Due torri salentine




Tonino Caputo



La Torre di Leverano sorge nel centro della vecchia Terra, alzandosi al cielo per circa trenta metri. Dall'alto del suo coronamento, guarda fino al mare di Porto Cesareo (l'antica Sasinae), dove un tempo fiorivano i traffici, che attiravano le cupidigie degli scorridori musulmani e delle flotte piratesche. Venne costruita, intorno al 1220, per volere del Puer Apuliae, Federico II, e per una lunga età vigilò sull'ampio arco costiero che da Santa Maria si estende fino a San Pietro in Bevagna. Le vicende militari e civili hanno tolto qualcosa al suo disegno originario, apportando anche sensibilissime lesioni e finanche uno squarcio nel piano superiore. Ma la mano del tempo, come è stato acutamente osservato, le ha impresso una fisionomia fiera, che risveglia nell'anima immagini, pensieri e ricordi di lontane e sconosciute epopee. E' a base quadrata. Tre piani, con volta a botte. Alleggerita, in alto, da bifore ogivali. Sono scomparsi il fossato e il ponte levatoio. Ma se ne conservano i disegni, ed è già una fortuna. Gli avvenimenti che si rapportano alla vita civile e all'importanza strategica di questo stupendo esempio di torre salentina si possono riassumere in alcune date:
- nel 1373 accolse i profughi del Casale Albaro, distrutto dal Duca di Andria, Francesco Del Balzo, che guerreggiava nell'area contro l'esercito di Giovanna I; - nel 1435 venne assalita ed espugnata dal Principe di Taranto e Conte di Lecce, Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, "ardito e valoroso, ma inesorabile partigiano di Alfonso d'Aragona contro le armi di Giacomo Caldora";
- nel 1484 cadde in mano ai Veneziani, che avevano già espugnato, dopo accaniti combattimenti, le città di Gallipoli e di Nardò;
- nel 1528 fu presa dai Francesi del Lautrech, che tentavano di ritogliere alle armi spagnole il dominio del napoletano.
Un'altra torre emblematica della penisola salentina: quella del Parco, a Lecce. Costruita nel 1419 da Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, figlio ed erede di Raimondello e di Maria d'Enghien, con l'intento di vigilare sul non lontano Adriatico, dove nel 1296 era apparsa, minacciosa la flotta di Ruggero di Loria. Sempre da questa fascia costiera, inoltre, poteva muovere l'esercito mercenario di Renato d'Angiò, che contrastava la successione della corona di Napoli ad Alfonso d'Aragona.
Fu munita di saldissimi baluardi - da tempo scomparsi - di profondo e largo fossato e di una robusta merlatura "con piombatoi e fromboliere". Nel secolo XVI venne adattata da Ferrante Loffredo all'uso delle artiglierie. E' di forma cilindrica, alta trenta metri sul piano circostante. Dall'alto della piattaforma -alla quale si giunge attraverso una scala a chiocciola ricavata, dalla base al vertice, nello spessore della muraglia - è possibile scorgere la lunga linea del mare, "là dove i Romani avevano costruito il Molo Adriano e dove, in quel tempo, rifiorivano gli scambi commerciali con l'Oriente, ma si addensavano i pericoli d'incursione e di rappresaglie". Il disegno di questa mole ricorda quello dell'altra torre, elevata a nord della città nei primi decenni del secolo XVI. Da tempo anche il ponte levatoio è sparito, e dell'impalcatura in legno che separava il piano inferiore dalle prigioni e quindi dai sotterranei, non resta più alcuna traccia. Solo qua e là, negli strapiombi delle saettiere, superstiti incisioni di stemmi e di iscrizioni dei mercenari, che stettero in vedetta: e sui muri del carcere tetro "corrosioni di ruote tormentatrici": e "si leggono graffite frasi di dolore e di disperazione che gittano una sinistra luce sul periodo del servaggio feudale e sugli istinti ferini dell'ultimo Conte di Lecce". Per accedere all'interno della torre, fu gettato nel secolo decimottavo un arco in muratura, che "impostandosi sul fianco di un'ampia terrazza, raggiungeva il davanzale di una fromboliera del secondo piano, trasformata in ingresso". Questa torre gigantesca, in stile gotico-angioino, richiamerebbe alla memoria la "Tourgue" descritta "con palpitante eloquenza" da Victor Hugo.

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