Il problema dei
beni culturali
Nel nostro paese il problema della conservazione e valorizzazione de'
beni culturali e ambientali si è posto soltanto nel decennio degli
anni 70, dopo che uomini di varia cultura e studiosi di varie discipline
avevano fatto pressioni sugli organi governativi, indicando sia lo stato
di avanzata degradazione in cui venivano a trovarsi alcuni dei più
noti monumenti e alcune delle più illustri città storiche
italiane, sia la vera e propria devastazione che avevano subito numerosi
ambienti naturali di grande importanza scientifica a causa della speculazione
edilizia, degli inquinamenti, e in sintesi, per la mancanza di una qualsiasi
pianificazione economica e territoriale.
Le autorità governative hanno pur preso qualche iniziativa in questi
ultimi dieci anni, non solo per le pressioni esercitate dagli uomini di
cultura ma anche per le sollecitazioni che ci giungevano dalla Comunità
Europea: l'Italia ha creato un Ministero dei beni culturali e ambientali,
si è impegnata a rispettare le "norme ecologiche" della
politica ambientale comunitaria, ha partecipato al programma delle "realizzazioni
esemplari", ecc. Ma dopo aver preso questa serie di iniziative che
si possono collocare nella parte centrale del decennio degli anni 70,
il governo italiano ha sempre più ristretto il suo interesse per
i problemi ambientali; bisogna però riconoscere che anche i partiti
e altre organizzazioni e amministrazioni (fatta eccezione per alcune regioni)
hanno mostrato in questi ultimi anni un vuoto preoccupante di idee e iniziative,
trascurando del tutto o almeno sottovalutando, nella realizzazione dei
propri obiettivi di politica economica e sociale, gli aspetti inerenti
la protezione dell'ambiente e dei beni culturali.
Dato questo stato di cose la Comunità Europea ha dovuto richiamare
più volte il nostro paese al rispetto degli accordi già
sottoscritti. Dopo tante pressioni, nel gennaio 1981, il governo ha creato
un "Comitato Interministeriale per la protezione dell'ambiente",
con il compito di coordinare le iniziative nel settore della conservazione
dei beni culturali e ambientali e di operare in modo che anche in Italia
vengano sempre rispettate le direttive comunitarie. Se non dobbiamo farci
molte illusioni sulle capacità operative di questo nuovo organismo,
possiamo almeno sperare che esso si presenti quale nuovo interlocutore
per tutte quelle forze che da sempre si battono per un'Italia meno sfasciata
e avvelenata.
Ma lanciare strali contro l'inefficienza dei nostri governi è esercizio
fin troppo facile e abusato, un mezzo per ottenere a buon mercato adesioni
e simpatie senza lo sforzo di riflessioni originali.
Per affrontare il problema della conservazione dei beni culturali e ambientali,
si deve partire dal presupposto che sui due concetti di "bene culturale
e bene ambientale" ci sia unanimità di consensi fra gli studiosi
delle discipline più direttamente interessate al problema.
Riteniamo che tale accordo esista, ma in ogni caso è opportuno
soffermarsi su questi concetti per fare alcune puntualizzazioni e annotazioni.
E' noto che per "bene culturale" ci considera qualsiasi prodotto
dell'ingegno umano che abbia per noi un valore affatto particolare o perchè
costituisca opera d'arte, o perchè rappresenta una testimonianza
o un documento della storia dell'uomo.
Il bene culturale, d'altra parte, non è soltanto il prodotto di
una cultura o di una civiltà, ma esso stesso è creatore
di cultura, perchè ci consente di condurre studi e ricerche di
carattere storico.
E' da rilevare però, che il valore artistico e quello storico non
sempre si equivalgono; infatti se il pregio artistico di un bene culturale
è in relazione con il grado di sviluppo civile e spirituale delle
generazioni che lo hanno prodotto, il valore storico può andare
ben oltre questa considerazione, come testimonianza di una civiltà
o - se vogliamo - di una fase, di un momento particolare dell'umana civilizzazione
o della conquista materiale e spirituale della terra da parte dell'uomo.
Importanza e
valore dei centri storici
Il centro storico è una struttura urbana qualificata da valori
particolari, "finita e definita da un insieme di interventi che
ne hanno storicamente determinato la forma".
Questa una delle tante definizioni date a una realtà le cui numerossime
variabili impongono astrazioni concettuali palesemente generiche.
Il centro storico matura la sua condizione quando nel processo di crescita
della città intervengono cambiamenti che modificano le precedente
relazioni e determinano un progressivo isolamento della parte più
antica. Nasce, quel momento, con la borghesia finanziaria e mercantile;
si sviluppa con la prima borghesia industriale, cioè con la nuova
classe di potere che rifiuta la città dei nobili e crea nuovi
quartieri; esplode con il crescere della rivoluzione industriale, che
produce urbanizzazione spesso senza urbanistica e crea forti sproporzioni
tra il vecchio e il nuovo, oppure, è questo, il caso di molti
paesi piccoli, indebolisce il ruolo precedentemente svolto da ciascuno
di essi all'interno di un sistema più vasto.
La presenza del capitale edilizio incorporato garantisce in parte l'uso
insediativo del centro storico, non lo salva da interventi di ristrutturazione
dei vecchi impianti e da nuove occupazioni. Le testimonianze storiche
ne escono spesso irreparabilmente alterate, anche perche la precisa
coscienza del loro valore è assai lenta ad imporsi e prevalgono
le necessità legate ai nuovi modelli di vita e di organizzazione
dello spazio.
Come è ben noto, bisogna attendere il 1933 perchè la Carta
di Atene dichiari inalienabile e insostituibile il valore dei centri
storici, e arrivare da noi, alla "legge sulle bellezze naturali"
(siamo nel 1939) per avere una prima definizione di centri storici quali
"complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto
avente valore estetico e tradizionale". Si resta ancora su un piano
prettamente culturale fino agli anni 50, quando si precisa un primo
interesse per il tessuto globale e si propone un significato urbanistico,
destinato a maturale rapidamente (la carta di Gubbio è del 1960,
la legge ponte del 1967) arricchendosi con una più attenta considerazione,
delle componenti economiche, politiche e sociali. E' competenza della
geografia assieme alle altre discipline, indagare sulle diversificazioni
interne e le funzioni esercitate nel più ampio assetto territoriale;
per farlo, essa studia la città come un elemento inserito in
un paesaggio fisico ed umano che la impronta (morfologia, clima, acque,
risorse, impianti politici, strutture demografiche, economiche e sociali,
cultura) e ne è improntato. Risulta abbastanza diffusa, e si
può dire esatta, l'opinione che il metodo geografico si presenta
abbastanza realistico, perchè ha sempre messo l'accento sul ruolo
dell'ambiente fisico nella scelta del "luogo" urbano; ma il
geografo non si limita a questo, egli sa che la dialettica tra spazio
urbano e territorio è continua e che nella fattispecie la qualità
del sito e le condizioni topografiche da una parte, le caratteristiche
urbanistiche e architettoniche di ogni epoca dall'altra, rappresentano
solo gli elementi di avvio per l'interpretazione del rapporto uomo ambiente.
Nell'analisi delle forme i riferimenti più immediati sono quelli
relativi alla geomorfologia e al clima, e vengono fatti non per richiamare
stretti determinismi, ma per sottolineare che l'uomo ha sempre realizzato
i suoi manufatti interpretando i caratteri dell'ambiente naturale in
relazione alle sue tecniche e alle sue necessità. L'ambiente
fisico di pone dunque come elemento di riconnessione di diverse pratiche
culturali e il paesaggio esprime la sintesi delle sue interrelazioni
con la società, così come è venuta storicamente
evolvendosi L'impianto urbanistico di un centro storico e invero il
prodotto di successivi strati di civilizzazione, pervenuto a un processo
di degradazione, o a un vero e proprio dissesto, quando le nuove forme
di utilizzazione dello spazio si sono dimostrate incompatibili con le
strutture ereditate. La sua originalità deriva
da una vicenda irripetibile, dove i segni impressi dagli urbanisti -
e molto spesso i risultati di un'azione spontanea - esprimono una specifica
situazione e la necessità di soddisfare particolari esigenze.
Fenomeni storici, economici e politici vi determinano continui mutamenti
ma la trama principale resta per lo più indenne e nasconde nella
fissità dei percorsi la dinamica funzionale delle varie parti.
A questo riguardo, molto più chiari e nitidi appaiono i segni
di distinzione dei momenti di sviluppo, stasi, recessione, e talora
anche morte, espressi dall'architettura. Con gli edifici che mutano
a seconda dei modi di vita e dei periodi storici di cui riflettono gli
stili, essa scandisce il passato di ciascuna città, proponendo
motivi di particolare interesse geografico, soprattutto con le sue espressioni
minori, più strettamente legate alle condizioni economico-sociali
degli abitanti. Per mancanza o insufficienza di altre fonti documentarie
l'esame diretto della realtà edile rappresenta spesso l'unico
fondamento certo alle varie ipotesi di processo formativo, e gli scatti
formativi nella sua evoluzione corrispondono abbastanza bene ad altrettanti
scatti dell'organismo economico-sociale; anche il discorso sui rapporti
tra funzioni e forme acquista un sostanziale vigore. Questo tipo di
lettura dell'ambiente urbano richiama chiaramente l'importanza dell'esperienza
percettiva; ricordiamo allora che, dal punto di vista visivo la forma
urbana si contraddistingue soprattutto per la conformazione del suolo,
la dimensione, la densità e la tessitura dell'abitato, la distribuzione
delle masse e delle attività.
L'interesse per i centri storici e la consapevolezza del loro insostituibile
valore culturale sono andati via via crescendo di pari passo con il
prepotere della speculazione edilizia ed hanno motivato, in Italia e
in altri paesi europei, un attento movimento d'opinione ed una cospicua
legiferazione.
Per condurre questa lotta però è ormai necessario ricorrere
all'intervento pubblico: dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. Tra
i modelli di gestione dei centri storici che hanno caratterizzato lo
sviluppo urbano in Italia, dobbiamo qui ricordare quello che viene considerato
il più attuale, essendo stato realizzato con risultati positivi
nelle esperienze maggiormente avanzate di Bologna, Verona e Ancona,
e che si basa sul rifiuto di operare all'interno del tradizionale meccanismo
di sviluppo urbano (intenso quale accrescimento indefinito, naturale
ed inevitabile della città) e mira a frenare tale tendenza attraverso:
a) una diminuzione o blocco dell'edilizia nuova in periferia; b) interventi
pubblici e convenzioni con privati per il restauro o la ristrutturazione
di abitazioni degradate, con garanzia di canoni equi per i residenti;
c) utilizzazione dei cosiddetti "contenitori storici" - antichi
palazzi gentilizi vuoti, caserme in disuso, conventi abbandonati - come
centri di quartiere con annessi servizi sociali e culturali (biblioteche,
asili, unità sanitarie, ecc.).
Alcune considerazioni
sul centro storico di Lecce
Comunemente si dice che Lecce sia una città barocca, anzi la
"Firenze del barocco" (Gregorovius), ed effettivamente tutto
il centro storico dà la sensazione di una città costruita
contemporaneamente in tutte le sue parti. Invece questa omogeneità
artistica ed urbanistica è il frutto di una civiltà che
dal Medioevo agli inizi del XX secolo si è sviluppata su se stessa
rifiutando le sollecitazioni culturali e le mode straniere - qualunque
fossero - o al massimo accettandone gli elementi più congeniali
reinterpretrandoli fino al punto di stravolgerli.
Mai come in questo caso l'isolamento di una città, è stato
fonte di ricchezza economica e di fertilità artistica. Infatti
l'evolversi e l'abbellirsi della città sempre su se stessa, senza
mai porre fratture troppo nette con il passato, l'hanno privata di ciò
che è più frequente in altre strutture urbane: la grande
piazza medievale. Dal XVI secolo in poi la florida borghesia leccese
comincia a trasformare l'aspetto della città senza toccare niente
del tracciato viario medievale, con un gusto eccezionale dell'arredo
urbano favorito dalla bellezza e dalla straordinaria facilità
di lavorazione della tenera pietra leccese. con cui e su cui è
costruito l'intero centro storico, raggiungendo un notevole aspetto
di omogeneità.
Ma niente muta nella struttura urbana fino ai primi decenni del nostro
secolo, quando la città comincia a svilupparsi soprattutto in
direzione est, verso il mare (borgo S. Fulgenzio); oggi, anche se questa
è la direzione principale dell'espansione, la città si
sviluppa a macchia d'olio interrompendo in tutte le direzioni il rapporto
fra la campagna e il centro storico.
L'asse principale di questo sviluppo urbano è facilmente individuabile
anche da chi ha conoscenza superficiale della vita leccese; esso attraversa
il centro storico a partire da Porta Rudiae, lungo via Libertini e via
V. Emanuele fino a Piazza S. Oronzo e proseguendo lungo via S. Trinchese
fino a Piazza Mazzini e oltre, fino alla circonvallazione. Si ha l'impressione
di un graduale slittamento del punto di centralità della vita
cittadina, nel corso del tempo, lungo quest'asse. La Cattedrale deve
essere stata per lungo tempo il cuore della città; in seguito
la posizione centrale ha finito con l'essere assunta da Piazza S. Oronzo
con il parallelo, lento declassamento di via Libertini. in epoca molto
più recente, tuttavia, la stessa centralità di Piazza
S. Oronzo è stata compromessa dall'ultima e più sostenuta
espansione urbana. La struttura portante dell'economia cittadina gravita
attualmente sull'asse bipolare Piazza S. Oronzo - Piazza Mazzini, mentre
il traffico si va via via spostando sui viali che hanno praticamente
preso il posto delle mura e sulla circonvallazione più esterna,
rendendo marginali alcune parti del centro storico. Le aree denominate
Bombarde-Chiesa Greca, Balmes-Sinagoga, Giravolte, M. Basseo-Morelli
presentano tali e tanti edifici in condizioni di degrado (e la collettività
leccese ne è ampiamente consapevole), che riteniamo qui opportuno
solo farne un breve accenno.
Siamo dell'opinione che nonostante tutto il centro storico di Lecce
sia tra i meno disastrati tra quelli pugliesi (diamo un'occhiata a quelli
di Bari e Taranto!), che conserva ancora una funzione commerciale e
di servizio testimoniata dal fatto che dal 1971 ad oggi ha mantenuto
all'incirca costanti i suoi abitanti (8.700 più o meno) e che
è al centro dell'interesse della classe politica.
A questo proposito oltre a rappresentare uno dei tre progetti pugliesi
d'interesse comunitario - gli altri sono il Gargano e la Murgi dei Trulli
- è oggetto di due Leggi regionali. La prima del 9/1/'78 n. I
"Primi provvedimenti per la tutela, la conservazione e la valorizzazione
dei centri storici" stabilisce, in base agli stanziamenti di bilancio,
un programma annuale di concessione agli Enti locali di contributi in
conto capitale da destinare al finanziamento di interventi per la tutela,
la conservazione e la valorizzazione degli immobili situati nei centri
storici di proprietà degli stessi Enti locali, nonchè
per l'acquisto da parte dei predetti Enti di immobili ubicati negli
stessi centri storici. Gli immobili acquistati o risanati dovranno essere
perennemente destinati ad attività culturali, ricreative o sociali.
E' vietata la destinazione ad uffici, abitazioni, attività commerciali
o altre attività di lavoro. Con la seconda, del 15/5/1980 n°
45 "Provvedimenti per il risanamento e il recupero abitativo dei
fabbricati di proprietà dei privati siti nei centri storici dei
comuni pugliesi l'Ente Regione Puglia agevola interventi di recupero
parziale o totale di edifici o alloggi di proprietà di privati
siti nelle zone omogenee di tipo A, mediante la concessione di contributi
su mutui venticinquennali al tasso agevolato del 4%.
Tutte e due le disposizioni di legge stanno avendo pratica applicazione,
anche se, per quanto riguarda la seconda non sono molti i proprietari
che hanno richiesto di avvantagiarsene nonostante l'indubbia convenienza.
Ma la responsabilità con cui la classe politica guarda a questo
problema è testimoniata anche dalla istituzione di un apposito
Ufficio, per l'appunto del centro storico, la cui competenza è
stata delegata al Dott. Antonio Foresio, consigliere comunale democristiano,
amministratore sensibile ed oculato. Tale Ufficio avrà personale
proprio e si adopererà per rendere perseguibili gli obiettivi
programmati nel piano regolatore. Essi sono il mantenimento e ripristino
di valori architettonici ambientali: recupero e riqualificazione delle
funzioni residenziali con permanenza della popolazione attuale; mantenimento
e sviluppo delle attività culturali e possibilmente di quelle
artigianali e commerciali. E' previsto il recupero di tutti i "contenitori",
compresi il carcere di S. Francesco e la caserma Roasio; sono individuate
zone di particolare degrado sulle quali intervenire (Chiesa greca, Giravolte
e via Galateo) senza trascurare la zona del Teatro romano. E' un programma
ambizioso: com'è proprio della dialettica democratica dovremo
attendere i risultati senza posizioni preconcette.
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