§ ANNI '80

La politica della Cee per la tutela dell'ambiente




Donato Dino Viterbo



Dopo la metà degli anni '60 il problema della degradazione dell'ambiente è balzato in primo piano non solo nel mondo culturale, ma sulla stessa scena politica europea e mondiale per le numerose iniziative di studiosi, di uomini politici e di organismi internazionali (tra i quali anche l'Organizzazione delle Nazioni Unite (1) ), preoccupati per le conseguenze della trasformazione dell'ambiente e dello sfruttamento delle risorse - sovente irrazionale, tanto che da più parti si parla di "rapina" - operato dall'uomo.
In Italia, come ben scrive il Muscarà, (2) l'interesse per tale problema esce dal chiuso dei laboratori scientifici e degli inutili richiami dei pochi specialisti in occasione dell'alluvione che mette bruscamente a nudo nell'autunno del 1966, a Firenze come a Venezia, il grave stato di precarietà del quadro idrogeologico nazionale. Pertanto, mentre venivano varati, in maniera affrettata e disorganica, i primi programmi di "ricostruzione ambientale", (3) è stata da molti condivisa la necessità di riesaminare le basi del sistema socio-economico "occidentale" che trae origine dalla rivoluzione industriale.
A distanza di duecento anni da quest'ultima, il sistema di vita dell'uomo occidentale non può fondarsi sulla stessa struttura della quale quella grande rivoluzione ha gettato le basi e che tanto meno ciò sarà reso possibile nel prossimo futuro. La sempre più massiccia opera di trasformazione operata dall'uomo sull'ambiente solo in determinati casi porta a nuovi equilibri senza deteriorare fortemente il quadro preesistente; (4) purtroppo sovente essa si manifesta in una vera e propria aggressione all'ambiente naturale.
La società europea si è trasformata in pochi decenni in una società urbana e industrializzata che ha potuto realizzare, proprio grazie all'industria, quelle produzioni di massa atte a soddisfare alla maggior parte dei suoi membri, oltre le esigenze alimentari e sanitarie, anche quelle relative all'istruzione, allo svago, ecc.. Ma agli indubbi vantaggi dello sviluppo industriale, di tipo esponenziale, si accompagnano due ostacoli insuperabili. Il primo è costituito dal fatto che le risorse naturali sono delle "quantità finite" per cui vi è un limite alla produzione: il problema delle fonti energetiche, esploso in modo drammatico poco dopo quello dell'ambiente, ce ne ha offerto la riprova più immediata. Il secondo è dato dal fatto che nel prossimo futuro non potremo trasformare e degradare la natura così intensamente come è stato fatto finora, né farle sopportare un carico vieppiù crescente d'inquinamenti dovuto alla nostra produzione accelerata e ai nostri consumi. Qualcosa si è fatto costruendo ciminiere più alte, introducendo depuratori e filtri nelle condotte attraversate dalle acque e dai gas di scarico, creando parchi e riserve naturali da salvaguardare, ma tali provvedimenti, seppur fruttuosi, hanno la funzione soltanto di rallentare il deterioramento ambientale non rappresentando delle soluzioni definitive, che possono soltanto individuarsi nella eliminazione di certi presupposti, veri responsabili dello stesso.
- E' opinione comune che sia stata la comparsa del sistema capitalistico a determinare un'accentuazione della divisione del lavoro, tanto sociale che geografica, che separa l'uomo dai mezzi di produzione, la cui proprietà sfugge sempre più al produttore diretto, per concentrarsi nelle mani dei detentori del capitale. Sviluppandosi il capitalismo, sono andati riducendosi i modi d'utilizzazione delle risorse, inizialmente più differenziati su scala mondiale, tanto che il margine di scelta diventa sempre più ristretto. In maniera sempre crescente, l'uomo si vede obbligato ad utilizzare delle tecniche che egli non ha creato, per produrre per altri ciò di cui egli non ha bisogno o che non ha la possibilità di utilizzare; ciò in special modo nell'ultimo ventennio. Come conseguenza si ha un passaggio da una moltitudine di tecniche locali, generate spontaneamente, ad una tecnologia imposta su scala mondiale (5), che incide in maniera più aberrante e impersonale sul paesaggio terrestre. Di questo avviso sono ovviamente gli studiosi di estrazione marxista; da parte di altri invece si oppone che non sono stati i regimi economici, perché tali, a provocare modificazioni diverse del paesaggio, tantocché attualmente, avendo la diffusione di analoghe tecnologie portato ad una uniformizzazione dei "generi di vita", ne deriva anche una uniformizzazione delle modificazioni apportate sul paesaggio. (6)
D'altra parte la tesi secondo cui la degradazione ambientale è un fenomeno tipico dei Paesi capitalisti poiché rappresenta una diretta conseguenza delle leggi dell'accumulazione e del profitto capitalistico privato - tesi sostenuta inizialmente dal P.C.I. - si è rivelata assurda di fronte alla realtà dei fatti. Le stesse autorità sovietiche hanno fatto ripetutamente sapere, attraverso comunicati stampa, che il Mar Caspio ha raggiunto livelli d'inquinamento preoccupanti, che la Moscova a valle di Mosca è inquinata e che ciò avviene anche per i corsi d'acqua e l'atmosfera in corrispondenza dei vari "kombinat" industriali.
Ma prese di posizione nette da parte di esponenti politici ed intellettuali europei si sono succedute con una certa frequenza solo dopo la pubblicazione della ben nota lettera di Sicco Mansholt e dell'ormai famoso rapporto del M.I.T. su i 1 limiti dello sviluppo. (7)
In forma forzatamente sintetica si può affermare che Mansholt, senz'altro da considerarsi tra gli uomini politici europei più sensibili ai problemi posti dalla degradazione ambientale, ha sempre sostenuto che è necessario capovolgere i programmi economici di sviluppo e attuare un riesame dei nostri valori etici, senza di cui la battaglia ecologica è impossibile. Tra le necessità da lui indicate v'è stata quella del contenimento dell'aumento della popolazione e dell'incremento dei consumi, dove questi sono alti, e della lotta contro gli sprechi. Insomma Mansholt ha proposto la rinuncia alla crescita materiale come fine principale della società post-industriale, non considerando il P.N.L. (Prodotto nazionale lordo) come misura del progresso di una data entità territoriale, ma altri indicatori quali la diffusione della cultura e dell'assistenza sanitaria, ecc.
Per raggiungere questi obiettivi si pone la necessità d'una pianificazione dell'economia europea improntata ad una trasformazione dell'attuale "economia consumistica" o di "spreco" senza dubbio inquinante, in un'economia pulita di "riciclaggio". Quindi l'auspicato passaggio dalla battaglia per un maggior tenore di vita a quella per la qualità della vita, alla crescita qualitativa, poteva considerarsi come un "impegno di sinistra" in quanto privilegia i fini pubblici rispetto a quelli privati, avendo come finalità quella di limitare la sfera individuale privata. Ma nonostante ciò i partiti della sinistra tradizionale dei vari Paesi europei hanno reagito in buona parte negativamente al rapporto Mansholt, in quanto consideravano un'eresia il presupposto che la società del futuro potesse rinunciare alla crescita materiale.
Il programma comunitario, quindi, accoglie in parte le preoccupazioni e gli obiettivi contenuti nel documento Mansholt, almeno nella formulazione dei principi ispiratori e ciò in verità abbastanza opportunamente essendo quei concetti il risultato di studi di eminenti scienziati; d'altra parte non accoglie la rinuncia all'espansione economica e allo sviluppo dell'industrializzazione. Tale rinuncia viene considerata inconcepibile per l'Europa comunitaria, in quanto essa include ancora aree arretrate ed anche perché il Mercato Comune era stato creato proprio per rendere più efficiente il meccanismo produttivo e l'espansione industriale dell'Europa occidentale.
Ora, in maniera alquanto sommaria cercheremo di ricostruire le fasi attraverso le quali è venuta delineandosi la politica ecologica della Comunità. Innanzi tutto è opportuno riportare la definizione di "ambiente" adottata dalla C.E.E. contemporaneamente all'approvazione del programma d'azione in materia ambientale; nel documento si legge che "l'ambiente è composto dagli elementi che, nella complessità delle loro relazioni costituiscono il quadro, lo sfondo e le condizioni di vita dell'uomo, come essi sono nella realtà e come vengono percepiti". Quindi questo concetto di ambiente non comprende solo i rapporti uomo-natura ma anche i problemi connessi con la "rapina" delle risorse naturali e con gli inquinamenti in genere.
Pure se il problema non era rimasto del tutto ignorato (8), la necessità di definire una politica ambientale comunitaria risale al 1971, anche al fine di conseguire il principale obiettivo indicato nel preambolo del trattato istitutivo della C.E.E., cioè "il miglioramento della condizioni di vita e di lavoro dei popoli europei"; nel luglio di quell'anno la Commissione approvò il primo vero rapporto sulla politica ambientale comunitaria. Altri importanti documenti per la protezione dell'ambiente sono quelli elaborati ancora dalla Commissione della C.E.E. il 24/3/1972 e dal Consiglio della C.E.E. il 22/11/11973; quest'ultimo in modo particolare appare molto approfondito ed esauriente. Esso consta di due parti: la prima dopo una premessa nella quale si riaffermano i principi emersi nelle conferenze internazionali, si articola in quattro titoli, contenenti rispettivamente gli obiettivi da conseguire, i principi generali cui si vuole uniformare la politica ecologica comunitaria, l'indicazione di massima delle azioni da intraprendere in materia di protezione ambientale, le priorità e i "tempi tecnici" previsti per la loro realizzazione. La seconda parte, suddivisa in tre titoli, contiene la descrizione particolareggiata delle iniziative da prendere a livello comunitario per la riduzione degli inquinamenti e degli elementi nocivi, le azioni da svolgere per ottenere un miglioramento dell'ambiente naturale, la proposta di un atteggiamento unitario degli Stati membri della Comunità di fronte alle azioni intraprese dalle organizzazioni internazionali.
li documento della Comunità indica anche alcuni problemi che hanno un marcato carattere geografico, come quelli relativi all'inquinamento del Reno, alla formazione di megalopoli, all'esaurimento di alcune risorse naturali e all'inquinamento dei mari che bagnano le coste europee, e ne prospetta le possibili soluzioni.
Dall'aprile del 1975 la Comunità ha intrapreso una sede di studi sui vari tipi di inquinamento atmosferico, soprattutto su quelli generati da sostanze tossiche, come il piombo, gli idrocarburi, l'ossido di carbonio, nonché sull'inquinamento da rumore; nel giugno dello stesso anno il Consiglio della C.E.E. ha adottato una risoluzione relativa alla qualità richiesta per le acque superficiali destinate all'alimentazione e nel dicembre dello stesso anno un'altra direttiva concernente la qualità delle acque per la balneazione. Rilevante, poi, è stata l'iniziativa, presa sempre nel 1975, di stabilire una procedura d'informazione tra gli enti dei singoli paesi membri preposti al controllo dell'inquinamento atmosferico. Tra i progetti intesi a salvaguardare l'ambiente, è da ricordare quello che il Consiglio ha approvato, sempre nel 1975, circa il miglioramento dell'agricoltura nelle zone montane e nei territori svantaggiati. Sempre su iniziativa del Consiglio, sono stati promossi degli studi sulle conseguenze ecologiche del l'applicazione di certe tecniche di produzione agricola e su alcuni problemi di particolare interesse, quali i limiti d'impiego di certi pesticidi, la determinazione dei valori massimi per lo scarico degli effluenti dell'allevamento, ecc.
La lettura del programma per il quinquennio 1977 - '81 (9) ci dà la conferma che i politici e gli esperti di Bruxelles hanno condotto il loro lavoro, ancora una volta, con spirito pragmatico, cioè col proposito di affrontare dapprima i problemi per i quali esistono le maggiori possibilità di una immediata soluzione mediante l'approvazione di norme valide in tutta l'arca della Comunità e di rimandare a una fase successiva quelli più complessi, tanto più se essi richiedono capacità decisionali che attualmente la Comunità non possiede. Appare infatti evidente che i maggiori progressi sono stati realizzati nell'ambito dei problemi più strettamente tecnici (lotta contro le sostanze tossiche, protezione delle acque, riciclaggio dei rifiuti) (10), piuttosto che di quelli di maggior impegno, la cui soluzione può scaturire soltanto dall'applicazione di una preordinata politica economica e sociale. Ben poco il programma dice in merito agli studi in corso sulle aree urbane e soprattutto sui presupposti dai quali gli esperti sono partiti per affrontare i problemi ecologici delle grandi città (circa il 60% della popolazione della Comunità vive in centri classificati "urbani"). Ampia possibilità d'utilizzazione viene invece data alla cartografia ecologica: questa iniziativa fornirà un apporto conoscitivo rilevantissimo, di cui si gioveranno non solo i pianificatori, ai fini dell'elaborazione della politica ambientale, ma tutti coloro che per fini scientifici conducono degli studi nel campo della geografia e dell'ecologia.
Il programma ha quindi il merito di mettere bene in luce il carattere internazionale del problema ecologico in quanto la lotta per la salvaguardia dell'ambiente si può condurre soltanto sulla base di una collaborazione internazionale che tenga conto delle correlazioni ecologiche sul piano planetario e dell'interdipendenza dell'economia mondiale.
Concludendo, da esso si evince che per l'Europa Comunitaria lo sviluppo tecnico ed economico rimane fondamentale, ma questo non dovrà più esser concepito come fine a se stesso, essendo soltanto in funzione del progresso dell'uomo. Raggiungere l'obiettivo della qualità della vita rappresenta senza dubbio una conquista sociale, il passaggio ad un nuovo sistema di valori fondato sul rispetto non solo degli uomini, ma anche dell'ambiente.

NOTE BIBLIOGRAFICHE
1) Altamente significativa è la Conferenza sugli insediamenti umani svoltasi a Vancouver nel giugno '76 sotto gli auspici delle Nazioni Unite.
2) C. MUSCARA', La società sradicata, Milano, E. Angeli Ed., 1978 p. l53;
3) In Italia il tema dell'ambiente, d'allora in poi, viene fatto rientrare nel più generale quadro della politica di programmazione che, dopo l'esperienza del primo piano quinquennale, si è resa consapevole della necessità d'immettere nell'attività di studio dell'Istituto per la Programmazione Economica (ISPE) e nel campo delle decisioni del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), anche i problemi del territorio e dell'ambiente.
4) Cfr. a tal proposito A.A. BISSANTI, Eventi naturali e calamità naturali: le responsabilità umane nell'organizzazione e gestione del territorio, in "Economia e Commercio", Rivista dell'A.L.C.U.B., 1977 n. I.
5) Cfr. M. SANTOS, in L'utilità della geografia, a cura di G. Valussi, UNESCO, Firenze, Le Monnier, pp. 187 e segg.
6) E' ciò che vanno sostenendo illustri geografi tra cui P. George, J. Labasse, C. Muscarà, R. Pracchi ed altri. Il "genere di vita" è concepito come "un complesso di abitudini e di concezioni organizzate e sistematiche,
implicanti un'azione metodica e stabile capace di assicurare l'esistenza dei gruppi umani autonomi che la praticano.
7) La lettera di Sicco Mansholt è inserita nel documento della Commissione delle Comunità Europee "Secrétariat Général SEC (72) 596" del 14 / 2 / 1972. Il rapporto redatto dagli studiosi del Massachusetts Institut of Technology per il Club di Roma è quello di D.L. MEADOWS e altri, I limiti dello sviluppo, Milano, Mondadori, 1972.
8) Non si può qui sottacere che sia il trattato della C.E.C.A. che dell'EURATOM si preoccupavano della protezione sanitaria dei lavoratori dei settori interessati e della stessa popolazione civile insediata nelle vicinanze. A ciò si deve aggiungere l'iniziativa assunta dal Consiglio d'Europa con la dichiarazione del 1970 "Anno della natura in Europa", prima vera iniziativa di sensibilizzazione dell'opinione pubblica europea sul problema ecologico.
9) Il testo del programma per il quinquennio 1977 - '81 è riportato dalla "Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee" del 13 / 6 / '77.
10) La quantità dei rifiuti prodotta nella Comunità supera attualmente i miliecinquecento milioni di tonnellate all'anno ed aumenta in ragione del 5% circa per anno.


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