§ I PRIMI ABITANTI DELLA PUGLIA

Dal homo neandertalensis al homo sapiens




Luciano Milo



Le più antiche tracce di "industria umana" ritrovate in Puglia ci riportano a quella che, allo stato attuale delle conoscenze, è la fase più arcaica dell'incivilimento dell'uomo. Nella zona del promontorio garganico, lungo il corso ed alla foce del torrente Romandato e di altri torrenti della zona, sono infatti venuti alla luce rozzi strumenti di selce, ricavati da ciottoli piatti, scheggiati lungo uno dei lati, su una o su entrambe le facce, in modo da ricavarne una superficie tagliente, atta a lavorare il legno, a raschiare le pelli, a fornire un rudimentale mezzo di offesa e di difesa a questo strano essere, nudo ed inerme in un mondo popolato di predatori enormi e feroci come l'Orso delle Caverne (l'Ursus Spelaeus) e la tigre dai denti a sciabola.
Ci troviamo nel periodo compreso fra la terz'ultima e la penultima glaciazione, denominate rispettivamente di Mindel e di Riss, oltre 300.000 anni fa. Non sappiamo quale fosse l'aspetto di questo nostro lontano precursore perché nulla ci è rimasto di lui all'infuori delle pietre scheggiate. Possiamo però fare dei paragoni con altre zone dell'Europa nelle quali sono venuti alla luce strumenti simili, insieme a qualche resto osseo di coloro che li hanno fabbricati.
Gli artefici avevano un cranio già abbastanza sviluppato, con grosse arcate sopraccigliari, fronte sfuggente, grossa mascella quadrata e robusta dentatura prominente. Erano indubbiamente molto primitivi, ma sicuramente già umani. Passano i millenni, a decine, a centinaia, le generazioni si susseguono mentre gli strumenti rimangono ancora gli stessi: non vi sono mutamenti nè progresso. Qualche miglioramento nella tecnica, lievi ritocchi ai bordi per migliorare la lunghezza e la finezza del taglio, ma nulla di più. Poi la glaciazione di Riss, il freddo, la selvaggina più scarsa, più difficile, o qualche altro fattore a noi sconosciuto, e qualcosa scatta nel processo evolutivo, come ci viene rivelato da una nuova tecnica che permette di ricavare da ogni ciottolo di selce non più un unico utensile con pochi centimetri di taglio utile, ma una serie di schegge triangolari per un totale di circa 2 metri di bordi dritti e taglienti. Il portatore di questo tipo di industria sembra essere un nuovo tipo umano: l'Uomo di Neandertal, così chiamato perché il primo ritrovamento fu effettuato nella valle del fiume Neander, in Germania.
Gli uomini di Neandertal sono abili cacciatori di animali di piccola e grande mole. Lo possiamo vedere dalle ossa accuratamente spolpate e spezzate per estrarne il midollo e poi gettate ai bordi delle caverne ove sono state ritrovate, frammiste in modo sospetto ai resti di crani neandertaliani. Abitudini antropofaghe? E' probabile, benché sia difficile esserne sicuri; ma dopo tutto sarebbe un segno di "umanità", poiché gli uomini sono i soli esseri "superiori" che si divorino abbastanza di frequente fra di loro! li tipo neandertaliano sembra essersi sviluppato nel corso del glaciale di Riss, circa 100.000 anni or sono, ed ha avuto un periodo di stabilità di circa 60.000 anni, fra la glaciazione di Riss e l'ultima, detta di Würm. In questo periodo temperato l'Uomo di Neandertal, favorito dall'abbondanza di cibo, si diffuse in tutta l'Europa e probabilmente giunse fino in Asia Centrale.
In Puglia le nostre conoscenze si estendono, su questo periodo, dal promontorio garganico a tutta la regione. Ciò non perché si fosse verificata una differente diffusione dell'insediamento umano, ma poiché le ricerche sono più facili nei depositi preistorici stratificati nelle numerose grotte della zona che non nei giacimenti a cielo aperto, difficilmente individuabili e spesso sconvolti da successive variazioni orografiche o da lavori agricoli.
Così le nostre conoscenze relative al periodo interglaciale, temperato, che favorisce la vita all'aperto, sono scarse e si limitano a qualche giacimento scoperto nella Foresta Umbra, contenente attrezzi derivati da schegge finemente ritoccate e rifinite.
L'abbassarsi della temperatura, che prelude all'ultima glaciazione (di Würm), spinge gli esseri umani a concentrare i loro insediamenti nelle grotte e ciò naturalmente facilita le nostre ricerche. E periodo denominato Paleolitico Medio è caratterizzato in Puglia dalla "Cultura Musteriana", di cui è appunto portatore l'Uomo di Neandertal, DEL quale sono stati rinvenuti resti ossei nella grotta Santa Croce di Bisceglie e nella grotta delle Tre Porte al Capo di Leuca.
Altri giacimenti sono disposti lungo tutto il Gargano, dalle coste. al versante interno e, più a sud, nella Grotta della Lama a Ruvo di Puglia ed in quella dei Ladroni a Polignano a Mare. I ritrovamenti più importanti si sono avuti però nella penisola salentina, tanto da indurre gli studiosi a denominare questa "facies" culturale "Musteriano Salentino".
Fondamentali per lo studio tipologico e cronologico sono le grotte ioniche di Uluzzo e quelle del Cavallo e Bernardini a Santa Caterina di Nardò. Sul versante adriatico, presso Castro, in terra, d'Otranto, le grotte Romanelli e Zinzulusa iniziano proprio con il livello musteriano la loro testimonianza stratigrafica sulla preistoria pugliese.
I resti ossei umani del periodo sono scarsi in Puglia ma possono integrare le nostre conoscenze con i numerosi resti di neandertaliani venuti alla luce in tutta Europa (compresi anche alcuni scheletri completi).
In passato l'Uomo di Neandertal (anche per compiacere il trionfante evoluzionismo alla continua ricerca di anelli mancanti), fu descritto di aspetto semiscimmiesco, curvo, villoso e con le gambe arcuate in modo da poggiare a terra solo la parte esterna del piede anziché tutta la pianta. Oggi invece si ritiene che le differenze con l'uomo moderno fossero molto meno sensibili. Tali differenze si possono indicare in un cranio più basso e in un accentuato prognatismo, cioè in una sporgenza in avanti della dentatura con conseguente presenza di uno spazio vuoto fra l'ultimo dente e il bordo anteriore della mandibola inferiore e ciò nonostante le maggiori dimensioni dei denti stessi. La robustezza e la, forma di alcune ossa ci rivelano inoltre che la muscolatura era poderosa e nello stesso tempo adatta ad un controllo preciso dei movimenti. La forma dell'astragalo, i robusti attacchi dei tendini delle mani e dei piedi, una particolare conformazione della scapola ci fanno capire trattarsi di un essere agile e robusto, dotato di grande abilità manuale, di fronte al quale i nostri migliori atleti farebbero una ben magra figura!
Tornando alle scoperte ed agli scavi in Puglia e confrontando le serie stratigrafiche riscontrate in alcune grotte salentine (Grotta del Cavallo presso S. Caterina, Grotta di Uluzzo, Grotta delle Prazziche presso Novaglie) possiamo tracciare, pur con le inevitabili lacune, una "storia" della vita e dell'ambiente dell'Uomo di Neandertal nella nostra regione.
Nel periodo più antico abbiamo strumenti consistenti in grandi schegge accanto ai resti di una fauna composta di iene, leoni, rinoceronti, caratteristica di un clima caldo e secco.
Abbiamo poi una fase caratterizzata da una diminuzione delle dimensioni degli utensili di pietra e dall'uso di valve di mollusco, sempre però con il medesimo clima.
Segue una fase calda ma umida, con ossa di bue e di cervo e con strumenti litici molto raffinati e specializzati, con forme complesse quali bulini, raschiatoi, punte triangolari e ogivali. Segue ancora un periodo arido, forse legato agli inizi della glaciazione di Würm, che comincia ad interessare anche il clima delle regioni meridionali, nel quale si sviluppa la tecnica di ritocco dei bordi delle selci, denominata "denticolata". Giungiamo infine al Musteriano evoluto: abbondanza di strumenti derivati dalla scheggia in tutte le possibili variazioni, con una fauna in cui ancora predominano i grandi pachidermi (rinoceronte, elefante, ippopotamo), che in Puglia sembra siano sopravvissuti sino alla fase temperata compresa fra i due stadi freddi di Würm (Würm I eWürm II).
A questo punto dobbiamo cercare di stabilire quale era il livello di umanità dei neandertaliani, ma questo è molto difficile: il linguaggio, l'organizzazione sociale, la religione non lasciano tracce rilevabili archeologicamente, e tutto ciò che possiamo fare è dedurre dai pochi elementi disponibili qualche ipotesi plausibile. Un dato certo è che seppellivano i loro morti a volte anche con corredi funebri di utensili di selce di accurata lavorazione. Ciò comportava una qualche credenza in una vita dopo la morte, così come l'uso dimostrato del cannibalismo rituale: il cranio neandertaliano ritrovato nella Grotta Guattari al Circeo, presso Roma, presenta inequivocabili segni di allargamento del foro occipitale per estrarne il cervello, che, mangiato, avrebbe trasmesso le qualità del defunto al suo successore. Il che, tra l'altro, alla luce delle più moderne teorie sull'ereditarietà e sulla trasmissione genetica dei caratteri, potrebbe essere meno sbagliato di quanto si possa pensare a prima vista.
Per l'organizzazione sociale possiamo pensare che conoscessero l'unità base, la famiglia, e, per analogia con gli ultimi gruppi umani che ancora oggi o fino a pochi anni fa vivevano allo stesso livello culturale, possiamo ritenere che piccole tribù, formate da poche famiglie potessero sostentarsi con le magre risorse del territorio: che l'esigenza di proteggere i piccoli limitava al raggio percorribile dall'alba al tramonto.
Un tipo di vita simile conducevano, fino al secolo scorso, gli abitanti della Terra del Fuoco, ove anche il clima, freddo e umido, doveva essere simile a quello dell'Europa all'inizio dell'ultima glaciazione e della Puglia in particolare durante il corso della glaciazione stessa.
Per quanto riguarda i metodi di caccia, gli utensili di pietra, contrariamente a quanto si crede, non sono armi o lo sono solo in piccola parte. Dobbiamo pertanto ritenere che i neandertaliani cacciassero con armi di legno con le punte indurite con il fuoco: quindi lance, giavellotti e forse arco e frecce. Una conferma ci è venuta dal rinvenimento in Europa Settentrionale, in uno strato di marna, dello scheletro di un elefante che portava infilata fra le costole un'asta di legno lavorato con la punta indurita dal fuoco. Intorno alla testa frammenti di selce scheggiata dimostravano la presenza dell'uomo sul luogo della morte dell'animale. Queste sono le deduzioni che possiamo trarre dalle tracce lasciateci dall'Uomo di Neandertal. Una vita dura, incerta e faticosa che, verso la fine, diventa sempre più difficile per l'avvicinarsi dell'ultimo periodo glaciale.
Il freddo spinge gli uomini sempre più verso il Sud. Qualche piccolo gruppo riesce a resistere nelle paghe gelate conducendo una vita sul tipo di quella degli esquimesi, ma le risorse sono scarse ed i territori possono sostentare un numero sempre minore di persone.
La civiltà dell'Uomo di Neandertal dura da sessanta millenni praticamente statica, immutata. Ma ormai sulla grande scena della preistoria avanza l'ultimo attore: l'"Homo Sapiens".
siamo giunti così all'ultima grande tappa dello sviluppo dell'Umanità. L'incontro fra le due civiltà non è necessariamente cruento; anzi alcuni reperti mostrano caratteri misti sia dal punto di vista tecnologico che da quello antropologico. Il risultato però non cambia: la specie più evoluta si impone e l'Uomo di Neandertal inesorabilmente scompare.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000