§ SULLE SUPERSTIZIONI

RICORDI DI COSE SOPITE




Ada Nucita



Se volessimo rappresentare la superstizione con una bella immagine, la raffigureremmo come l'edera che, rimossa da dove era attaccata, risorge e si abbarbica "coi molteplici amplessi" nei muri a secco o nei tronchi degli alberi. In ciascuno di noi essa è tanto più rilevante quanto più vivo è il contrasto fra la verità e l'errore, la religione e il pregiudizio.
Il dogma di uno spirito del bene e di uno del male è antico quanto l'uomo stesso, il quale contro le paure e i terrori ricorre ai ripari del soprannaturale. Il timore di essere sopraffatti e vinti da esseri o da cause esteriori, creò e crea gli amuleti. A tale causa generatrice si aggiungono: 1) il principio filosofico dell'animismo (1), 2) i concetti fondamentali e semplici di simpatia e di antipatia, che "concorrono a specificare le diverse qualità degli amuleti, il loro più conveniente adattamento a questa o quella azione di paura" (2). Così, per esempio, per liberarsi dal cosiddetto "fascino" si tocca un cornetto, un pezzo di ferro, si tocca.... ed allora si è sicuri di essere liberati, come per incanto, dall'influsso soprannaturale o malefico.
Ignoranza o superstizione?
Non è dunque il caso di accettare per vera la tesi di tanta gente colta che attribuisce a ignoranza o a illogica superstizione di popolo il credere alla virtù o al potere di cose senza vita, quando poi non disdegna di portare alla fascetta dell'orologio o in una catenina appesa al collo un 13 di argento o di oro.
Il 13 è numero sacro alquanto strano, venerato dagli Osage (Sioux del Sud). Ne ignoriamo l'origine. Su di esso Claude Levi-Strauss riferisce: "La tartaruga dalla coda a denti di sega, animale privo di ogni utilità pratica, è spesso invocata nei riti: la sua importanza resterebbe per sempre incomprensibile, se non si sapesse che il numero 13 possiede presso gli Osage un valore mistico. Il Sol Levante emana tredici raggi, che si suddividono in un gruppo di 6 e in un gruppo di 7, corrispondenti rispettivamente al lato sinistro e al lato destro, alla terra e al cielo, all'estate e all'inverno. E' bene, si pensa che i denti della coda di questa specie di tartaruga siano sei o sette secondo i casi: il petto dell'animale rappresenta dunque la volta celeste e la linea grigia che l'attraversa la Via Lattea" (3).
C'è chi considera il numero 13 di cattivo augurio: 13 è il numero che nei conviti bisogna evitare, specie se si tratta di conviti nuziali. Non è dato sapere con precisione quale virtù magica avesse il 13 nel passato. E' certo invece che nei paesi della Grecìa Salentina, e forse altrove fino agli inizi del '900, si usava porre in mano dei morti mele o melecotogne in numero determinato: 12 per le mele, 13 per le melecotogne. Il motivo? Per ringraziare Minosse "il gran conoscitor de le peccata". Le melecotogne gli avrebbero rammentato la città da lui fondata (Cidonio o Kindion) nell'isola di Creta e per tal mezzo egli si commovesse e lasciasse andare quell'anima dall'Ade. E' evidente che questa pratica magico rituale porti a rifiutare ogni circostanza in cui figuri il 13, perchè potrebbe incidere negativamente.
Un altro pregiudizio molto diffuso tra i combattenti della prima guerra mondiale fu quello delle 3 sigarette che, accese con un solo fiammifero, si crede cagionino la morte di uno dei fumatori: il minore di età o colui che ha spento il fiammifero. Questi pregiudizi fanno supporre che il 3 sia numero magico; esso infatti ricorre nelle pratiche superstiziose di altri altri tempi (le 3 Parche, le 3 gole di Cerbero, le 3 Furie). Da richiamare alla mente anche il pregiudizio che tre lumi accesi in una stanza, come tre persone che si accingono a fare il letto apportino sventura. Secondo Usener, il numero 3 presso i primitivi ebbe carattere mistico per il fatto che in quell'epoca gli uomini non andavano nel contare più in là del 3, così che questo numero equivaleva per loro al numero ultimo, alla totalità assoluta (4).
Il terrore che il popolo prova alla vita della civetta appartiene, per l'origine sua, al timore suscitato dalle categorie di animali infausti. Questo volatile ètemuto non tanto per il suo movimento quanto per il suo differente grido. Ciascuno ha un particolare significato. E non è a dire l'orrore che desta nelle persone superstiziose questo uccello, che si ritiene presagisca sventura e morte. Per bocca del popolo, sono infausti, al pari della civetta, il gatto, specialmente se di pelo nero, che custodisce "uno spirito malefico" o i lunghi latrati di cani a notte alta, creduti urla alla morte. Al patrimonio superstizioso del popolo appartengono feticci portafortuna: pupazzetti o altri oggetti che ornano l'interno delle automobili. Secondo alcuni studiosi essi rivestono forma scongiuratoria e valgono "a far cogliere il processo mentale che presiede alla elaborazione di tali credenze" (5).
Per i Salentini preannunziano un cattivo evento: l'olio versato sulla tavola; la pietra che sì incastra nel ferro del piede del cavallo (il conducente, per scongiurare conseguenze dannose, la toglie, sputa e la getta via); la gallina che canta da gallo. Lo spillo prestato e per sbadataggine non restituito è ritenuto indizio certo di una prossima rottura dei rapporti amichevoli. I bambini che siano stati battezzati da un padrino o da una madrina che abbiano pronunciato male il Credo, potrebbero diventare balbuzienti. Si ritengono di buon augurio: il vino che sia stato versato per cause accidentali; "l'ape de Sant'Antoni" che, volando, si sia introdotta in un'abitazione, una lucertola con due code; un sogno in cui si sia pianto come morto un parente o un amico, il quale invece èvivo: perchè così sognando - dice il popolo - gli si aggiungono degli anni.
Un pregiudizio tuttora ricorrente è quello del malocchio, comunemente chiamato "iettatura"; si dà perciò il nome di iettatore a chi la esercita. Il giurista napoletano Nicola Valletta, professore dell'Università di Napoli, pubblicò nel 1797 una "Cicalata sul fascino". Un'altra pubblicazione di tal genere apparve un anno dopo sempre a Napoli: "Capricci sulla iettatura" di Florenio Salamino (pseudonimo). In essa l'autore dimostra l'esistenza del "fascino", descrive le personali osservazioni sugli iettatori e naturalmente Consiglia gli amuleti atti a scongiurare eventuali pericoli. Sono da ritenersi iettatori: fra le donne, quelle gobbe; fra gli uomini, quelli che portano la parrucca, quando la loro calvizie sia congiunta ad altro contrassegno specifico, come essere troppo pingue o miope in grado avanzato. Lo iettatore è sfuggito da tutti ed è costretto a vivere in isolamento umiliante. Se il discorso cade su di lui o se ne fa casualmente il nome, si prendono subito le debite precauzioni, che consistono di solito in gesti osceni.
Come cause che inducono il popolo a ritenere che una persona sia uno iettatore, si possono indicare: il verificarsi di un cattivo evento che sia stato da quel tale augurato o anche il succedersi di eventi cattivi là dove quella persona sia solita aggirarsi oppure in luoghi in cui sia stata presente. Le credenze sulla iettatura o "fascino" risalgono ai Romani, che veneravano il dio "Fascinus", al quale attribuivano il potere di preservare dalle cattive influenze.
Si racconta un pò dappertutto che un povero contadino aveva chiesto al suo padrone un pò di grano in prestito, che avrebbe restituito al prossimo raccolto. Il padrone, non potendo rifiutarsi ma non volendo prestare il grano per paura di non riaverlo più, gli rispose che lo avrebbe accontentato dopo qualche giorno. Passarono i giorni e il prestito veniva sempre rimandato. Stanco di ciò, il contadino decise di andare a trovarlo in casa. Il padrone, vedutolo, rientrò subito, ma il contadino notò "la mossa" e intuì quello che poi avvenne; tuttavia bussò alla porta e la moglie del padrone, evidentemente preavvertita, rimandò ancora una volta il contadino, dicendo che il marito era uscito.
"E' ssutu" (E' uscito) - ripetè Il contadino con un risolino - "e mmo' ca esse deveru" soggiunse "se pozza stuccare n'anca" (E quando esce per davvero, si possa rompere una gamba). Volle il caso che poco dopo il padrone scivolasse e si fratturasse la gamba. Diffusasi la notizia tra il popolo, il povero contadino fu subito incluso nel numero degli iettatori.
Alla vista di uno iettatore si usa questa formula di scongiuro, che viene recitata assieme a Paternoster e Avemaria:

"Madre cara 'Ndolorata,
a lla larga de 'stu iettatore,
Gesù Cristu, l'angeli santi
cu Ilu scrìane de quannanti"

(Madre cara Addolorata, proteggimi da questo iettatore, Gesù Cristo e gli angeli santi lo allontanino da questo luogo).

Altri scongiuri consistono nel pronunziare la frase: "la fica, la fava e l'occhi de fore", accompagnandola con un gesto consistente nel rivolgere verso lo iettatore la mano chiusa a pugno col pollice interposto fra l'indice e il medio e sporgente fuori dal pugno, nonchè altre tre parole che la decenza ci impedisce di riportare.
Per premunirsi, poi, contro i maligni influssi degli iettatori e di ogni specie di disgrazie, c'è chi porta sospeso alla catena dell'orologio o altrove un cornetto di corallo o una piccola staffa di cavallo.
I muratori mettono tra gli ultimi due blocchi di pietra che chiudono la volta (capicanale) o nei mattoni forati della volta delle case, dove verrà colato il cemento, una figurina di Santo o di Madonna e qualche monetina.
Pur consapevoli che le indicazioni di ricerca che abbiamo inteso dare in questo articolo possono sembrare schematiche o riduttive, intendiamo fissare questi due punti base:
1) La cultura folklorica salentina è derivazione di quella grecoromana; su questo substrato originario si sono sovrapposte, nel corso dei secoli, le credenze di altre popolazioni, che hanno portato a contaminazioni e ad accettazioni di usi e costumi.
2) 1 contenuti folklorici salentini hanno però subito un arresto nel secondo dopoguerra, in seguito alle trasformazioni che si sono avute nella società italiana, determinate dalla capillare penetrazione dei mass-media, i quali hanno provocato la disgregazione della cultura folklorica ad opera della cultura di massa; quest'ultima è coincisa con fattori che hanno avuto incidenza a livello strutturale (esempio, l'emigrazione).
Ricordi di cose sopite anche le superstizioni, le quali, in speciali contingenze di tempo e di luogo, possono essere richiamate in vita dall'oblio in cui giacciono.


NOTE
1) Animismo tendenza religiosa primitiva a personificare i fenomeni di natura e a credere in spiriti benefici e malefici.
2) R. Corso, "Tradizioni popolari"; R. Pironti, Napoli.
3) GIULIA MARTINENGO: "Documentario della magia"; Dellavalle Editore - Torino -1971.
4) Cfr. Giulia Martinengo: "Documentari della magia" Dellavalle Editore - Torino.
5) R. Corso: "Studi di tradizioni popolari" - R. Pironti - Napoli.


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