§ Tradizioni salentine

Medicina dei poveri




R. T.



Prima che nel nostro paese si attuasse quella che, in via di principio, doveva essere la riforma sanitaria, ma che alla resa dei conti si è rivelata una forma assistenziale inefficiente per lo meno quanto costosa, il medico condotto era, insieme con l'avvocato, il sindaco, il parroco e lo "speziale " una figura predominante nella vita quotidiana della comunità. Amico di tutti, e in particolare dei poveri, quasi mai ricco, non sempre agiato, soprattutto nelle aree rurali, il " condotto " veniva interpellato solo nei casi di media e di grave necessità. Nelle zone della Grecìa Salentina, ad esempio (come del resto altrove, anche se probabilmente con minore frequenza), prima di ricorrere a costui, le donne si servivano della loro sapienza e delle loro rudimentali conoscenze di cure empiriche, che tuttavia in non pochi casi avevano dei precisi fondamenti scientifici. Per il mal di testa, ad esempio, o per il mal di gola, ricorrevano ai massaggi con olio d'oliva caldo: testa o gola che fosse, legavano poi la parte dolorante con una fascia di lana o con un fazzoletto pieno di cenere, anch'essa calda. Il mal di denti, invece, veniva curato con impacchi di lattuga. Contro l'acne e la foruncolosi si faceva ricorso agli impacchi di foglie di mela cotogna e di malva, debitamente bollite.
Uno starnuto seguito da un energico stropicciamento del naso, nei bambini soprattutto, era ritenuto sintomatico dell'almintiasi: si era certi, cioè, della presenza dei vermi. In che modo venivano combattuti questi fastidiosi disturbi? Semplice: si appendeva una collana di spicchi d'aglio al collo del bambino.
Ricetta per un ottimo ricostituente: si prendeva del ferro arrugginito, e lo si lasciava immerso per alcuni giorni in un bicchiere di vino rosso. Si bevevano, poi, due o tre cucchiai di vino al giorno. L'acidità di stomaco si curava masticando a lungo, e poi ingoiando, una fava cruda. Passiamo alla tosse: la si faceva diminuire, se proprio non scomparire, ingerendo un cucchiaio di miele o un mezzo bicchiere di acqua tiepida, quest'ultima fortemente zuccherata.
Un emostatico? Presto detto: lavare più volte la ferita o l'abrasione con acqua fortemente salata (meglio se acqua di mare), poi sovrapporvi un leggero strato di cenere, o di tabacco da presa o una ragnatela appena strappata dalla volta di una stanza. Metodo empirico per le scottature e le bruciature: ungere la parte con olio caldo e bicarbonato, o mettervi sopra patata grattugiata, oppure una fettina di patata. La ricetta dice che olio e bicarbonato formano una specie di unguento. Se l'olio in casa è scarso (possedere dei recipienti d'olio, allora, era privilegio di pochi, e comunque rappresentavano una ricchezza e uno status symbol), se l'olio d'oliva scarseggiava, dicevo, si faceva ricorso alla patata, questa più accessibile: e occorreva cambiarla spesso, il senso di refrigerio era immediato.
Cosa fare contro i calli? Ecco il rimedio delle nostre nonne: prendere un pomodoro maturo, dividerlo a metà, cospargerlo di zucchero. Applicarlo sul callo, durone, occhio di pesce, coprire con garza, fasciare, tenere per una notte intera. Identico impiastro utilizzabile come emolliente per le iniezioni suppurate; in alternativa, usare grasso di cavallo.
Raffreddore? Poco male: prendere un orciolo di vino, scaldarlo con alcuni cucchiai di zucchero, sorseggiarlo bollente. Ripetere l'operazione per due o tre sere consecutive. Passiamo alle distorsioni e agli strappi muscolari . Rimedio principe, la "stoppata ": si prende un uovo, e si divide il tuorlo dall'albume. Alla " chiara "si uniscono tre cucchiai colmi di zucchero; si monta a neve. Dopo di che, si prendono alcuni bioccoli di lana ben carminata e si imbevono interamente dell'albume montato. Con questi si ricopre la parte dolorante, poi si fascia ben stretta con una garza. Trascorse alcune ore, la benda diventa dura come un'ingessatura. La si deve tenere applicata per almeno una settimana. Dopo di che, tutto o gran parte del dolore sarà sparito, insieme con l'infiammazione.
Cura dei dolori di spalla e delle bronchiti: le " cuppette ". Si prendono alcune monetine, si tagliano a circolo del diametro di sette-otto centimetri altrettanti pezzi di stoffa o tela bianca: al centro di ciascun circolo si mette una moneta, si raccolgono i lembi, legandoli alla base, e lasciando liberi i lembi, in modo che formino una specie di stoppino. Si ungono di olio d'oliva e si applicano le monete sulle parti doloranti. Si accendono gli stoppini, sui quali si capovolgono dei bicchieri, possibilmente non molto larghi. L'aria interna si consuma rapidamente, spegnendo gli stoppini e facendo aderire perfettamente gli orli dei bicchieri, all'interno dei quali la carne della spalla sarà "risucchiata ", assumendo la forma di una cupola. Si copre tutta la parte con un panno di lana e si lascia così per una buona mezz'ora. Subito dopo, tolti delicatamente i bicchieri, si friziona la parte dolorante con olio di oliva ben caldo. Si rifascia, e si lascia così per alcune ore.
Dalla medicina empirica, alle tradizioni locali. Si vuol far latte per il neonato? Basta mangiare molto finocchio, soprattutto le "code ". Sempre in tema di latte: le donne leccesi che non ne avevano, si recavano in visita alla chiesa della Madonna dell'Abbondanza, a Cursi. Qui recitavano le preghiere per la grazia, e di tanto in tanto posavano sul proprio petto il fazzoletto con il quale avevano sfiorato il manto della Madonna. A nord di Brindisi è stata viva fino a non molto tempo fa la superstizione secondo cui le mandorle biforcate fossero un amuleto eccellente per la fecondità. In tutto il Salento, uno degli " veritieri "per accertare per tempo il sesso del nascituro era questo: il marito faceva sedere per terra la moglie, quindi la invitava ad alzarsi: se si alzava da destra, si prevedeva la nascita di una femmina; se da sinistra, un maschietto. Oppure: se, cadendo accidentalmente per terra, la donna toccava il suolo con una sola mano, aveva in seno un maschio; se con due, una femmina.
Parliamo ora della " pietra delle gestanti ": nei paesi della Grecìa Salentina l'usanza è antichissima, e non è stata del tutto smessa. Vogliamo dire della " pethra prena ", che - secondo la credenza - preservava le gestanti dagli aborti, ed era chiamata in causa anche per facilitare la gravidanza. A Castrignano dei Greci la pietra si portava legata all'altezza del ginocchio, perché si era certi che in tal modo la puerpera avrebbe potuto dare alla luce il bambino senza difficoltà.
Dalla nascita alla morte. In alcuni paesi del Salento si usava dare il pane di grano (ovviamente molto raro presso la povera gente) solo all'ammalato grave, ritenuto ormai prossimo alla morte. Per questo era ed è frequente l'espressione " è trasutu a pane de ranu ", " è ormai al pane di grano ": sta per morire. Altrove, quando una persona era in fin di vita, i parenti appiccavano il fuoco al giogo dell'aratro, arnese fatto a forma di croce: si credeva che questo rito avesse il potere di conservare in vita l'infermo il più a lungo possibile.
E, per concludere, alcune curiosità o variazioni sul tema. La chiesa di Santa Croce, in Lecce, custodiva numerose reliquie, come riferiva in " Lecce sacra "l'Infantino: i capelli della Maddalena, il latte della Madonna, il sangue di San Giovanni Battista, la gola di San Cristoforo, e un pezzo dell'altare di San Pietro Celestino, " la cui polvere, bevuta dagli infermi che patiscono mal di petto, per terzana o febbre quartana ", ridava "ordinariamente " la salute. Ancora: si vuole che Maruggio, in provincia di Taranto, abbia assunto il nome da una pianta comunissima nell'area, il "marubium ", ritenuto efficace rimedio contro la malaria. Infine, parliamo delle acque medicinali. Come veniamo a sapete da uno scritto di Oronzo Gabriele Costa, illustre naturalista di Alessano, docente all'Università di Napoli, che scriveva al ministro Zurlo nel 1811, oltre all'acqua sulfurea di Santa Cesarea, altre acque " medicinali " celebri nel Salento e oltreconfine erano quella " ferrata " di Soleto, e quella " amara " di Galatone. Acque oggi scomparse, trascinando nell'oblio le tradizioni che vi erano saldamente legate.

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