§ TROPPO VINO

Invenduti tre miliardi di litri




V.A.S.



Per l'annata in corso, il nostro Paese ha centosette milioni di ettolitri di vino (produzione del 1979 pari a ottantaquattro milioni e 330 mila ettolitri, e giacenze della campagna del 1978 pari a venticinque milioni e 800 mila ettolitri; consumo interno previsto dovrebbe sfiorare i cinquantaquattro milioni di ettolitri; le esportazioni dovrebbero superare di poco i diciannove milioni di ettolitri.
Di conseguenza, si arriverebbe ad avere a fine dell'anno in corso una giacenza di trentaquattro milioni di ettolitri (in bottiglie, circa quattro miliardi e mezzo), dalla quale andrebbero detratte le quote destinate alla distillazione (sia ordinada che straordinaria).
Il quantitativo di produzione e di giacenza è un dato di fatto, quello dei consumi e delle esportazioni è una stima, una previsione: poco più, dunque, di una pura ipotesi. Il totale a fine anno dell'invenduto resta anch'esso una mera ipotesi, che fra l'altro si sta dimostrando alquanto ottimistica. Infatti, la curva dei consumi nelle nostre regioni è progressivamente in ribasso: in Italia, nel 1972-'73 si consumarono centoun litri pro-capite; nel 1978-'79 si sono calcolati 89,2 litri pro-capite, ma forse si tratta di una media da "aggiustare", con qualche unità in meno. In Francia, si è passati, per gli stessi archi di tempo considerati, da centotto a novantasei litri; nella Comunità Economica Europea, infine, si è scesi da una media pro-capite di cinquantuno a una media di quarantotto litri. Le esportazioni dall'Italia nei primi tre mesi dell'anno rispetto allo stesso periodo del 1979 hanno subito una fortissima flessione: meno 41 per cento in quantità, e meno 32 per cento in valore. In cifre: 3.073.233 ettolitri e 145 miliardi 831 milioni di lire. E' proprio quest'ultimo il fenomeno più grave: il nostro Paese ha perso terreno su tutti i mercati, con punte di un'evidente preoccupazione in Belgio (meno 72 per cento), in Irlanda (meno 56 per cento) e in Francia (meno 55 per cento). E' andata abbastanza male persino negli Stati Uniti (con meno 29 per cento), dove pure sino a ieri si cantava vittoria sulla Francia (giustamente) e si lasciava intravedere la possibilità di un ampliamento del mercato. Discreto invece il piazzamento nell'Unione Sovietica (con un clamoroso + 436,1 per cento), con 160.104 ettolitri di vini fino a tredici gradi, in recipienti oltre i tre litri (cifra esigua, ma negli Stati Uniti gli ettolitri sono stati 381.168, dopo tante costosissime campagne pubblicitarie). Abbiamo perso nei vini Doc, negli altri vini, e persino negli spumanti.

Molte tasse

Se le mancate esportazioni in Francia sono dovute alla superproduzione transalpina (che ha raggiunto oltre ottanta milioni di ettolitri), per gli altri Paesi non produttori sarà necessario ricercare altre cause:
- le eccessive tasse sul vino, tasse che (come è stato già sottolineato su questa stessa rivista) non colpiscono invece la birra (Benelux, Danimarca, Gran Bretagna); - una campagna contro l'alcolismo che parte da postulati sbagliati (alcool uguale a vino; invece l'esperienza dimostra che, mentre il consumo di vino diminuisce, l'alcoolismo aumenta; si dimentica che "il troppo èsempre veleno"; l'uso del vino, e non l'abuso, è un coadiuvante della salute; il vino è un calmante naturale, oggi si fa ricorso alla pilloletta chimica per vincere gli stress);
c'è poi la crisi economica che taglia in maniera anche decisiva i bilanci familiari.

Meno export

Supposizioni, ma pochi dati reali su questo improvviso "stop" nell'esportazione. Senza alcun dubbio, la causa più facile e immediata è nella superproduzione di vino nella Comunità Economica Europea (176.500.000 ettolitri) e nel resto del mondo nel corso del 1979 (361.000.000 ettolitri, che rappresentano un record assoluto) e sono state proprio le vendemmie di Francia e d'Italia ad aver raggiunto vertici vistosi: di qui discende che il primo rimedio è un'autolimitazione nelle rese per ettaro e nelle coltivazioni o una nuova normativa comunitaria per l'estirpazione di vigneti nelle aree che non hanno specifica vocazione.
Molti sono dunque i fattori che concorrono al risultato cui siamo oggi di fronte (ettolitri di vino fermi in cantina, in attesa di un miracolo di Canaan al contrario), ma in più c'è un vago sospetto: il consumatore cambia gusti, ha meno soldi da spendere, l'offerta è pesante, le sofisticazioni incidono in maniera negativa, e via dicendo. Tuttavia, se si desse un'occhiata più attenta alla circolazione del vino, ai sistemi di vendita e a chi lo vende, forse qualche sorpresa sgradita per i produttori nostri e d'oltralpe salterebbe fuori. C'è la sensazione, infatti, che circoli troppo vino che buono non è, fuori dei giusti canali in Europa, dove troppe sono ancora le etichette di fantasia; e nel nostro Paese c'è poca capacità di piazzare il prodotto: le cantine sociali aspettano il cliente, non trovano accordi snelli ed efficienti (fatte le debite eccezioni) con la grande e con la piccola distribuzione. Si dimentica che il vino bisogna innanzitutto saperlo produrre, ma che poi bisogna saperlo vendere. Non ci si improvvisa produttori. E non ci si improvvisa venditori.


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