L'anno delle incognite




Ulrico Buttini



Molte incognite sulla congiuntura del 1980 per tutti i Paesi industrializzati. Già l'anno si era aperto in un clima particolarmente teso: il rialzo del prezzo del petrolio e la crisi politica internazionale avevano agito nel senso di esaltare le tensioni inflazionistiche. Da allora, i costi delle materie prime sono saliti in misura rilevante: il fenomeno non ha riguardato solo l'oro, i preziosi e diversi metalli, ma si è esteso agli alimentari, malgrado le attese di un calo del prezzo dei cereali. Dappertutto, dunque, i prezzi hanno subìto forti incrementi, specie nelle quotazioni all'ingrosso che registrano per prime i rincari. Queste tensioni sono al tempo stesso effetto del mancato rallentamento congiunturale e causa di un mantenimento a un livello elevato del ritmo di espansione: la domanda per scorte si va facendo nuovamente forte, come accade sempre in momenti di incertezza e di tensione. L'economia italiana ricalca anch' essa questi andamenti: la produzione cresce, ma le tensioni sui prezzi si fanno sempre più accese. Le previsioni per il nostro Paese sono sempre più vincolate all'evoluzione congiunturale degli altri Paesi industrializzati.

Produzione. Le previsioni per quest'anno divengono, paradossalmente, più incerte con il passar del tempo. Se alla fine dell'anno scorso tutti i centri di previsione nazionali e internazionali erano concordi nello stimare per il 1980 un incremento estremamente basso perla produzione(+ 1%), oggi si avanzano ipotesi leggermente più ottimistiche. In effetti, non si tratta di maggiore ottimismo per il futuro, ma di una constatazione di un passato decisamente migliore di quanto stimato: la fine del 1979 ha fatto assistere a un incremento di attività eccezionale, tanto che nel quarto trimestre l'indice di produzione industriale è salito del 7,9%. Nell'intero anno scorso, la produzione industriale è dunque aumentata del 6,5%, ciò che colloca l'Italia al primo posto tra i Paesi industriali come tasso di sviluppo (malgrado gli scioperi di metà dell'anno). Partendo da un livello di attività così alto ad inizio 1980, anche nell'ipotesi di una contrazione di produzione in corso d'anno è probabile che i risultati medi '80 non siano così bassi come si temeva. D'altro canto, le imprese industriali vivono ancora un momento particolarmente favorevole. Il livello della domanda è elevato in tutti i settori in ragione, essenzialmente, di un accumulodi ordinativi inevasi nei mesi precedenti e la consistenza delle scorte è relativamente normale. L'ipotesi di recessione non è scartata, ma spostata al secondo semestre.


Consumi. La spesa per i consumi delle famiglie minaccia di rallentare bruscamente sotto la pressione di un'erosione inflazionistica crescente. In effetti, il rialzo del tasso d'inflazione è dovuto più a un aumento dei costi di importazione (petrolio e materie prime) e a una revisione delle tariffe pubbliche, che a un rialzo dei salari. I meccanismi di indicizzazione sui salari contribuiscono ad alimentare il processo inflazionistico, aumentando i tempi di riassorbimento delle scosse esterne, senza poter difendere appieno la capacità di spesa delle famiglie. Ne deriva un rallentamento della capacità di spesa, tanto più forte quanto maggiore è il tasso d'inflazione (e quindi la crescita nominale dei salari) perché la progressività dell'imposizione fiscale ne risulta esaltata. Quello che gli anglosassoni chiamano "fiscal drag" sta operando attivamente sui redditi da lavoro. A tale meccanismo la famiglia reagisce o aumentando il valore delle entrate con nuova occupazione (e infatti il tasso di attività è cresciuto nell'ultimo periodo) oppure diminuendo la propensione al risparmio. Queste due reazioni però hanno evidenti limiti, per cui è da ritenere che la spesa per consumi rallenterà sensibilmente nell'80, dopo il forte aumento del '79.

Investimenti. La domanda d'investimento sta vivendo un momento particolarmente felice: dopo i ritardi che avevano subìto le consegne di beni strumentali in seguito agli scioperi, la produzione ha segnato un forte incremento su' finire del '79. Malgrado tale exploit, la domanda resta elevata, soprattutto con riferimento a quella interna. Molti fattori hanno contribuito a questa evoluzione positiva della domanda di investimento. Su tutti, prevale il grado di utilizzo degli impianti industriali, che ha superato il massimo relativo della precedente fase di espansione, toccando il 77,1% per l'insieme del settore.

Esportazioni. Le incognite sull'evoluzione dell'economia italiana sono almeno altrettanto importanti di quelle che gravano sull'economia internazionale e quindi, di riflesso, sulle nostre esportazioni. La logica degli avvenimenti vorrebbe che, dopo il rialzo del prezzo del petrolio e considerato l'attuale livello del tasso d'inflazione, nel 1980 si registri una recessione planetaria. Ma la logica non sempre funziona a dovere, e i primi a tradire le attese sono gli USA, candidati alla recessione da oltre un anno, ma tuttora impegnati in una fase di espansione. Anche i Paesi europei mantengono un buon ritmo di sviluppo e la domanda mondiale non ha registrato fin qui flessioni di sorta. Le previsioni per i prossimi mesi restano però improntate a pessimismo: ovunque si ipotizza un marcato rallentamento che dovrebbe tradursi in una stagnazione del commercio mondiale. In questo caso, anche le nostre esportazioni subiranno un rallentamento, anche se meno sensibile di quello del commercio internazionale per la migliore "tenuta" dei Paesi europei e per l'accresciuta domanda di alcuni Paesi dell'Opec. La bilancia commerciale subirà, in questo caso, un netto peggioramento anche perché il valore delle importazioni dovrà aumentare fortemente, posto il rincaro del petrolio e delle altre materie prime. Grazie al surplus dei servizi, la nostra bilancia dei pagamenti resterà comunque attiva, pur se per un ammontare di gran lunga inferiore a quello dell'anno scorso.

Prezzi. Il tasso d'inflazione, per la previsione dell'intero 1980, è previsto nella misura del 19%, ciò che comporta circa 36 punti di scala mobile per i salari. Si tratta di un aumento consistente, ma che presuppone pur sempre un rallentamento dell'inflazione nella seconda metà dell'anno: in caso contrario, la crescita dei prezzi al consumo supererà il 20%. Giova ricordare che gli anni '80 si aprono per tutti i Paesi con un balzo dei prezzi: per gli USA si stima il più alto tasso d'inflazione di questo dopoguerra; Francia e Regno Unito torneranno anch' essi sui loro massimi; la Germania Federale spera di salvarsi grazie a un'ulteriore rivalutazione del marco.


Costo del denaro. Il rialzo del tasso d'inflazione sembra indicare che la rincorsa prezzi-tassi di interesse non si è arrestata, mentre si conferma la stretta creditizia. Sul piano internazionale si confidava in un rallentamento congiunturale che, abbassando la do~ manda di credito e frenando l'ascesa dei prezzi, avrebbe condotto a una riduzione del costo del denaro. Viceversa, la situazione resta tesa e negli USA si registrano costanti aumenti del costo del denaro. L'Italia deve prestare particolare attenzione a ciò che avviene all'estero per evitare movimenti di capitale non desiderabili in un momento, come l'attuale, nel qua lesi registrerà una riduzione dell'avanzo di bilancia dei pagamenti. Con un tasso di inflazione più elevato che altrove, il costo del denaro sembra destinato, da noi, a salire ulteriormente.
Principale incognita resta però la domanda del settore pubblico: la sua pressione ridotta ha agito nel senso di contenere l'ascesa del costo del denaro per buona parte del '79. Le previsioni che si avanzano per l'80 sono estremamente contraddittorie: se comunque si desse il via alle riduzioni degli oneri sociali e all'abbassamento dell'imposizione diretta, la crescita del disavanzo pubblico potrebbe dare una spinta al costo del denaro.


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