§ LO SCENARIO ITALIANO

RIPRESA ECONOMICA E COSTO DEL DENARO




Francesco Parrillo



1. Sia dal punto di vista reale che monetario, lo scenario italiano presenta, insieme ad alcune tendenze recessive e persistenti tensioni monetarie, taluni segnali di schiarita e di possibilità di ripresa. Gli ultimi dati dell'ISCO sulla produzione industriale e quelli dell'Enel sui consumi energetici, l'andamento alquanto soddisfacente delle esportazioni, vanno configurando i termini di una "ripresina" che, nel corso del 1984, dovrebbe raggiungere una maggiore consistenza.
La strategia per il risanamento e la stabilizzazione dell'economia italiana deve perseguire e rafforzare alcune fondamentali ed irriducibili linee di politica economica, nelle quali vanno collocate le recentissime misure adottate dal Governo: i cosiddetti provvedimenti di S. Valentino (14 febbraio 1984). A questo proposito, va rilevato, innanzitutto, che è mancato il cosiddetto patto sociale, così vivamente auspicato e perseguito per lungo tempo, che avrebbe dovuto creare quel clima di cooperazione, di solidarietà e di mobilitazione, indispensabile per il rilancio dell'economia italiana. Le misure governative, che hanno realizzato, con decreti e disegni di legge, i punti essenziali della mancata intesa fra le parti sociali incontreranno - come già si sta verificando - una forte opposizione in Parlamento e nel Paese, creando ritardi ed inefficienze. D'altra parte, non si può non sottolineare l'aspetto positivo costituito dalla fermezza del Governo, in mancanza di qualsiasi altra alternativa.
Nel merito, è da osservare, fondamentalmente, la limitatezza della manovra, che è di natura congiunturale, rispetto alla dimensione delle difficoltà, che hanno radici profondamente strutturali. La riduzione della scala mobile è riferita al solo 1984, lo stesso dicasi per le tariffe ed i prezzi amministrati e per la sospensione dal l'applicazione dello scatto di agosto dell'equo canone.
In sostanza, sulla base dei primi calcoli e riflessioni, sommando tutti gli effetti che si possono trarre dai provvedimenti adottati, sembra che essi; da soli, non possano produrre un abbattimento del livello di inflazione dal tasso medio del 15% del 1983 al tasso medio del 10% del 1984. Merita, tuttavia, di essere riaffermato l'atto di precisa volontà dimostrato dall'esecutivo di aggredire, sia pure con ritardo, uno dei più grossi nodi dell'economia italiana bloccando, con le decisioni assunte, le aspettative inflazionistiche, che hanno un incisivo impatto sul contenimento del degrado monetario.
Quello che, nella manovra del Governo, non risulta affrontato, è il disavanzo del settore pubblico - destinato ad accrescersi per effetto della manovra stessa - che è la causa primaria dell'inflazione strutturale italiana, e che, secondo gli impegni del Governo e del Parlamento, dev'essere contenuto entro il livello del 90.000 miliardi. Si parla ufficialmente di un maggiore introito di almeno altri 5.000 miliardi, oltre al gettito ipotizzato dalla legge sul condono edilizio, i cui tempi di attuazione, al momento, non sono ancora prevedibili.

2. Occorre, perciò impegnarsi a riportare sotto controllo, a ridare governabilità e determinatezza alla spesa pubblica, introducendo il vincolo di bilancio per la copertura, evitando l'aggiramento dell'art. 81 della Costituzione, sorvegliando tutti i centri generatori di spesa: sanità, previdenza, spese di trasferimento. Parimenti, è indispensabile adottare - al di là dei provvedimenti recentemente assunti - una politica più aggressiva contro l'inflazione, tenuto conto che gli altri Paesi hanno ridotto drasticamente il ritmo di crescita dei prezzi con scelte coraggiose ed il nostro differenziale inflazionistico si è correlativamente accresciuto rispetto alla media dell'OCSE e della CEE. Il solo strumento della politica monetaria restrittiva si è dimostrato ormai impotente. Bisogna creare un vero e proprio sbarramento antinflazionistico, abbandonando le misure rivolte a rastrellare forzosamente i fondi per la copertura del disavanzo pubblico, liberando, in conseguenza, maggiori risorse a favore delle attività produttive e delle esportazioni.
L'accettazione di una cultura dell'inflazione potrebbe essere pericolosa. La stabilità è un bene comune da difendere a tutti i livelli e richiede un impegno solidale ed operante di tutte le forze politiche, sociali, economiche e culturali. Il rilancio degli investimenti produttivi, che, negli ultimi anni, ha subito un deciso rallentamento, è un altro cardine fondamentale per il consolidamento delle ripresa economica nel 1984. La riduzione degli investimenti fissi lordi interessa l'intera area OCSE, che da una crescita media del 6% l'anno negli anni '60 ha registrato un insufficiente +0,5% tra il 1973 ed il 1980. E' un calo drammatico. L'ampia flessione degli investimenti, specialmente di quelli fissi, destinati al rinnovo degli impianti, dipende dall'instabilità monetaria e valutaria che ha scoraggiato l'immobilizzo a lungo termine di capitali; effetti negativi hanno svolto anche le incerte prospettive sui profitti, determinate dal mantenimento di politiche economiche restrittive, e sulla futura evoluzione dell'economia. Lo stesso dilatarsi dei disavanzi pubblici ha operato uno "spiazzamento" degli investimenti sul mercato dei capitali sottraendo risorse agli impieghi produttivi.
Si impone, perciò, l'esigenza di riattivare il circolo virtuoso risparmio-investimenti produttivi, indirizzando quest'ultimi, quale fattore di base per il risanamento e la ripresa, verso impieghi selettivi a favore dell'innovazione e del progresso tecnologico, accrescendo la produttività e gli stessi profitti di impresa, presupposto imprescindibile dell'autofinanziamento e, quindi, del minore ricorso dell'indebitamento.
Altre condizioni essenziali per la ripresa degli investimenti, oltre all'abbassamento ulteriore e più deciso del tasso d'inflazione e la riduzione del disavanzo e dell'indebitamento pubblico, sono il ripristino di prospettive di maggiore sicurezza e stabilità del sistema, l'attesa nuova di vincoli e dei condizionamenti posti dalla politica monetaria, che potrebbe consentire una maggiore offerta di credito e una sostanziale diminuzione del costo del denaro, sempre compatibilmente con l'equilibrio dei conti con l'estero.

3. La possibilità di una riduzione del costo del denaro è resa ormai realizzabile dal segnale dato dalle autorità monetarie, con l'avvenuta riduzione del tasso ufficiale di sconto dal 17 al 16% e un ulteriore abbassamento dei redimenti dei BOT. Quello che occorre ribadire, ancora una volta, è che sostanzialmente la flessione dei tassi d'interesse potrà effettuarsi nei limiti in cui sarà possibile, parallelamente, ridurre i tassi passivi in un generale contesto di raffreddamento monetario.
Bisogna, poi, riaffermare che il problema del sostegno reale del sistema creditizio al risanamento ed alla ripresa di uno sviluppo duraturo ed equilibrato non può essere valutato soltanto sotto il profilo del costo del denaro, ma anche e, soprattutto, sotto l'aspetto della quantità delle risorse che il sistema creditizio può mettere a disposizione dell'apparato produttivo con tempestività ed efficienza.
Ora, gli ultimi dati disponibili mettono in evidenza che l'incremento degli impieghi, nel corso del 1983, è stato del 14,61% circa - mentre l'incremento de
gli impieghi in lire è stato del 16,6 per cento, escludendo quelli in valuta - a fronte di una raccolta che ha raggiunto appena il 13,12%. Ciò significa che, in presenza di un tasso medio d'inflazione del 15%, il sistema produttivo ha ricevuto, in termini reali, meno di quanto è stato ad esso erogato nel 1982; se si spingono le proiezioni al 1984 si rileva che le prospettive non sono parimenti soddisfacenti, in quanto la crescita dei depositi è ipotizzata al 14% e quella degli impieghi al 12,50%.
Il contributo del sistema creditizio al rilancio degli investimenti continuerebbe, perciò, ad essere esiguo, specie se si considera che, tanto per l'anno passato quanto per il 1984, l'apporto degli istituti di credito speciale sarà inferiore a quello delle aziende di credito, quando sono proprio gli investimenti a medio e lungo termine quelli che danno maggiore slancio al progresso di ristrutturazione ed ammodernamento dell'apparato industriale in senso più tecnologicamente avanzato.
A parte la considerazione che il consolidamento della ripresa produttiva, previsto per il 1984, creerò, con una domanda di credito più sostenuta, un'inevitabile tensione sui tassi di interesse, se l'offerta di credito verrà, di fatto, razionata per effetto della politica monetaria, il mantenimento di un adeguato livello di tassi di interesse reali è richiesto sia per la formazione di un indispensabile volume di attività finanziarie, sia per contenere il processo già in atto di disintermediazione bancaria, sia per evitare, conseguentemente, un deprecabile spostamento di risorse verso i consumi, con pericoli di nuove spinte inflazionistiche. E ciò senza calcolare l'impatto che una caduta dei tassi reali d'interesse potrebbe avere sulla stabilità del cambio attraverso un deflusso di capitali all'estero e la conversione dei prestiti in valuta in prestiti in lire.
Queste sono le condizioni e gli elementi fondamentali sui quali si deve basare un'obiettiva valutazione delle possibilità e dei limiti di una riduzione del costo del denaro nell'attuale quadro economico, tuttora caratterizzato da un alto costo del lavoro, da un preoccupante disavanzo ed indebitamento pubblico e da un accresciuto differenziale inflazionistico rispetto ai Paesi dell'OCSE e della CEE.
La recente riduzione delle prime rate dal 18,50 al 17,50% decisa da numerose aziende di credito e formalizzata dall'ABI è un'altra concreta testimonianza della collaborazione del sistema creditizio al conseguimento degli obiettivi di politica economica indicati dal Governo ed al sostegno dei provvedimenti da esse adottati. Ma i toni accesi e la forma polemica che il dibattito sul costo del denaro ha assunto, negli ultimi tempi, con argomentazioni non pertinenti ed evidenti strumentaIizzazioni, meritano alcune puntualizzazioni e, precisamente:
- non sono accoglibili le interferenze e gli addebiti delle organizzazioni degli imprenditori che tendono a screditare il sistema bancario e finanziario ed a scaricare su di esso le difficoltà strutturali e reali dell'industria italiana (gap tecnologico, minore produttività, sottocapitalizzazione, parziale utilizzazione degli impianti, costo e rigidità del lavoro, caduta degli investimenti e della domando estera, difficoltà di ordine valutario e fiscale);
- spetta alle aziende di credito, quali imprese assuntrici di rischio, ed al sistema creditizio nel suo insieme, di assumere le determinazioni necessarie, nell'ambito della loro autonomia decisionale, per garantire la loro funzione, di interesse generale, di finanziatrici degli impieghi produttivi e di sostegno dell'economia, nel rispetto dell'equilibrio dei conti economici;
- l'attuale livello del costo del denaro dipende dall'esistenza di numerosi condizionamenti esterni, quali la remunerazione della riserva bancaria obbligatoria, il vincolo di portafoglio, l'abnorme formazione del credito di imposta, una serie di fiscalità occulte e di oneri impropri che imbrigliano l'operatività del sistema e ne appesantiscono i conti economici, come risulta dalla graduale flessione degli impieghi e dalla crescente progressione delle spese, dei gravami tributari, delle sofferenze e delle perdite;
- una sostanziale riduzione del prezzo del credito potrà essere realizzata - oltre che dal contenimento del disavanzo e dell'indebitamento pubblico nonchè dalla diminuzione del tasso d'inflazione - dell'eliminazione dei vincoli attualmente esistenti e, comunque, dovrà essere strettamente correlata ad una contestuale riduzione dei tassi passivi.

4. Nell'ambito del contesto congiunturale e strutturale italiano vi sono, tuttavia, aspetti positivi rappresentati come sempre dai settori delle economie locali e dalle piccole e medie imprese, dalla preziosa risorsa del turismo e, soprattutto, dalla propensione al risparmio finanziario delle famiglie, che, malgrado tutto, continua ad essere una delle più sostenute dei Paesi occidentali. In sintesi, pur rilevando l'obiettiva gravità della situazione economica, essa presenta molteplici pulviscoli di vitalità e creatività che andrebbero opportunamente ampliati e consolidati come base insostituibile del risanamento e della ripresa dell'economia italiana, la cui sfida è quella di salvaguardare il meccanismo di accumulazione, di riattivare il circolo virtuoso risparmio-investimenti produttivi, di agganciarsi al carro delle ripresa economica mondiale.


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