Nel mondo accademico
anglosassone è assai diffuso l'adagio secondo cui " quando
due economisti discutono fra loro, ci saranno almeno tre opinioni in
contrasto ". Sono pochi i casi in cui gli economisti vanno d'accordo:
uno di questi è rappresentato dal riconoscimento del ruolo del
risparmio nella promozione dello sviluppo economico.
In vista di questa sua funzione essenziale, ci proponiamo di analizzare
la formazione del risparmio in Italia, con riguardo alla sua dinamica
a partire dal 1970.
Alcuni chiarimenti sono necessari per capire la natura e la funzione
del risparmio. Per ogni singolo, come per la collettività nazionale,
il risparmio è uguale alla differenza fra il reddito disponibile
e la spesa in beni di consumo. Per quanto riguarda il risparmio personale
e familiare, non sorgono problemi concettuali: esso ha natura residuale,
nascendo dalla differenza fra ciò che il singolo o la famiglia
guadagnano e ciò che spendono nell'acquisto dei beni. Analogamente
si forma il risparmio aggregato, ossia il risparmio dell'intera collettività:
così, nel 1977, il risparmio aggregato è risultato pari
a 35,5 mila miliardi, dato che il prodotto lordo interno si è
aggirato intorno a 173 mila miliardi ed i consumi finali interni hanno
raggiunto i 137,5 mila miliardi.
Come viene impiegato il risparmio della collettività? Nei sistemi
economici evoluti sono presenti intermediari finanziari (soprattutto
il sistema bancario), che indirizzano il risparmio da chi non lo impiega
direttamente in attività reali (e cioè le famiglie) a
chi lo investe in misura eccedente ai propri risparmi (soprattutto le
imprese).
Da qui si nota la funzione reale del risparmio, consistente nel finanziamento
degli investimenti, ossia nella formazione del capitale con cui si amplia
la base produttiva del sistema. Gli economisti concordano nell'affermare
che il risparmio condiziona sia l'occupazione del lavoro, sia tutta
quella serie di interventi che modificano gli squilibri sociali e territoriali.
Se approfondiamo ulteriormente il nostro esame, ci accorgiamo che il
risparmio può essere suddiviso in due aliquote: una parte di
esso è destinata a ricostituire il capitale consumato nel processo
produttivo (sono gli "ammortamenti "); un'altra a finanziare
la formazione di nuovo capitale.
Nei paesi sviluppati la Contabilità nazionale raggruppa gli operatori
economici in modo da poter quantificare il contributo dei diversi settori
alla formazione del risparmio nazionale. Si distinguono pertanto tre
fonti di risparmio: le famiglie, le imprese, la pubblica Amministrazione.
Il sistema economico italiano presenta, a partire dal 1970, tre tendenze
di fondo per quanto riguarda la formazione di risparmio:
1) il risparmio delle famiglie italiane è fra i più elevati
della OCSE, nonostante la falcidia che il progressivo deterioramento
del valore della moneta produce sul capitale;
2) l'autofinanziamento delle imprese, formato da utili non distribuiti
e investiti per aumentare la capacità produttiva delle imprese,
assume valori negativi a partire dagli ultimi anni del decennio 1960-1970;
3) la pubblica Amministrazione registra risparmi negativi progressivamente
crescenti.
Caratteri della
formazione del risparmio in Italia
Ci soffermiamo ora
sui caratteri fondamentali della formazione del risparmio nel nostro
paese, per esaminare più dettagliatamente la dinamica delle diverse
fonti di risparmio. Dalla tab. 1 si ricava che la quota di risparmio
netto, in percentuale del prodotto nazionale lordo a prezzi correnti,
è andata progressivamente diminuendo a partire dal 1970. La tendenza
alla sistematica diminuzione si riscontra anche se si considera l'intero
periodo 1960-1977.
In Italia, il risparmio proviene principalmente dal settore privato,
cioè dalle famiglie. L'aumento della propensione al risparmio
delle famiglie (che è fra le più alte a livello europeo)
può spiegarsi con le redistribuzioni di reddito attuate a favore
del lavoro dipendente. Tale redistribuzione spiega anche la contrazione
del risparmio di impresa: gli incrementi salariali spingono le imprese
ad effettuare investimenti " labour-saving ", cioè
sempre più tecnologicamente avanzati. I notevoli impieghi di
capitale richiesti da tale politica implicano una crescente esposizione
nei confronti del sistema bancario.
Il risparmio del settore pubblico è decrescente, e diventa negativo
a partire dal 1971. Ciò limita notevolmente la formazione di
risparmio nel nostro paese, e determina conseguentemente un basso volume
di investimenti. Il problema è particolarmente grave per il nostro
paese, dato che la contrazione degli investimenti pregiudica lo sviluppo
delle capacità produttive e non consente la creazione di nuovi
posti di lavoro. Anche per questa ragione, procede con molta lentezza
in Italia lo sforzo di riconversione e di diversificazione produttiva.
Come si vede facilmente dalla tabella 2, nel nostro paese gli investimenti
sono i più bassi della Comunità, ad esclusione del Regno
Unito. A causa della scarsa formazione di risparmio, gli investimenti
sono andati diminuendo, tanto da pregiudicare uno sviluppo soddisfacente
del reddito nazionale.
Si può osservare in sintesi che l'Italia si caratterizza, per
quanto riguarda il processo di accumulazione, per la presenza di una
elevata propensione al risparmio delle famiglie e di sempre crescenti
disavanzi della pubblica Amministrazione.
Risparmio e inflazione
Le crescenti tensioni
inflazionistiche che si sono manifestate a partire dall'inizio degli
anni '70 hanno esercitato un notevole effetto negativo sulla formazione
del risparmio. Ciò perché il risparmio delle famiglie
trova il suo presupposto fondamentale nella stabilità del valore
della moneta: l'inflazione vanifica i sacrifici delle famiglie intesi
ad ottenere un frutto reale dal risparmio, e addirittura compromette
la trasmissione dello stesso valore reale del risparmio nel tempo. E
dato che sono le famiglie ad effettuare il risparmio (perché,
come abbiamo visto sopra, il risparmio della pubblica Amministrazione
è negativo, e l'autofinanziamento delle imprese si è drasticamente
ridotto), sono queste ad essere maggiormente colpite dal processo inflazionistico.
L'inflazione va combattuta con ogni mezzo, per i suoi effetti contrari
all'interesse pubblico. Come ha efficacemente sintetizzato Paolo Baffi,
il processo inflazionistico:
1) favorisce i consumi a scapito del risparmio, soprattutto quando si
teme una accelerazione del processo inflazionistico;
2) stimola l'esportazione di capitali all'estero, in particolare se
si ritiene che i differenziali di inflazione siano sfavorevoli al nostro
paese;
3) crea discriminazioni fra gli imprenditori, avvantaggiando coloro
che sono dotati di maggior potere contrattuale;
4) penalizza coloro che hanno sottoscritto titoli a reddito fisso;
5) spinge ad investire in beni rifugio, riducendo progressivamente la
base produttiva del paese;
6) colpisce maggiormente coloro che detengono una quota elevata di attività
liquide rispetto al reddito, cioè i gruppi più poveri.
Il risparmiatore, nel nostro sistema economico, non trova sufficiente
tutela, contrariamente al solenne enunciato dell'art. 47 della Costituzione.
Una efficace politica di difesa e incoraggiamento del risparmio può
basarsi unicamente sulla stabilità monetaria.
Alla tutela del risparmio sono collegati importanti risvolti di natura
sociale e di equilibrio politico: non per nulla un rivoluzionario osservò
che per distruggere uno stato era sufficiente distruggere la stabilità
della sua moneta.
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