§ Da Lecce un monito per gli anni 80

Agricoltura e piccola impresa per lo sviluppo del Salento e del sud




Francesco Compasso



Ogni regione meridionale rivendica e sostiene una sua specifica "centralità" nella più ampia, urgente e drammatica "centralità" del Mezzogiorno nel suo complesso. Questa ricorrente e querula rivendicazione è un errore sia in termini di politica economica sia in termini di prospettive: è un episodio della lunga e logorante "guerra tra i poveri" combattuta per accaparrarsi le briciole della carità pubblica e privata, rivendicando le "centralità" di questa o quella regione che indeboliscono obiettivamente la causa generale del Mezzogiorno per favorire soltanto la perpetuazione del vecchio e logoro sistema dell'assistenzialismo più becero e deleterio. Ed infatti non manca occasione di dibattito, convegno, manifestazione politica e sindacale, sciopero di massa che nel Sud non si rivendichi a questa o a quella regione il primato della depressione e disoccupazione, il primo posto nella "centralità" del problema-Mezzogiorno.
Bisogna subito dire che a Lecce, nella recente occasione della decima edizione dei Premi "Nuovo Mezzogiorno" - alla cui realizzazione dedica da più di vent'anni la sua intelligenza operosa ed il suo impegno dinamico Vittorio Ciampi - il rituale delle querule litanie sulla "centralità" della Puglia nella crisi del Mezzogiorno è stato largamente disatteso. Ed infatti, proprio a Lecce si è levato un coro unanime ed autorevole ad ammonire le regioni meridionali a non commettere l'errore irreparabile - alla vigilia del dibattito parlamentare per il rinnovo della legislazione speciale per il Mezzogiorno - di rivendicare ognuna per proprio conto specifiche, settoriali e sempre più querule "centralità". E il caso di sottolineare che a Lecce la Regione Puglia ha saputo cogliere il significato di questa impostazione seria, concreta e rigorosa del problema del Mezzogiorno. Ed alla Tavola Rotonda, promossa da "Nuovo Mezzogiorno" nel Museo di Lecce - e che si è posta come la degna premessa della manifestazione ufficiale dei "Premi" - il tema "Risorse ed energia per lo sviluppo economico del Salento" ha fornito l'interessante occasione di un dibattito serio e ricco di notevoli proposte, condotto dal Presidente della Regione Quarta, dal Prof. Caglioti, dal Presidente della FIME prof. Gaetano Liccardo, dal Prof. Cotecchia, dal prof. Scarascia e dalla prof.ssa Santoro, che hanno delineato con rigore e concretezza i termini reali della grave e preoccupante depressione che caratterizza il Mezzogiorno in generale e la Puglia in particolare. All'interno della Puglia, problemi vecchi e nuovi condizionano pesantemente lo sviluppo dell'area salentina, una tipica area sub-regionale emblematica delle tensioni sociali e delle contraddizioni del Mezzogiorno.
Dall'analisi approfondita dei problemi dell'economia salentina è emersa a chiare note la necessità di una nuova strategia di sviluppo del Salento incentrata sulla priorità assoluta della conservazione del suolo e della tutela rigorosa dei beni naturali e culturali, valori significativi per Lecce e la sua Provincia. La conservazione del suolo è elemento essenziale sia per il miglioramento qualitativo e quantitativo delle produzioni agricole (e pertanto va sottolineato e rafforzato il ruolo decisivo dell'olivicoltura e della vitivinicoltura nell'economia salentina) sia per il consolidamento e lo sviluppo dell'attività industriale. I contributi emersi dalla Tavola Rotonda di Lecce indicano nel settore dell'agricoltura Il comparto economico e produttivo sul quale bisogna puntare le carte del futuro sviluppo del Salento perché proprio l'agricoltura salentina - tra gli altri settori produttivi - può avvantaggiarsi del ricorso alle energie alternative. La possibilità di ricorrere ad energie rinnovabili - in primo luogo l'energia solare - è enorme per l'agricoltura salentina, che può contare, a differenza di altre regioni italiane del Nord e di altri Paesi europei (in primo luogo l'Olanda), su una intensa e diffusa luminosità, elemento irrinunciabile per l'utilizzazione dell'energia solare, in modo particolare per l'agricoltura in serra.
Il progresso dell'agricoltura salentina è perciò legato all'incremento delle produzioni tradizionali e allo sviluppo di nuove produzioni, rese possibili in parte dalla utilizzazione delle acque sotterranee, in parte dalla utilizzazione delle acque piovane, attraverso la loro conservazione. E Salento, infatti, per la sua conformazione geologica non consente la conservazione di acque piovane a causa della natura calcarea dell'area che va dall'Ofanto a S. Maria di Leuca. Anche la potentissima falda acquifera presente nelle Murge, di gran lunga diversa dai bacini acquiferi della pianura padana e dell'area del Tamigi, si è assottigliata a un punto tale che stando alle stime dei prof. Cotecchia - tra dieci anni non potrebbe fornire più acqua. Il Salento ha quindi bisogno di acqua di nuova provenienza e, come è emerso dalla Tavola Rotonda di Lecce, dovrà perciò utilizzare le acque sorgive laddove esse sono concentrate: è necessario a tal fine che l'acquedotto del Sinni venga fatto proseguire nel Salento; ed è necessario altresì che cessi l'assurda guerra tra poveri che vede contrapposte la Puglia e la Basilicata per la utilizzazione delle acque di questa regione. Appare perciò evidente che anche l'industrializzazione del Salento debba essere orientata verso insediamenti produttivi che utilizzino al minimo l'acqua e verso iniziative industriali di piccole e medie dimensioni maggiormente collegate all'agricoltura locale e alle sue enormi possibilità di industrializzazione e commercializzazione dei prodotti della terra.
La concretezza del dibattito di Lecce ha indicato a chiare lettere la validità della iniziativa meridionalista collegata ai Premi "Nuovo Mezzogiorno" che si inquadra perfettamente in quel meridionalismo operativo, rivendicato da Giuseppe Di Nardi, come il più alto contributo della cultura e della imprenditoria meridionale al problema della depressione delle regioni del Sud.
Il quadro dell'economia meridionale è venuto deteriorandosi da un ventennio a questa parte ed oggi è gravemente compromesso da fattori negativi interni ed internazionali e da una avversa congiuntura. Certo, il Mezzogiorno è in una crisi senza precedenti: l'economia è in ginocchio, stremata da una profonda crisi produttiva; la disoccupazione aumenta a ritmi drammatici, come si rileva dai dati dell'ultimo bollettino SVIMEZ, che segnalano un netto peggioramento della situazione occupazionale. Alla fine di luglio 1980, infatti, gli iscritti alla prima e seconda classe delle liste di collocamento erano 971.631 con un aumento dei 9,3% rispetto al luglio del '79, a fronte dell'incremento, anche se di ridottissime dimensioni (+ 1%), registrato nelle regioni del Centro-Nord.
Se il Mezzogiorno non è stato ancora travolto dalla crisi, lo deve ad una tenace e solida fascia di piccoli e medi imprenditori, esposti di persona di fronte all'infuriare della crisi economica ed impegnati direttamente ogni giorno a fronteggiare gli attacchi dell'avversa congiuntura e a garantire il mantenimento dei livelli produttivi ed occupazionali. A Lecce è stato constatato, ancora una volta, che il Mezzogiorno - come ha sottolineato il prof. Caglioti - non è affatto estraneo a questo provvidenziale e per certi aspetti "miracolistico fenomeno di vivacità imprenditoriale". Un fenomeno che poggia tutto sulle forze dell'uomo, sulla sua capacità imprenditoriale, sul suo coraggio: è il "miracolo" degli imprenditori piccoli e medi che si sono fatti da soli, pagando di persona, trasformando, innovando, migliorando vecchie attività. E giova sottolineare come proprio da Lecce, dall'estremo lembo della depressione meridionale, sia venuto il positivo riconoscimento del valore della piccola e media impresa, del suo ruolo insostituibile nel processo di crescita e di sviluppo del Mezzogiorno. Le scelte operate dalla Commissione per la sezione "Sviluppo Economico" dei Premi "Nuovo Mezzogiorno" hanno assunto, proprio a Lecce, il significato ed il valore di una indicazione positiva ed incoraggiante del ruolo e della funzione che potrà assumere la piccola imprenditoria, sia nel campo agricolo sia nel settore industriale, nella nuova fase della politica di sviluppo del Mezzogiorno negli anni ottanta. Infatti, per la categoria delle aziende minori un positivo e meritato riconoscimento è stato attribuito all'imprenditoria salentina mediante il conferimento dei Premi alla "Fedelcementi" di Galatina e all'Azienda Agricola Vitivinicola "De Castris" di Salice Salentino.
La "Fedelcementi" di Galatina è una delle realtà industriali più interessanti della regione, sia per l'importanza degli investimenti sia per i riflessi socio-economici derivanti dalla sua localizzazione in un'area prevalentemente agricola. La limitata dimensione economica del vecchio cementificio e l'obsolescenza degli impianti nel 1972, ne avevano messo seriamente in pericolo la sopravvivenza. L'alternativa alla cessazione dell'attività, ritenuta ormai inevitabile, era rappresentata da un grosso sforzo di ammodernamento e di ampliamento degli impianti secondo concezioni tecnologiche aggiornate. Nel 1973 fu avviato un programma di totale trasformazione dell'impianto e di potenziamento dell'assetto sociale, con l'obiettivo di elevare la produzione da 170.000 alle 500.000 tonnellate all'anno. Nel '77 l'opera, pur fra comprensibili difficoltà connesse con i provvedimenti di finanziamento, venne portata a termine. Il costo complessivo della trasformazione aumentò a 15 miliardi di lire. Nel '79 con un utilizzo degli impianti al 78% è stata raggiunta la produzione di 430 mila tonnellate di clincker: l'obiettivo delle 500 mila tonnellate annue è ormai a portata di mano. La risorta azienda, condotta da una equilibrata e competente guida manageriale, con i suoi 157 dipendenti, punta all'obiettivo di conquistare i mercati dell'Africa e del Medio Oriente, in ciò avvantaggiata dalla favorevole posizione geografica che la collega ai porti di Gallipoli e di Otranto.
Per il settore agro-alimentare, il giusto riconoscimento dei Premi "Nuovo Mezzogiorno" è andato all'Azienda Agricola Vitivinicola "De Castris" di Salice Salentino, che vanta oltre tre secoli di grande attività prima agricola e successivamente industriale e commerciale. La motivazione del riconoscimento riflette però i più recenti e positivi e fecondi sviluppi dell'azienda, certamente al primo posto nella regione e nel Mezzogiorno. La moderna ristrutturazione ha consentito l'ampliamento del vasi vinari da circa 20 mila hl. ad oltre 100 mila hl., con conseguente sviluppo e potenziamento delle capacità produttive e di mercato. Nell'ultimo triennio l'Azienda "De Castris" ha assunto il volto, la struttura e la dimensione di una moderna ed efficiente impresa industriale, avendo completamente rinnovato gli impianti, introdotto due catene complete di imbottigliamento, attrezzature di controllo dei recipienti dotati di cellule fotoelettriche e grandi schermi luminosi. L'Azienda, condotta direttamente dal suo titolare avv. Salvatore De Castris, è organizzata capillarmente in Italia, vende i suoi prodotti in tutta Europa (e di recente ha conquistato il "difficile" mercato francese), nelle Americhe, nel Terzo Mondo, in Giappone. Dalle due solide ed attive piccole imprese salentine emerge l'esempio di quel tipo nuovo di attività economica e produttiva che si richiede per lo sviluppo del Mezzogiorno: attività di piccole dimensioni ma diffuse su tutto il territorio meridionale; attività legate e collegate alle vere vocazioni delle aree meridionali. E' questa una risposta seria, concreta, positiva che da Lecce viene ai politici, ai pubblici poteri, agli amministratori alla vigilia della riconsiderazione della politica meridionalista per gli anni Ottanta.

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