L'esorcismo




Napoleone Colajanni



Molti illustri studiosi hanno speso una parte non indifferente delle proprie energie intellettuali nella ricerca di una definizione in termini scientificamente rigorosi della parola "inflazione", e non ci sono riusciti. L'unica definizione accettabile è rimasta quella dettata dal buon senso: inflazione è l'aumento rapido dei prezzi. Se la definizione è dettata dal buon senso, molto più illusoria è la cura che lo stesso buon senso è portato immediatamente a dedurre: interveniamo per prima cosa sui prezzi per impedire che aumentino oltre una giusta misura, colpendo la speculazione. Negli ultimi anni il blocco dei prezzi e dei salari è stato tentato in numerosi Paesi. E' stato tentato negli Usa, in Gran Bretagna, in Olanda, ed è sempre regolarmente fallito. E' stato tentato in Italia, ed è fallito. Mentre il blocco è in vigore qualche risultato si ottiene, certo, ma si accumulano tensioni tali da rendere impossibile un blocco permanente, che peraltro nessuno vuole, perché significherebbe la trasformazione dell'economia di mercato in economia rigidamente centralizzata. Quando il blocco cessa, i prezzi esplodono e i salari seguono. E' un'illusione perciò ritenere che l'inflazione possa essere combattuta in questo modo. La speculazione, che indubbiamente gioca un ruolo non indifferente nell'aumento dei prezzi, è la diretta conseguenza delle attese inflazioniste, non la causa. D'altronde, un'economia di mercato senza speculazione è una pia illusione. Solo agendo sul complesso delle cause si può combattere l'inflazione e scavare il terreno sotto i piedi alla speculazione. Come si deve giudicare allora il tentativo del Ministro dell'Industria? Egli è troppo sveglio per non conoscere i limiti dell'operazione. Probabilmente si tratta solo di dare l'impressione al Paese che il Governo qualcosa fa, cercando il consenso attraverso l'autoregolazione, piuttosto che attraverso blocchi e calmieri abbastanza screditati, anche se ancora popolari. Si punta cioè sull'effetto psicologico, e in questo senso, senza molte illusioni, qualche risultato si può avere. Il problema vero è quel che può accadere alla fine del periodo, se le attese generate dall'introduzione di una generale politica antinflazionistica vanno deluse. E' politica antinflazionistica, si badi bene, non può significare patto sociale attorno alla indicizzazione su un tasso prefissato delle varie grandezze, in cui ognuno fa la propria parte: il Governo sulle tariffe, i commercianti sui prezzi, i lavoratori sui salari, gli imprenditori sui profitti. Anche se industriali, sindacalisti e Ministri diventassero tutti dei frati minori, pervasi di autentico spirito di povertà, le cause strutturali dell'inflazione riprenderebbero il sopravvento rapidamente. Il punto più difficile da superare è che nella coscienza dell'opinione pubblica il peso di queste cause strutturali è scarsamente avvertito. Non si capisce abbastanza che il Ministro del Tesoro può aver ragione nel dire che un qualche raffreddamento dell'inflazione nel terzo trimestre dell'anno c'è stato. Ma il calo della produzione, i licenziamenti, la cassa integrazione sono un prezzo che il Paese può pagare senza compromettere il futuro? Se non si affrontano le cause di fondo, la struttura del bilancio pubblico più che la cifra globale del disavanzo, il sottoimpiego dei fattori produttivi a cominciare dal lavoro, i trasferimenti assistenziali che alimentano domanda senza offerta, l'organizzazione produttiva e la produttività, il Paese si trova di fronte alla ferrea scelta tra inflazione e recessione permanente. Se non va avanti una politica che affronti, certo senza pretendere di tagliarli, tutti questi nodi, una ripresa produttiva porterà inevitabilmente al riesplodere dell'inflazione. Certo, occorre scoraggiare le attese inflazioniste. Ma questo si può fare solo se si dà davvero la sensazione al Paese di essere impegnati in una politica seria. Gli esorcismi hanno effetti che durano lo spazio di un mattino. E questo gli speculatori lo sanno benissimo.

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