La
questione è all'ordine del giorno in tutti i Paesi dell'Ocse,
esclusa l'Islanda. E ci stanno pensando anche i popoli più stakanovisti
del mondo, gli svizzeri e i giapponesi. Il problema è noto: l'aumento
della disoccupazione negli Stati dell'Occidente industrializzato e la
rivoluzione telematica sembrano imporre modifiche radicali nell'organizzazione
del tempo del lavoro. Sia nel senso della riduzione delle giornate lavorative
negli archi dei mesi e dell'anno, sia della riduzione dell'orario di
lavoro settimanale. Sulla necessità della riorganizzazione nessuno
ha dubbi; sui tempi e sulle modalità, diverse tesi si confrontano
in tutti i Paesi occidentali. In linea di massima, gli imprenditori
non vedono di buon occhio la riduzione dell'orario, e semmai sono per
una sua maggiore flessibilità. I sindacati e alcuni governi,
invece, hanno assunto questo obiettivo come prioritario: alcuni per
ridurre la disoccupazione, altri per migliorare la qualità della
vita. Il dibattito è destinato a durare, soprattutto dopo che
la Germania Federale ha "sfondato" il muro delle 40 ore. Ma
la tendenza strutturale è questa: nel 2000 la settimana lavorativa
sarà inferiore alle 33 ore e le settimane di ferie pagate arriveranno
a sette all'anno.
Austria
E' il governo che considera la riduzione del tempo di lavoro come
un fattore importante della sua politica per l'occupazione. Forti
di questa posizione, i sindacati, a partire dal 1970, sono riusciti
a ridurre l'orario settimanale da 45 a 40 ore (in cinque giornate
lavorative); di recente, sono scesi a 37-36 ore a settimana. E, se
nel 1977 la durata delle ferie annuali era di quattro settimane pagate
all'anno, ora si è giunti a cinque settimane per tutti i lavoratori
e a sei per coloro che hanno un'anzianità aziendale di 25 anni.
Quanto ai salari, i sindacati si sono tuttavia accontentati di una
rivalutazione pari al 75 per cento dell'aumento del costo della vita.
Anche per questo motivo di moderazione salariale, il governo austriaco
stima che la riduzione dell'orario di lavoro consentirà un
recupero della disoccupazione e un mantenimento della competitività
della produzione.
Australia
Fino a due anni fa, i contratti di lavoro fissavano l'orario settimanale
a 40 ore. Ma già un terzo dei lavoratori a tempo pieno beneficiava
di contratti a 38 ore: è soprattutto il caso dei portuali e
delle imprese petrolifere. La situazione odierno vede due terzi dei
lavoratori con contratti a 38 ore settimanali. Non solo. Per far fronte
alla recessione, sono state adottate misure temporanee per cercare
di impedire i licenziamenti: dalla riduzione della settimana lavorativa
a quattro giornate (con contemporanea riduzione del salario), al pensionamento
anticipato (in forme ridotte), all'allungamento delle ferie annuali
(ma non retribuite).
La riduzione della settimana a 38 ore è stata applicata per
lo più con forme di flessibilità mensile, sulla base
di un mese di lavoro con 19 giornate lavorative. Nei settori nei quali
la durata scende a 36-35 ore settimanali, il mese è diviso
in due quindicine di nove giorni lavorativi. Quanto al tempo parziale,
dal 1982 ha raggiunto la percentuale del 12 per cento (contro il 4,9
del 1978). I sindacati sono piuttosto contrari al part-time, mentre
gli imprenditori hanno accettato la riduzione dell'orario settimanale
a 38 ore solo perchè c'erano le contropartite di un blocco
di fatto delle rivendicazioni salariali e una maggiore disponibilità
sindacale all'introduzione delle nuove tecnologie.
Belgio
Il governo ha avuto una parte attiva nella vicenda della riduzione
del tempo del lavoro. Alla fine del 1982, infatti, ha proposto a sindacati
e imprenditori il "5-3-3", un progetto che consisteva nella
riduzione dell'orario del 5 per cento entro la fine del 1984, nell'aumento
del 3 per cento dei posti di lavoro e negli aumenti salariali contenuti
sempre al 3 per cento. Le parti sociali hanno risposto di no, ma il
governo ha applicato lo stesso la moderazione salariale al 3 per cento,
rinviando ai contratti collettivi l'accettazione degli altri due termini
del progetto.
La situazione attuale vede così una quasi generalizzazione
della settimana a 38 ore (nel 1981 era di 40), con una tendenza verso
le 36 ore settimanali e una contemporanea riduzione del salario. Il
governo ha anche studiato un secondo progetto per la riduzione a 32
ore settimanali, con una nuova riduzione salariale. Il sistema "5-3-3",
secondo stime del governo, potrebbe portare alla creazione di 70-80
mila posti di lavoro in più.
Danimarca
In un Paese nel quale la politica del welfare ha già introdotto
periodi sabbatici e di formazione professionale durante i giorni di
lavoro, il governo ritiene comunque che soltanto la riduzione dell'orario
sia in grado di assicurare un riassorbimento dal 30 al 60 per cento
della disoccupazione, a patto che ci sia una compensazione sul terreno
salariale (meno lavoro, meno salario) e che non ci sia una diminuzione
dei tempi di utilizzo degli impianti.
Dal 1973, la durata settimanale del lavoro è generalmente fissata
in 38 ore dai contratti collettivi e l'obiettivo è quello delle
37 ore. Più del 50 per cento delle donne e il 10 per cento
degli uomini lavorano meno di 40 ore settimanali, anche perchè
c'è un forte sviluppo del lavoro a tempo parziale grazie a
una pratica di organizzazione di orari flessibili. Dal 1981, poi,
le settimane di ferie pagate sono diventate cinque e, per quanti hanno
l'orario di lavoro a 38 ore settimanali (invece di 40), è possibile
cumulare queste ore e trasformarle in ferie (tre settimane in più
all'anno). Obiettivo dei sindacati, che sono ostili al tempo parziale
temendo uno scardinamento delle conquiste collettive sociali, è
quello delle 32 ore settimanali di lavoro.
Finlandia
Il Ministero del Lavoro si è dichiarato favorevole alla riduzione
dell'orario settimanale nell'ambito di un coordinamento sovranazionale
e a patto che siano garantiti gli attuali livelli di produttività.
Dal 1970 la legge stabilisce una durata settimanale di 40 ore in cinque
giornate lavorative, ma i diversi contratti collettivi hanno già
provveduto ad abbassare questi limiti. Ad esempio, i funzionari civili
godono di una settimana a 35 ore, quelli specializzati a 36 ore, i
lavoratori con orari variabili (come nei trasporti) da 36 a 38 ore.
Quanto alle ferie annuali pagate, sono di quattro settimane per il
primo anno di lavoro nella stessa impresa e di cinque a partire dal
secondo anno di anzianità aziendale (i sindacati puntano a
sei settimane). Diffuso è il lavoro a tempo parziale, grazie
anche ad un progetto del governo per impiegare in questo modo giovani
nell'Amministrazione Centrale.
Francia
E' il Paese nel quale il governo sta pilotando da tre anni la riduzione
dell'orario di lavoro, con l'obiettivo delle 35 ore settimanali per
il 1985. In questa direzione, nel gennaio 1982 il governo ha fatto
proprie le conclusioni dell'accordoquadro fra le parti sociali, che
fissava la riduzione da 40 a 39 ore della durata settimanale del lavoro
(a 35 ore per gli operai specializzati delle aziende nelle quali si
lavora a turni). E da tre anni si sono sviluppati numerosi "contratti
di solidarietà" che prevedono la riduzione dell'orario
e una fiscalizzazione degli oneri sociali a carico dello Stato. Le
settimane di ferie pagate sono state portate da quattro a cinque.
Nel giugno 1984 il governo ha rilanciato la questione della riduzione
dell'orario, facendo proprie le tesi dei sindacati, ma lasciando in
ombra la data del 1985 per l'obiettivo delle 35 ore.
La riduzione dell'orario ha finora permesso di evitare licenziamenti
in aziende come la Thomson e la Gervais-Danone, creando nel contempo
20 mila nuovi posti di lavoro.
Germania Federale
La battaglia sindacale ha ottenuto, a metà 1984, gli accordi
fra sindacati e imprenditori per una riduzione a 38,5 ore settimanali.
E' destinata quindi ad abbassarsi la percentuale del 96 per cento
che, prima di questi accordi, fotografava il numero dei lavoratori
tedeschi che lavoravano 40 ore la settimana. Il resto godeva di una
situazione di 38 ore fin dal 1983.
In ogni caso, nella Germania Federale è stato calcolato che,
dal 1978 al 1982, la durata annuale del lavoro si è ridotta
dal 2,5 al 5 per cento, a seconda dei settori, soprattutto a causa
di fattori congiunturali (riduzione delle ore di straordinario, aumento
della disoccupazione). Bisogna anche tener presente che da anni è
in corso un processo di allungamento delle ferie pagate: il 62 per
cento dei lavoratori gode del trattamento di cinque settimane, mentre
gli altri hanno raggiunto le sei settimane. Progredisce, inoltre,
il numero dei lavoratori a tempo parziale (è il caso del 14,6
per cento degli impiegati). Il sindacato tedesco, infine, vede di
buon occhio un sistema di pensionamento anticipato, a partire dal
58-esimo anno di età.
Giappone
Nel modello nipponico, dove la tendenza è quella di assumere
una persona per tutta la durata della sua vita attiva, modulando il
ricorso allo straordinario nei periodi "grassi", una politica
di riduzione del tempo di lavoro come occasione per creare nuovi posti
non è nell'ordine delle idee (anche perchè la disoccupazione
riguarda solo le fasce medio-alte di età, che coincidono con
quelle non convertite tecnicamente).
Semmai, governo e sindacati si sforzano di migliorare la qualità
della vita dell'operaio giapponese, imponendo la settimana a cinque
giornate lavorative e la piena utilizzazione delle ferie annuali.
Gran Bretagna
Tre anni fa, quasi la metà dei contratti collettivi che prevedevano
una riduzione dell'orario settimanale erano stati siglati sotto l'impulso
del l'imprenditore e non dei sindacati (che pure da una decina di
anni perseguono l'obiettivo delle 35 ore settimanali). Ciò
è stato possibile perchè è stato garantito il
mantenimento del livello salariale e, da parte sindacale, un miglioramento
della produttività. Anche il governo ha poi fatto la sua parte
per la politica dell'occupazione, favorendo il pre-pensionamento e
la formazione professionale dei giovani che lasciano la scuola dopo
il 17-esimo anno di età (per ritardare il loro ingresso nel
lavoro).
La durata settimanale in Inghilterra è fissata in 40 ore, ma
già nel 1979 si era scesi a 39 ore senza perdite salariali
in alcuni contratti (adesso per il 90 per cento della popolazione
attiva). Anche le ferie pagate, che dodici anni fa erano di quattro
settimane, adesso lo sono per il 97 per cento, con una tendenza ormai
palese ad aumentarle di una settimana.
Islanda
Il problema non è all'ordine del giorno. Non ci pensano nè
i sindacati nè il governo, e tanto meno gli imprenditori. In
ogni caso, la durata "legale" dell'orario è di 40
ore settimanali ma, computando le pause all'interno dell'orario, si
arriva di fatto a 37,5 ore. Questo limite scende a 36 ore nelle fabbriche
con tre turni di lavoro a otto ore ciascuno.
Nuova Zelanda
Nel 1981, secondo i dati del censimento, di fronte a un orario "legalizzato"
di 40 ore settimanali, il 28 per cento lavorava di meno (nel 1983
la media era di 37,2 ore settimanali). D'altra parte, circa il 20
per cento della popolazione attiva lavorava, sempre nel 1981, oltre
50 ore la settimana. Quanto alle ferie pagate, il minimo è
di tre settimane l'anno, più le dieci giornate festive legali;
il congedo per maternità è di un anno per il settore
pubblico (sei mesi per quello privato); il lavoro a tempo parziale
interessa il 14,2 per cento della popolazione attiva.
Imprenditori e governo sono stati favorevoli a una riduzione dell'orario
solo nei casi di aziende in crisi, per evitare licenziamenti (e i
sindacati hanno accettato questa filosofia). Questi ultimi sono piuttosto
tiepidi sulla riduzione dell'orario e nettamente ostili all'introduzione
del lavoro a tempo parziale.
Norvegia
Il governo considera la riduzione dell'orario un "obiettivo sociale",
ma non certamente un mezzo per risolvere i (pochissimi) problemi della
disoccupazione. Anche sindacati e imprenditori preferiscono non attribuire
grande importanza alla riduzione dell'orario, mentre congiuntamente
insistono sulla necessità di misure per il pre-pensionamento
e la flessibilità mensile o annuale del tempo di lavoro.
La durata del lavoro è di 40 ore settimanali (da 38 a 36 nei
lavori a turni), che può essere ridotta per ragioni di salute,
sociali o familiari. Da due anni, il numero delle giornate lavorative
concesse per le ferie pagate è passato da 24 a 25.
Olanda
Nel novembre del 1982, il governo olandese sposò la tesi della
riduzione dell'orario come mezzo per favorire la lotta alla disoccupazione,
e l'Ufficio per la Pianificazione Sociale e Culturale ha stimato che
una riduzione media del 10 per cento avrebbe portato alla creazione
di 420 mila nuovi posti di lavoro. Da questo punto di vista, se le
organizzazioni imprenditoriali si sono dichiarate contrarie alla riduzione
dell'orario (temendo un aumento del costo per unità di prodotto),
i sindacati hanno accettato questa tesi anche "mettendo sul piatto"
una conseguente perdita di salario.
La situazione attuale vede l'orario settimanale di 40 ore, ma una
serie di comportamenti differenziati a seconda dei settori produttivi
in conseguenza di contratti collettivi. In questo modo, per i lavoratori
portuali la settimana è di 38 ore, per i turnisti scende a
35 o a 32,5. Nel settore pubblico, infine, la tendenza è quella
di assumere giovani che, fino all'età di 23 anni, lavorano
contrattualmente 32 ore settimanali.
Svezia
Governo, imprenditori e sindacati sono d'accordo: la riduzione dell'orario
di lavoro non serve a nulla per la politica dell'occupazione e attiene
solo alla necessità di migliorare la qualità della vita.
E così, mentre la legge del gennaio 1983 fissava la durata
del lavoro a 40 ore settimanali, due anni fa la media delle ore lavorate
era di 36 ore (anche perchè un quarto della popolazione attiva
lavorava a tempo parziale). Le settimane di ferie sono cinque, ma
si possono cumulare giornate nell'arco di cinque anni per allungare
il periodo feriale.
La politica di welfare porta i sindacati a immaginare in tempi medi
una giornata lavorativa di sei ore per cinque giornate (cioè
trenta ore a settimana), senza una riduzione parallela del salario.
Gli imprenditori, più che ridurre l'orario, immaginano invece
riduzioni delle giornate lavorative nell'arco della settimana o del
mese. Anche gli studi del governo puntano sulla riduzione del tempo
del lavoro più che dell'orario, allargando le basi fondamentali
dello stato sociale (ferie, congedi vari, mensilità sabbatiche).
Svizzera
La durata legale massima del lavoro è di 45 ore settimanali
per i settori dell'industria, commercio e terziario, e di ben 50 ore
per gli altri. Nelle amministrazioni pubbliche (federali o cantonali),
la settimana è di 44 ore. Nel settore dell'agricoltura sono
previste undici ore in estate e dieci in inverno nell'arco di una
settimana, con un solo giorno di riposo. Questa è la regola
svizzera la pratica attuale, anche per via di contratti collettivi,
stabilisce ad esempio (secondo l'intesa imprenditori-sindacati del
luglio 1983) il principio del passaggio a 41 ore nel 1986 e a 40 nel
1988. Ci si avvia quindi a una riduzione dell'orario per arrivare,
fra quattro anni, alla settimana di 40 ore, che negli altri Paesi
europei non c'è quasi più. Quanto ai sindacati, che
hanno l'obiettivo delle 35 ore, per l'avvio della riduzione hanno
accettato una perdita salariale dell'1,2 per cento per ciascuna tappa
del passaggio alle 40 ore.
Ultima notazione: nel 1976 è stata sottoposta a referendum
la proposta di fissare a 40 ore la durata settimanale del lavoro:
il 78 per cento degli svizzeri ha votato "no".
Spagna
La durata massina del lavoro, che era stata stabilita, con legge del
1976, in 44 ore settimanali (con un massimale di nove ore al giorno),
quattro anni fa è stata ridotta a 43-42 ore, mentre un progetto
di legge, votato dalle Cortes nel giugno 1983, fissa il nuovo limite
a 40 ore settimanali. Anche le giornate di ferie pagate sono aumentate
con la legge delle scorso anno, passando da 23 a 30 giornate lavorative.
Stati Uniti
d'America
Con una posizione degli imprenditori di pieno rispetto delle regole
del mercato, una dei sindacati poco inclini a porre la questione della
durata dell'orario di lavoro e una del governo, che tradizionalmente
si astiene dall'intervenire in questioni che riguardano la contrattazione,
negli Usa non c'è una politica ma una pratica (piuttosto moderata)
per la riduzione degli orari. In principio, la durata settimanale
è fissata in 40 ore, ma la durata effettiva varia a seconda
del tipo di professione, del sesso, dell'età e della condizione
familiare. Da questo punto di vista, sono possibili durate di lavoro
settimanali superiori alle 40 ore per i lavoratori a tempo pieno (mediamente,
il 42,6 per cento) o inferiori per la manodopera (circa 38,5 ore settimanali).
In ogni caso, più che ridurre i tempi di lavoro, negli Stati
Uniti c'è la tendenza ad aumentare le settimane di ferie pagate
e a sviluppare le diverse forme di lavoro a tempo parziale e a tempo
determinato.