Anni '80




Aldo Bello



Dieci anni fa li attendevamo come il momento di verifica di una politica meridionalistica che veniva da lontano: dagli anni '50. Erano diventati una frontiera, una sfida al sottosviluppo. Appassionati meridionalisti profetizzavano il momento del take off, del decollo delle regioni meridionali, e intanto disegnavano le linee operative, progettavano interventi, apportavano aggiustamenti di tiro. Una vastissima problematica era sottoposta al fuoco di fila della "ragion pratica": o il Sud veniva fuori dalla sua condizione di area subordinata agli interessi economici del Nord, o l'intero Paese avrebbe pagato uno scotto pesante in termini di decadenza. L'operazione era complessa: era necessario riordinare quella gigantesca corte dei miracoli che era l'agricoltura, sviluppare i poli e le aree di sviluppo industriale, gettare le basi per il settore turistico, e inserire in questo modo attività e produzioni del Mezzogiorno nel tessuto nazionale. Ci fu anche chi avanzò l'ipotesi di far sorgere nel Sud le industrie del futuro, quelle elettroniche: i figli dei contadini sarebbero diventati dei "colletti bianchi". Non si trattava di un'arrogante scalata sociale. L'intera società meridionale avrebbe dovuto registrare un salto di qualità di prim'ordine, con una "rivoluzione" pacifica e aggressiva, moderna, ovviamente incruenta, naturalmente coraggiosa, con risultati positivi per un Paese che era sulla linea di displuvio tra Europa sviluppata e Terzo Mondo. E proprio questo era il quesito di fondo: il Sud doveva guardare all'Europa, piegare il proprio sviluppo alle esigenze della cosiddetta "economia continentale"; o doveva rivolgere la propria attenzione al di là del Mediterraneo, ai Paesi in via di sviluppo, stringendo rapporti diversi da quelli che il Nord stava attuando, o aveva già attuato, con le aree ad alto sviluppo industriale del continente europeo?
Africa e Medio Oriente, sostenevano alcuni, chiedono tecnici e tecnologia, impianti e prodotti finiti, mentre possono assicurare materie prime. Il futuro del Sud è in questa prospettiva. In questo caso, obiettavano altri, l'economia italiana si frantuma, diventa strabica, un occhio a nord e uno a sud. Fu un dibattito acceso, dai toni anche forti. Che, come tutti i dibattiti decisivi per il nostro Paese, andò poi spegnendosi. Oggi non ne è rimasta neppure un'eco. Con il risultato che il Sud è lontano dall'Europa e remoto dall'Africa e dal Medio Oriente, fornitori di materie prime che non solo ci occorrono, ma condizionano economia e sviluppo, bilancia commerciale e riserve del nostro Paese. Quella che era una frontiera è, allo stato delle cose, uno steccato cadente, senza prospettive. Il pensiero politico e di politica economica si è arenato, in apparenza, sulle sabbie mobili delle diatribe locali, dei mortali litigi di campanile; in sostanza, il Sud ha pagato la sua mancanza di forza politica, ed è rimasto nella condizione di sudditanza economica di antica memoria. Il fatto è che l'industria del Nord ha preferito fare la concorrenza alle più sofisticate economie dell'Europa occidentale, piuttosto che cercarsi nuovi sbocchi di larghissimo respiro in direzione delle economie più deboli. Per questo è necessario che il Mezzogiorno non si sviluppi, che resti un gran mercato interno di assorbimento dei prodotti invenduti, che sia una cassa di compensazione per i vuoti registrati dal management padano nelle relazioni commerciali estere, e, soprattutto, che "renda", con le facilitazioni fiscali, con gli incentivi, con i contributi, a chi troppe volte ha finto di investirvi, creando in realtà doppioni di impianti, inutili controfigure degli stabilimenti del Centro e del Nord. Il Mezzogiorno, così, è rimasto privo delle fonti di economia, dalle quali dipende tutto: qualità della vita, occupazione, nuova imprenditorialità, dotazione di beni civili e di servizi sociali, benessere, pacificazione sociale, fine dei ,flussi migratori. Non è un caso che dello "spirito di frontiera" non si parli più. Gli "anni '80" sono sfioriti sulle labbra di politici, sindacalisti, intellettuali. Tra poco ci inventeremo la frontiera del terzo millennio. E mentre si aggrava la crisi dei Paese, una crisi che il Sud pagherà per tutti, risalirà vertiginosamente la marea della retorica. E la storia (l'esperienza) non ci avrà insegnato niente.

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