§ I Normanni nel Mezzogiorno

La lunga strada del Sud




L. M.



Li chiamavano " Nord-Männer ": uomini del Nord. Oppure "viking ": e con ogni probabilità voleva dire " uomini dei fiordi "(dall'antico " vik ", che significava " baia " o " cala "); oppure, "uomini che vanno lontano " (da "vikja ", traducibile con " andar via "): alti, biondi, prepotenti, corsari, di civiltà grossolana, buoni conoscitori del mare, coltivatori provvisori della terra, dunque nomadi e migratori, forse anticipatori di circa mezzo millennio dell'impresa di Colombo verso le Americhe, e dunque coraggiosi esploratori. Mossero, provenienti da una terra imprecisabile, intorno all'VIII secolo. Due secoli dopo, la maggior parte di essi non aveva più un'identità. I vichinghi svedesi avevano occupato buona parte di quella terra francese che, proprio da loro, si chiamerà poi Normandia: e da qui sbarcarono in Inghilterra. In breve, i Nord-Männer divennero uomini del luogo, assimilatori di terre, di civiltà, di usi e di costumi, di lingue di religioni.
Ha scritto Franca Patacchini che " l'invasione dell'Italia del Sud fu una lunga, strabiliante, leggendaria impresa, oscuramente iniziata da uomini privati, dotati soltanto di eccezionale capacità militare e di travolgente energia, pronti a tutti i disagi, a tutti gli abusi, a tutti i rischi, a tutti i misfatti, a tutte le avventure ". Questi normanni, cristiani, cavalieri famosi, in buona parte dirozzati, comparvero in Puglia intorno al 1016-1017, non è dato sapere se per proprio conto, o per conto dei longobardi di Guaimaro TV di Salerno minacciato dai saraceni, o di Melo di Bari, che sognava la rivincita sui bizantini, o se infine spinti dallo Stato Pontificio ,e da Papa Benedetto VIII. Nell'epoca, la situazione nel Sud della penisola era quanto mai precaria: ricacciati dalla terraferma dopo la battaglia del Garigliano, i saraceni possedevano ancora la Sicilia; Puglia, Calabria e Lucania erano ancora sotto il dominio - anche se formale - della lontana Bisanzio; le potenti città marinare di Napoli, Gaeta e Amalfi, che con molto anticipo sulle città settentrionali si erano date forme comunali, pur vessate da dissidi interni, proclamavano la loro indipendenza; solo a Benevento, a Capua e a Salerno sopravvivevano gli ultimi longobardi. Tutto ciò spiega l'irrequietezza delle genti meridionali. Va sottolineato che, in quel tempo, l'Italia del Sud era economicamente più progredita dell'Europa del Nord, tant'è che i potenti locali potevano pagare a prezzi assai alti mercenari per le loro necessità di difesa e per le azioni militari. In ogni caso, nel 1030 il primo capo normanno, Rainulfo aveva ottenuto il primo feudo, la contea di Aversa. Nel 1043 Guglielmo Braccio di Ferro, figlio maggiore di Tancredi d'Altavilla, era acclamato conte di Melfi. Guglielmo fu il primo, autentico conquistatore del ramo Altavilla. Il secondo, e più celebre, fu un suo fratello, Roberto il Guiscardo (cioè, l'astuto per eccellenza), Artefice del maggior successo normanno in Italia, Roberto "appare a tutti gli storici come il superdotato... In lui sembrano riassumersi ed esaltarsi tutti i caratteri peculiari antichi e nuovi dei suoi progenitori. Egli possiede in egual misura astuzia e coraggio, affinata intelligenza e forza bruta. Pronto di riflessi, acuto e duttile nella strategia, invincibile sul campo di battaglia quanto lo sono stati e lo saranno i suoi fratelli, supererà tutti quanti nella genialità della ideazione, nell'entità dei risultati raggiunti, nella temerarietà e nella diplomazia, nell'assoluta mancanza di scrupoli nei confronti di tutto ciò che potesse minimamente intralciare i suoi disegni e impedire la sua affermazione ". Così lo descrive Franca Patacchini.
E passiamo a una storia più dettagliata. Sesto figlio di Tancredi, ma primogenito di secondo letto, Roberto aveva trovato già solide radici famigliari nel Mezzogiorno d'Italia. Guglielmo Braccio di Ferro aveva in feudo Ascoli, Dragone aveva Venosa, Rainulfo controllava - oltre ad Aversa - anche Siponto e buona parte del Gargano. Melfi era invece il baricentro, il punto d'incontro di tutti costoro. Compiuta l'unificazione politica del Sud della penisola, Roberto ottenne anche da Papa Nicolò II l'investitura di Puglia e Calabria e la " futura investitura " di duca della Sicilia.
L'isola, in realtà, fu conquistata da Ruggero primo, che preparò il trono al figlio, Ruggero secondo, creatore di una monarchia che, nei fatti, nelle leggi e negli ordinamenti, anticipava quelle che sarebbero state le monarchie dell'età moderna. Il segreto dell'enorme successo dei normanni, dunque, " va ricercato una volta di più nel loro grande spirito di sanguigna immedesimazione in terre e in civiltà ancora diverse, e per molti aspetti ancora superiori a quelle appena acquisite in Normandia. Va ricercato cioè nella loro totale assenza di scrupoli, di prevenzioni, di inettitudini; nella loro formidabile capacità di assimilazione immediata e produttiva in qualunque circostanza di stato e di luogo; nella versatilità fantastica dei loro interessi e scopi, nella tolleranza intelligente e attenta, nel riconoscimento obiettivo di tutte le razze, di tutte le fedi, di tutte le consuetudini, di tutte le prerogative, di tutti i pregi e valori che venivano meravigliosamente a comporre un grande e assortitissimo regno, probabilmente scaturito, si può ben dirlo, dalla loro ineguagliabile abilità di conquistare prima e ad ogni costo - cioè anche con la forza bruta e con l'inganno - per subito dopo possedere e trasfondersi con grande magnanimità e con spirito illuminato. Questo irripetibile, indiscriminato spirito di ambientazione, di collaborazione e di coesione che essi seppero esprimere e suscitare nei popoli assoggettati, fu pertanto l'unico e il vero motivo della prosperità intellettuale e materiale dell'Italia meridionale e in particolare della Sicilia durante la loro dominazione ".
E' chiaro che non tutti i normanni saranno così, né spariranno dalla circolazione nel momento dell'impatto con gli svevi. Scrive la nostra autrice che, dopo la morte di Tancredi, conte di Lecce e ultimo re di Sicilia, sua figlia, Albiria (dal feroce Enrico VI fatta prigioniera e relegata in Germania insieme alla madre Sibilla e allo sventurato fratello Guglielmo terzo), riuscì a fuggire con la madre in Francia, andando sposa a Gualtiero di Brienne; questi, sceso in Italia, riconquistò rapidamente non solo Lecce, ma molti altri centri, fra i quali Brindisi, Melfi, Otranto e Barletta; fino a che morì sul campo, mentre si preparava a prendere Napoli. La contea ripresa, comunque, rimase autonoma fino al 1463, anno in cui ad Altamura fu strangolato Giovanni Antonio Orsini, ultimo conte di Lecce.
Durata quattro secoli, l'indipendenza della contea di Lecce si estinse, e l'area passò al reame napoletano, sotto Ferdinando primo di Aragona. La storia di Lecce si trasformò in una parte della storia del Regno, e gli Altavilla, non più normanni, divennero italici e italiani a tutti gli effetti.

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