Risparmiare e per investire




D. G.



Ha scritto Libero Lenti: "So bene che non tutti sono d'accordo su questa diagnosi, anche se pochi hanno il coraggio di dirlo apertamente. Se si gira per il nostro Paese, s'ha l'impressione, almeno esterna, che tutto vada per il meglio. Ovunque si vede gente che compera, che consuma. Si viaggia più che mai. I ristoranti e gli alberghi sono affollati. A questo proposito, però, mi viene in mente quanto disse un grande economista, Pasquale Jannaccone (ma chi ancora lo ricorda?), il quale definì una situazione di questo genere come quella caratterizzata da un'"aura" inflazionistica, sintomo premonitore d'accessi convulsivi che spesso inducono a stravedere cose che esistono solo nell'immaginazione. Nel caso particolare, che l'inflazione benefichi tutti. La verità è che si vedono coloro che traggono vantaggio dall'inflazione, mentre rimangono ben nascosti coloro che ne sono duramente colpiti".
Cosa accade, oggi, sul piano della politica economica? Che si parla, o si riparla, e sia pure a mezza voce, di una programmazione come di un "quadro di riferimento" per attuare una politica economica più a medio che a breve termine. Cioè: una politica di natura strutturale, più che congiunturale. Se però si lascia la briglia sciolta a coloro che hanno ravvisato e ravvisano nel disavanzo di bilancio della Pubblica Amministrazione il toccasana dei nostri problemi congiunturali, a breve termine, si giunge al punto al quale siamo pervenuti ora, per cui le autorità governative devono particolarmente preoccuparsi di risolvere problemi strutturali, a medio termine. Problemi, questi, che non si risolvono agendo solo in senso restrittivo sui flussi monetari e creditizi.
Non si risolvono, ad esempio, quelli riguardanti gli investimenti produttivi. Calchiamo la mano su questa espressione, perché, come ha notato Lenti, la confusione delle idee è tale da indurre a scambiare gli investimenti con le perdite d'esercizio. E' necessario incominciare da capo, "con buona pace del paleo-keynesiani". Occorre rendersi conto che per investire in macchine e in attrezzature occorre risparmiare. E in particolare, occorre che il risparmio non sia dissipato, come da tempo accade nel nostro sistema economico.
Ecco alcuni dati che possono servire come quadro di riferimento per una seria politica di investimenti. Il nostro risparmio nazionale, al netto degli ammortamenti, è stato nel 1978 di 27,5 mila miliardi di lire. Nel 1979 è passato a 36,1 mila miliardi di lire correnti. Riferendo queste cifre a quelle del reddito nazionale disponibile, sempre espresse in lire correnti, e quindi in base ad unità monetarie omogenee, si ottiene un 13,8 per cento nel 1978, e un 15,0 per cento nel 1979. Era da aspettarsi l'aumento di questa percentuale. Nel '79 infatti, a parte l'accelerazione del saggio di inflazione, e forse in conseguenza di questo, il reddito nazionale è aumentato in misura notevole, offrendo così anche la possibilità di un aumento del risparmio nazionale.
Si può sottolineare, tuttavia, che a parte le oscillazioni osservate d'anno in anno, la tendenza di questa percentuale è chiaramente discendente. Nel 1970, tanto per fare un esempio, il rapporto tra risparmio e reddito disponibile era ancora pari al 17,4 per cento. Nel 1975, l'anno della grande crisi, scese al 10,9 per cento per risalire nell'anno successivo al 13-14 per cento. Pertanto, il 15 per cento registrato nel '79 costituisce una punta sulla quale non sembra di poter fare assegnamento, specie se negli anni successivi il saggio d'incremento del reddito nazionale subirà una certa decelerazione.
Ma questo non è tutto. Non a caso è stato messo l'accento sulla necessità di non dissipare il risparmio nazionale. Il principale fattore di dispersione è costituito dal bilancio della Pubblica Amministrazione. Nel 1978, il suo risparmio negativo, al netto degli ammortamenti, è stato di 11,1 mila miliardi di lire e nel 1979 di 12,5 mila miliardi di lire correnti. Ciò significa che la Pubblica Amministrazione non è stata in grado di finanziare, con le entrate tributarie, gli investimenti pubblici, che misurano il risparmio pubblico; ma significa anche che queste entrate neppure sono state sufficienti per far fronte alle spese correnti. Così, è stata alimentata la domanda monetaria di beni di consumo: domanda stimolatrice d'inflazione.
Il risparmio globale nazionale di cui abbiamo fornito le cifre rappresenta un insieme di poste negative e positive. Non esistono ancora le cifre relative ai due aspetti. Tuttavia, se si pone l'ipotesi, tenendo conto del buon andamento dell'attività produttiva del '79, che il risparmio negativo o autofinanziamento delle medie e grandi imprese sia diminuito e che quello positivo delle istituzioni di credito sia aumentato, sempre in ipotesi si può dire che questi due saldi, negativo e positivo, si siano compensati. Ciò significa, rifacendo i calcoli, e soprattutto tenendo conto del saldo fortemente negativo della Pubblica Amministrazione, che il risparmio delle famiglie e delle imprese individuali è fortemente aumentato, passando, grosso modo, da 42,2 mila miliardi a 48,5 mila miliardi di lire.
In conclusione, se si fa riferimento ai risultati del '79 e a quelli previsti per l'80, il quadro può essere così delineato: il risparmio delle famiglie e delle imprese individuali, calcolati assieme perché non è facile distinguere una grandezza dall'altra, costituisce la fonte principale del risparmio nazionale. E ciò si spiega facilmente, se appena si tiene presente che i redditi da lavoro dipendente sono aumentati e tendono ancora ad aumentare in misura superiore a quella del costo della vita, con un aumento, dunque, del potere d'acquisto reale di questi redditi. Questo spiega in particolare quella "sensazione di benessere" di cui parla Lenti: un benessere, però, che non è di tutti.
Le preoccupazioni dell'avvenire spiegano anche una maggiore propensione al risparmio. Ma questo risparmio non è sufficiente per finanziare gli investimenti, specie se si tien conto del fatto che la Pubblica Amministrazione se ne taglia una grossa fetta, che poi spreca in spese di consumo. Per questo, nonostante le restrizioni monetarie e creditizie, si deve far ricorso a mezzi monetari.
Un'ultima osservazione. Si parla di programmazione. E qui vien fatto d'osservare che sarebbe bene che la Pubblica Amministrazione, prima di programmare per conto di altri, cominci a programmare se stessa e la sua attività. Ne ha veramente bisogno.

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