Cieli di case




E. S.



Nacquero le case, una accanto all'altra, e forse sarebbe più esatto dire una addosso all'altra, e furono subito case a croce greca. Col giardino e con l'orto alle spalle: e vi si guardava attraverso la finestrella, greca anch'essa, com'era detta. Bianche e a un piano, allargate a macchia d'olio. Con la copertura a quattro spigoli, quando le volte, i "cieli delle case", divennero più sofisticati. Volta a stella semplice. E ci volle l'arrivo della luce elettrica per veder penzolare il lungo filo, con il lampadario di vetro arricciato agli orli, dal centro di queste "stelle". Prima, era il lume a petrolio a fare atmosfera, ad allungare ombre che - dalla volta stellare, appunto - scendevano a strombo! Furono i maestri-artigiani, gli artistiartigiani a inventare e a realizzare l'architettura spontanea. Ostuni è la superba porta d'ingresso verso l'area salentina della civiltà della pietra bianca.
Andando a sud, paesi e paesi che si tengono d'occhio. Se c'è - ma per miracolo - un'altura, è come dominare con lo sguardo una gigantesca Valle d'Itria: solo che al posto dei trulli ci sono i paesi, bianchi e quasi equidistanti, divisi da campagne ben ordinate. E ciascun paese ha il corpo bianco. Un bianco vendicativo, se è vero che, così, a distanza, annienta le incredibili periferie che scimmiottano case del Carso e case del Brenta, costruzioni "mediterranee", nuraghi avviluppati di scale, residenze della costa meridionale francese e patii di memoria spagnolesca, portoghese o centro - sudamericana. La crisi di un'epoca, è stato scritto, si legge anche attraverso la crisi del gusto, cioè della scelta: ebbene, le periferie salentine sono una chiave di lettura perfetta per cogliere la crisi della nostra età, per datarla, per registrare come promiscuità quello che si fa passare per eclettismo. E' anche la crisi della creatività.
Eppure, proprio dallo "spontaneo" e dal terragno i maestri colsero gli elementi di fondo per le strutture delle volte. E' stato scritto, a proposito di Raffaele Gentile, nel volume edito a cura della Banca Agricola Popolare di Matino e Lecce: "In ultima analisi, si tratta di trentatre tipi di volte, con alcuni sottotipi derivati o compositi, con le infinite variazioni sugli otto temi fondamentali affidate alla fantasia e all'estro di chi le realizzava, ai suggerimenti o alle imposizioni della struttura dei manufatti, a loro volta condizionati dalla natura e conformazione geologica locale". In altre parole, quando ingegneri e architetti intervennero per ordinare e per sviluppare le strutture architettoniche delle dimore, si proposero il compito di armonizzare, per i cieli delle case, architettura e geometria. Nacquero così non meno di nove tipi di "volte a botte", derivati dal prototipo, con linee ellittiche, gotiche, ad arco circolare, ad archi paralleli.
In una fase successiva, lo sviluppo dei temi geometrico-architettonici, con le evolute "volte a schifo", articolate in nove "sistemi" semplici o incrociati, maggiormente pretenziose, se così possiamo dire, e comunque diffuse per lo meno quanto quelle a botte. Meno comuni, i cieli "a crociera", che presentavano particolari difficoltà di realizzazione, anche per i calcoli che era necessario fare per attuarli in ambienti non sufficientemente grandi: per questo motivo, la loro destinazione a edifici in prevalenza pubblici, in particolar modo religiosi. E tuttavia, questo tipo di volta si differenziò nell'ambito della sua stessa struttura geometrico-architettonica in nove sottotipi. E probabilmente da questa struttura ebbe origine la più bella volta salentina, quella "a vela" a sua volta collegata con le volte "a squadro": a squadro aperto o a squadro chiuso, ma sempre "dei Leccesi". Come per emblematizzare l'uso esclusivo di questo "cielo di casa" nella terra salentina, nell'evoluzione architettonica venuta dalle originali matrici dello spontaneismo e dalle tecniche (ma anche dagli "escamotages" incredibilmente semplici e funzionali) cui facevano ricorso gli artigiani - artisti.
La complessità degli edifici destinati all'uso "industriale" (i trappeti e gli stabilimenti viti -vinicoli, in primo luogo; in seguito gli stabilimenti per la lavorazione del tabacco) comportò la soluzione del problema dell'"accorpamento" di più volte in un unico grande "cielo": si ebbero allora le volte "a vela sferica" e le "volte a spigoli dei Leccesi": vere e proprie sequenze di coperture sospese tra muro e muro, senza colonnati di sostegno, che avrebbero sezionato l'ambiente: miracoli di volte, per la cui gettata si faceva ricorso a "castelli" in legno di dimensioni eccezionali, con il risultato, però, di realizzare uno splendido gioco di pesi e contrappesi portanti in perfetto equilibrio, con misteriose chiavi di volta (ma anche con archi di volta che, probabilmente, oggi nessuno più sarebbe in grado di progettare, se non dopo approfonditi accertamenti e studi specifici.).
Forse, in giorni come i nostri, ci uccide la fretta. I nostri "cieli di casa" altro non sono che lo spessore di cemento armato che separa da noi chi ci abita sopra, in appartamenti sempre più piccoli, adatti alla "programmazione dell'arco di vita quotidiana" e "all'essenzialità fisiologica del sonno". Poi, è l'ufficio; o è l'azienda. Non c'è più il tempo di sedersi e di guardare il cielo, scriveva Maritain. E se pure a qualcuno indichi il cielo con il dito, costui - al più - guarda il dito. E poi: che cielo di casa guardare più, fuori dai gioielli in abbandono della nostra architettura spontanea?

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