§ MANFREDONIA: LE STELE DAUNIE, MONUMENTI GUASTAFESTE

I misteri del Museo Archeologico di Stato del Gargano meridionale




Vincenzo D'Onofrio



Il 16 febbraio del corrente anno, il Comitato di Settore del Consiglio Superiore del Ministero dei Beni Culturali ha espresso parere negativo sul progetto "Minnissi" di allestimento di una prima sala dedicata alle "Stele Daunie" nel Castello Svevo-Angioino di Manfredonia.
La notizia sarebbe passata inosservata se non avesse rappresentato l'ultimo atto di una tragicommedia dei giorni nostri.
La storia del Castello di Manfredonia, infatti, più che misteriosa può essere definita allucinante. E' opportuno ricordare le tappe più importanti dell'odissea del museo ... fantasma!

10 gennaio 1964: l'Amministrazione Comunale di Manfredonia avvia la pratica di cessione allo Stato del Castello per la istituzione di un Museo Archeologico destinato ad accogliere in primis le ormai famose stele scoperte ed illustrate dal compianto prof. Silvio Ferri.

29 luglio 1964: il Ministero della P. I. impartisce direttive perché i lavori di restauro siano disposti in vista della suddetta specifica destinazione.

21 giugno 1968: decreto del Presidente della Repubblica con il quale viene autorizzata l'accettazione della donazione con l'obbligo della istituzione del Museo.

18 febbraio 1970: stipula del formale atto di consegna del Castello alla Soprintendenza alle Antichità di Taranto per la concreta realizzazione del Museo.

14 novembre 1973: la Soprintendenza inoltra alla Cassa per il Mezzogiorno la perizia di adattamento a Museo del Castello, per l'importo di unmiliardocentotrentunomilioni.

Dicembre 1974: il Consiglio Superiore dà parere negativo.

Luglio 1975: il Consiglio Superiore dà parere favorevole ad un progetto di massima di 150 milioni. Il progetto viene abbandonato dalla stessa Soprintendenza.

Febbraio 1976: per una pretestuosa deficienza del personale di custodia si tenta il trasferimento delle stele in altro sito.

Aprile 1976: assicurano energico intervento parlamentari e consiglieri regionali.

Maggio 1976: assicura interessamento il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Luglio 1976: l'Amministrazione Comunale comunica che il restauro del Castello è di prossima realizzazione e che il relativo progetto prevede una spesa di 400 milioni.

Febbraio 1977: l'Amministrazione Comunale precisa che la detta pratica di finanziamento si è chiusa negativamente.

Aprile 1977: una proposta di legge regionale per il Castello e il Museo viene disattesa.

Febbraio 1979: interrogazione parlamentare ... senza risposta sulla incredibile storia, che ha compiuto i sedici anni!

Qualcosa però si muove: la Soprintendenza ai Monumenti di Bari reperisce fondi e appalta i lavori di restauro che vengono eseguiti con competenza e speditezza; l'istituto di Studi Etruschi ed ltalici preannunzia il XIII Convegno a Manfredonia (per la prima volta in Puglia) in occasione dell'apertura del Castello e del Museo; l'Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Manfredonia affida - di conseguenza - alle stampe un opuscoletto sulle stele e sul Castello.

Ed ecco la notizia dell'incredibile decisione del Comitato di Settore del Ministero dei Beni Culturali. A questo punto è necessario andare in profondità e soccorre questa indagine una lettera datata 11 aprile 1977, a firma Silvio Ferri, indirizzata al Presidente dell'Azienda Turismo di Manfredonia.

"Caro Presidente, Ti sono veramente grato per questa Tua tenace insistenza; è chiaro che la questione Museo Garganico è ormai riconosciuta d'importanza capitale, non certo per me, ma semplicemente perché il materiale delle stele è qualche cosa di incredibilmente importante per la Storia dell'Arte italica, in quanto le stele sconvolgono tutto il presente sistema tradizionale della ricerca e della produzione archeologica italiana, e naturalmente anche della Storia dell'Arte. Questa è la ragione pseudoscientifica della strana ostilità con cui le stele sono sprezzate da molti cosiddetti "colleghi" nazionali (c'è anche di peggio, ma per ora ne taccio); si ha l'impressione che essi farebbero volentieri a meno di questi monumenti "guastafeste". Infatti, quale altra ragione guidò il tentativo di chiudere tutte le stele in un magazzino di Foggia, dove nessuno le avrebbe più viste? Per fortuna l'intervento deciso di Magno (n. d. r. Sindaco di Manfredonia) evitò quella vergogna; ma ci volle la minaccia di uno sciopero generale cittadino! Ma le difficoltà non sono finite. Per salvare sè stessi e le loro teorie egocentriche e nazionalistiche, i colleghi archeologi degli Uffici competenti - colla scusa dell'austerità - hanno ridotto quasi a zero i fondi al sottoscritto; così i nuovi rinvenimenti di stele - con grande soddisfazione della mafia antiquaria -hanno ripreso la via del nord e della Svizzera (dove proprio in questi giorni i giornali parlano di un magnifico vaso apulo, proprio della nostra zona, pagato 400 milioni). Questo volevano e vogliono gli archeologi italiani? pensano di salvare sè stessi e l'egoismo della loro ignoranza? Leggi e divulga pure come vuoi questa mia; lo, per il momento, ritengo meglio rimanere lontano. Non vorrei sembrare un perdente che chiede aiuto e comprensione per sostenere una causa disperata; la causa è così giusta moralmente e scientificamente che deve salvarsi da sè. Credimi, con i più cordiali auguri a Te e Collaboratori.".

Perché dunque le stele costituiscono qualcosa di "incredibilmente importante"? Le stele funerarie sipontine sono segnacoli tombali in pietra databili tra il VII e il VI sec. a. C. Rappresentano schematicamente il defunto rivestito da una ricca veste funebre con le mani giustapposte sul petto. La decorazione - generalmente incisa ed evidenziata con colore rosso e nero - è poi integrata dalla raffigurazione di tutta una serie di oggetti di ornamento e da armi appuntati o appoggiati sul vestito. Il significato più nuovo di questi materiali è rappresentato da una vasta iconografia che appare tra gli spazi lasciati liberi dalla veste e dagli ornamenti. Le figurazioni, in cui appaiono uomini ed animali reali e fantastici, si compongono spesso in un "racconto per immagini", le cui scene si riferiscono sia alla vita terrena del defunto, sia al mondo degli Inferi. Ma l'aspetto più sconcertante è rappresentato dalle figurazioni in cui appaiono riti funebri, scene mitiche e animali mostruosi che popolano l'Aldilà degli antichi Dauni. In molti casi è infatti riscontrabile una straordinaria affinità di queste rappresentazioni con le leggende e credenze diffuse presso le popolazioni del Mediterraneo Orientale, ed in particolare della Grecia protostorica. Il mondo eroico dell'Iliade sembra avere una parte notevole nella mitologia daunia: ricordiamo le numerose scene in cui è riconoscibile la descrizione del riscatto del corpo di Ettore e i giuochi funebri che sembrano ripresi dai racconti omerici. Tra gli animali fantastici compare poi la chimera, il leone con la coda di pesce, il serpente marino, il cavallo alato, tutta una serie di mostri, cioè, presenti nella mitologia ellenica e anatolica. Tutto ciò mostra chiaramente come le popolazioni stanziate in epoca protostorica nella piana sipontina fossero in stretto contatto con le genti del Mediterraneo Orientale, con le quali avevano in comune usi, costumi e credenze religiose. Le stele, pertanto, sono documenti importantissimi ed unici nel loro genere, in quanto, non solo ci "raccontano" la vita quotidiana e le attività, quindi il tipo di economia del Dauni, ma ci forniscono tutta una serie di dati sui culti e sui miti di queste popolazioni che non sono conservati dalla documentazione archeologica generalmente a nostra disposizione. Inoltre il loro contributo risulta determinante per la chiarificazione dei rapporti, non solo commerciali, ma anche culturali ed etnici, della Daunia con le genti stanziate nel Mediterraneo Orientale. Naturalmente, come amava sottolineare Ferri:

"non sono oggetti aperti ad una superficiale concezione popolare. La loro comprensione richiede apertura di idee, ampiezza di cognizioni protostoriche (col conseguente affievolimento e annullamento delle cortine protettive di quella tradizionale autoctonia, che nasce dall'ignoranza e vi convive), familiarità infine con la doumentazione offerta dai testi".

L'opinione del Comitato di settore, in definitiva, ha contribuito ad erigere un altro muro sulla insensibilità scientifica che per tanti anni ha tenuto segregato questo materiale estremamente deperibile (calcare) in un umido magazzino! Continueranno i dodici custodi in forza al Castello di Manfredonia ad inseguire fantasmi? continueranno gli studiosi stranieri a venire e a meravigliarsi della nostra ottusità? esisterà un futuro per le stele di Siponto?


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