§ IL CORSIVO

Ritratto di mediocre ovvero l'uomo senza volto




Luigi Compagnone



Dopo la recente riapparizione televisiva dell'insopportabile ex bambina prodigio Shirley Temple, qualcuno ha scritto che "ai bambini abbiamo fatto, orinai, di tutto. Li abbiamo dati in pasto ai lupi mannari, ingrassati perché fossero pietanza di orchi e streghe, congelati e sciolti come acqua davanti al fuoco come Michelaccio, simbolicamente castrati come Pierino Porcospino, cotti nel forno a mo' di biscotti come Max e Moritz. Ma quella crudeltà metaforica mostrava ancora un sano antagonismo, una lotta ancora aperta tra noi piccoli e noi grandi, tra la nostra intramontabile volontà di trasgredire e la nostra paura di farlo". Formidabili antagonisti e trasgressori sono Alice e Pinocchio, che appunto con la "ribellione" celebrano l'elementare innocenza della loro libera infanzia: Alice, quando si cala nell'enigmatico "Paese delle meraviglie"; Pinocchio, quando nel corso delle sue mille rivolte e avventure chiede asilo politico a quel "Paese dei Balocchi" che poi si rivela una perfida trappola, dove vengono mutati in bestie quelli che hanno creduto nelle sue mistificazioni. Ora, l'"intramontabile volontà di trasgredire", che è il diritto primario dell'infanzia e come tale venne codificato anche da un famosissimo Padre della Chiesa, non ha mai in nessunissima età della sua vita coinvolto colui che è nato con la vocazione al totale assoggettamento di sé alla non-trasgressione. Tale creatura non la chiamerei nemmeno l'Antipinocchio, bensì il Nonpinocchio, non l'antieroe - definizione che lo porrebbe in fertile opposizione dialettica con l'eroe - ma il non-eroe, colui che non ha dato visibili manifestazioni del proprio essere fin dall'età in cui il bambino rivela quelle salutari "ribellioni" all'ambiente, che l'imbecillità e l'ipocrisia dei grandi, detti anche i maturi per scompiglio terminologico, chiamano "capricci". Invece lui, il Nonpinocchio, mai ha fatto capricci da piccolo e nemmeno da grande, per il semplice fatto che non ha mai messo in causa l'esistente. Contento della realtà, incapace di deformarla, egli si adegua a tutte le mitologie della società in cui vive e alle sue convenzioni, accetta con deferente (e scaltro) fideismo le ideologie che di volta in volta gli propongono (gli impongono) i suoi vari padroni, e se parla col liberale dice d'essere liberale, e se incontra il comunista si dice comunista, e fa il democristiano col democristiano, essendo in realtà null'altro che l'umile e furba creatura dedita a compiacere il tutto e il contrario di tutto. Per togliersi di dosso ogni responsabilità, dice che di fatto gli ideali sono irraggiungibili, si affetta a sorridente scettico, più che la cultura ama l'erudizione, più che il giudizio critico la futilità dell'aneddoto; lo si direbbe a prima vista un essere vivente ma a guardar bene si scopre che è tutto un compitino garbato, scritto con quella "perizia" che consiste nel dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Come a ogni modesto compitino, anche a questo compitino vivente andrebbe o va assegnato un ottimo 6, il voto che meglio si addice agli iscritti nelle liste di collocamento di quella mediocrità o perbenismo che sembra essere la più attingibile delle mete proposte, dai grandi mezzi di comunicazione di massa, a una società storica come la nostra, in cui non a caso non si scrivono più fiabe, queste grandi metafore di tutte le trasgressioni del genere umano.

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