LA COSTITUZIONE MONETARIA




Mario Monti



In merito a un'eventuale riforma monetaria di questo tipo, tre sono i quesiti piú rilevanti: che casa essa non è, che cosa è, che cosa potrebbe essere.
1) L'introduzione della "lira pesante" non è una misura che, di per sè, posso rendere piú solida la lira, nel suo potere d'acquisto interno o esterno. Occupandosi di questo problema, scriveva Luigi Einaudi il 20 settembre 1961: "L'esigenza necessaria per una moneta non è che sia grossa o piccola; è che sia stabile, che suppergiú acquisti da un anno all'altro una quantità costante di roba". E ancora: "Direi perciò che non esista nessuna ragione sostanziale di mutare l'unità monetaria solo perchè piccola. Piccola o grossa, l'unità serve benissimo al suo scopo, quando sia stabile".
Lo yen giapponese, ad esempio, è un'unità piccola (vale oggi 7,7 lire), mentre il franco francese è un'unità piuttosto grossa (vale circa 200 lire). Ma lo yen è assai piú solido del franco, come si vede prendendo a riferimento i rispetivi comportamenti negli ultimi tre anni. In termini di potere d'acquisto interno: i prezzi al consumo sono saliti nel triennio del 10% scarso in Giappone, del 39% in Francia. In termini di potere d'acquisto esterno: rispetto all'insieme delle principali valute, lo yen nel triennio si è rivalutato del 17%, mentre il franco si è svalutato del 20%. Nessuno sosterrebbe certo che sulla scena internazionale il franco goda di un prestigio maggiore dello yen, solo perchè occorrono ben 26 yen per acquistare un franco!
La solidità di una moneta, il grado di successo contro l'inflazione dipendono da numerosi fattori: tra questi non vi è, purtroppo, la dimensione dell'unità monetaria adottata.
2) Se dall'eventuale introduzione della "lira pesante" non si possono attendere effetti significativi in termini di stabilità dei prezzi e dei cambi, ciò non toglie che essa avrebbe effetti di altra natura, da esaminarsi nel loro merito specifico.
Tra gli effetti positivi, avrebbe probabilmente un certo rilievo il "minor fastidio nel pronunciare", come direbbe Einaudi, e la semplificazione della contabilità. Tra gli effetti negativi, andrebbero annoverati gli inconvenienti della transizione, quali i costi per la modifica dei listini, dei sistemi, delle macchine distributrici, e gli inevitabili equivoci iniziali.
Tra gli effetti di dubbio segno, infine, dovrebbe essere tenuta in conto l'eventualità di un rialza o ribasso, modesto e una tantum, del livello generale del prezzi. Rialzo, se prevalessero fenomeni di arrotondamento verso l'alto o di spesa "piú facile" di fronte a prezzi "piú leggeri" solo perchè espressi in lire "pesanti". Ribasso, se al contrario prevalessero atteggiamenti di maggiore "rispetto" verso una lira restaurata. In definitiva, un bilancie non facile da farsi a priori, ma che non lascia intravedere ragioni di portata decisiva nè a favore nè contro la riforma monetaria prospettata.
3) Ma quella prospettato è proprio una "riforma monetaria"? No, ma potrebbe esserlo. Di una vera riforma monetaria l'idea ha l'intento, ma non lo strumento. L'intento è quello di indurre i cittadini a tagliare i ponti con la psicologia inflazionistica del passato, ad accogliere nelle loro stesse tasche il simbolo di una nuova determinazione della politica economica a non consentire una ripresa dell'inflazione. Ma manca lo strumento.
Infatti, quando non interviene dopo una frattura radicale (guerra, rivoluzione, cambiamento di regime politico), una riforma monetaria come quella proposta difficilmente convince i cittadini che davvero è cambiato qualcosa di sostanziale nel processo di fabbricazione dell'inflazione. Le attese inflazionistiche continuerebbero a riflettere l'esperienza passato, senza piegarsi ad una "riforma" che di per sè, come si è visto al primo punto, non può avere effetti significativi su quel processo.
Ma all'intento potrebbe accompagnarsi uno strumento idoneo, se la riforma monetaria consistesse non solo e non tanto nella ridenominazione della moneta, quanto in alcune modifiche del regime in cui questa viene emesso e circola. Quanto all'emissione, si tratterebbe di introdurre certi elementi di quella che va sotto il nome di costituzione monetaria: una ridefinizione dei poteri spettanti alle autorità che creano moneta, al fine di accrescere sia la loro capacitò di resistere alle pressioni della classe politica e delle parti sociali sia il loro obbligo di annunciare chiaramente alla pubblica opinione i programmi monetari e creditizi, e di attenervisi. Quanto alla circolazione, si tratterebbe di pervenire, sia pure gradualmente, ad una piena convertibilità della moneta, con l'eliminazione delle restrizioni sui movimenti di capitali con l'estero. Costituzione monetaria e integrazione finanziaria internazionale: sono i due sviluppi, del resto già avviati in qualche misura, senza i quali i cittadini non potranno credere che il potere politico rinunci davvero ad una gestione inflazionistica della moneta. Entro questa riforma monetaria, la ri-denominazione della lira potrebbe avere qualche utilità. Altrimenti, la "lira pesante" verrebbe introdotta con leggerezza.

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