§ LE TASSE DI UN TEMPO

L'ARRENDAMENTO DEI SALI DI PUGLIA SUD COME SUDORE




Franco Compasso



Fu con la rivolta napoletana del 1647 capeggiata da Tommaso Aniello, il garzone pescivendolo di Amalfi, detto Masaniello, che cominciò la grande contestazione popolare contro la gabella nel regno di Napoli: una contestazione che sfociò in un moto di protesta generalizzato, che condusse all'incendio del casotto della gabella. Il Vicerè fu costretto prima a scendere a patti con Masaniello e poi a capitolare, mentre il capopopolo veniva riconosciuto "capitano generale del fedelissimo popolo napoletano". Da questi moti popolari nasce la premessa storica di una questione -quella relativa alla rottura definitiva del vecchio sistema fiscale degli arrendamenti del regno - che diventerà più tardi una grande questione politica, giuridica ed economica ed investirà la base stessa del potere regio.
Nell'Età Medioevale il termine gabella stava a indicare i due tipi di imposte, sia dirette sia indirette; in seguito la gabella divenne una esosa ed esclusiva imposta sui consumi popolari e la società post-feudale ha conosciuto, tra le altre, la gabella delle bestie in vigore in Toscana, che era l'imposta pagata sul bestiame vivo e su quello da macello. In Sicilia e nella Puglia, nel 1220 venne fissata da Federico Il la gabella del fondaco, un tributo sulle merci depositate nel fondaco della dogana; fu introdotto successivamente da Corrado (1253) un nuovo tributo sulle vendite effettuate nel fondaco. Le gabelle erano, dunque, tributi fissi ed imposte sui consumi pagate esclusivamente dal popolo e toccavano tutti i consumi popolari: dal tabacco all'acquavite, dal sapone all'olio. La riscossione delle gabelle veniva effettuata dal gabelliere (o gabellotto) per conto dell'autorità o per conto suo, un volta ottenuto l'appalto della riscossione.
Una trattazione sistematica è storicamente documentata, su fonti ufficiali, del problema degli arrendamenti nella vita economica del Regno di Napoli è stata condotta nel 1958 da Luigi De Rosa. Essa era intesa ad evidenziare, in modo particolare, gli aspetti più salienti della distribuzione della ricchezza mobiliare nel Mezzogiorno continentale e a segnare il graduale passaggio dall'economia feudale all'economia dei tempi nuovi. Ed è stato proprio De Rosa, con l'ausilio esauriente dei fondi archivistici del Regno scandagliati con rigore scientifico in tutti i complessi aspetti, a riconoscere la validità della tesi, sostenuta da economisti e politici napoletani dell'epoca, sulla necessità di abolire i residui feudali non più conciliabili con le esigenze della società preindustriale. L'istituto della gabella fu in uso nella finanza del Regno fino all'inizio del secolo XIX: infatti la gabella dei minuti (il dazio sull'incremento di valore - gli economisti moderni lo chiamano "valore aggiunto" - che le merci acquistavano con la lavorazione) fu abolita solo nel 1778.
La Puglia è, tra le altre regioni meridionali, quella che per secoli ha pagato la gabella sul sale; l'arrendamento dei sali di Puglia è, appunto, l'appalto dato al gabellieri, ai consegnatari dell'arrendamento, perchè riscuotessero l'imposta sul sale. Con l'arrendamento, lo Stato monarchico assolutista delega uno dei suoi poteri - l'imposizione fiscale - ad una classe privilegiata, quella dei gabellieri, ai quali appalta (ed il termine spagnolo arrender significa proprio "appaltare") la riscossione dei tributi e delle imposte. Questa classe si arricchisce a spese del popolo e, a sua volta, partecipa, con cospicue somme di denaro, alla gara per acquistare titoli nobiliari. Perciò si comprende assai bene perchè scoppiano in varie parti del regno, insurrezioni e moti popolari determinati dalla necessità di combattere sia l'esoso fiscalismo dell'assolutismo regio sia le voraci ed incontenibili pretese dei gabellieri.
Dopo la rivolta di Masaniello, alle soglie del XVIII secolo, il regno di Carlo III di Borbone fu scosso da una viva e profonda tensione riformatrice, al punto che sei Ministri del Regno "umiliarono i loro voti" perchè potessero ritornare al patrimonio reale i "fondi" già alienati a privati con la datio in solutum. Sedati, infatti, i tumulti del '47 il Vicerè, Duca d'Arcos, riordinò la finanza pubblica e la gestione fiscale delle sue regioni mediante l'abolizione delle diverse imposizioni e il raggruppamento delle stesse nell'unica tassa di focatico, pari a 15 carlini a fuoco. Nel nuovo sistema tributario fu prevista e presto realizzata la vendita annuale degli arrendamenti ai privati consegnatari. Tutto ciò produsse un danno per l'erario pubblico ed un ulteriore arricchimento dei consegnatari, sicchè emerse l'esigenza di un ritorno al patrimonio regio degli arrendamenti.
La vicenda storica relativa alla ricompera da parte del fisco di tutti gli arrendamenti, tra i quali in particolare quello dei sali di Puglia, dati in solutum dopo la rivolta di Masaniello a privati consegnatari, è stata esaminata con scrupoloso rigore storico, e con approfondita ed obiettiva ricostruzione dei fatti, da Alessandro Clementi nel saggio "L'arrendamento dei sali di Puglia" (edito da Japadre, L'Aquila), nel quale vengono messi in luce non solo i retroterra culturali e storici del problema degli arrendamenti, ma anche lo sviluppo del sistema economico e del regime fiscale in un periodo di tempo che segna il passaggio dall'economia feudale al movimento riformatore del Secolo Diciottesimo.
Nel contrasto tra i vecchi consegnatari degli arrendamenti e gli avvocati fiscali, che sostengono la tesi del superamento del tradizionale sistema tributario delle gabelle, non è dato scorgere solo una contrapposizione giurisprudenziale, avvocatesca e di diritto: in questo contrasto risiede la radice della contrapposizione di due culture, di due modi diversi di intendere e vivere la società dei tempi nuovi. L'abolizione degli arrendamenti è sostenuta da chi ritiene - come osserva Clementi - che una cultura illuministica "tende alla fondazione di uno Staatrecht col preciso intento di battere in breccia i residui dello stato feudale", mentre da parte dei Franchi (l'avvocato che sostiene, con una sua Memoria, il diritto dei consegnatari degli arrendamenti dei sali di Puglia) emerge una cultura protoromantica, che valorizza ed esalta le "sedimentazioni di una storia variopinta che urge con le sue consuetudini molto antiche". In breve -ed è questa la conclusione verso la quale si muove l'interessante saggio di Alessandro Clementi - sono di fronte, come sempre nella storia dell'umanità, due principi: ratio ed historia, ragione e tradizione, il vecchio che non vuole scomparire ed il nuovo che stenta ad emergere.
Nell'arrendamento dei sali di Puglia, che gli avvocati fiscali volevano che rientrasse nel patrimonio del Regno, ricadono le saline di Barletta appaltate ad alcuni consegnatari fin dal 1649. Queste saline costituivano una fonte di reddito di prima grandezza sia per il commercio interno sia per quello con l'estero; esse si estendevano per una lunghezza di due miglia, divise in quattro sezioni, come furono descritte con minuziosa attenzione scientifica dal Gimma nel suo trattato sulla Fisica sotterranea (1730) e da Vincenzo Pecorari (1784) nella Memoria con la quale illustrava il meccanismo di evaporazione dell'acqua e della formazione del sale.
E' merito del giovane studioso e storico Alessandro Clementi quello di aver riportato in evidenza la controversia fiscale sugli arrendamenti dei sali di Puglia perchè dietro quella controversia, definita allora fiscale, si celava la contrapposizione tra l'esigenza del rinnovamento dello Stato e quella della conservazione di vecchi istituti e privilegi; una contrapposizione che tanto peserà sulla storia del Mezzogiorno e dei suoi secolari ritardi. Il saggio di Clementi - e lo stesso autore si incarica di dimostrarlo -mette in luce la intuizione dei Montesquieu per cui la legge è "l'unico strumento di razionalizzazione del mondo". Dalle vicende degli arrendamenti dei sali di Puglia emerge la validità della concezione razionalista, propria dell'Età dei Lumi, che l'evoluzione degli Stati e delle società si può raggiungere solo attraverso l'adeguamento della legislazione alle esigenze sempre crescenti dei tempi in cui l'uomo vive, con il carico dei suoi problemi sociali, economici e politici. Dalla vicenda storica dell'arrendamento dei sali di Puglia esce sconfitto un mondo chiuso, dominato da rapaci oligarchie del potere e da ristrette caste parassitarie alimentate da privilegi assurdi.
I "gabellieri" di ieri rivivono ancora oggi nelle regioni meridionali, sotto le nuove spoglie e le maschere di cera dei detentori del potere politico, dei boss dell'affarismo collegato al sistema clientelare, dei "padroni" delle tessere e dei "padrini" della vita pubblica. E dal fondo di una società meridionale rassegnata ed impotente, ogni tanto, emerge qualche Masaniello, che invece di guidare il popolo alla conquista del "palazzo" è il servitore di un potere corrotto e corruttore, il quale si incarica di spegnere, con bugie e promesse, il fuoco delle antiche delusioni e delle nuove speranze.

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