Ma qualcosa tira




U. B.



Da anni, ormai, è sempre più difficile orientarsi nel marasma di cifre e di "medie" statistiche che inondano i nostri tavoli di lavoro. Fra l'altro, tende ad accrescersi l'inattendibilità dell'indice generale della produzione industriale elaborato dall'Istituto Centrale di Statistica. Ciò aumenta le difficoltà di chi desidera formarsi un quadro esatto dell'andamento economico nel nostro Paese. Le previsioni ufficiali sono fosche, e negative le deduzioni che possono essere tratte dagli indicatori dell'Istat: altri elementi di giudizio contribuiscono peraltro a definire un quadro assai diverso e, di conseguenza, molto meno pessimistico.
Secondo gli indici Istat, basati sui giorni effettivamente lavorati in ciascun mese, il primo semestre del 1981 si è concluso con una produzione del quattro per cento inferiore rispetto a quella che venne registrata nel corso dello stesso periodo del 1980. Sempre nel corso del primo semestre, i consumi delle famiglie sono aumentati almeno del due per cento, sono diminuite del dieci per cento le importazioni e del cinque per cento le esportazioni. In via largamente approssimativa, si può dunque affermare che le cifre ufficiali contengono un errore. Infatti, queste cifre portano a concludere che sul mercato sono state offerte merci per una quantità che nel semestre è stata del 5,5 per cento inferiore rispetto all'anno precedente. Le merci importate ed esportate rappresentano difatti circa un terzo di quelle prodotte all'interno.
Un calo delle importazioni nella misura del dieci per cento significa che il mercato ha ricevuto dall'estero meno merci in una misura pari al 3,3 per cento (un terzo di dieci per cento) della produzione nazionale. A sua volta, un calo del cinque per cento sulle esportazioni significa che il mercato ha ricevuto più merci (in quanto prodotte e non esportate) per 1,7 per cento rispetto all'anno precedente. Infine, la produzione interna ha registrato un calo del quattro per cento. La somma algebrica delle tre variazioni conduce appunto ad una minore offerta del 5,5 per cento.
Peraltro, gli indicatori fiscali e congiunturali dicono che i consumi sono aumentati nello stesso periodo del due per cento. Vale a dire, il 7,5 per cento dei consumi (il 2 per cento di aumento sui consumi ed il 5,5, per cento di minore offerta) sarebbe stato soddisfatto con utilizzo di scorte di prodotti finiti accantonate nel corso del 1980. Il che è materialmente impossibile: in nessun caso le giacenze si avvicinano mai al 7,5 per cento del consumo nazionale.
E' evidente, a questo punto, che una delle due cifre - produzione industriale o consumi nazionali - è erronea. Un elemento di giudizio relativo ai trasporti permette di affermare che l'errore è contenuto nell'indice della produzione industriale. Infatti, le autostrade italiane hanno consentito il trasporto, nei primi sei mesi del 1981, di merci in forte aumento rispetto al 1980. In alcuni casi gli incrementi sono stati pari al dieci per cento. In altri termini, merci sono state prodotte e distribuite ad un ritmo superiore, anche se di poco, rispetto al passato. Ciò conferma l'espansione dei consumi. Non è possibile dubitare della esattezza delle cifre relative all'import-export. L'indice della produzione industriale, invece, "fa acqua".
Con ogni probabilità, l'inattendibilità di questo indice deriva dal crescente peso che nella nostra economia hanno le imprese medie e piccole, e, forse, anche i risultati del "lavoro nero", vale a dire di quel "continente sommerso" che ha "tirato" abbondantemente negli anni scorsi. L'Istat concentra le sue rilevazioni sulle imprese manifatturiere di maggiore dimensione e ciò spiegherebbe i motivi della divaricazione creatasi fra realtà e rilevazione statistica. Resta il fatto che l'analisi delle importazioni e delle esportazioni e la valutazione sull'andamento dei consumi conducono ad un solo risultato: la produzione industriale nel primo semestre del 1981 dovrebbe essere aumentata almeno del due-tre per cento, e non diminuita del quattro per cento, come asserisce l'Istat.
Una conferma indiretta di questo andamento è da cogliere nelle manovre ripetutamente restrittive decise nel 1981 dal Tesoro e dalla Banca d'Italia contro l'inflazione e contro il "surriscaldamento" dell'economia in questi ultimi mesi. Se la produzione industriale fosse stata realmente calante, quelle misure - rinnovo dei vincoli di portafoglio alle banche, misure costrittive sui finanziamenti esteri, e via dicendo - non si sarebbero rese necessarie.

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