S. Giuseppe Desa,
17 Giugno 1603-18 o 19 settembre 1663, OSIMO
La malinconia consumava
la tunica di San Giuseppe.
Tredici anni e quattro mesi passano dall'annessione nei Conventuali
al giorno in cui ne esce per andare a Napoli a essere esaminato dal
Santo Ufficio.
Cattarina, virgo senensis (ex Benincasis) pis orta parentibus "ex
Benincasis" qualche tempo dopo fu tolto dal Breviario Romano Ad
Assisi nova afflictio. Padre custode lo perseguita; perseguita; nam
divina Providentia, quae servum suum, sicut aurum in fornace procari
volebat, gli tolse a poco a poco tutti i godimenti e le consolazioni
celesti "eumque velut ad divina surdum et omni pietatis sensu destitutum
reliquit". La malinconia aveva colpito in tal modo anche il suo
corpo che a mala pena poteva sollevare le palpebre. Lo fecero richiamare
a Roma. Vi giunse nell'anno 1644.
(sei o sette ore di estasi)
Bonaventura Ciaverio, più tardi vescovo di Potenza: "Cum
Romae essem Assisio advenit pater frater Josephus ecc."Duxi illum
mecum ad novem basilicas invisendas curru patris Generalis, quia omnies
dictas ecclesias, abter lustrare (guare) non potuissemus. Res mira!
quoties in currum ascendebat et intraret in ecclesiam, oportebat, ut
sanctae obedientiae nomine eum sui compotem fieri juberem. S. Petrii
basilica omnium prima ingressus, oculos adeo subnisit, ut pavímentum,
in quo gradiebatur, vix cerneret. Hunc dixi ei: Frater Josephe, attolle
oculos et vide altaria, saulla et pictas tabulas, aliaque aeque pia
et elegantia? Ipse vero numquam oculos sustulit, responditque missi:
Credo credo; nec volo praeter sanctam fadem. Volava cum solito stridore.
Nato in una stalla.
Cacciato di casa madre, dormì sui gradini d'una chiesa, e non
sarebbe stato raccolto senza le preghiere degli amici. Altri biografi,
fra cui il ( ... ), dicono che era già santo dalla puerizia.16
anni - nell'ordine dei frati conventuali di S. Francesco, nonostante
avesse due zii monaci in quest'ordine. Poi nei Cappuccini (a Martina).
Dopo otto mesi, dimissus est. Un tumore al ginocchio, che si tagliò
con un coltello, lasciando a Dio ogni altra cura. Non osando tornare
dalla madre, va a Vetrara dallo zio prete. Questo, dopo le feste di
Pasqua lo riporta a casa a Copertino, cerca di persuadere la rigida
madre. Dopo un po' ch'era rimasto in casa per le lagrime della madre
il fratello di lei Donato lo fa ammettere ai Francescani conventuali
della Grottella.
La notte della vigilia di Natale a Copertino, udite le tibie e le fistole
dei pastori, emisso suspiro cum epulatu velut avis per aera volavit
a medio ecclesiae usque supra altare majus, plus quam quinque perticis
unde despitum, e vi restò in quanto, d'ora senza spergiuro i
ceri va bruciandomi la veste. Ah Mater mea. Altri voli. Dei pittori
che in una cappella dissero in sua presenza che avrebbero rappresentato
il mistero della Immacolata Concezione lo udirono dire tutto commosso:
Quid? Conceptionem Mariae Virginis? Immaculatam Conceptionem! Poi lo
videro d'un tratto fuori dei sensi, e soavemente rapito in estasi, più
di mezz'ora con le braccia aperte e coi viso rivolto al cielo perseverare
nella contemplazione di tanto mistero. Mitte cruces mortuas et tolte
vivas.
Mentre una decina di uomini, per fare un calvario su un colle fra Copertino
e il Convento Grottella (Cryptellae), avendo già piantato due
croci, ma non ce la facevano con la terza, dalla porta del convento
si vide Giuseppe e volò per circa 80 passi verso la croce, la
afferrò come una fogliolina e la depositò nel luogo stabilito.
I vermi del '600
Senza virtualità come senza Ombra Professione di donne; anzi
impiego, con la stanca abitudine d'impiegati. Le parole che non arrivano
alle stelle. Le forme delle donne di altri secoli nell'aria, i morti
non bene informati che bussano alla rustica porta di notte. Il provvisorio,
i giardini senza cancello. Esisterà una città di cui questa
nostra non è che la copia esatta. Marsesco - vedi Fremanzio.
Ma Fremanzio parla di schiaffi, e financo d'un coltello con cui una
volta si lanciò contro di uno. Sarà stato uno di quei
coltelli a scatto, dal manico di legno scuro, fabbricati forse a somiglianza
delle navajas di Albacete, che anche noi abbiamo veduto nella nostra
infanzia.
Camminavano guardando per terra, senza alzare gli occhi da terra; nella
loro camminatura si avverte più il peso del corpo, anche se sono
magrissimi, che la grazia dello spirito.
San Giuseppe
da Copertino
Gli agiografi conformisti dipingono candida e tranquilla e quieta la
fanciullezza di San Giuseppe, secondo l'idea convenzionale che si ha
dell'infanzia dei santi. Solo lo Stracciarius afferma la sua turbolenza
e rissosità. Non sapevano resistere all'attrazione d'una pietra
incontrata sul cammino, e la prendevano a calci per un pezzo, o raccoltala
la scagliavano lontano. Chi ha avuto compagni di scuola, e persino di
banco, copertinesi, non può credere agli agiografi conformisti.
Dei resto, tutti i conti tornano: fattosi più grandicello, viene
cacciato da un ordine dopo l'altro, perchè non profitta nelle
discipline letterarie, ma è testardo e persevera nel suo intento.
E qui vediamo due altri tratti del copertinese esemplare, è zuccone
e testardo. Le nostre classi ginnasiali e liceali, hanno conosciuto
gran numero di queste tangenze di Copertinesi, indietro nelle classi
da cui venivano.
Lasciati indietro nella classe che lasciavano, coi banchi la lavagna
e il cassino (e il ritratto del dittatore), il suo posto veniva occupato
da nuovi copertinesi che dovevano ripetere quella classe a cui gli altri
erano stati promossi, o provenienti addirittura da altre scuole. Si
somigliavano tutti: taciturni e improvvisamente chiassosi, tolleranti
e improvvisamente attaccabrighe. Non era possibile sapere che cosa passasse
per la testa d'un copertinese: sembrava che stessero attentissimi alle
lezioni, poi chiamati davanti alla cattedra, risultava che non avevano
capito nulla. Ma la loro testardaggine spesso la spuntava. Suolevano
prendere qualche diploma che la scuola rilasciava loro per anzianità,
per non vederseli più fra, i piedi. E la brutalità copertinese:
San Giuseppe si tagliò da solo, con un coltello da cucina, un
ascesso. Significativo è l'esame sostenuto da San Giuseppe nell'ordine
dei Francescani Conventuali, dopo essere passato da un ordine all'altro,
con una testardaggine di cui solo un poterinese poteva essere capace
in una regione come la nostra il cui sangue volubile è testimoniato
sin dai suoi tempi dall'arido fantasticare delle facciate delle chiese,
in un barocco plateresco, nel quale lo stesso Churriguera avrebbe potuto
prender lezioni.
Gli misero davanti un testo che diceva: Catarina ex Benincasis ecc.
e gli dissero di leggere; San Giuseppe lesse: Catarina ecc. Gli dissero
di tornare a leggere: San Giuseppe per ben tre volte lesse: Catarina
ecc.
Come riconosco gli esami dei miei compagni copertinesi! e il riso sforzato
negli angoli della classe. Qualcuno, per sfuggire allo sgomento di queste
assenze improvvise, di parole stregate che andavano via dai libri, diceva
ad alta voce:- Sarà un'altra edizione. Il professore si faceva
dare il libro dell'esaminando, e diceva che era la stessa edizione,
che quelle parole c'erano, erano lì, ben visibili come tutte
le altre. Che ripugnanza misteriosa ne impediva la lettura ai nostri
compagni copertinesi? Così per San Giuseppe. E certo dovevano
ormai aver deciso di approvarlo, per stanchezza, sicchè neanche
questo incidente compromise l'esito dell'esame. Ma emersero nuovi elementi
che smentirono il libro e la generale convinzione che Caterina fosse
della famiglia dei Benincasa. E che significano, che cosa sono i ciottoli
che calciavano davanti a sè i nostri compagni di Copertino? Comincia
un'età meravigliosa di estasi e di voli. Un giorno entrato nella
chiesa, vista da lontano l'immagine della Vergine esclama un "Ah,
mater mea", e istantaneamente si solleva in volo a diciotto passi
di altezza. Tempo dopo, è la notte della veglia di Natale, la
chiesa è piena di fedeli; d'un tratto ode le tibie e le fistole
dei pastori e allora emisso suspiro cum magno ejuIato velut avis per
aera volavit, volò per l'aria simile a uccello, dal centro della
chiesa sino all'altare maggiore e ne abbraccia i sacramenti e le sante
immagini per oltre quindici minuti senza bruciarsi ai ceri che vi ardono
in gran copia, e soprattutto senza spegnerne alcuno: goffaggine celeste
tanto la grazia questo monaco volante dal goffo copertinese che si tagliava
un tumore con un coltello da cucina. Un suono, una parola, la vista
di qualcosa che abbia relazione coi mistero, pare si ripercuotano a
vuoto nelle oscure cripte del suo essere. Non vi trovano una risposta,
ma in cambio della risposta mancata, ecco rapimenti e voli, l'anima
che nella intensità di quel gesto vuole adeguarsi alla proposta
del mistero. Un giorno nella cappella d'una chiesa dei pittori preparano
una parete per un' affresco. Giuseppe si avvicina e domanda che cosa
vi rappresenteranno.- il mistero della Immacolata Concezione.
- Che? La Concezione di Maria Vergine? L'immacolata Concezione? esclama
commosso. Poi cade in estasi, con le braccia aperte il viso rivolto
al cielo; per oltre mezz'ora. Ma estasi e voli non si svolgeranno solo
nel chiuso dei templi, sebbene è qui dove più frequenti
gli si offrivano gli inviti (le proposte) del mistero. Gli agiografi
ne contano più di settanta "non computatis illis qui quotidie
inter celebrandam colissam accidebant". Ma questo pertiene alla
santità di San Giuseppe, sconosciuta da chi ne ha il potere:
a noi interessa l'inverso, partire dalla santità di San Giuseppe
per giungere a riconoscere la sua realtà, la rozza realtà
copertinese, la qualità della terra su cui il miracolo poteva
o no fiorire. Questo periodo meraviglioso ha termine. Lo mandano ad
Assisi: ci va con molta illusione: va a star vicino al sepolcro del
suo Santo. Ma il padre custode del convento di Assisi prende a perseguitarlo:
e a poco a poco egli cade in preda a una strana afflizione che i suoi
biografi, non sapendo come altrimenti chiamare, chiamano malinconia.
Non sono le tentazioni ovvero il dubbio petapsico che tormentano altri
santi in qualche periodo della loro vita. E' qualcosa che non si può
spiegare: è precipitato, senza saper come, nella fossa dei leccesi:
l'aridità di mente, il peso e dei corpi e delle cose senza avventura,
senza virtualità fra le quali la nozione di Dio, senza esser
contrastata, d'un tratto non riesce più a transitare. E' il mondo
dei coltelli, dei tumori tagliati, che la nozione di Dio non basta a
far lievitare. Dio è lontano. Anche oggi vi sono dei momenti
in cui noi non scriviamo una lettera urgente persuasi dalla nostra malinconia
che essa non arriverà mai a destinazione. Addio voli! addio celestiale
levitazione! Non è la prima volta che questa malinconia si manifesta
nel Copertinese. Ai tempi degli odiosi studi, lo aveva colpito, con
maggiore stordimento, data l'età, sebbene con corso assai meno
grave. Se vogliamo avere un'idea di che essa fosse, eccovi una confessione
dello stesso santo, che si riferisce però ad altro periodo durante
gli odiati studi - in cui ne fu parimenti afflitto: Benchè in
conventi si prendessero cura di nutrirmi e vestirmi, la tunica si logorava
da sola. Un meridionale non ha bisogno di altre indagini su questi due
anni del santo. Venite a vedere le nostre case, come tutto si sciupa
misteriosamente: l'intonaco cade, le porte delle case mostrano i segni
di calci, i mobili perdono la vernice. Lottare contro questa misteriosa
cospirazione delle cose non richiede meno di uno stato di grazia. Dopo
due anni giunse a Roma la notizia dello stato pietoso in cui si era
ridotto il Santo. Lo chiamarono lì. Bonaventura Claverio, che
fu più tardi vescovo di Potenza, racconta che gli fu ordinato
di averne cura. Con la carrozza del padre generale lo portò in
giro a visitare le nove basiliche. Già nella carrozza egli s'immerse
in uno stato di incoscienza. Il Claverio, ogni volta che dovevano discendere,
non trovava altro mezzo per richiamarlo che quello di rivolgerglisi
in nome della santa obbedienza (ut ecc.). Entrato nelle basiliche, non
alzava gli occhi da pavimento. In San Pietro il Claverio lo esortò:
Frater Josephe, attolle oculos et vide altaria, saulla et pictas tabulas,
aliaque aeque pia et elegantia (Frate Giuseppe, alza gli occhi e guarda
gli altari ecc.). Ma non bastò perchè alzasse gli occhi.
Solo rispose: Credo, credo, e nient'altro voglio che la santa fede.
San Giuseppe morì a Osimo il 18 settembre 1653. In questo giorno
la sua festa viene celebrata a Copertino e a Osimo, che si scambiano
i manifesti e difatti in vicinanza del giorno celebrativo, sui muri
dei due Municipi si possono leggere i manifesti di entrambi i paesi.
Benchè Copertino non conti più di diecimila abitanti,
e sia fra i paesi della nostra provincia che hanno maggior numero di
devoti ai principi comunisti, tuttavia la festa di San Giuseppe vi è
celebrata coi concorso d'una enorme folla, per lo più di contadini,
delle campagne e paesi limitrofi. Io vi andai una volta molti anni fa,
e ricordo...
Devo aggiungere che il fenomeno della levitazione dei monaci ha avuto
altri esempi nella nostra provincia, e che tutt'ora vive vecchissimo
un monaco Ghezzi, di nobile famiglia leccese, che mi assicurano di aver
visto in gioventù sollevarsi dal suolo.
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