§ Nel periodo 1970-1977

La formazione del risparmio in Italia




Franco Poma



Nel mondo accademico anglosassone è assai diffuso l'adagio secondo cui " quando due economisti discutono fra loro, ci saranno almeno tre opinioni in contrasto ". Sono pochi i casi in cui gli economisti vanno d'accordo: uno di questi è rappresentato dal riconoscimento del ruolo del risparmio nella promozione dello sviluppo economico.
In vista di questa sua funzione essenziale, ci proponiamo di analizzare la formazione del risparmio in Italia, con riguardo alla sua dinamica a partire dal 1970.
Alcuni chiarimenti sono necessari per capire la natura e la funzione del risparmio. Per ogni singolo, come per la collettività nazionale, il risparmio è uguale alla differenza fra il reddito disponibile e la spesa in beni di consumo. Per quanto riguarda il risparmio personale e familiare, non sorgono problemi concettuali: esso ha natura residuale, nascendo dalla differenza fra ciò che il singolo o la famiglia guadagnano e ciò che spendono nell'acquisto dei beni. Analogamente si forma il risparmio aggregato, ossia il risparmio dell'intera collettività: così, nel 1977, il risparmio aggregato è risultato pari a 35,5 mila miliardi, dato che il prodotto lordo interno si è aggirato intorno a 173 mila miliardi ed i consumi finali interni hanno raggiunto i 137,5 mila miliardi.
Come viene impiegato il risparmio della collettività? Nei sistemi economici evoluti sono presenti intermediari finanziari (soprattutto il sistema bancario), che indirizzano il risparmio da chi non lo impiega direttamente in attività reali (e cioè le famiglie) a chi lo investe in misura eccedente ai propri risparmi (soprattutto le imprese).
Da qui si nota la funzione reale del risparmio, consistente nel finanziamento degli investimenti, ossia nella formazione del capitale con cui si amplia la base produttiva del sistema. Gli economisti concordano nell'affermare che il risparmio condiziona sia l'occupazione del lavoro, sia tutta quella serie di interventi che modificano gli squilibri sociali e territoriali.
Se approfondiamo ulteriormente il nostro esame, ci accorgiamo che il risparmio può essere suddiviso in due aliquote: una parte di esso è destinata a ricostituire il capitale consumato nel processo produttivo (sono gli "ammortamenti "); un'altra a finanziare la formazione di nuovo capitale.
Nei paesi sviluppati la Contabilità nazionale raggruppa gli operatori economici in modo da poter quantificare il contributo dei diversi settori alla formazione del risparmio nazionale. Si distinguono pertanto tre fonti di risparmio: le famiglie, le imprese, la pubblica Amministrazione.
Il sistema economico italiano presenta, a partire dal 1970, tre tendenze di fondo per quanto riguarda la formazione di risparmio:
1) il risparmio delle famiglie italiane è fra i più elevati della OCSE, nonostante la falcidia che il progressivo deterioramento del valore della moneta produce sul capitale;
2) l'autofinanziamento delle imprese, formato da utili non distribuiti e investiti per aumentare la capacità produttiva delle imprese, assume valori negativi a partire dagli ultimi anni del decennio 1960-1970;
3) la pubblica Amministrazione registra risparmi negativi progressivamente crescenti.

Caratteri della formazione del risparmio in Italia

Ci soffermiamo ora sui caratteri fondamentali della formazione del risparmio nel nostro paese, per esaminare più dettagliatamente la dinamica delle diverse fonti di risparmio. Dalla tab. 1 si ricava che la quota di risparmio netto, in percentuale del prodotto nazionale lordo a prezzi correnti, è andata progressivamente diminuendo a partire dal 1970. La tendenza alla sistematica diminuzione si riscontra anche se si considera l'intero periodo 1960-1977.
In Italia, il risparmio proviene principalmente dal settore privato, cioè dalle famiglie. L'aumento della propensione al risparmio delle famiglie (che è fra le più alte a livello europeo) può spiegarsi con le redistribuzioni di reddito attuate a favore del lavoro dipendente. Tale redistribuzione spiega anche la contrazione del risparmio di impresa: gli incrementi salariali spingono le imprese ad effettuare investimenti " labour-saving ", cioè sempre più tecnologicamente avanzati. I notevoli impieghi di capitale richiesti da tale politica implicano una crescente esposizione nei confronti del sistema bancario.
Il risparmio del settore pubblico è decrescente, e diventa negativo a partire dal 1971. Ciò limita notevolmente la formazione di risparmio nel nostro paese, e determina conseguentemente un basso volume di investimenti. Il problema è particolarmente grave per il nostro paese, dato che la contrazione degli investimenti pregiudica lo sviluppo delle capacità produttive e non consente la creazione di nuovi posti di lavoro. Anche per questa ragione, procede con molta lentezza in Italia lo sforzo di riconversione e di diversificazione produttiva.
Come si vede facilmente dalla tabella 2, nel nostro paese gli investimenti sono i più bassi della Comunità, ad esclusione del Regno Unito. A causa della scarsa formazione di risparmio, gli investimenti sono andati diminuendo, tanto da pregiudicare uno sviluppo soddisfacente del reddito nazionale.
Si può osservare in sintesi che l'Italia si caratterizza, per quanto riguarda il processo di accumulazione, per la presenza di una elevata propensione al risparmio delle famiglie e di sempre crescenti disavanzi della pubblica Amministrazione.

Risparmio e inflazione

Le crescenti tensioni inflazionistiche che si sono manifestate a partire dall'inizio degli anni '70 hanno esercitato un notevole effetto negativo sulla formazione del risparmio. Ciò perché il risparmio delle famiglie trova il suo presupposto fondamentale nella stabilità del valore della moneta: l'inflazione vanifica i sacrifici delle famiglie intesi ad ottenere un frutto reale dal risparmio, e addirittura compromette la trasmissione dello stesso valore reale del risparmio nel tempo. E dato che sono le famiglie ad effettuare il risparmio (perché, come abbiamo visto sopra, il risparmio della pubblica Amministrazione è negativo, e l'autofinanziamento delle imprese si è drasticamente ridotto), sono queste ad essere maggiormente colpite dal processo inflazionistico.
L'inflazione va combattuta con ogni mezzo, per i suoi effetti contrari all'interesse pubblico. Come ha efficacemente sintetizzato Paolo Baffi, il processo inflazionistico:
1) favorisce i consumi a scapito del risparmio, soprattutto quando si teme una accelerazione del processo inflazionistico;
2) stimola l'esportazione di capitali all'estero, in particolare se si ritiene che i differenziali di inflazione siano sfavorevoli al nostro paese;
3) crea discriminazioni fra gli imprenditori, avvantaggiando coloro che sono dotati di maggior potere contrattuale;
4) penalizza coloro che hanno sottoscritto titoli a reddito fisso;
5) spinge ad investire in beni rifugio, riducendo progressivamente la base produttiva del paese;
6) colpisce maggiormente coloro che detengono una quota elevata di attività liquide rispetto al reddito, cioè i gruppi più poveri.
Il risparmiatore, nel nostro sistema economico, non trova sufficiente tutela, contrariamente al solenne enunciato dell'art. 47 della Costituzione. Una efficace politica di difesa e incoraggiamento del risparmio può basarsi unicamente sulla stabilità monetaria.
Alla tutela del risparmio sono collegati importanti risvolti di natura sociale e di equilibrio politico: non per nulla un rivoluzionario osservò che per distruggere uno stato era sufficiente distruggere la stabilità della sua moneta.


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