Il problema del Sud nella prospettiva Europea




Ruimondo Ruju



La definizione di un nuovo ruolo da attribuire alla Cassa per il Mezzogiorno nel quadro delle prospettive di sviluppo della Comunità Economica Europea è al centro di numerosi convegni e dibattiti, uno dei più importanti dei quali si è recentemente svolto a Napoli sul tema: "Riequilibrio del Mezzogiorno, intervento della CEE, ruolo della Cassa per il Mezzogiorno".
In realtà, a trent'anni dalla sua istituzione, con il 31 dicembre di quest'anno giunge a scadenza la legge per l'intervento straordinario dello Stato nel Meridione e con essa la Cassa per il Mezzogiorno. In questo periodo il Sud ha realizzato indubbi progressi. Il tasso medio di accumulazione nel periodo 1970 / 77 è stato del 26,9 per cento, il più elevato in Europa, addirittura superiore a quello della Repubblica Federale Tedesca (23 per cento). La produzione agricola è cresciuta, fra il 1951 e il 1978, a un saggio medio del 2,25 per cento, che è considerato tra i più alti raggiungibili in agricoltura nel lungo periodo. L'industria si è sviluppata al tasso del tre per cento, anche se rappresenta una quota ancora ridotta del prodotto meridionale. Malgrado gli innegabili progressi che si sono realizzati, anche se parziali e non sufficienti, non va dimenticato che in venticinque anni sono emigrate quattro milioni e mezzo di persone: è questo un sintomo significativo dei problemi che travagliano il Sud.
Gli interventi per il sostegno ed il rilancio dell'economia nelle regioni meridionali si sono articolati in tre fasi diverse:
1) - una fase infrastrutturale, nella quale si sono realizzate le opere pubbliche e sociali indispensabili per rimuovere le cause strutturali del sottosviluppo;
2) - una fase industriale, realizzata soprattutto attraverso la concessione di crediti agevolati, che avrebbe dovuto determinare l'assorbimento della forza lavoro già occupata nella costruzione delle infrastrutture e nei settori eccedentari, in modo particolare nel settore del l'agricoltura;
3) - una fase assistenziale, che ha saldato le due precedenti, in quanto lo Stato ha assicurato attraverso trasferimenti di reddito un certo potere d'acquisto alla popolazione, in attesa che gli esiti degli interventi programmati nelle due fasi iniziali assicurassero un'autonoma formazione di reddito.
Per quanto riguarda in modo particolare la Cassa per il Mezzogiorno, essa ha gestito prevalentemente la prima fase, anche se, a partire dal 1957, le sono state assegnate competenze nel settore industriale, limitate alla costituzione e alla promozione delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale. Un tentativo di ricercare nuovi settori di attività, effettuato con i "progetti speciali" nei primi anni Settanta si è subito bloccato.
La politica assistenziale entra in crisi negli anni più recenti, in quanto non rappresenta più un'alternativa valida per lo sviluppo delle regioni meridionali. Si tratta quindi di cogliere l'occasione della scadenza della Cassa per il Mezzogiorno per ridefinire una strategia capace di innescare un processo di sviluppo fondato su postulati diversi.
In primo luogo, si deve affermare che il problema del Mezzogiorno va inquadrato in una prospettiva europea. Questa scelta è resa necessaria sia dall'entrata in vigore del Sistema Monetario Europeo, che ripropone il problema di una convergenza reale delle economie, sia dal processo di allargamento della Comunità Economica Europea in atto con l'ingresso previsto della Grecia, della Spagna e del Portogallo. In secondo luogo, si deve inserire il Mezzogiorno nel quadro di una nuova divisione internazionale del lavoro, che assicuri lo sviluppo produttivo del Terzo Mondo, il che significa riconoscimento del Sud quale parte integrante dell'Europa e conseguente rifiuto di trasferire nelle regioni meridionali le attività produttive mature più tradizionali.
Per realizzare un "progetto Mezzogiorno" di questa portata è necessaria la creazione di un forte organismo finanziario europeo, con il compito di assicurare il riequilibrio dell'intera Comunità, secondo la lettera e lo spirito dei Trattati di Roma. In questo àmbito, la Cassa per il Mezzogiorno, alleggerita dai suoi pesanti compiti gestionali attuali (cinquantamila opere già complete, e trentottomila in via di completamento), deve configurarsi come l'agenzia tecnica nazionale per l'elaborazione di progetti globali volti al riequilibrio del territorio e quale organo di attivazione degli strumenti di intervento sia comunitari che nazionali, assicurandone in questo modo il coordinamento e soprattutto la coerenza.
Per quanto riguarda la strategia di intervento, l'obiettivo prioritario da conseguire è la piena occupazione. In questa prospettiva, un contributo fondamentale deve venire soprattutto dal settore terziario non assistito; in particolare, appare efficace una politica di intervento pubblico concentrata sulla riqualificazione funzionale delle aree urbane, sia in relazione alle esigenze di vita civile della popolazione, sia, in visione più ampia, per rilanciare un processo di industrializzazione basato sulla piccola e media tecnologia, che trova il suo ambiente naturale in un contesto urbano. Si conseguirebbe in tal modo una dimensione critica di domanda per attività terziarie e servizi specializzati, difficilmente realizzabili in un ambiente degradato, la cui disponibilità è a sua volta essenziale per innestare ulteriori fasi di sviluppo industriale.

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