancari nel sistema finanziario.
Portando l'esame in particolare sulla situazione attuale del nostro sistema produttivo, emergono caratteri di accentuato dualismo, del quale occorre tener conto nell'apprestare le strategie di intervento. Coesistono nel nostro sistema produttivo, accanto a settori che versano in una grave crisi di natura strutturale le cui origini vanno ricercate prevalentemente sul piano industriale, altri settori che hanno avviato un positivo sforzo dì aggiustamento dei fattori produttivi, anche se sul piano finanziario mostrano ancora debolezze nella forma di un livello depresso del l'autofinanziamento e di un indebitamento bancario elevato rispetto al capitale proprio.
Per entrambi i gruppi di imprese si pone l'esigenza di definire un quadro globale delle opzioni di politica industriale e di disegnare poi una coerente strategia rivolta al l'aggiustamento. Ma mentre per i settori in crisi strutturale si rendono necessari interventi radicali, la cui portata trascende i limiti della finanza d'impresa, per gli altri è legittimo aspettarsi un contributo positivo da misure volte al riequilibrio finanziario. Per chiarezza, occorre dire che riguarda questo secondo gruppo, nel quale si concentra la maggior parte delle aziende di medie e piccole dimensioni, la proposta di impegno delle istituzioni creditizie volta a rafforzare il capitale di rischio mediante un ampliamento dall'esterno.

L'innovazione finanziaria
L'afflusso del capitale di rischio alle imprese richiama innanzitutto l'annoso problema delle imperfezioni del nostro mercato azionario. Il limitato numero delle società quotate, la loro scarsa rappresentatività dell'apparato produttivo del Paese, il ridotto volume delle transazioni svolte nel mercato ufficiale, la limitatezza del l'informatica, sono alcuni degli elementi che tendono a scoraggiare il potenziale investitore. La mia opinione è che in questo campo non occorrono radicali riforme. Gli strumenti e le istituzioni necessarie a regolare e razionalizzare il mercato esistono da tempo. Occorre piuttosto, da parte di tutti i soggetti interessati, un'opera assidua e paziente volta al funzionamento corretto ed efficiente del meccanismi esistenti.
In tutte le economie progredite il settore "famiglie" ha ridotto nel tempo la sua partecipazione al flusso di alimentazione del capitale di rischio delle imprese, ma questo fenomeno ha assunto un'accentuazione particolare nel nostro Paese. In quelli anglosassoni, patria del "security capitalism", alla diminuzione dell'apporto "diretto" delle famiglie al capitale di rischio ha fatto riscontro un aumento dell'apporto fornito dagli investitori istituzionali, compagnie di assicurazione e soprattutto fondi-pensione, che hanno assorbito quote crescenti delle disponibilità finanziarie delle famiglie, sia pure in cambio di strumenti diversi dai valori mobiliari. Anche se l'esperienza anglosassone è, sotto questo aspetto, solo parzialmente applicabile nel nostro Paese, l'indicazione della via indiretta come quella, in prospettiva, più promettente per riuscire a canalizzare il risparmio delle famiglie verso il capitale di rischio delle imprese è preziosa. In questa linea si pone l'introduzione nel nostro Paese dei Fondi Comuni di Investimento. Una delle condizioni necessarie perchè questo arricchimento della struttura finanziaria produca gli effetti sperati è che si crei un'offerta di titoli azionari quotati sufficientemente ampia e diversificata per emittenti. Affinchè questa condizione di realizzi, occorre fra l'altro che si affermino e si sviluppino organismi operanti nel campo del merchant banking. L'essenza di questo tipo di attività, al di la della diversità delle forme istituzionali e dei metodi operativi, consiste nel rendere possibile o meno costoso il ricorso al mercato mobiliare da parte delle imprese produttive. L'attività di merchant banking e quella dei Fondi Comuni di Investimento si pongono dunque in un rapporto di stretta complementarità strumentale rispetto al desiderato aumento del grado di capitalizzazione delle imprese. Nella misura in cui tale riequilibrio finanziario contribuisse a consolidare il sistema delle imprese, rafforzando le misure prese sul piano dei l'organizzazione produttiva, diminuirebbe anche la rischiosità dei crediti bancari. L'impegno delle istituzioni creditizie nell'assicurare il successo delle nuove forme di intermediazione finirebbe per dimostrarsi lungimirante.

Il merchant banking
E' ormai largamente diffuso nell'ambito del sistema il convincimento che l'ampliamento e la diversificazione dei circuiti d'intermediazione non bancari, per i positivi effetti che inducono sulla gestione finanziaria delle imprese, rispondono agli interessi stessi delle istituzioni creditizie. Manifestazione concreta da parte delle banche di tale positiva attitudine è del resto l'ampio contributo che esse hanno portato allo sviluppo di forme di finanziamento alternative al credito bancario, quali il leasing e il factoring.
Altrettanto condivisa è certamente la convinzione che le nuove iniziative nel campo del merchant banking saranno tanto più proficue e dense di effetti positivi per il sistema produttivo quanto più ampia sarà la partecipazione, in veste di promotori, di Enti non creditizi, finanziari e industriali, nonchè di organismi esteri dotati di consolidata esperienza nel particolare settore: la mobilitazione di risorse finanziarie e professionali non potrà che risultarne accresciuta. Ci si attende dunque da parte delle banche un'attiva opera di ricerca e di sollecitazione di partners esterni al sistema creditizio.
La problematico connessa allo sviluppo in Italia di una formula di intermediazione del tipo merchant banking è stata negli ultimi mesi al centro di un dibattito ampio e vivace tra esponenti del mondo bancario e industriale. Anche all'interno della Banca d'Italia la riflessione su questo tema si è andata intensificando, sulla scorta sia di quel dibattito sia dei contributi di analisi spontaneamente forniti da non pochi Istituti. La rassegna delle principali esperienze estere in materia - utile riferimento per tale riflessione - pone in evidenza una tipologia di funzioni alquanto diversificata.
In ogni fattispecie sono individuabili due nuclei funzionali tipici: da un lato la fornitura di servizi di consulenza finanziaria in senso lato; dall'altro il finanziamento diretto mediante l'assunzione di quote del capitale di rischio dell'impresa. La durata media di tali interventi partecipativi è un elemento che riesce d'ausilio nel distinguere fra le varie fattispecie tipiche.
Nell'attività dell'investment bank statunitense e della merchant bank inglese la partecipazione azionaria ha un ruolo, per così dire, "residuale". Data l'esistenza di mercati mobiliari vasti ed efficienti, l'attività dell'intermediario resta spesso limitata al collocamento dei titoli emessi dall'impresa cliente. Anche nell'ipotesi di assunzioni a fermo, i titoli vengono collocati in tempi brevi. Solo in via di eccezione, cioè nel caso di esito negativo del tentativo di collocamento, può verificarsi una permanenza più prolungata dei titoli nel portafoglio dell'intermediario.
L'acquisizione di quote minoritarie del capitale dell'impresa cliente è più duratura nella prassi operativa della banque d'affaire francese, anche se la finalità resta il collocamento con realizzo di plusvalenze. La durata dell'intervento sul capitale di rischio dell'impresa si estende poi fino a cinque-otto anni nella pratica dei venture capital, formula questa che può farsi rientrare in una accezione lata di merchant banking, anche se i servizi di consulenza eccedono, in questo caso, i confini della finanza per invadere tutti i principali settori della gestione aziendale.
In Italia si è assistito negli ultimi anni a un considerevole sviluppo dei servizi finanziari a favore delle imprese. Numerosi operatori, anche non facenti capo a istituzioni creditizie, si sono costituiti e affermati. Estremamente limitati sono rimasti gli esempi di operatori che hanno unito alla componente "servizi" l'apporto di fondi al capitale di rischio, ma lo sviluppo dei comporta dei servizi costituisce una premessa importante per un'evoluzione in quella direzione.
Le istituzioni creditizie, per la loro posizione centrale nel sistema finanziario italiano, possono dare un contributo fondamentale ad un'azione volta ad arricchire la sua articolazione. La Banca d'Italia, oltre a stimolare l'azione degli intermediari indicando le direzioni di sviluppo rispondenti all'interesse generale, ha il compito di assicurare, dal punto di vista regolamentare, i necessari spazi operativi, nel rispetto dei principi basilari del vigente ordinamento.
Dall'analisi dei possibili modi per realizzare tale contributo delle istituzioni creditizie, sono emerse alcune linee essenziali che ora sono oggetto di riflessione critica. L'esigenza di salvaguardia del principio fondamentale nel nostro ordinamento creditizio, di separazione tra banca e industria, ha spinto a preferire l'ipotesi di costituzione di organismi autonomi, anziché quella di ricondurre l'attività di merchant banking nell'ambito delle istituzioni bancarie esistenti. Queste, del resto, hanno già manifestato autonomamente una preferenza in tal senso, creando di regola apposite società partecipate per lo svolgimento del servizi finanziari collaterali all'attività bancaria, e ciò anche in relazione a esigenze di specializzazione e agilità operativa. le partecipazioni dei nuovi organismi vanno comunque contenute entro il limite dei fondi patrimoniali delle aziende di credito partecipanti, dovendosi evitare la "trasformazione", quantunque indiretta, di depositi in attività aventi natura di immobilizzo.

Proposte recenti
La proposta recentemente avanzata di utilizzare una quota dei fondi accantonati dalle banche a fronte dei rischi su crediti per sovvenire il sistema industriale suscita perplessità. Ad essa si oppongono innanzitutto ragioni di principio, perchè non appare corretto, dal punto di vista formale e sostanziale, l'utilizzo di fondi destinati specificamente a coprire eventuali perdite su crediti per l'investimento in attività, per loro natura, non agevolmente mobilizzabili. Detta soluzione risulterebbe inoltre in netto contrasto con l'aumento del grado di rischio insito nei crediti bancari determinatosi negli anni recenti, fenomeno questo costituente il riflesso sia della sfavorevole congiuntura interna sia dell'acuta crisi economica e finanziaria che ha colpito alcuni Paesi altamente indebitati verso le banche internazionali.
Alla medesima esigenza di evitare la trasformazione di attività a vista in potenziali immobilizzi, quindi in ultima analisi a quella di preservare la stabilità del sistema finanziario, si collega la necessità di contenere gli interventi sul capitale di rischio delle imprese entro i limiti dei fondi patrimoniali del nuovi intermediari. Di qui, l'opportunità che questi ultimi siano dotati di mezzi propri adeguati che consentano, specie nella fase di avvio della nuova attività, un ragionevole livello di operatività pur un presenza di ritmi di rotazione del portafoglio azionario non particolarmente intensi. Gli investimenti in partecipazioni azionarie potranno essere finanziati anche mediante l'emissione di obbligazioni, convertibili in azioni.
La previsione di una congrua dotazione di capitale avrà anche l'effetto di stimolare forme consortili nella costituzione dei nuovi organismi. Tali forme di collaborazione presentano il duplice vantaggio, rispetto all'ipotesi di promozione delle iniziative da parte di singole aziende, di produrre una piú ampia mobilitazione di risorse finanziarie e di accrescere la capacità di aggregazione delle competenze professionali di alto livello, indispensabili per lo svolgimento delle nuove impegnative funzioni.
Va rilevato, d'altro canto, che la formazione di compagini sociali troppo articolate potrebbe condurre, attraverso un frazionamento eccessivo del rischio fra i partecipanti, ad attenuare il rigore con il quale i nuovi organismi dovranno selezionare le iniziative oggetto di intervento; effetti negativi si potrebbero anche avere sul piano della rapidità e snellezza operativa.
Le opposte esigenze andranno contemperate sia salvaguardando la possibilità per i maggiori Istituti, dotati di piú vaste potenzialità finanziarie e professionali, di assumere la leadership di singole iniziative mediante interessenze maggioritarie, sia assicurando agli organismi esecutivi dei nuovi organismi sufficiente autonomia gestionale. Sarò inoltre da incoraggiare la partecipazione alle nuove iniziative sia di Istituzioni non creditizie, finanziarie e industriali, sia di organismi esteri aventi consolidata esperienza nel particolare settore; l'apporto di specifiche competenze può dare un contributo determinante al decollo della nuova attività.
Sul piano funzionale, appare preferibile l'indirizzo che tende ad assicurare ai promotori la piú ampia possibilità di scelta fra le possibili combinazioni operative, con il limite costituito dall'esigenza di evitare che i nuovi organismi finiscano per agire come enti di partecipazione. le esperienze estere, dal merchant banking al venture capital, offrono in proposito un ampio ventaglio di possibili soluzioni. la scelta della collocazione piú appropriata, caso per caso, all'interno di tale ventaglio dipenderà evidentemente, oltre che da fattori di origine generale, quali l'assetto istituzionale del nostro sistema finanziario e il grado di sviluppo del mercato mobiliare, da quell'insieme di elementi specifici che definisce la "vocazione" dei singoli operatori.
Ritengo però utile sottolineare che una visione completa del ruolo di questi nuovi intermediari non solo deve considerare la loro attività come intesa a sviluppare il mercato borsistico, favorendo il collocamento dei titoli azionari presso i nuovi intermediari e presso un crescente numero di risparmiatori, ma deve anche prendere coscienza che la nuova attività di intermediazione può anche spingersi all'assunzione dei rischi connessi con l'affermazione e lo sviluppo di nuove iniziative imprenditoriali.

Un'intermediazione alternativa
Il favore con il quale l'istituto che rappresento guarda all'affermazione nel nostro Paese dell'attività di merchant banking si iscrive in una linea ormai consolidata di apertura verso forme e circuiti di intermediazione alternativi a quelli tipicamente creditizi, linea basata sul convincimento che una diversificazione e articolazione dei meccanismi di finanziamento non può che giovare all'efficienza complessiva del sistema. Questo approccio ha favorito, come ho già detto, lo sviluppo negli ultimi anni di un nucleo consistente di attività finanziarie collaterali a quelle bancarie in senso stretto, sviluppo cui lo stesso sistema creditizio ha fornito un contributo importante.
L'esercizio delle facoltà che rientrano nella sfera di autonomia della banca non è sufficiente a determinare il decollo delle nuove attività di merchant banking. Come il Governatore ha di recente sottolineato, oltre all'impegno dei soggetti direttamente interessati occorre, nella fase di avvio, il sostegno di misure di incentivazione fiscale; il ruolo determinante di tali misure ha ricevuto conferma da alcune recenti esperienze estere.
Su quest'aspetto ritengo che mantengano la loro validità taluni suggerimenti che ho avuto modo di prospettare in un convegno di studio, e sui quali, tuttavia, sono possibili ulteriori approfondimenti. Tale argomento si colloca nel quadro del dibattito in corso sul contributo che la normativa fiscale può dare all'indirizzo del risparmio verso il capitale di rischio delle imprese.
In questi ultimi tempi si è andata affermando una linea di pensiero che riconosce l'esistenza di un interesse generale nel promuovere un allargamento dei mezzi patrimoniali dell'impresa, per affrontare l'evoluzione tecnologica in corso, e in generale lo sviluppo del sistema produttivo, che in ultima analisi determina un incremento del reddito, e quindi del gettito tributario. A dire il vero, tale linea di pensiero, che pure ha favorito l'introduzione di rilevanti innovazioni sul piano del diritto commerciale, non ha ancora avuto modo di tradursi pienamente sul piano fiscale in provvedimenti volti all'allargamento del mezzi propri dell'impresa e all'arricchimento del mercato finanziario.
Come ho già avuto modo di dire, le innovazioni tributarie volte a favorire l'attività del merchant banking possono riguardare le principali fasi in cui si articola questa intermediazione: e cioè il reperimento dei mezzi finanziari da investire, lo sviluppo degli investimenti, il collocamento dei titoli sul mercato. Per sostenere la prima fase si possono esaminare ipotesi di temporanea esenzione di imposta per gli apporti, in termini di capitale o di finanziamento, ai nuovi intermediari finanziari nonchè, per i risparmiatori che acquistino titoli di tali intermediari, ipotesi di detrazione fiscale di quote limitate di reddito investito, a condizione che l'investimento sia mantenuto per un periodo minimo. Per facilitare il collocamento dei titoli che vengono proposti sul mercato da questi intermediari, potrebbe essere in qualche misura consentito la deducibilità fiscale delle somme destinate all'acquisto di titoli da parte dei singoli risparmiatori.

Conclusioni
La Banca d'Italia intende rimanere coerente, per quanto le compete, alla linea di appoggio e di stimolo alle iniziative innovative in campo finanziario, consapevole che l'arricchimento dei meccanismi di finanziamento risponde alle esigenze del sistema produttivo e quindi agli interessi generali del Paese.
L'innovazione finanziaria non è tuttavia sufficiente a produrre effetti significativi sul piano del processo di aggiustamento e consolidamento delle nostre strutture produttive, se non nel quadro piú ampio di un'azione coordinata che includa un disegno coerente di politica industriale. Un posto importante in tale disegno va riservato a nuove regole fiscali, che vadano nel senso di riconoscere rilevanza positiva, sul piano dell'interesse generale, ad un processo di accumulazione che comporti il rafforzamento o l'ampliamento della base produttiva del Paese.
I meccanismi finanziari che ho tratteggiato, destinati a svolgere attività di merchant banking, dovranno, come ogni nuova struttura, essere sottoposti al vaglio concreto del mercato; le risposte che ne verranno potranno suggerire gli opportuni adattamenti. Fattore determinante il successo delle iniziative sarà tuttavia, al di là di ogni formula e schema, la qualità delle risorse umane che vi saranno impiegate. Ho fiducia che si vorrà e si saprà attingere alle capacità professionali che, unitamente a doti di duttilità e fantasia, sono ampiamente diffuse nel mondo imprenditoriale di questo Paese.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000