§ IL SALENTO NEL PIANO CNEN

L'insidia nucleare




Maureen Walsh



Elaborata dal Cnen, il Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare, per cercare di individuare le aree che si prestano meglio a ospitare centrali nucleari da duemila megawatt (due volte e mezzo più potenti di quella di Caorso, che dopo due anni di prove incomincia ora a funzionare), la "Carta dei siti" indica una quarantina di zone che, secondo i primi accertamenti, sembrerebbero i i grado di accogliere una centrale (o addirittura un gruppo di centrali). La scelta sarà effettuata sulla base di tre criteri di fondo:
- evitare aree eccessivamente popolate, ovviamente per motivi di prudenza. Una centrale non può sorgere a meno di dieci chilometri da centri con molte decine di migliaia di abitanti, e a meno di venti chilometri da centri di molte centinaia di migliaia di abitanti;
- evitare zone soggette ad elevata o periodica sismicità;
- assicurare abbondante disponibilità di acqua per il raffreddamento dei reattori.
Dopo anni di ricerche, il Cnen ha individuato circa una quarantina di aree, le quali, in seguito ad accertamenti più approfonditi, si dovranno ulteriormente restringere. Ecco, in sintesi, le principali indicazioni fornite dal Comitato Nazionale per l'Energia Nucleare, illustrate dalla cartina che pubblichiamo.
La prima area è stata individuata nella regione Piemonte, sul fiume Po, nelle immediate vicinanze di Trino Vercellese: area estesa in realtà tra due fiumi, il Po e la Dora Baltea. Subito dopo, un'altra area localizzata a cavallo dei Piemonte e della Lombardia, cioè tra le province di Alessandria e di Pavia. Poi, una serie di grandi aree, lungo il corso del Po, prevalentemente in Lombardia, tra le province di Mantova e di Cremona, con sconfinamenti in Emilia (provincia di Piacenza) e nel Veneto (provincia di Verona). Tutte queste aree, che in teoria potrebbero ospitare un colossale parco di centrali, sono però gravate da un pesante handicap: una massiccia presenza di piccoli centri abitati che rendono il tessuto territoriale eccessivamente popolato. Un'altra area utile, secondo il Cnen, è quella del delta padano, alla foce del Po, che forma una specie di triangolo tra Ferrara, Comacchio e Chioggia. Anche questa, tuttavia, densamente popolata. Nel versante adriatico, l'area estesissima tra il Friuli e la Venezia Giulia, a cavallo della foce del Tagliamento, con una digressione verso oriente, fino a Grado. Altra zona, alla foce del fiume Piave, tra Caorle e il Lido di Jesolo. Dopo il delta padano, un'altra "area utile" alla foce del Reno, all'altezza di Ravenna. Poi, un grande balzo in giù, nella fascia compresa tra Termoli (Molise) e il lago di Lesina, in Puglia. Non sfugge neanche il pugliese Lago Salso (altra "area utile"), nel pressi di Manfredonia. Restiamo in Puglia: due aree individuate tra Brindisi e Otranto, una tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca, sul versante jonico. Un'altra centrale potrebbe sorgere, sempre secondo il Cnen, a Marina di Ginosa, e, in Basilicata, lungo la fascia costiera metapontina.
Calabria: gli esperti hanno localizzato aree utili a catena (ben cinque), tutte sullo Jonio: due a cavallo del fiume Crati, nei pressi di Sibari (e i vincoli archeologici dove andrebbero a finire?); la terza nei pressi di Punta Fiumenicà; la quarta tra Crotone e Cirò Marina; l'ultima tra Catanzaro Lido e Isola capo Rizzuto.
Risaliamo il Tirreno: prima area utile, a Salerno, sulla foce del fiume Sele; un'altra tra la Campania e il Lazio, alla foce del Garigliano (fiume formato dalla confluenza di altri due corsi d'acqua, il Liri e il Gari). Poi, la zona di Sabaudia, infine la fascia costiera tra il Lazio e la Toscana, tra Montalto di Castro e il lago di Burano. Ancora più su, tre piccole aree: a Marina di Grosseto, alla foce del l'Ombrone, nelle vicinanze di 0rbetello. Un'altra ancora tra Piombino e Follonica. E ancora: l'intera isola di Pianosa (ma che diranno WWF e Italia Nostra?). Sempre in Toscana, l'area maremmana tra Castagneto Carducci e San Vincenzo.
Sardegna: un'area tra Orosei e Siniscola; tre aree tra Orosei e Carbonara; una tra Capo di Pula e Capo Spartivento; altre due nel Golfo di Oristano e Capo Mannu. Infine, la Sicilia: tre aree lungo la fascia meridionale, tra Marina di Ragusa e Licata, l'ultima a sud di Sciacca.
Secondo gli ultimi programmi dell'Enel, le future centrali nucleari da 2.000 megawatt dovrebbero sorgere in Lombardia, Piemonte, Friuli, Venezia Giulia, Puglia e Molise. Fino a questo momento, la Lombardia è possibilista, Piemonte, Friuli e Molise sono su posizioni negative; l'unica regione disponibile sembra essere la Puglia. A questo proposito è appena il caso di ricordare che:
- questa regione è intensamente popolata, e i paesi sono a vista d'occhio proprio là dove il Cnen ha individuato le aree utili per la dislocazione delle centrali nucleari;
- vi sono molte aree militari della Nato, nelle quali (perfettamente inutile nasconderselo) esistono missili operativi a testata nucleare anche multipla: insieme con il Friuli-Venezia Giulia e con il Veneto, la Puglia, in caso di guerra, sarebbe la prima regione duramente colpita da armi nucleari avversarie; è impensabile, dunque, "nuclearizzare" ancora di più la più orientale delle regioni italiane;
- la presenza delle centrali nucleari darebbe esito negativo per lo sviluppo del turismo, senza darci i i cambio occupazione o redditi corrispondenti;
- Salento e Jonio in genere (un mare chiuso, occorre sottolineare) sono, insieme con il corso del Po e con la Maremma toscana, le fasce massicciamente impegnate nuclearmente. Nel Salento il tessuto territoriale ha indici di popolazione che non consentono tali impianti. La parola alla Regione. O, forse soltanto, alla ragione.

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