Vie di Otranto




Antonio Corchia



Noi che amiamo scrivere ciò che ci colpisce, raccogliendo da tempo canti e sfoghi, bozzetti e scorci d'incontro (1), pensiamo che valga la pena parlarne con qualche esempio, per additarlo a chi queste cose non nota o, notandole, non ne coglie l'essenza; a chi, inesperto, non ha visto ancora che questo mondo è fatto anche di caratteri universali nobili, palpitanti nella intramontabile realtà d'ogni tempo e d'ogni luogo.
Conoscendo e vivendo degnamente il "vicino", siamo promotori di civiltà universale. (2).
Scegliamo così un luogo fra i tanti che ci impegnano nella nostra rassegna; una via centrale, in cui palpitano le storie più nobili di questa terra antica e gloriosa, com'è dolce questa dolce penisola, rivolta da sempre alla prima luce d'Oriente.

VIA E PIAZZA DELLA BASILICA.
Dal piano della "Via di Mezzo", quasi dal pelo del mare, per più accessi convergenti si raggiunge questa via che si arrampica ripida alla piazza del Tempio.
Appare per prima l'esterna struttura della Cripta con le ogive absidali che si inseguono sotto l'alta fabbrica, con le strombate finestre romaniche dalle quali esce un soffio d'arte lontana, un fiotto di sangue olocausto. (3).
Poi il Palazzo di Città restringe l'ascesa, avvicinandosi all'opposta gradinata laterale del Tempio, il cui portale marmoreo scolpisce il Metropolita di Otranto (1481) con i Vescovi suffraganei del Salento, compreso l'Archimandrita del vicino Cenobio di San Nicola di Casole (4), oggi andato in rovina.
Infine, al di sopra di un antico palazzo arrampicato per la salita e prospiciente la lunga fiancata del Tempio, svetta la gran Torre Campanaria, mentre al basso si dispiega lo scenario del sagrato.
E' Piazza della Basilica.
Vi è odore di antico e di sacro in questo luogo, fra queste costruzioni elevate e fascinose in cui spiccano quella del tempio e del seminario con l'Episcopio; con qualche complesso cinquecentesco s'aprono qua e là finestre, transenne, rosoni spesso consunti dal tempo. Basta mirare le numerose, grandi finestre degli affiancati palazzi del Doria e del Lopez (5), le quali piovono sui solenni portali ad arco e a bugnato, fregiati ancora di nobiltà. Basta mirare le consunte transenne in pietra sul fronte del Tempio, nel cui centro campeggia, oltre il portale del metropolita Gabriele Adarzo de Santander (1674), il gigantesco sferico (6) che s'apre con sedici colonne disposte a raggiera e contornate da ricchi trafori in pietra, simile il tutto ad una grande rosa pirotecnica. Basta mirare le grandi luci romaniche della Torre Campanaria, da cui si discoprono tutti i panorami, della città, delle campagne e del mare circostanti (7).
Ma questo elevato ambito del centro cittadino non si conclude nell'erta salita e nel piazzale, dominati dal Tempio e dalla Torre Campanaria; esso si immette caratteristico in vie strette diramanti sopra e sotto il paese ondulato; si riduce infine in qualche corte che, opposta al Tempio, una volta portava senza dubbio sugli spalti delle mura, e particolarmente sulla "Torre Ippolita" (8) e più in là sulla "Torre Duchesca" (9), rimaste ormai anche queste, come le altre torri e muraglie, compresa la "Torre Alfonsina" (10), inaccessibili ai cittadini per l'invasione dei terrazzi e dei corridoi murari di indole demaniale, avvenuta in tempi trascorsi (11). Qui le case si stringono fianco a fianco, saldandosi addirittura con un arco rampante, sul quale s'apre un balconcino che ricorda vani lillipuziani.


Presso l'arco anzidetto, mezza nascosta da spigoli che si baciano in queste angustie singolari, vi è la casa della defunta zia Brigida (12). Vi passai alquanti anni d'infanzia, giocando spesso sotto il grande susino di quel giardino pensile dominante i fossati, donde spiccavano di lontano la Stazione Ferroviaria (13) e il Belvedere (14), alle cui spalle calava il sole. Di là il panorama era assai vasto pur se malinconico; ma di qua della piazza della basilica, la scala esterna e girante di questa casa e i muri ravvicinati delle case attigue creavano un budello nascosto, per nulla proporzionato nemmeno agli orizzonti limitati di quell'età: un alto muro di caseggiato, svettante sopra gli altri prossimi, mostrava alfine un grosso recipiente di creta del vecchio bucato (15), capovolto e apposto alla sommità dell'interno camino; comignolo giammai fumoso, poiché l'alto palazzo dei Lopez, su cui insisteva, era da sempre abbandonato.
Orizzonti angusti, malinconici e pertanto indimenticabili non solo, ma oggi incompresi e incomprensibili. Purtroppo però questa è storia che non s'inventa; questa è storia che è testimonianza attuale di vita che investe e forma la civiltà nostra. C'è ancora chi più giovane ha richiamato a me questi ricordi, ed io li ho compresi, li ho carezzati, li ho raccolti per renderli all'attuale sensibilità con il preciso scopo di informarla e renderla partecipe per questo, di tutta questa civiltà nostra che non è soltanto quella del momento.


Al culmine della scala di accesso di questa casa assai cara, con tanta dolcezza - chiamiamola dolcezza - negli occhi mi diceva:
"Guarda, quel che vedi è il quadro che mi stava
davanti agli occhi da piccola.
Da qui miravo, come cosa più lontana,
quell'antico comignolo di creta ancora esistente.
Quando pioveva poi, la nonna non mi lasciava uscire
nemmeno in giardino".

Ora in questa calda estate, vi passa il turista (17) curioso, e chi sa cosa pensa nel mettere in raffronto i monumenti grandiosi di questo piazzale e le angustie impercorribili di questa corte singolare.
Noi ne abbiamo raccolta una eco che tocca da vicino i problemi della convivenza umana, problemi sempre quelli, che mai tramontano, poiché incarnati, se si può dire, nell'animo umano.
Oh, la zia e nonna Brigida!
Pur se scomparsa da tempo, salda ancora in una unione materiale e ideale l'attuale e il passato; è ancor oggi l'anello prezioso dei tempi.
Ed ora, prima di parlare del nome di questo luogo, si aggiunga una nota riguardante la sua sonorità: una fra le tante, ed ancora la più simpatica delle sue caratteristiche.


Il sagrato della Basilica, che nel suo piano inclinato e poligonale sviluppa una superficie di oltre mille metri, ha un'acustica particolare, dovuta senza dubbio alla forma racchiusa della sua area e all'altezza delle grosse fabbriche che la recingono, le quali, se ribaltate in terra, vengono a toccarsi a raggiera, e talune anche a sovrapporsi in parte.
Questa conformazione della piazza e la proporzione altimetrica delle strutture che vi dominano (cattedrale, palazzo del Seminario con vasto atrio, case del Doria e del Lopez, dei Palma e del Conte, con adiacente l'alta Torre Campanaria) non solo costituiscono il motivo antico ed estetico, ma oltre tutto, quello sonoro del sacro piazzale in cui si perpetuano i riti più lontani religiosi e civili. Sonorità che si raccoglie e si pone in giusta risonanza anche per gli stretti sbocchi di vie e di corti che si aprono e si incuneano proprio verso il piano più alto di questa salita, e proprio nel punto opposto al Tempio, dove sembra si galvanizzi, come in un magnete, questo grosso cono sonoro.
Il nome di questa ascesa singolare e del piazzale sovrastante deriva dalla fabbrica sacra che vi sorge, la quale grandeggia non solo in quest'ambito del centro, affiancata dalla Torre Campanaria piombante sui fossati ultimo ricordo delle Torri Centenarie (19); ma eccelle in tutta la rocca, così che di lontano si fonde per questo in tutt'uno con la cinta muraria di cortine e torrioni, cui sovrasta con l'alta copertura di tegole rosse e con le cupole absidali (20).
La grandiosa fabbrica, che spalanca le ampie navate come il grande cuore del Salento, ha voluto segnare il bastione latino di Roma sulle porte d'oltremare, dov'era avvenuto lo Scisma dell'Ortodossia (21); dove si era insediato e diffuso inoltre l'Islamismo.
Sorse per questo, con altre basiliche del Sud (22), col crisma della grandiosità, che si evidenzia nella superficie e nel volume, che si esalta con l'elevata copertura di capriate giganti e con l'elegante fattura della Confessione, la quale, ai grandi archi romanici superiori dominanti l'ampia nave, contrappone una preziosa architettura di ricamo che scandisce fasci di navate a non finire (23).
Ecco la Basilica, degno tempio di questa punta d'Italia, in cui è contenuta la più alta nobiltà di nascita, la tradizione di civiltà millenaria che si rivela su ogni pietra del nucleo antico più volte risanato negli assalti di predoni mediterranei e marinari; ma in cui più ancora è scritta una storia commovente di lotte,di resistenze, di massacri, di martirio, nelle Reliquie di centinaia dei suoi Figli, che dicono come si muore per la casa e per Iddio, e, per questo come si diventa immortali.


NOTE
(1) - "Così ho amato la mia terra".
"Sfoghi e bozzetti".
"I manoscritti della Mamma".
"Le vie di Otranto".
"Considerazioni sulla civiltà d'oggi".
(2) - Questa verità ci fa affermare anche:
"Se ci fossero altre terre nell'immenso spazio, come si pensa e come può darsi che sia, allo stesso modo gli esseri viventi di quelle sarebbero, nel privato, costruttori anch'essi di civiltà universale".
(3) - Vi morirono migliaia di deboli qui rifugiati, nel massacro turco del 1480; vi furono sotterrati dapprima i corpi degli ottocento Martiri superstiti, le cui Reliquie sono esposte oggi nella Cappella sorta nell'abside destra.
(4) - Celebre convento sorto a Km. 3 fra Otranto e Capo d'Otranto, nel 1099. Furono famosi i suoi Calogeri che impartirono scuola di altezza universitaria, e vi crearono una primaria biblioteca ricca di manoscritti rari. Inoltre svolsero missioni di contatto tra la Chiesa di Roma e quella d'Oriente, nell'insorgere di controversie religiose.
(5) - Antichi caseggiati di struttura particolare che si distinguono in questo sagrato. Sono ancora stemmati i portali a bugnato. Noi preferiamo indicarli con i nomi antichi delle due vie in cui sono compresi: "Via A. Doria" e "Via Lopez".
(6) - Rosone che per il suo ricamo di pietra finemente eseguito è oggetto di ammirazione da parte di visitatori. Tutto il rosone con i sedici raggi di colonne e trafori di pietra alcuni anni or sono fu smontato e restaurato in Roma.
(7) - Ricordo ancora i panorami del paese e dei dintorni, intravisti ogni volta che vi salii da ragazzo.
(8) - E' la prima torre aragonese lungo i fossati, a partire dalla porta di Città. Restaurata da Alfonso d'Aragona dopo liberata la Città dai Turchi (1481), si ebbe il nome della moglie di quel Principe, com'era uso in quei tempi.
(9) - E' la seconda torre aragonese lungo i fossati dopo la precedente. Ricorda il titolo nobiliare di Ippolita, moglie del principe Alfonso d'Aragona, e figlia del duca Sforza di Milano.
(10) - E' la torre di entrata in Città. Rifatta e ampliata dal Principe aragonese, liberatore di Otranto e restauratore delle sue mura, lo ricorda con il suo nome scolpito sulla destra, mentre sulla sinistra riporta il motto:
"SIT VIRGO MATER FORTITUDO
SIT VIRGO MATER FORTITUDO MEA".
(11) - Invasione e appropriazione tacita di aree demaniali che, qui come altrove, sono avvenute nel silenzio degli Enti preposti.
(12) - La zia "Cicia" e la sua casa presso le mura con la legnaia di sotto sono rimaste nei ricordi della fanciullezza, trascorsa in parte colà.
Questi i dati anagrafici della cara scomparsa: Pisino Brigida in Majorano nata in Otranto il 23/5/1871, deceduta il 3/9/1957.
(13) - La Stazione Ferroviaria, alta nel retroterra di ponente, dove negli anni trenta arrivava la Ferrovia dello Stato, era, già prima, punto elevato di riferimento. Oggi è del tutto nascosta dalle frapposte costruzioni che da lì hanno precluso per sempre la visione del mare.
(14) - Il Belvedere: così è chiamato questo balcone elevato sulla grande curva della Statale 16. Abbellito da palmizi di indole orientale, stagliati in controluce nei tramonti di porpora, degrada a terrazzamenti sulla Valle dell'idro. Il poeta locale Antonio Sforza in versi dialettali così cantò la visione che si gode da questo sito:
A dha lu "Bervedere" va me nfacciu:
de frunte stà nfacciata na carusa;
de la billezza soa no' se nde busa
e cchiui la cuardu e cchiui diventu pacciu.

St'umbra de nnazi l'occhi me nde cacciu,
cussì la visciu megghiu e cchiù spazziusa;
de li tisori soi non è cilusa,
nde tene tanti e tanti e iou lu sacciu.

No' te scundire, lassa cu te cuardu;
no' te nde scire, lassa cu te dicu
e tie dimme ca osci non ètardu.

Ca t'aggiu vista sempre comu stai,
menza nfacciata a dhu barcone nticu,
e t'adoru, ma tantu, e no' lu sai!
..........

Nfacciative, cristiani, nzieme a mie,
tutte le sire e tutte le matine:
cuardàti cce culuri e luci fine
cce quatru urnatu de calanterie.

Janche le case e janche sù le vie,
celu e mare do' sciarpe cilistine,
nu tappetu de verde le sciardine,
nu velu, argentu pallidu, le ulie.

E russu, de la Chiesa, nc'è lu tittu;
ruggini le muragghie cu la turre,
le vigne verde-cupu, fittu fittu.

E l'Idru, quetu, bbasciu le padule,
comu filu de vitru, lentu, scurre,
mmienzu na fiamma limpida de sule.

(Antonio Sforza: "Utrantu mia".
Tip. La Commerciale, Lecce, 1949. parte I, sonetti V e VI).
(15) - Oltre ai comignoli costruiti in pietra, di forma quadra con quattro pilastrini coperti da un lastrone finale, oppure terminanti con due lastre ad angolo, ne esistono altri di forma cilindrica, terminanti infine con un recipiente capovolto in terracotta, usato già prima per il bucato. Tale recipiente di creta era detto in dialetto "còfinu". In esso si faceva il bucato, riempiendolo dei panni da lavare, e versandovi sopra acqua bollente che si filtrava attraverso la cenere deposta su di un telo, e veniva raccolta da un alambicco finale come "liscíva".
(16) - Prof. Maria Rosaria Majorano in Guidato, nipote della zia Cìcia, n. 18/10/1938, residente in Roma.
(17) - L'afflusso di turisti nazionali e stranieri è veramente incredibile, specie nella stagione estiva, massimamente sotto il Ferragosto, quando vi ricorre la festa patronale dei BB. Martiri di Otranto.
08) - Recentemente in tutto il centro storico sono stati rimpiazzati mensole e tiranti centrali dell'illuminazione pubblica con lampioni in ferro battuto, riproducenti press'a poco quelli antichi a petrolio. La visione notturna è più raccolta e suggestiva.
(19) - L'alta torre del campanile poggia su evidente base romanica, che risale, secondo alcuni autorevoli scrittori salentini, come il De' Ferrariis, all'epoca della più estesa cinta muraria, oggi del tutto scomparsa, la quale era guarnita da cento torri, così che questa Metropoli era indicata anche come "la Città dalle cento torri".
(20) - La fabbrica della Basilica è così poderosa ed elevata sulla rocca, che si distingue in lontananza, come fosse una struttura analoga alle torri e alla cinta muraria.
(21) - Nel 1054 si volle realizzare l'autonomia dei Patriarchi orientali dalla soggezione della Chiesa Romana. La scissione, spalleggiata dall'imperatore d'Oriente, costituì quel famoso Scisma che dura ancora oggi. La Chiesa Orientale si volle chiamare "ortodossa", seguace cioè della vera dottrina di Cristo e degli Apostoli. Si giunse anche alla scomunica reciproca dei Capi delle due Chiese, scomunica revocata in un passo di avvicinamento, per opera di Paolo VI e Atenagora. Otranto, esposta sul confine delle due sfere, ne risentì; ma presto confermò la sua occidentalità.
(22) - San Nicola di Bari specialmente è dell'epoca della Basilica otrantina. Entrambe le costruzioni presentano alquante affinità.
(23) - La Cripta della basilica otrantina è un portento di signorilità. Infatti, anche se dell'epoca di quella di San Nicola di Bari, questa di Otranto ha uno slancio diverso, una struttura elegante. E' divisa in 9 navate nel senso delle absidi, e in 5 in senso ortogonale. Vi sorgono quarantadue colonne (settantuno con quelle murali) dai marmi pregiati e dagli assortiti capitelli finemente scolpiti. Ammirati quelli figurati e quelli a canestro con intreccio vimineo.


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