La grande sete




L.C.B.



Qual e lo stato del rifornimento idrico nel nostro Paese? Dal punto di vista della siccità naturale, nelle regioni meridionali, dipende dall'andamento stagionale. Le regioni del Sud, tuttavia, risentono delle aree di alta pressione del Nord Africa, che accentuano la scarsità di precipitazioni. Ma la situazione sta diventando preoccupante anche a Nord, dove in passato, sia per la presenza di numerosi "corpi idrici" sia per la relativa vicinanza dei bacini montani e dei ghiacciai, non c'era mai stato un problema di quantità. Ora gli scarichi industriali, soprattutto nel triangolo Milano-Torino-Genova, rendono le acque inutilizzabili per scopi civili.
Come comportarsi, per preservare e risparmiare l'acqua e per prevenire la siccità naturale? Dicono gli esperti: il primo e più importante passo è far luce sull'argomento. Si conoscono pochi dati e si fanno poche misure. Se ne parla in termini un pò vaghi. E questo non soltanto in Italia, ma anche in altri Paesi come la Gran Bretagna, l'Olanda, gli Stati Uniti, dove i problemi sono stati affrontati ma non in maniera organica e pertanto non e stata detta l'ultima parola sull'argomento.
Esiste un programma dell'Organizzazione Metereologica Mondiale che fa capo all'Onu e che ha lo scopo di osservare l'andamento del clima sulla Terra, con misure sulla superficie terrestre e in mare, e con osservazioni mediante satellite artificiale. Anche in Italia, in collaborazione con l'Organizzazione Metereologica Mondiale, si sta lavorando in questo settore, soprattutto per quanto riguarda le ripercussioni delle variazioni climatiche in agricoltura. Si interessano al problema, (che "a latere" ha anche lo scopo di determinare l'andamento delle precipitazioni atmosferiche e le tendenze evolutive del fenomeno), diversi istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Si tratta di effettuare una serie continua di misure e di rilevamenti per ottenere dati statistici validi. In particolare, si deve anche misurare la variazione del tasso di anidride carbonica nell'atmosfera. Di solito, fino a due anni fa, questa misura era stata trascurata e i dati sulla concentrazione di questo gas nell'aria erano spesso contraddittori e non permettevano di trarre conclusioni attendibili. Aggiungono gli esperti: è importante determinare la radiazione solare globale, la temperatura dell'aria al suolo e in quota, l'umidità e gli spostamenti delle masse d'aria, con sondaggi a varie altezze. Quali potrebbero essere, nel nostro Paese, dopo le misure, i provvedimenti da prendere per impedire la siccità da variazioni climatiche e la penuria d'acqua per gli effetti dell'inquinamento? Innanzitutto, bisognerebbe depurare gli scarichi, sia civili sia industriali. D'accordo che il disinquinamento costa e che le industrie non possono accollarsi l'intero onere, ma e assolutamente necessario provvedervi per salvaguardare la salute della collettività. Le industrie, in genere, attendono le ultime scadenze degli obblighi di legge per installare i depuratori; ma accade che alcune aziende, dopo averli installati, non li mettono in funzione, per non avere costi aggiuntivi. Il problema potrebbe risolversi considerando il disinquinamento per quello che e: un costo sociale, da ripartire tra impresa e collettività. Sarebbe un modo di venir fuori dalla fase di stallo.
Dicevamo della sete del Sud. Ripercorriamo alcuni itinerari, anche sulla scorta delle esperienze dell'estate '81 in diverse aree meridionali.
La Puglia. Da questa regione viene il 51 per cento della produzione nazionale dell'olio d'oliva, il 55 per cento dell'uva da tavola, il 29 per cento della produzione italiana d'insalate, il 36 per cento delle mandorle. E' anche la massima produttrice di vini. Per questo, il piano irriguo sembra essere imponente ed e collegato con quello della regione più affine, dal punto di vista geopedologico, e per la continuità fisica: la Basilicata. Resta il problema degli usi civili. Il black-out idrico è un male endemico, aggravato d'estate, quando la popolazione cresce mediamente del venti-trenta per cento. A rimanere con i rubinetti a secco, dal primo pomeriggio all'alba, non sono soltanto le metropoli e i loro entroterra, ma anche le città costiere, dov'è concentrato l'afflusso turistico. E' stato notato che la situazione e migliorata grazie ad alcuni ritocchi apportati all'Acquedotto del Pertusillo, che da circa cinque anni e mezzo, aumentando in varia misura gli apporti del vecchio Acquedotto Pugliese, deriva le acque dal fiume Agri, in Basilicata, e le distribuisce nelle tre province meridionali della Puglia: Taranto, Brindisi e Lecce. "Grazie ad alcuni accorgimenti tecnici - i cosiddetti "torrini di carico" - si e riusciti a regolarizzare la pressione e ad evitare quelle cadute e sfasature che proprio due anni fa lasciarono a secco per tre giorni Taranto e provincia". I benefici si fermano alla fascia meridionale della regione, anche se non hanno risolto il problema dell'erogazione continua. E per il resto?
Il problema e di antica data ed e strettamente connesso alla geomorfologia regionale: la Puglia è arida, carsica, tufacea, quasi del tutto priva di una idrografia di superficie, con acque sotterranee erratiche. L'Acquedotto dell'Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, realizzato parecchi decenni fa, con la cattura delle acque campane del Sele, doveva estinguere la grande sete pugliese. Quando, il 24 aprile 1915, l'acqua della sorgente di Caposele zampillò dalla fontana di piazza Umberto, a Bari, si gridò al miracolo. Ma tutte le previsioni, tutti i calcoli esponenziali hanno perso valore di fronte alla realtà dei bisogni emergenti. Le condotte dell'Acquedotto Pugliese (ferme per molto tempo a 6.200-6.300 litri al secondo) bastano sempre meno. Industria, agricoltura e turismo hanno esigenze enormi, e gli usi civili non ne hanno di meno. Non siamo più ai tempi delle file di fronte alle fontanine di ferro. Ma e certo un dato: molti turisti hanno disertato questa regione, durante l'estate, perché non erano disposti a rinunciare all'acqua, neanche per una sola ora. Figurarsi per mezza giornata, e addirittura per due terzi del giorno. E ci ha rimesso, ancora una volta, la collettività, l'economia di tutti.
La Basilicata. Acqua razionata a Matera e nel suo entroterra, non nel Potentino. La regione è ricca di corsi d'acqua, che fa giungere anche nelle aree tirreniche ad alta vocazione turistica. Maratea, per la prima volta d'estate, non è rimasta con i rubinetti a secco. Fra l'altro, e stato predisposto un progetto di sistema idrico integrato (per tre miliardi e 600 milioni di lire), già finanziato dalla regione e dalla Cassa per il Mezzogiorno, che dovrebbe garantire l'approvigionamento fino al 2011. Stesso discorso per la fascia ionica, da Metaponto a Nova Siri, da Policoro a Scanzano. Fra l'altro, una specie di armistizio e intervenuto in quella "guerra tra poveri" che ha visto contrapposte Puglia e Basilicata, anche se - come e stato scritto - e ormai convincimento comune la necessità di una politica che serva a salvaguardare il grande patrimonio idrico lucano. Di recente, durante gli incontri tra i responsabili dei due governi regionali, sembra sia stata trovata una soluzione definitiva: nel quadro di un discorso di progressiva integrazione dei territori lucano e pugliese e di processi di sviluppo unitari, la Basilicata darà l'acqua alla Puglia per il suo fabbisogno civile e irriguo, ovviamente dopo aver soddisfatto le esigenze primarie proprie delle diverse aree lucane. In cambio, chiede che le risorse presenti nell'altra regione vengano messe a servizio del suo sviluppo e delle iniziative che sta realizzando, o progettando, per venir fuori da un millenario isolamento.
Nelle città calabresi l'acqua e considerata da sempre un bene prezioso che, in molti casi, e disponibile solo per poche ore, e spesso esclusivamente di notte. La scarsità di questo bene ne consiglia il razionamento. la sete diventa più acuta nel corso dell'estate, quando la richiesta del consumo aumenta sensibilmente.
La poco acqua esistente, infatti, incomincia a fare la spola, grazie a complicati meccanismi di scambio nelle conduzioni, tra i grossi centri abitati e le città vicine con vocazione turistica, col risultato di scontentare tutti e di pregiudicare l'economia che deriva dalla "vendita del sole". Catanzaro ha una situazione emblematica. L'acqua arriva d'inverno, quando e come vuole. Chi dispone di serbatolo o di autoclave in qualche modo si arrangia. Gli altri devono assoggettarsi a levatacce per poter riempire recipienti e bottiglie: come durante la guerra. A volte si è al limite del dramma. L'anno scorso, per la mancanza di acqua per oltre quattro giorni, entrarono in crisi le stesse strutture ospedaliere, con rischio della vita di molti pazienti ricoverati.
Sicilia. Una parte dei giardini palermitani rischia di trasformarsi in un deserto nel giro di pochi anni perché si irriga con acqua salmastra. E' la diretta conseguenza del saccheggio della falda acquifera, un flagello che minaccia quel poco che resta della celebre "Conca d'Oro", oggi quasi del tutto trasformata in una conca del cemento armato. L'acquedotto ha una rete colabrodo che a stento può garantire l'erogazione per 240 mila famiglie. Per irrigare i campi non resta che l'alternativa di cercare l'acqua sottoterra, scavando pozzi fino a settanta metri di profondità. I pozzi sono ormai centinaia, sorti dappertutto, ,alcuni anche abusivamente: e proprio questi hanno compromesso la grande falda, creando passaggi all'acqua di mare infiltrata, al punto che si teme un tragico disastro ecologico. Dal rubinetti sgorga acqua mista a sabbia. Un miglioramento della situazione si e avuto con l'entrata in funzione della rete derivata dal fiume iato, che assicura 525 litri al secondo. Tuttavia, restano i problemi dell'hinterland e della aree occidentali dell'isola. E quelli degli arcipelaghi. Le Eolie sono sette isole (oltre undicimila abitanti), nelle quali la popolazione triplica d'estate. La sete viene spenta con le navi cisterna: non meno di duecento viaggi all'anno, con navi salpate da Reggio Calabria e da Milazzo, con un carico complessivo che va dalle 250 alle 300 mila tonnellate. Lipari, capoluogo (8.500 abitanti), Vulcano (400), Alicudi (100), Filicudi (250), Stromboli (350) e Panarea (300), così come Salina (tre comuni, con un totale di 2.500 abitanti), sono perle turistiche in un mare ancora limpido e ancora blu. D'inverno il paesaggio muta volto: resta intatta la bellezza selvaggia dei luoghi, ma si alzano le libecciate, le onde si gonfiano più frequentemente, livide sotto le frustrate del vento. Così, queste isole diventano ancora più lontane. Il servizio di trasporto, grazie a una delega del Ministro della Difesa alla Regione, e stato affidato ad armatori privati, che dispongono di tre navi. La Marina Militare, nonostante i sacrifici, non poteva farcela: deve servire con cinque navi le 14 isole siciliane e alcune sarde. E' previsto che Panarca, Lipari e Alicudi abbiano gli acquedotti ampliati, per creare nuove riserve. E si sta pensando di dar facoltà ai cittadini di costruire cisterne liberamente. L'acqua costa relativamente poco: 150 lire a tonnellata ai privati, 350 agli alberghi, e 500 se la nave rifornisce le cisterne direttamente senza passare per l'acquedotto, pratica che e possibile solo quando il servizio e svolto dai privati e non dalla Marina Militare. Manovre, lunghe manichette, traversate, ormeggi. Il disagio e grande. D'inverno sono sufficienti 25-30 mila tonnellate. D'estate ne occorrono 80 mila, e ogni anno il fabbisogno aumenta del 15-20 per cento. Geologi e rabdomanti hanno studiato metro per metro Panarea, anni fa: dissero che in almeno tre punti ci doveva essere l'acqua: nella Valle di Urlo, alla Calcara (dove il sottosuolo è rovente e alcuni soffioni, sulla riva, vaporizzano zolfo che macchia di giallo il candido caolino). Ma come tirarla su, quest'acqua eventuale, (che c'é anche a Vulcano, semisalmastra, ma buona), senza energia elettrica? A Panarea, infatti, le vacanze si trascorrono ancora a lume di candela.
Sardegna. Qui la sete è una malattia secolare, sebbene gli esperti abbiano fatto sapere che l'isola ha acque sufficienti per i suoi abitanti, le sue terre e le sue industrie. Fiumi e ruscelli, infatti, sono ben governati e invasati, potrebbero assicurare l'approvvigionamento per una popolazione di gran lunga superiore a quella residente nell'isola. Il sottosuolo è ricco di falde abbondanti che si disperdono nel mare. Ma non si è fatto granché per non disperdere questa ricchezza potenziale. Un mastodontico "piano delle acque" predisposto dalla Regione e finito nel cassetto. Intanto la sete, soprattutto d'estate, rappresenta -insieme con la recrudescenza del banditismo e l'insufficienza dei trasporti e dei collegamenti - uno dei problemi più gravi per lo sviluppo del turismo. I quattordici laghi artificiali (esiste un solo lago naturale, quello di Baratz, presso Alghero) creati nell'ultimo trentennio, spesso con criteri irrazionali, non sono assolutamente sufficienti ad assicurare un approvvigionamento costante a tutti i comuni dell'isola. Solo da poco Cagliari, che ha sofferto a lungo la sete, ha una certa tranquillità. Ma nei centri vicini, nei comuni del Campidano, della Trexenta, del Sarragus e del Gerrei l'incubo della sete e sempre in primo piano: lunghe file - soprattutto durante l'estate - di fronte alle fontane sono uno spettacolo consueto. Gli invasi ci sono, quel che manca sono le condotte di assuzione. E quelle che esistono, tranne eccezioni, sono così malridotte, che con le loro perdite consentono a scarse quantità d'acqua di raggiungere i rubinetti.
Analoga situazione al Capo di Sopra: Alghero, la "porta d'oro" del turismo sardo per parare un colpo mortale all'industria dell'estate, è stata costretta a sottoscrivere una convenzione con un'azienda agraria proprietaria di una diga che garantisce alla città nel periodo estivo quaranta litri d'acqua al secondo. A Stintino, altra località di forte richiamo turistico, la situazione e ancora più drammatica: d'estate, la distribuzione avviene con autobotti. E in Gallura l'acquedotto del Liscia ha ridotto solo parzialmente i problemi. Ci si augura per lo meno che non si verifichi quanto accade nell'80, quando, per mancanza di acqua da precipitazioni, località come Palau, La Maddalena, Santa Teresa di Gallura, rimasero del tutto a secco, registrando la fuga precipitosa dei turisti.
Intanto, dicevamo, il deserto avanza inesorabilmente. La diminuzione delle precipitazioni atmosferiche in molte zone del globo ha provocato un aumento della siccità. In particolare, le regioni attorno al ventitre gradi di latitudine, che vengono definite temperate, stanno subendo una variazione di clima. Il terreno inaridisce e il deserto conquista nuovi spazi. E' quanto accadde in passato per il Kalahari in Africa e per il Deserto Vittoria in Australia, ed é quanto sta avvenendo ai nostri giorni per il Sahara, che ogni anno vede aumentare la sua estensione. Nella zona di Sahel, nell'Africa Nord-Occidentale, si sono verificati stati di aridità connessi con fenomeni di desertificazione che assumono la caratteristica di costanza nel tempo.
Sono tutte naturali le cause di questi fenomeni?
Solo in parte. L'uomo ha avuto ormai il sopravvento sulla natura e può incosciamente indurre variazioni climatiche. In Africa, in particolare, l'aumento di superficie delle zone desertiche è dovuto principalmente all'opera di deforestazione che si effettua indiscriminatamente, senza tener conto dell'equilibrio che gli alberi danno alla *mura. Accanto a queste tendenze di variazioni dal clima e di aridità in alcune ^ne, in tutti i Paesi si nota una carenza d'acqua che si accentua, com'é logico, soprattutto nel corso dell'estate. Questo - contrariamente a quanto è accaduto in passato - si sta verificando da qualche anno anche in Paesi a latitudine elevata, come la Gran Bretagna, dove nella stagione estiva si vivono momenti di panico. Le autorità stanno svolgendo intense campagne per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla necessità di risparmiare l'acqua e di contenere i consumi. Nel Paesi del bacino mediterraneo l'aumento della siccità nei periodi estivi e un fenomeno naturale dovuto alle precipitazione atmosferiche molto modeste, ma anche al cattivo uso che si fa del prezioso liquido. Nell'Europa del Nord, invece, si e accentuato il fenomeno della diminuzione delle piogge estive, con un andamento diverso da quello di qualche anno fa.
Secondo il professor Giampiero Maracchi, incaricato di Meteorologia e Climatologia all'Università di Firenze e segretario del Comitato di Scienze Agrarie del Consiglio Nazionale delle Ricerche, si possono fare tre importanti ipotesi sulle cause di questo fenomeno. L'aumento del tasso di anidride carbonica nell'aria; il disboscamento di grandi aree equatoriali; la variazione del tenore di ozono negli strati alti dell'atmosfera: questi, i principali responsabili delle variazioni climatiche. Con le sue attività, l'uomo ha influito sul clima. Un ulteriore aumento dell'anidride carbonica potrebbe portare a conseguenze dannose per la vita stessa sul pianeta. Se si dovesse ancora incrementare la sua concentrazione, si accentuerebbe l'"effetto serra" del sole: la Terra non potrebbe cedere parte del calore assorbito e, come conseguenza immediata, si avrebbe l'arretramento dei ghiacci ai poli. Ciò significherebbe l'innalzamento del livello dei mari. Basterebbe che il mare si elevasse di 50 centimetri o di un metro per compromettere irrimediabilmente migliaia di città rivierasche. In tal caso sparirebbe una vasta superficie di terre emerse. Inoltre, la diminuzione del tasso di ozono negli strati più alti dell'atmosfera può, secondo alcune teorie, far variare le condizioni climatiche. Non e ancora definitivamente accertato, ma pare che l'ozono diminuisca per l'eccessivo uso di nitrati in agricoltura, che liberano poi composti con azoto gassoso, e per l'impiego del "freno" come gas propellente nelle bombolette nebulizzatrici. Per inciso, è proprio per questo motivo che, in attesa di accertare meglio il fenomeno, negli Stati Uniti e vietata la produzione e la vendita dei prodotti "spray", che dilagano invece in tutta l'Europa consumistica.
Le variazioni del clima portano di conseguenza ad una penuria di acqua. Questa mancanza di acqua, se naturale nei mesi caldi nelle regioni temperate con poco rifornimento da precipitazioni, diventa problematica per l'eccessivo uso pro-capite, oltre che per l'incremento della popolazione. Siamo quasi alla rottura dell'equilibrio. I consumi d'acqua aumentano in tutto il mondo per l'uso indiscriminato che se ne fa. La concorrezza tra consumi industriali e agricoli e sempre più accentuata, e se a questo si aggiunge il variato tenore di vita dei popoli, il consumo d'acqua per usi domestici cresce ancora di più.
Un problema grave, causa anch'esso di penuria d'acqua, e quello relativo alla qualità dell'acqua stessa. L'inquinamento dei corpi idrici, in molti Paesi industrializzati del mondo, ha contribuito notevolmente al depauperamento delle risorse idriche. La qualità dell'acqua che il mondo ha a disposizione non e più quella di qualche decennio fa, quando non si scaricavano nei fiumi e nei laghi enormi quantità di veleni e di inquinanti di ogni genere. Per fare un esempio: l'acqua che una volta si impiegava per le marcite in Lombardia, oggi non può più essere utilizzata a causa del suo grave inquinamento. Da chiarire che la penuria di acqua, dovuta a ragioni metereologiche o ad inquinamento, non va confusa con la "siccità", che e un aspetto climatico su grande scala, del quale, purtroppo, si conoscono poco le cause.
Fluttuazioni climatiche, con conseguente siccità, sono avvenute in passato e rientrano in una media statistica, definita "normale" dagli esperti. Ma il dilagare dei consumi e l'inquinamento determinano una "siccità artificiale" che pone gravi interrogativi ai quali, almeno per il momento, non si può dare una risposta. Se poi il fenomeno dovesse esasperarsi, le conseguenze sarebbero gravissime per l'intero genere umano. Proviamo a immaginare che cosa potrebbe accadere se India, Africa e America del Sud aumentassero indiscriminatamente la loro industrializzazione, senza tener conto delle opportune precauzioni per non inquinare la natura, come purtroppo -colpevolmente - hanno fatto finora tutti gli altri Paesi industrializzati! E da noi, in ltalia, c'e qualcuno che ricorda quel che sta accadendo lungo la costa adriatica, con gli sprofondamenti di Ravenna? e nel cuore della Lombardia, con lo sprofondamento dell'area milanese? E non e sempre l'uso indiscriminato delle acque che ci sta portando sull'orlo dei disastri, non solo ecologici?

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