L'Oriente di Puglia




Carlo Martini



Molto si è detto delle cripte bizantine del Salento, tanto che questa terra è stata definita, per la fitta rete di questi impianti, l'Oriente di Puglia. Ma veniamo agli affreschi delle cripte, talvolta sovrapposti l'uno all'altro, in omaggio proprio al loro carattere devozionale di ex voto, che in pratica, com'è stato acutamente detto, costituisce "il primo capitolo dell'arte pugliese definibile e classificabile". E' datato 959 il più antico complesso pittorico di Carpignano Salentino: al centro, Cristo Pantocratore crucenimbato, con iscritte nei tre bracci visibili della croce le lettere della parola "phos" (luce) a glorificare Cristo-luce: luce del mondo. Ai lati la Madonna Annunciata e il grande Angelo annunciante. La Madonna, quale oggi si vede, appartiene a uno strato sovrapposto, e dunque è senza alcun dubbio più tarda del Cristo e dell'Arcangelo. Questi due costituiscono la pietra di fondazione o l'atto di nascita della pittura pugliese. I modelli "sono apertamente bizantini, sia come impostazione iconografica e sia per i manierismi pittorici": anzi, si inseriscono senza difficoltà nella serie che fa capo a Hossios Lukas, nella Focide. Ma certa opacità dei colori, il "ductus" lento e pesante del pennello e un innegabile vigore espressivo che ignora le conseguenze della ripetizione iconografica rivelano la presenza di un artista locale.
Di qui, la legittimità della tesi di una tradizione schiettamente salentina, la quale, pur non opponendo una resistenza eccessiva agli apporti di maestranze sbarcate dalla Grecia, non rinunciò mai alle proprie peculiarità.
Accanto a queste immagini, il secondo Cristo: datato anch'esso dalla creazione del mondo secondo gli usi tipicamente bizantini, vale a dire a un anno parificabile al 1020. I pochi decenni che lo separano dal primo Cristo non valgono certo a giustificare la diversità dello stile. Chiarissimo, invece, è l'avvento di pittori stranieri, diversi da quelli che compirono le pitture precedenti. Infatti, se il primo Cristo aderisce, sia pure attraverso larghe interposizioni, alle pitture di Hossios Lukas, questo secondo Redentore in trono, pur identico come forma iconografica, attua quelle stilizzazioni lineari, quei tentativi di fusione dei colori, quell'impostazione ieratica e frontale, che informeranno praticamente tutta la produzione pittorica della cosiddetta seconda età dell'oro dell'Arte Bizantina.
Del resto, nella Puglia più propriamente bizantina, ovverossia nel Salento, non mancano esempi di architettura e di pittura direttamente derivati dall'Oriente, e poco o nulla interpolati dalla mediazione dell'arte locale.
Per l'architettura, basti lo stupendo esempio di San Pietro di Otranto, eretto nei secoli XI e XII. Di tutta intera la Puglia, è il solo edificio che si include, insieme con una cappella, purtroppo diruta, di Castro, nella serie di edifici cui appartiene la Cattolica di Stilo. La pianta è quadrata, le tre absidi sono orientate, la cupola è al centro, le volte sui bracci della croce sono più alte (quasi adombranti cupole) di quelle che insistono sulle quattro campate angolari.
Se questo tipo di architettura è una testimonianza dei rapporti con il vicino Oriente, gli affreschi che compaiono sulle pareti sono invece un documento autentico per la storia della pittura. I pannelli conservati, e non sono pochi, e neanche troppo deteriorati, rivelano l'intervento di un pittore orientale, anzi di almeno due maestri immigrati dalla Grecia. li primo è l'autore della "Lavanda dei piedi" e dell'"Ultima cena", l'una e l'altra ligie alla più consueta iconografia orientale, ma dipinte nel modo inconfondibile dei pittori di Hossios Lukas. L'altro, autore della "Vergogna dopo il peccato" e del "Battesimo di Cristo", appare legato ai modi tipici di Costantinopoli.
Più aderenti alla tradizione locale sono le pitture di altre Chiese, quali quella di San Mauro, alta su una Serra presso Gallipoli, (gli Evangelisti sui pennacchi, la serie dei profeti con un lungo cartiglio sulla volta, Santi Eremiti sui pilastri e nei sottarchi); e Santa Marina a Muro Leccese. Questo piccolo monumento è davvero singolare: in antico, era una cripta, di cui sono in parte superstiti le pareti rocciose, ben visibili anche dall'interno: rimasto isolato il blocco di tufo nel quale la cripta era scavata, crollata probabilmente la volta, il Santuario venne ripristinato con opere murarie.
L'analisi delle cripte e delle pitture inglobate potrebbe estendersi quasi senza alcun limite, tanto sono numerosi questi monumenti. Ci basti ribadire che tali santuari accompagnano forse per il più lungo periodo di tempo la storia dell'arte pugliese, riaffermando sia i modelli architettonici sia i temi iconografici. Negli affreschi sono soprattutto presenti con frequenza, e preponderanti su qualsiasi altro tema figurativo, le rappresentazioni iconiche di Santi e di Sante, sempre impostati frontalmente e in atteggiamenti che li rendono in tutto simili fra loro e strettamente legati, anche per gli attributi, alla iconografia orientale. Tali immagini sono state chiamate "parate di Santi", e si sono ripetute almeno fino al secolo XV.
Rari, ma eloquenti esempi di narrative si trovano solo in cripte tarde o nel nord della regione: nella cripta di San Biagio, presso San Vito dei Normanni; nella cripta di Santa Croce in Andria. E in ogni caso, anche quando le forme architettoniche e le pitture sembrano lasciarsi influenzare da suggestioni "occidentali", per non dire proprio latine, l'aspetto generale, la tecnica dello scavo e il modo di disporre gli affreschi continuano a testimoniare quella che vorremmo chiamare "civiltà bizantina", se non fosse più proprio da definire "civiltà salentina e pugliese dell'epoca bizantina".

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