I gioielli del Salento




Tonino Caputo



Il primo è a Squinzano, tra la città e il mare, fino a non molto tempo fa in stato di abbandono, oggi splendidamente restaurato. Santa Maria a Cerrate si presenta ora con il suo fascino intatto. Abbandonata ancora, invece, più su, in terra di Brindisi, Santa Maria del Casale: isolata, fuori porta, diremmo, e a due passi dall'aereoporto, tormentata dalle micidiali vibrazioni dei decolli e degli atterraggi. Due risvolti di una stessa medaglia: tornata in vita la superba fabbrica sacra di Cerrate, in eterno coma quella del Casale. Al centro del Salento (Salento come Messapia, con le terre delle tre province ultime della Puglia), la chiesa dominante: Santa Croce. Emblema dell'arte barocca, che ha caratterizzato il volto di Lecce, costruita dal 1548 al 1646. Vi posero mano per la struttura generale e per la parte inferiore del prospetto Gabriele Riccardi; per il protiro e i due portali laterali, una cinquantina d'anni dopo, Francesco Antonio Zimbalo: per la parte superiore, ideata da Giuseppe Zimbalo detto lo Zingarello, Cesare Penna. Riccardi realizzò anche l'interno, a tre navate, d'impronta rinascimentale. Plateresco fu detto questo tipo di barocco. E scrisse Guido Piovene: " La materia con cui si esprimeva in antico il talento di queste popolazioni era l'argilla, docile all'invenzione e al capriccio. In tempi più recenti quello stesso talento ha trovato modo di esprimersi lavorando la pietra tenera di queste parti, più simile all'argilla che al marmo, perché molle, tale da non porre limiti all'estro popolare e al gusto del minuzioso, trattabile anche con la pialla e l'accetta, adatta alla bravura degli artigiani ".
Fa eco a Santa Croce la chiesa di San Matteo, una delle più eleganti della città, nella sua magnifica modulazione. E, dall'altra parte, la più antica basilica , quella dei santi Niccolò e Cataldo, voluta nel 1180 dal normanno re Tancredi. Di romanico-normanno non ha più che il portale. Il resto, rimaneggiato nel secondo decennio del Settecento.
Dappertutto, un nobile apprendistato indigeno, i cui caratteri, ha scritto il Petrucci, " sono manifesti nel sentimento tutto pugliese delle lesene alte e snelle, esattamente ripartite, delle arcatelle cieche, delle bifore a scasso profondo, delle mensolette decorate a sostegno delle cornici ". Anche in Santa Caterina d'Alessandria, in Galatina, si vede trionfare non un romanico di stile classico o comune, quanto un romanico locale. Anche nella Guglia di Soleto, più che un motivo d'arte fisso e consacrato, si vede trionfare - come ha sottolineato Aldo Vallone -un segno di passaggio dal romanico leccese al barocco leccese. Felicissima intuizione, che permetterà di parlare di uno svolgimento locale dell'arte dal romanico al gotico senza fratture e senza discontinuità. Testimonianze, molti edifici poco noti: dalla cattedrale di Acquaviva delle Fonti a quella di Taranto, da quella di Ostuni alle chiese della Grecìa salentina.
A sud ancora, dalla parte d'oriente, la Cattedrale santa del Salento, Otranto: rosone gotico, della fine del Quattrocento, portale barocco (del 1764). La Cattedrale, costruita tra il 1080 e il 1088, fu voluta dal normanno Boemondo, ed ebbe rimaneggiamenti a partire dal 1481. Pianta basilicale a tre navate. Ha scritto Gino Carrara: " Tutto il pavimento è occupato da uno dei più grandi e singolari mosaici che si conoscano; lo realizzò dal 1163 al 1166 il sacerdote Pantaleone. Il disegno di un enorme albero si estende lungo la navata centrale, con sui rami e in altre sistemazioni soggetti di ogni sorta, liberi o racchiusi in cerchi: ci sono personaggi della mitologia e della Bibbia, protagonisti di storie cavalleresche, animali veri e immaginari, segni dello zodiaco; altri due alberi occupano le navate minori con molteplici figurazioni; e queste si estendono, in forme nuove, anche sul presbiterio ". Nella Cattedrale, che ha una cripta molto vasta, a cinque navate e tre absidi, notevole la Cappella dei Martiri, fatta costruire da Ferdinando I d'Aragona, e più tardi rinnovata, per raccogliere i resti e nel ricordo delle vittime della terrificante strage dei Turchi nel 1480. L'Hydruntum di un tempo ha una notevole storia: dopo lo splendore del periodo di Magna Grecia, offuscata da Brindisi in epoca romana, riebbe un ruolo primario con i Bizantini, e giunse a legare il suo nome ad un'area assai vasta (la Terra d'Otranto). Nei secoli XI e XII, il suo porto registrò un'intensa attività, analoga a quella che un altro porto, quello di Gallipoli, svolgeva sul mare Jonio. Poi cominciò la nuova, lunga decadenza, accentuata dai ripetuti attacchi dei Turchi.
Colossale, la Cattedrale di Gallipoli, dedicata a Sant'Agata, sorse sulle rovine di un antichissimo edificio dedicato a San Giovanni Crisostomo. Affiancata da una guglia del Settecento (la Torre dell'Orologio), domina una breve piazza " in perfetta euritmia con la sobria ed elegante facciata del Palazzo Pirelli e la massa architettonica del Palazzo Balsamo (sede del Municipio), che, insieme al settecentesco Palazzo del Seminario, forma ( ... ) un angolo abbastanza seducente ". Maestosa la barocca facciata del 1696, in aperto contrasto con l'interno, nobile e severo. A forma di croce latina, ha tre navate. Aula mediana scandita da dodici colonne in carparo, di stile dorico. Pavimento di marmo, "somigliantissimo a quello del Duomo di Napoli ". All'interno, una vera e propria pinacoteca, con tele grandissime, dovute ai pennelli di Luca Giordano, dei gallipolini Andrea Coppola e Catalano, dei napoletani Carlo e Niccolò Malinconico, e del cappuccino Facis.
Si chiama Madonna del Casale, ma gli ugentini la ricordano anche con il nome di Monserrato. Le chiese suburbane vanno considerate come le sole testimonianze architettoniche sfuggite alla distruzione del 1537. Scrive Francesco Corvaglia: "Degli edifici che ornavano l'antica città, rimasero solo in piedi una parte della Cattedrale gotica, parte del Castello-fortezza, parte di antichi monasteri, qualche antico nobile palazzo e qualche villa fuori le mura, e, appunto, qualche chiesa suburbana ( ... ). La più pittoresca è la chiesa della Madonna del Casale ". Che si staglia in cima alle Serre, ben visibile anche dalla fascia di Torre San Giovanni, posta com'è proprio sulla Serra delle Fontane. Una volta centro di un cenobio basiliano, di stile romanico, conserva tuttora splendidi affreschi bizantini. Venne restaurata già nel 1732 ad opera dell'abate dell'Abbazia di San Mauro di Gallipoli, il cui nome, Carlo Maria Abalthaan, è riportato in una lapide murata. Dipendenza di questa abbazia gallipolina fino al 1808, fu confiscata proprio in quest'anno, quando l'ordine fu sciolto.

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