§ DAGLI ATTI PARLAMENTARI, CAMERA DEI DEPUTATI - 1° GIUGNO 1903

Tre interpellanze sull'economia salentina




Franco Mastrolia



Le interpellanze di Pietro Chimienti, di Alfredo Codacci Pisanelli e di Raffaele De Cesare, svolte alla Camera dei Deputati il l' giugno 1903, se, in apparenza, sembrano riflettere gli interessi dei grossi proprietari terrieri oberati datanti assilli e difficoltà, esprimono in realtà le miserie di una classe contadina, che vive nel pericolo costante della fame, della disoccupazione e della perpetua indigenza.
Tali interventi diventano poi più drammatici in quanto risalgono al 1903, anno di particolare importanza.
E' il momento, infatti, in cui nelle regioni settentrionali si sta sviluppando l'industria ed il sistema bancario, in via di notevole miglioramento, opera nella vita economica del nord, stimolando gli investimenti e partecipando al patrimonio azionario dei grossi complessi siderurgici, tessili e meccanici. Nel sud, invece, privo di valide strutture industriali e finanziarie, si manifestano ancora nel settore agricolo le conseguenze della crisi agraria del decennio di fine secolo ed il persistere della riduzione della esportazione di vino in Francia e negli altri paesi.
Si tratta, quindi, di un periodo di progresso economico che, a partire dal 1896 sino al 1907, fu "caratterizzato dalla continua crescita della domanda sia interna che internazionale e da abbondante liquidità sul mercato dei capitali" (1), portano la vita economica e produttiva del paese a tassi di incremento annui più sensibili, che crescono con buona regolarità.
Ma, di fronte ai dati sulla produzione e sul reddito, non bisogna lasciarsi ingannare: "il paese continuava ad essere afflitto da problemi di ordine sociale ed economico gravissimi e che finirono per ripercuotersi ovviamente anche a livello politico" (2).
E questo flusso di incremento del reddito e della produzione non si avverte al sud, né in Terra d'Otranto che è "in fondo alla penisola, e quindi con lentezza e scarsezza vi giunge il sangue che viene dal centro" (3).
Si tratta di una terra senza industrie e con una agricoltura priva di strutture e di rapporti produttivi veramente moderni, dove il proprietario spesso è assenteista, circondato da piccoli proprietari terrieri, il cui solo scopo è l'acquisto e non il miglioramento di un fondo, sinonimo di ascesa sociale.
In tali situazioni, l'interpellanza di Pietro Chimienti, sonniniano ed esponente della destra liberale salentina, al ministro delle finanze Carcano, sulle condizioni economiche di Terra d'Otranto è quanto mai viva ed appassionante.
Tali condizioni rispecchiano in massima parte le condizioni del Mezzogiorno, aggravate dalla politica dello Stato che "dal 1860 fino ad oggi è stato un elemento perturbatore della nostra vita morale ed economica" i cui effetti si notano, in modo grave, perché "il Mezzogiorno offriva il latus minoris resistentiae" (4).
La sua voce, quindi, si leva contro l'opera del governo centrale "addormentatrice o corruttrice" (5); l'arretratezza del Mezzogiorno è dovuta alla corruzione e al non fare della classe dirigente.
Il dibattito poi si accende quando incomincia a parlare della politica tributaria italiana, della politica doganale e delle spese militari, così gravose per il sud.
Con l'unificazione si estende il sistema fiscale piemontese, ed il Regno delle Due Sicilie si trova ad un tratto, senza che nessuna trasformazione economica fosse in esso avvenuta, a passare dalla categoria dei paesi a imposte lievi nella categoria dei paesi a imposte gravissime. In effetti, il sistema finanziario del Regno era semplice ed ordinato: "è noto che l'unica imposta diretta era l'imposta fondiaria; tutte le categorie produttive non proprietarie di beni fondiari erano quindi praticamente esenti da tributi" (6).
Lo Stato, per di più, credendo di venire incontro alla popolazione meridionale, vende in larga misura i beni ecclesiastici e demaniali. Ma, contrariamente a quanto avviene nelle regioni settentrionali, al sud essi non sono acquistati dai contadini privi di mezzi, ma vanno ad accrescere la piaga del latifondo e gli agrari, rafforzate le posizioni di monopolio, impongono, senza che il governo intervenga, patti agricoli esosi e disumani. La vendita delle terre statali "non portò modificazioni sostanziali e profonde nella distribuzione della proprietà" (7).
Un altro atto che apporta nel sud miseria e disoccupazione è il regime doganale, introdotto dal governo nel 1887 nell'intento di proteggere le industrie del Nord e gli interessi degli agrari meridionali dalla concorrenza straniera.
Questa politica protezionistica è dannosa soprattutto per le classi popolari costrette a comprare ad altissimo prezzo sia i prodotti industriali che il pane, mentre le loro possibilità restano limitatissime e stazionarie: "il ritorno al protezionismo e la guerra tariffaria scoppiata con la Francia nel 1887, che ne fu diretta conseguenza, diedero una chiara dimostrazione della precarietà" (8) dell'economia italiana.
L'economia di terra d'Otranto, dunque, essenzialmente agricola, senza industrie, con scarso risparmio e capitale circolante, dove è assente ogni forma di credito, con un governo che dimostra una scarsa conoscenza dei problemi reali della popolazione salentina, presenta strutture e rapporti produttivi particolarmente arretrati.
La politica amministrativa e finanziaria del governo, invece "di tendere a colmare il dislivello (nord e sud), lo scavava sempre più profondo, largheggiando per tutto ciò che riguarda le opere pubbliche ed altre agevolazioni in favore delle regioni più civili, più attive, e per ciò in condizioni di far sentire più forte la loro voce" (9).
Alla calda interpellanza del Chimienti fa seguito quella calma e serena di Alfredo Codacci Pisanelli, giolittiano, sulle condizioni economiche di Terra d'Otranto, di quella unità etnografica ed economica, che chiama Capo di Leuca, che comprende un "vasto triangolo" (10), a sud di Maglie, tra lo Jonio e l'Adriatico.
Il Codacci Pisanelli suggerisce alcune soluzioni adattabili in questo territorio per arrecare giovamento alla classe agricola salentina. All'esatta conoscenza dei problemi economici locali si aggiunge la brillante capacità del giurista di suggerire soluzioni legali ed amministrative di fronte ai più scottanti problemi fiscali relativi alla tassazione fondiaria.
In effetti, il problema dell'imposizione fiscale sulla terra è annoso e difficile, nato con l'unificazione italiana. Se nel 1903 tale problema impositivo esiste ancora con tutta la sua drammaticità, si può ben dire che il sud è spinto nel l'arretratezza anche da una scarsa lucidità fiscale ed amministrativa degli uomini di governo.
Il problema è molto semplice: durante l'anno i proprietari terrieri, secondo un criterio di rateazione, devono pagare l'imposta fondiaria. In pratica tale imposta colpisce l'appezzamento per il suo presunto valore catastale a prescindere dall'ammontare annuo della produzione. Nel caso che, per accidenti atmosferici, per siccità, la produzione diminuisca, l'imposta da pagare è sempre uguale, senza proroghe o riduzioni sostanziali. Accade, poi, che parte di questa imposta debba essere pagata addirittura prima del raccolto (a giugno per esempio), per cui il proprietario che non ha accumulato nulla dalla produzione precedente non può pagare ed allora o ricorre agli usurai per farsi anticipare l'ammontare della tassazione da pagare, oppure deve vendere periodicamente parte dei suoi appezzamenti per pagare le tasse e gli altri pesi che gravano sulla terra. Un qualche sistema che lenisse perciò la tassazione o accordasse delle proroghe prima di ogni altra cosa sarebbe stato di gran beneficio per l'agricoltura del Salento.
Codacci Pisanelli propone delle lievi modifiche alle leggi fiscali per aiutare i proprietari in crisi e sottolinea giustamente che la terra sia tassata per quello che effettivamente produce anno per anno, stagione per stagione.
Mentre suggerisce una maggiore flessibilità delle leggi in relazione a certe circostanze, il ministro Carcano si mostra rigidamente inflessibile.
Notevole è, poi, il suo intervento a proposito della tabacchicoltura; le osservazioni di Codacci Pisanelli sono quanto mai lucide ed opportune. E' noto che "la coltura del tabacco fu in terra d'Otranto cospicua fonte di ricchezza anche nei secoli scorsi" (11).
Tali tipi di coltivazione e di trasformazione del prodotto hanno in quel periodo una notevole importanza ed una certa facilità di sbocco e di affermazione sul mercato meridionale e nazionale, in quanto il settore è ancora libero dalla concorrenza di altri paesi ancora poco attrezzati come produttori (Grecia, Albania, Turchia, etc.).
Per la tabacchicoltura le possibilità di sviluppo sono ancora possibili ed avrebbero potuto dare aiuto e respiro all'economia del Capo di Leuca. Esiste, infatti, in loco la mano d'opera necessaria a coltivare il tabacco, mano d'opera tradizionalmente abituata a tale tipo di lavoro e quindi di un buon grado di capacità tecnica. Le attrezzature e gli impianti non sono bisognosi di particolari accorgimenti tecnici e le stesse condizioni climatiche sono favorevoli a tale coltivazione. Unico problema, del resto facilmente risolvibile con un po' di esperienza, è quello di scegliere e coltivare il tipo di foglia più adatto alle condizioni climatiche e pedologiche locali. Ed in questo senso il Codacci Pisanelli suggerisce l'introduzione e la diffusione della coltivazione delle piante a foglia corta di tipo orientale, da lui ritenute più adatte e dà, inoltre, dei consigli tecnici molto appropriati, dimostrando la sua competenza di illuminato proprietario terriero aperto alle nuove teorie agronomiche.
Con il diffondersi della tabacchicoltura, l'agricoltura del Capo di Leuca avrebbe potuto conseguire un tale grado di specializzazione, da recitare un ruolo importante in tutta l'agricoltura meridionale, stimolando il commercio locale ed il mercato nazionale ed estero. Bastava naturalmente che vi fosse stato un intervento di incoraggiamento da parte dell'autorità competente e del governo nazionale.
Altri aspetti non meno importanti della sua acuta analisi: il suo vivo interesse per il diffondersi della cerealicoltura, di una rivalutazione della produzione della seta, per lo stato di abbandono dell'arsenale di Taranto e del porto di Gallipoli, nonché il grave problema della disoccupazione primaverile, che consiglia di evitare dando luogo a diverse opere pubbliche, dimostrano la sua diretta conoscenza della situazione agricola e l'interessamento per cercare di eliminare alcuni dei tanti problemi del Salento.
L'efficace intervento, infine di Raffaele De Cesare, rappresentante della estrema destra salentina, tende soprattutto a chiedere un "momentaneo sollievo alle condizioni economiche dei contribuenti di terra d'Otranto" (12).
Con fermezza chiede all'on. Carcano, ministro delle finanze, non l'esonero della fondiaria erariale, come richiesto dai Comizi, dalle Camere di Commercio e dai Municipi, ma una proroga, per dar modo a chi è impossibilitato di pagare di farlo nel quinquennio successivo sia pure con un piccolo interesse.
In un periodo di crisi, dove la popolazione è stanca delle continue e vane promesse del governo per il sud, chiede la costituzione di una commissione per il debito ipotecario sulle terre e soprattutto la creazione di un grande istituto di credito agrario, condizioni indispensabili per eliminare quelle forme usuraie caratteristiche ed incrementare l'agricoltura.
Ed ancora a proposito della legge votata dalla Camera sulle ferrovie complementari, tutto è in alto mare. Vi sono tante domande di concessione da parte di imprese molto serie, ma "una strana questione tra il Ministero dei Lavori Pubblici, il Consiglio di Stato ed il Ministero del Tesoro, sul modo con cui si debba interpretare una disposizione contenuta in un articolo di quella legge" (13) ha sospeso tale concessione. E qui entra in lotta col ministro Carcano per le sue desolanti repliche: veramente desolanti, perché "egli ha detto di non poter fare nulla circa la sospensione dell'imposta erariale dell'anno in corso" (14).
Le interpellanze di Chimienti, Codacci Pisanelli e De Cesare dimostrano chiaramente il contrapporsi di esigenze e mentalità diverse che vengono assunte dal governo più per partito preso che per lungimiranza politica. Si ripropone cioè quel contrasto fra una situazione di fatto particolare, caratterizzata da uno stato di disagio e di povertà dell'agricoltura salentina, ed una convinzione di principio rigidamente formalistico per cui le norme di governo non sono in alcun modo derogabili, anche se poi finiscono con il danneggiare il cittadino più debole.
Mentre, quindi, la classe colta salentina fa conoscere le sue esigenze e propone giuste, valide e logiche soluzioni al problema agricolo, il governo unitario per voce del Ministro delle Finanze dimostra una chiara incapacità di prospettare delle controdeduzioni altrettanto valide e, chiuso nella sua limitatezza, non vede in queste giuste richieste che una minaccia, del tutto ipotetica, alle sue autoritarie norme fiscali e amministrative.
In una situazione di lontananza del cuore politico del paese e di abbandono da parte della classe dirigente, delle questioni economiche e sociali delle regioni periferiche, l'unica formula d'intervento efficace della esigua rappresentanza parlamentare meridionale, per destare l'attenzione sui numerosi problemi del sud, è quello di intervenire di persona e far sentire la propria voce nel Parlamento.
Ma il governo centrale, distratto da delicati problemi di equilibrio politico, di alleanze di correnti, si interessa poco di stimolare l'economia del sud e piuttosto cerca di alimentare, sviluppare e proteggere le tradizionali industrie del nord e i grossi proprietari della pianura padana o dell'Emilia Romagna, per fare un esempio assai più vicino agli uomini di governo. In realtà, molti problemi della provincia di Lecce, della Puglia e del Meridione restano insoluti e creano numerosi casi di povertà e di indigenza.


NOTE
(1) - L. DE ROSA, La rivoluzione industriale in Italia, Bari, Laterza, 1980, p. 32.
(2) - G. PESCOSOLIDO, "Il caso italiano" in Storia Economica e sociale del mondo, a cura di P. Leon, vol. IV, Bari, Laterza, 1980, p. 305
(3) - Atti Parlamentari, Camera dei deputati, legislatura XXI, 2° sessione, Discussioni, 2° tornata del 1° giugno 1903, p. 8424 (d'ora innanzi A.P.)
(4,5) - A.P, ibidem, p. 8419
(6) - R. VILLARI, Mezzogiorno e contadini nell'età moderna, Bari, Laterza, 1977, pagg. 214-215
(7) - G. LUZZATTO, L'economia italiana dal 1861 al 1894, Torino, Einaudi, 1974, p. 109
(8) - MILWARD-SAUL, Storia economica dell'Europa continentale, 1850-1914, vol. I, Bologna, Il Mulino, 1979, p. 327
(9) - G. LUZZATTO, Storia economica dell'età moderna e contemporanea, parte seconda, Padova, Cedam, 1960, p. 477
(10, 11, 12, 13, 14) - A.P., ibidem, pagg. 8431 -8437 - 8439 - 8441 - 8449.


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