Abusi feudali in Terra d'Otranto




M. D. M.



Nel 1706, con la morte di Alessandro III, si estingueva a Novoli la stirpe dei Mattei, che per circa 200 anni avevano esercitato la loro signoria sul paese, allora denominato Santa Maria de Nove, e sulla vicina frazione di Nubilo, oggi Villa Convento. Subito il Regio Fisco dispose per l'apprezzo dei feudi della Contea (1), che nello stesso anno passò a Cornelia Brayda, vedova di Francesco Antonio Paladino e cugina, per parte di madre, dei Mattei.
Comelia, nonostante le cospicue ricchezze ereditate dal padre, Marchese di Rapolla, e dal marito, non si ritenne capace di affrontare le dissestate condizioni economiche dei suoi due nuovi possessi, sicché restituì terre e titoli alla Real Corte che, nel 1714, vendette i territori in questione a Felice Carignani, il quale nell'anno successivo ottenne per la Contea di Novoli l'elevazione a Ducato.
I Carignani tennero Novoli per 92 anni e furono i suoi ultimi signori sino alla soppressione della feudalità, applicata nel Salento nel mese di agosto del 1806.
Gli abusi feudali furono esercitati a Novoli, col timore e con le vessazioni, sino all'alba del XIX secolo, e ciò grazie anche all'ignoranza del popolo che sopportava le assurde angherie dei feudatari, i quali col tempo avevano accresciuto a dismisura il loro arbitrio e la loro rapacità.
Ma anche nelle sonnolente aree meridionali era giunto il soffio innovativo della Rivoluzione Francese; le armi napoleoniche avevano introdotto anche nel regno napoletano nuove leggi e nuove idee; sicché l'eco del nuovo ordine sociale, sia pure in maniera minima, era giunta anche nel lontano Salento, dove per un pretesto di illegittimità due cittadini aventi interessi su Novoli contestarono gli arbitri feudali, chiamando a giudici della controversia l'Università di Novoli e la Regia Camera che, per ragioni opposte, dettero torto al Duca, che fu diffidato di esercitare il suo strapotere (2).
Il Comune per la prima volta difese i cittadini e, finalmente in tal maniera, dopo immemorabile tempo di soggezione al signore del luogo, il quale aveva sempre determinato la composizione della civica amministrazione, si emancipava da uno stato di indecorosa dipendenza. I tempi stavano cambiando e la gente cominciava a difendere con coraggio il diritto a un'esistenza umana e civile. Il re, a sua volta, favoriva la lotta allo strapotere dei baroni, sia per ribadire e rafforzare la sua autorità e sia perché la tassazione veniva così incamerata dal Regio Fisco.
Ma ritorniamo al casus belli. Giuseppe Oronzo Turfani di Lecce, possessore di vari poderi nel feudo di Nubilo, ed i fratelli Paolo e Luigi Mazzotta, novolesi, aventi proprietà nel feudo di S. Maria de Nove, furono i primi a ricorrere, nel 1802, all'autorità del magistrato. Questi ultimi introdussero in S. Maria de Nove le loro olive raccolte nei fondi che possedevano nel feudo di Veglie e ottennero dall'agente di Novoli la licenza dell'ingresso per macinarle nei trappeti del feudatario. Tuttavia per diversi mesi le olive restarono in deposito, senza essere molite. Gli interessati chiesero il permesso di portarle altrove, ma neppure questo venne accordato.
Tentarono di portar via le olive clandestinamente ma, sorpresi dagli armigeri del Carignani, furono carcerati i trasportatori, vennero confiscate non solo le olive ma anche l'olio che i fratelli Mazzotta avevano depositato nei trappeti ducali, prodotto dalla molitura di altre olive.
La questione non si risolse né con le preghiere dei Mazzotta né per altre vie bonarie. Il Turfani ed i Mazzotta ricorsero allora al magistrato e raccolsero quaranta capi d'accusa, che inviarono alla Regia Camera. Appena notificato, il Carignani replicò che si doveva sentire l'Università. Questa, convocata in pubblico parlamento, concluse all'unanimità di condividere i 40 capi d'accusa prodotti dal Turfani e dai Mazzotta, e a sua volta ne aggiunse altri 29.
La controversia fu lunga e cavillosa, ma ogni pretesa del feudatario novolese fu invalidata dalla considerazione che il suo avo, felice Carignani, aveva sì comprato le proprietà dei Mattei, ma non aveva avuto alcuna concessione regia per esercitare il diritto feudale.
La questione, indubbiamente, segna una evoluzione per il contenimento dei tanti abusi perpetrati dai potenti in Terra d'Otranto, e se pur non mette ostentatamente in discussione il privilegio feudale, di fatto lo incrina creando un non trascurabile precedente per le analoghe contemporanee controversie.
Da parte nostra non entreremo in merito alla cronaca della controversia, ma elencheremo appresso i capi d'accusa contestati al feudatario novolese, annotando quegli abusi di tipo economico-fiscal e esercitati nel territorio novolese e in tanti altri centri del Meridione d'Italia, fino alla emanazione delle leggi eversive della feudalità.

Capi d'accusa prodotti dal Turfani e dai Mazzotta.

1) Guardia delle vigne. Il barone esige una tassa in denaro da alcuni possessori di vigne, scegliendo questi a suo arbitrio. La custodia, in questo caso, lo garantisce dai coloni che sono messi nella condizione di non rubare il frutto e, perciò, di non frodarlo della decima. A loro volta sono anche tassati i guardiani per l'esercizio della loro vigilanza.
2) Agliutorio. Oltre alla decima delle uve in vino mosto, il barone esige grana due per ogni orto di vigna mosto.
3) Decima delle uve in vino mosto e non in uva.
4) Oltre alla decima in vino mosto, esige una canestra di uva per ogni possedimento di vigne, col pretesto che i coloni e i proprietari mangiano uva senza pagarne la decima.
5) Il baro ne obbliga i possessori del feudo disabitato di Nubilo di portarsi dentro la terra di Novoli e di chiamare l'erano per decimare.
6) Il barone pretende obbligare i possessori dei beni nel feudo di S. Maria a portare la decima di alcuni generi nei suoi magazzini; pretende inoltre obbligare i possessori del fondo di Nubilo a portare i generi nei suoi magazzini, ancorché il preteso trasporto gli obbligasse ad uscire fuori feudo.
7) Decima dei tufi e pietre che si tagliano nei fondi privati.
8) Il barone, dopo tagliata la pietra ed esatta la decima, si usurpa il fondo come a sé devoluto.
9) Il barone pretende che gli abitanti della Terra di Novoli fossero obbligati a macinare i loro grani nei suoi molini baronali.
10) Il barone pretende che i possessori e coloni del feudo di Nubilo vadano a macinare nei molini siti dentro l'abitato della Terra di S. Maria di Novoli.
11) Il barone pretende il diritto proibitivo dei trappeti (il cittadino non poteva costruire trappeti né macinare le olive fuori dal feudo).
12) Il barone pretende la decima in olio e non in olive.
13) Il barone pretende di appropriarsi degli alberi agresti che nascono nel fondo dei privati.
14) Pretende il barone tre grana e mezzo, sotto il nome di Vatica per ogni staio di olio che nasce dalle olive, che si triturino nei suoi trappeti.
15) Esige cinque grana a titolo di Testatico da ogni maschio o donna, che giunga all'età di 6 anni, o che sia nativo, o che si porti ad abitare nella Terra di Novoli, eccetto solamente i sacerdoti.
16) Il barone esige una certa quantità di denaro da possessori di denaro, da possessori delle case sotto il nome di Fida (tre carlini per l'uso proprio, sei carlini per l'affitto).
17) Il barone pretende la decima del prezzo della vendita degli stabili.
18) Il barone pretende grana 30 da ciascun possessore di case quando passa ad abitare da una casa all'altra. Tale tassa va sotto il nome di Vassallaggio.
19) Erbatica. Una pecora col figlio per mandria, e se quella mandria si dà a metà o in affitto, ne pretende due, una dal padrone delle pecore, l'altra dal socio, o conduttore.
20) Decima del lino, fagioli, bambace, e di qualunque cosa si semina o si pianta, ancorché fosse uno stelo di rose.
21) Il barone pretende la pena del nonuplo, se non si paga la decima prima di compire l'anno.
22) Il barone pretende la giurisdizione delle prime e seconde cause in ambedue i feudi.
23) Cultorio. Se uno tiene un paio di bovi e semina grano in un territorio, oltre la decima paga un tumulo di grano. Se semina orzo corrisponde un tumulo di orzo; se semina grano ed orzo, contribuisce un tumulo di grano ed orzo, e ciò tanto in Terra di S. Maria quanto nel feudo di Nubilo.
24) Il barone permette a forestieri, che possino indistintamente pascolare animali, ed esige una prestazione per si larga licenza.
25) Quando si vuole immettere uva nel feudo di Novoli, prodotta da territori siti in altro feudo, esige una mezza di vino musto per ogni possessione, cioè carafe 16 a misura di Napoli.
26) Angaria ogni anno un naturale di Novoli per esercitare l'officio di Erario, ed esigere le decime, il Testatico, il Vassallaggio, senza emolumento.
27) Pretende il barone la scelta del Sindaco, e degli eletti della Università, la quale ne fa la semplice nomina.
28) Eligge ogni anno il Governatore senza essergli stato concesso dal diritto sub verbo signanter. Non gli dà provisione, per cui si commettono enormi ingiustizie, che si garantiscono dal suo Aggente, e dallo stesso barone. Affitta la Mastrodidattia (funzione dei giudici supplenti in fase istruttoria), onde si commettono anche estorsioni.
29) Il possessore di Novoli esercita il diritto della Portolania (tributo per l'ingresso nella città) della Terra di Novoli e nel feudo di Nubilo.
30) In alcuni anni il barone obbliga i coloni di fatigare nelle possessioni baronali e gli proibisce di lavorare nei fondi di altri possessori.
31) Il barone pretende avere il diritto proibitivo di raccogliere e vendere la neve.
32) Impedisce, che il possessore dopo la mietitura, e dopo la raccolta delle olive, e dell'uva, introduca ne' suoi fondi i propri animali, che tiene in altri feudi né vuole il diritto di entratura (carlini 15 a mandria).
33) Il barone vanta il diritto proibitivo di tener palombari e pretende che i suoi palombi debbano pascolare ne' territori e seminati de' particolari senza poterli cacciare con lo schioppo.
34) Pretende la decima da lavoratori cretaioli. Un carlino per il forno piccolo, grana 15 per il forno grande.
35) Pretende la decima della calce ancorché si faccia con proprie legna e pietre, e in luogo proprio.
36) Il barone transigge i delitti in denaro.
37) Esige i censimenti da alcune case sotto il pretesto di essere concessi i fondi.
38) Pretende il barone la decima dell'avena che si pascola in erba ne' mesi di dicembre e gennaio per maggiormente fruttificare.
39) Il barone pretende la decima dei lupini in erba.
40) Il barone pretende la decima senza deduzione della semenza.

Capi d'accusa prodotti dalla Università di Santa Maria di Novoli.

1) Il barone pretende la decima senza dedurre la semenza, e le spese della necessaria coltivazione.
2) Nel feudo di S. Maria non si decima nè bombace, nè ortalizi, nè qualunque albero fruttifero, eccetto le olive. Essendo due feudi vicini ha dedotto l'Università di esser gravata, perché nel feudo del Nubilo si pretende la decima di quei generi.
3) Il barone esige la decima delle scaglie di grano, della biada, dei legumi, e delle cipolle in tutti e due i feudi, e la decima di ogni erba, e frutto in quella di Nubilo. Tali decime o non si devono, o se si devono quando tali generi si vendono e non già quando servono all'uso proprio.
4) Quando qualche volta si seminano i legumi ne' vigneti, o altri generi negli oliveti per fare uno stracoltivo, e fare vieppiù fruttificare la vigna, egli alberi, il barone pretende la decima.
5) Esistendo nello stesso territorio vigna ed olive, il barone dovrebbe esigere la decima di una specie solamente del prodotto. Vuole esigerla da ambedue.
6) Il barone pretende la decima del giorno, che la vigna comincia a dar frutto senza potersi rifare il possessore delle gravi spese sofferte per molti anni, nei quali la vigna non ha dato frutto.
7) Il barone pretende la decima della biada in erba della ferragina, che si semina per pascolo degli animali.
8) Il barone pretende la decima del letame.
9) Il barone pretende la decima delle uve delle pergole, e de' frutti dei giardini chiusi esistenti nel feudo di Nubilo, nonostante servano all'uso proprio.
10) Il barone esige a tenore del rivelo fatto dopo la mietitura senza darsi carico di quello che si ruba, nè di quello che si consuma da sorci e d'altri animali.
11) Il barone nel feudo di Nubilo manda l'erario ad apprezzare i frutti sugli alberi senza sentire i possessori, e si fa pagare la decima in denaro secondo l'apprezzo del suo erario.
12) Pretende il barone la decima delle legne degli alberi secchi, i quali vuole che non si spiantino senza suo permesso.
13) Il decimatore chiamato e sollecitato da possessori spesso o per dispetto o per noncuranza tarda a portarsi ne' fondi, e fraditanto i prodotti, o si rubbano, o marciscono o si dissipano.
14) In alcuni casi vuole che l'erario sia pagato dai possessori dei fondi.
15) Il barone impedisce che nella Terra di Novoli e nel feudo di Nubilo entrino prodotti di altri feudi, e che dopo entrati dal padrone altrove si trasportino.
16) li barone impedisce che i padroni immettano i loro animali ne' propri oliveti, e vigneti senza suo permesso sotto pretesto, che si diminuisca la decima.
17) Il barone è obbligato a custodire il feudo con i suoi armigeri, ed è tenuto de' danni che si commettono.
18) Quando si commettono danni esige la pena a capriccio anche senza querela.
19) Il barone esige censi per le case, e palmenti che si costruiscono nel feudo sotto pretesto di decima, che perde per il suolo che si occupa.
20) Il barone esige una prestazione da coloro che immettono animali per pascere in detti feudi.
21) Il barone esige 3 carlini a titolo di fondo e tre a titolo di fida per le case, e botteghe site entro l'abitato di S. Maria.
22) li barone pretende la preferenza della compra del pesce ed altri commestibili e la franchigia di un grano a rotolo, che si paga per dazio universale sulla carne e sul pesce.
23) Pretende egli, ed i suoi officiali esser esenti dalla rata del sale, che dispensa l'Università per uno de' rami de' Regi pagamenti.
24) Per la frode alla decima pretende esigere la pena del nonuplo.
25) Per la pena del sangue esige ducati 6 e per le pene contumaciali ducati 150.
26) Il barone pretende avere il privilegio di quattro lettere arbitrarie.
27) Il barone sotto pretesto di diritti feudali fa procedere la corte baronale anche nelle cause nelle quali vi è il suo interesse.
28) Il barone pubblica i bandi pretori senza approvazione della regia camera.
29) Il barone pretende di avere diritto sulla portolania.

NOTE
1) Apprezzo del feudo di S. Maria de Nove e del Feudo di Nubilo o Convento, fatto nel 1707 da Donato Gallarano, in Rogito del Notar Giuseppe Raguccio di Napoli, 7 marzo 1713. In Archivio di Stato, Napoli.
2) La questione è trattata in un testo da noi fortuitamente reperito: Per l'Università di S. Maria di Novoli e i suoi naturali contro l'utile possessore di quella, Commessario il Sig. Presidente S. Vincenzo Sanseverino, Attuario D. Nicola Guerra, Bernardo Tizzani e Nicola Turfani, Napoli, Il gennaio 1805.


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