Tre nodi del Sud




Raimondo Ruju



Insistenti affermazioni (anche recenti) degli "addetti ai lavori" concordano nel rilevare e nell'enfatizzare la presenza nella realtà meridionale di un arcipelago di Mezzogiorni emergenti, caratterizzati dalla crescita di una nuova piccola imprenditorialità industriale e artigiana: dall'affacciarsi di una mentalità produttiva orientata all'erogazione dei cosiddetti "servizi reali" anche nel settore terziario; dalla diffusione in forme più o meno precarie del lavoro indipendente cui si coniuga, come fatto di assoluto rilievo, una maggiore predisposizione all'associazionismo da parte dei soggetti economici ed istituzionali ai vari livelli.
Tutti questi fenomeni trovano riscontro, per esempio, nella regione pugliese. A livello di aree, nell'asse costiero Barletta-Trani, in certe zone del Leccese e della Murgia pugliese, in alcuni segmenti produttivi dell'area foggiana e nella zona nord-orientale della provincia di Taranto.
Questo, in sintesi, quanto sostiene Savino Melillo, in un intervento dedicato al Mezzogiorno (meglio dire: in un articolato dibattito sul Mezzogiorno).
Ebbene, aggiunge l'Autore, nonostante la notevole duttilità che dimostra questa costellazione di nuclei produttivi a coprire tempestivamente gli spazi interstiziali offerti dalle particolari congiunture del mercato, "la carenza di organismi in grado di produrre effetti reali di integrazione e coesione dei sistemi locali non solo determina la perpetuazione di forme di organizzazione e gestione dell'attività aziendale di tipo tradizionale, ma inibisce, altresì, l'ulteriore capacità di spinta di questa nuova micro-imprenditorialità ad espandersi sul mercato.
Sostiene l'Autore che si tratta indubbiamente di una problematica la cui complessità non può essere disconosciuta: in particolare, se si considera che ad essa si associa la carenza fisica di forme moderne di produzione (agricola e industriale) in circa il sessanta per cento del territorio meridionale, che impone un non facile sforzo propositivo e progettuale per la revisione degli strumenti e dei meccanismi che dovranno regolare il nuovo corso dell'intervento straordinario nelle regioni meridionali, proprio nel momento in cui si avviano - con tutta la complessità dei loro orizzonte - gli anni Ottanta.
Una proposta operativa in merito alla caratterizzazione che dovrebbe acquisire l'evoluzione della politica d'intervento straordinario per il Sud alla scadenza della legge 183/76 "necessita, innanzitutto, di una ridefinizione delle funzioni e della prassi di governo del territorio da parte delle Regioni".
In altre parole, prosegue Melillo, la trasformazione della Cassa per il Mezzogiorno in agenzia o in più agenzie (e forse non lo era quando nacque nel 1950 sul modello della "Tennessee Valley Authority"?) implica, in via preliminare, che le regioni meridionali si dotino finalmente di strutture di programmazione di tipo settoriale (vale a dire al livello dei singoli assessorati e intersettoriale funzione strategica dell'assessorato alla programmazione) assai più efficienti di quelle che hanno operato fino ad oggi, attivando una seria politica delle risorse umane finalizzata alla formazione di quadri intermedi e superiori, centrali e periferici.
Va sottolineato che il fabbisogno di infrastrutture, nonostante il massiccio intervento operato nel corso degli ultimi trent'anni, si ènuovamente ricostituito, profilandosi negli ultimi anni con un'evidente urgenza. Oltre alle infrastrutture richieste dallo sviluppo del Sud, c'è da considerare il degrado di quelle opere che sono state realizzate nell'età protostorica della Cassa. Il problema è: si devono avviare nuove opere, oppure occorre ripristinare e potenziare quelle che non funzionano più, o funzionano male? Non è un dilemma da poco.
Una seconda strozzatura, è stato rilevato, è costituita dalla scarsa capacità delle pubbliche amministrazioni locali del Mezzogiorno, e in modo particolare dei Comuni, di svolgere vere e proprie funzioni di propulsione e di coordinamento delle attività produttive. Un ruolo importante, in questa direzione, dovrebbero svolgere anche le Camere di Commercio, ovviamente rinnovate e potenziate.
Una terza strozzatura riguarda l'insufficiente collegamento fra strutture formative disponibili localmente e le esigenze di moderna preparazione professionale, soprattutto ai livelli intermedi e dirigenziali, del personale destinato a prestare la propria opera presso la Pubblica Amministrazione. Nei prossimi anni, dunque, lo sforzo dei pubblici poteri a favore delle regioni meridionali deve puntare alla reale abolizione di questi tre ordini di carenze o strozzature. Altrimenti la politica meridionalistica resterà una politica in gran parte mancata.
A tutto questo, va aggiunta un'attività creditizia organica e adeguata, che deve puntare ad alcuni obiettivi di fondo: il superamento dell'attuale polverizzazione degli interventi; l'immediatezza dell'erogazione; il controllo sulla destinazione degli investimenti. Tutto questo può modificare in senso positivo la qualità dei risultati, accorciando i tempi per quel che riguarda i settori dello sviluppo delle attività produttive e dell'occupazione, in particolare quella giovanile.

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