1.
Sia dal punto di vista reale che monetario, lo scenario italiano presenta,
insieme ad alcune tendenze recessive e persistenti tensioni monetarie,
taluni segnali di schiarita e di possibilità di ripresa. Gli
ultimi dati dell'ISCO sulla produzione industriale e quelli dell'Enel
sui consumi energetici, l'andamento alquanto soddisfacente delle esportazioni,
vanno configurando i termini di una "ripresina" che, nel corso
del 1984, dovrebbe raggiungere una maggiore consistenza.
La strategia per il risanamento e la stabilizzazione dell'economia italiana
deve perseguire e rafforzare alcune fondamentali ed irriducibili linee
di politica economica, nelle quali vanno collocate le recentissime misure
adottate dal Governo: i cosiddetti provvedimenti di S. Valentino (14
febbraio 1984). A questo proposito, va rilevato, innanzitutto, che è
mancato il cosiddetto patto sociale, così vivamente auspicato
e perseguito per lungo tempo, che avrebbe dovuto creare quel clima di
cooperazione, di solidarietà e di mobilitazione, indispensabile
per il rilancio dell'economia italiana. Le misure governative, che hanno
realizzato, con decreti e disegni di legge, i punti essenziali della
mancata intesa fra le parti sociali incontreranno - come già
si sta verificando - una forte opposizione in Parlamento e nel Paese,
creando ritardi ed inefficienze. D'altra parte, non si può non
sottolineare l'aspetto positivo costituito dalla fermezza del Governo,
in mancanza di qualsiasi altra alternativa.
Nel merito, è da osservare, fondamentalmente, la limitatezza
della manovra, che è di natura congiunturale, rispetto alla dimensione
delle difficoltà, che hanno radici profondamente strutturali.
La riduzione della scala mobile è riferita al solo 1984, lo stesso
dicasi per le tariffe ed i prezzi amministrati e per la sospensione
dal l'applicazione dello scatto di agosto dell'equo canone.
In sostanza, sulla base dei primi calcoli e riflessioni, sommando tutti
gli effetti che si possono trarre dai provvedimenti adottati, sembra
che essi; da soli, non possano produrre un abbattimento del livello
di inflazione dal tasso medio del 15% del 1983 al tasso medio del 10%
del 1984. Merita, tuttavia, di essere riaffermato l'atto di precisa
volontà dimostrato dall'esecutivo di aggredire, sia pure con
ritardo, uno dei più grossi nodi dell'economia italiana bloccando,
con le decisioni assunte, le aspettative inflazionistiche, che hanno
un incisivo impatto sul contenimento del degrado monetario.
Quello che, nella manovra del Governo, non risulta affrontato, è
il disavanzo del settore pubblico - destinato ad accrescersi per effetto
della manovra stessa - che è la causa primaria dell'inflazione
strutturale italiana, e che, secondo gli impegni del Governo e del Parlamento,
dev'essere contenuto entro il livello del 90.000 miliardi. Si parla
ufficialmente di un maggiore introito di almeno altri 5.000 miliardi,
oltre al gettito ipotizzato dalla legge sul condono edilizio, i cui
tempi di attuazione, al momento, non sono ancora prevedibili.
2. Occorre, perciò
impegnarsi a riportare sotto controllo, a ridare governabilità
e determinatezza alla spesa pubblica, introducendo il vincolo di bilancio
per la copertura, evitando l'aggiramento dell'art. 81 della Costituzione,
sorvegliando tutti i centri generatori di spesa: sanità, previdenza,
spese di trasferimento. Parimenti, è indispensabile adottare
- al di là dei provvedimenti recentemente assunti - una politica
più aggressiva contro l'inflazione, tenuto conto che gli altri
Paesi hanno ridotto drasticamente il ritmo di crescita dei prezzi
con scelte coraggiose ed il nostro differenziale inflazionistico si
è correlativamente accresciuto rispetto alla media dell'OCSE
e della CEE. Il solo strumento della politica monetaria restrittiva
si è dimostrato ormai impotente. Bisogna creare un vero e proprio
sbarramento antinflazionistico, abbandonando le misure rivolte a rastrellare
forzosamente i fondi per la copertura del disavanzo pubblico, liberando,
in conseguenza, maggiori risorse a favore delle attività produttive
e delle esportazioni.
L'accettazione di una cultura dell'inflazione potrebbe essere pericolosa.
La stabilità è un bene comune da difendere a tutti i
livelli e richiede un impegno solidale ed operante di tutte le forze
politiche, sociali, economiche e culturali. Il rilancio degli investimenti
produttivi, che, negli ultimi anni, ha subito un deciso rallentamento,
è un altro cardine fondamentale per il consolidamento delle
ripresa economica nel 1984. La riduzione degli investimenti fissi
lordi interessa l'intera area OCSE, che da una crescita media del
6% l'anno negli anni '60 ha registrato un insufficiente +0,5% tra
il 1973 ed il 1980. E' un calo drammatico. L'ampia flessione degli
investimenti, specialmente di quelli fissi, destinati al rinnovo degli
impianti, dipende dall'instabilità monetaria e valutaria che
ha scoraggiato l'immobilizzo a lungo termine di capitali; effetti
negativi hanno svolto anche le incerte prospettive sui profitti, determinate
dal mantenimento di politiche economiche restrittive, e sulla futura
evoluzione dell'economia. Lo stesso dilatarsi dei disavanzi pubblici
ha operato uno "spiazzamento" degli investimenti sul mercato
dei capitali sottraendo risorse agli impieghi produttivi.
Si impone, perciò, l'esigenza di riattivare il circolo virtuoso
risparmio-investimenti produttivi, indirizzando quest'ultimi, quale
fattore di base per il risanamento e la ripresa, verso impieghi selettivi
a favore dell'innovazione e del progresso tecnologico, accrescendo
la produttività e gli stessi profitti di impresa, presupposto
imprescindibile dell'autofinanziamento e, quindi, del minore ricorso
dell'indebitamento.
Altre condizioni essenziali per la ripresa degli investimenti, oltre
all'abbassamento ulteriore e più deciso del tasso d'inflazione
e la riduzione del disavanzo e dell'indebitamento pubblico, sono il
ripristino di prospettive di maggiore sicurezza e stabilità
del sistema, l'attesa nuova di vincoli e dei condizionamenti posti
dalla politica monetaria, che potrebbe consentire una maggiore offerta
di credito e una sostanziale diminuzione del costo del denaro, sempre
compatibilmente con l'equilibrio dei conti con l'estero.
3. La possibilità
di una riduzione del costo del denaro è resa ormai realizzabile
dal segnale dato dalle autorità monetarie, con l'avvenuta riduzione
del tasso ufficiale di sconto dal 17 al 16% e un ulteriore abbassamento
dei redimenti dei BOT. Quello che occorre ribadire, ancora una volta,
è che sostanzialmente la flessione dei tassi d'interesse potrà
effettuarsi nei limiti in cui sarà possibile, parallelamente,
ridurre i tassi passivi in un generale contesto di raffreddamento
monetario.
Bisogna, poi, riaffermare che il problema del sostegno reale del sistema
creditizio al risanamento ed alla ripresa di uno sviluppo duraturo
ed equilibrato non può essere valutato soltanto sotto il profilo
del costo del denaro, ma anche e, soprattutto, sotto l'aspetto della
quantità delle risorse che il sistema creditizio può
mettere a disposizione dell'apparato produttivo con tempestività
ed efficienza.
Ora, gli ultimi dati disponibili mettono in evidenza che l'incremento
degli impieghi, nel corso del 1983, è stato del 14,61% circa
- mentre l'incremento de
gli impieghi in lire è stato del 16,6 per cento, escludendo
quelli in valuta - a fronte di una raccolta che ha raggiunto appena
il 13,12%. Ciò significa che, in presenza di un tasso medio
d'inflazione del 15%, il sistema produttivo ha ricevuto, in termini
reali, meno di quanto è stato ad esso erogato nel 1982; se
si spingono le proiezioni al 1984 si rileva che le prospettive non
sono parimenti soddisfacenti, in quanto la crescita dei depositi è
ipotizzata al 14% e quella degli impieghi al 12,50%.
Il contributo del sistema creditizio al rilancio degli investimenti
continuerebbe, perciò, ad essere esiguo, specie se si considera
che, tanto per l'anno passato quanto per il 1984, l'apporto degli
istituti di credito speciale sarà inferiore a quello delle
aziende di credito, quando sono proprio gli investimenti a medio e
lungo termine quelli che danno maggiore slancio al progresso di ristrutturazione
ed ammodernamento dell'apparato industriale in senso più tecnologicamente
avanzato.
A parte la considerazione che il consolidamento della ripresa produttiva,
previsto per il 1984, creerò, con una domanda di credito più
sostenuta, un'inevitabile tensione sui tassi di interesse, se l'offerta
di credito verrà, di fatto, razionata per effetto della politica
monetaria, il mantenimento di un adeguato livello di tassi di interesse
reali è richiesto sia per la formazione di un indispensabile
volume di attività finanziarie, sia per contenere il processo
già in atto di disintermediazione bancaria, sia per evitare,
conseguentemente, un deprecabile spostamento di risorse verso i consumi,
con pericoli di nuove spinte inflazionistiche. E ciò senza
calcolare l'impatto che una caduta dei tassi reali d'interesse potrebbe
avere sulla stabilità del cambio attraverso un deflusso di
capitali all'estero e la conversione dei prestiti in valuta in prestiti
in lire.
Queste sono le condizioni e gli elementi fondamentali sui quali si
deve basare un'obiettiva valutazione delle possibilità e dei
limiti di una riduzione del costo del denaro nell'attuale quadro economico,
tuttora caratterizzato da un alto costo del lavoro, da un preoccupante
disavanzo ed indebitamento pubblico e da un accresciuto differenziale
inflazionistico rispetto ai Paesi dell'OCSE e della CEE.
La recente riduzione delle prime rate dal 18,50 al 17,50% decisa da
numerose aziende di credito e formalizzata dall'ABI è un'altra
concreta testimonianza della collaborazione del sistema creditizio
al conseguimento degli obiettivi di politica economica indicati dal
Governo ed al sostegno dei provvedimenti da esse adottati. Ma i toni
accesi e la forma polemica che il dibattito sul costo del denaro ha
assunto, negli ultimi tempi, con argomentazioni non pertinenti ed
evidenti strumentaIizzazioni, meritano alcune puntualizzazioni e,
precisamente:
- non sono accoglibili le interferenze e gli addebiti delle organizzazioni
degli imprenditori che tendono a screditare il sistema bancario e
finanziario ed a scaricare su di esso le difficoltà strutturali
e reali dell'industria italiana (gap tecnologico, minore produttività,
sottocapitalizzazione, parziale utilizzazione degli impianti, costo
e rigidità del lavoro, caduta degli investimenti e della domando
estera, difficoltà di ordine valutario e fiscale);
- spetta alle aziende di credito, quali imprese assuntrici di rischio,
ed al sistema creditizio nel suo insieme, di assumere le determinazioni
necessarie, nell'ambito della loro autonomia decisionale, per garantire
la loro funzione, di interesse generale, di finanziatrici degli impieghi
produttivi e di sostegno dell'economia, nel rispetto dell'equilibrio
dei conti economici;
- l'attuale livello del costo del denaro dipende dall'esistenza di
numerosi condizionamenti esterni, quali la remunerazione della riserva
bancaria obbligatoria, il vincolo di portafoglio, l'abnorme formazione
del credito di imposta, una serie di fiscalità occulte e di
oneri impropri che imbrigliano l'operatività del sistema e
ne appesantiscono i conti economici, come risulta dalla graduale flessione
degli impieghi e dalla crescente progressione delle spese, dei gravami
tributari, delle sofferenze e delle perdite;
- una sostanziale riduzione del prezzo del credito potrà essere
realizzata - oltre che dal contenimento del disavanzo e dell'indebitamento
pubblico nonchè dalla diminuzione del tasso d'inflazione -
dell'eliminazione dei vincoli attualmente esistenti e, comunque, dovrà
essere strettamente correlata ad una contestuale riduzione dei tassi
passivi.
4. Nell'ambito
del contesto congiunturale e strutturale italiano vi sono, tuttavia,
aspetti positivi rappresentati come sempre dai settori delle economie
locali e dalle piccole e medie imprese, dalla preziosa risorsa del
turismo e, soprattutto, dalla propensione al risparmio finanziario
delle famiglie, che, malgrado tutto, continua ad essere una delle
più sostenute dei Paesi occidentali. In sintesi, pur rilevando
l'obiettiva gravità della situazione economica, essa presenta
molteplici pulviscoli di vitalità e creatività che andrebbero
opportunamente ampliati e consolidati come base insostituibile del
risanamento e della ripresa dell'economia italiana, la cui sfida è
quella di salvaguardare il meccanismo di accumulazione, di riattivare
il circolo virtuoso risparmio-investimenti produttivi, di agganciarsi
al carro delle ripresa economica mondiale.
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