Troppi aiuti
della Comunità economica europea restano praticamente inutilizzati.
Ma finalmente l'Italia avrebbe trovato un rimedio. Ne beneficeranno in
modo particolare le regioni meridionali.
Sembra ormai certo:
portati gli ultimi ritocchi al piano, dopo un lavoro che ha impegnato
la più intelligente burocrazia romana per un lungo periodo, estate
compresa, il " machiavello " sarebbe stato messo a punto.
Il governo ha creato un nuovo comitato interministeriale: quello che
il coordinamento delle relazioni economico-finanziarie con la Comunità
Economica Europea: la nostra nuova testa di ponte verso Bruxelles. I
componenti: il ministro degli Esteri, che lo presiederà; e poi,
i ministeri del Bilancio e della Programmazione Economica, delle Finanze,
del Tesoro, dell'Agricoltura e Foreste, del Lavoro e Previdenza Sociale,
del Commercio con l'estero e degli interventi straordinari nel Mezzogiorno;
inoltre, una rappresentanza delle Regioni, e il Ragioniere Generale
dello Stato.
Come mai si è deciso di mettere in piedi questo nuovo organismo
operativo, che va ad aggiungersi ai già numerosi comitati interministeriali
inseriti in tutti i gangli della pubblica amministrazione italiana?
L'iniziativa è partita dal ministero degli Esteri, allarmato
(a quanto pare) dall'inefficienza dimostrata a Più riprese dalla
macchina burocratica italiana nell'amministrare i flussi di denaro che
corrono (o si bloccano, o addirittura cadono in prescrizione) fra il
nostro paese e la Comunità Economica Europea. Oggi, si afferma
al dicastero degli Esteri, viviamo in una situazione davvero paradossale.
Abbiamo detto agli altri paesi che, se non ci daranno grossi aiuti finanziari,
non potremo tenere il passo con loro, appena diventeranno operativi
gli accordi raggiunti da poco tempo per la politica monetaria europea,
che prevedono cambi tenuti stretti nel cosiddetto " serpente ".
A tutt'oggi, però, non solo non siamo in grado di valutare bene
che cosa dobbiamo chiedere, ma non riusciamo neppure a drenare i quattrini
che ci sono messi a disposizione e a spendere quelli che ci arrivano.
La parola alle cifre: al ministero degli Esteri calcolano in millecinquecento
miliardi di lire il complesso degli stanziamenti effettuati dalla Comunità
economica europea in favore del nostro paese, e in modo particolare
in favore delle regioni meridionali, che non sono stati ancora utilizzati:
e si ritiene, non a torto, che questa situazione debba essere sbloccata
al più presto.
Come potrà operare il nuovo comitato interministeriale, e che
cosa dovrà fare con urgenza, per raggiungere gli obiettivi per
i quali è stato formato? La risposta è semplice: prima
di tutto, dovrà tracciare un bilancio completo delle voci "dare
" e "avere " che riguardano i rapporti Italia-Comunità
economica europea, ricostruendo in tutti i dettagli l'andamento di ciascuna
voce e cercando di analizzare quali effetti reali abbiano avuto sull'economia
italiana e su quella meridionale i provvedimenti adottati dalla Comunità.
Sapere esattamente dove perdiamo e dove guadagniamo nel nostro rapporto
con gli uffici e gli organi comunitari ci serve soprattutto per impostare
in modo più organico ed efficiente le trattative dei prossimi
anni.
E questo è, diciamo così, l'obiettivo generale. Ma il
fine ultimo dei promotori del nuovo comitato interministeriale, in realtà,
è ben più ambizioso. Secondo i progetti a breve e a medio
termine, al nuovo organismo dovrebbe spettare il non facile compito
di snellire le procedure e di accelerare i tempi di utilizzazione degli
aiuti finanziari che provengono dalla capitale belga. Ma in che modo?
Rispondono i responsabili del comitato interministeriale: concentrando
tutti i fondi provenienti da Bruxelles in un unico fondo da costituire
presso il ministero del Tesoro. Questo fondo globale dovrebbe funzionare
da cassa per le amministrazioni che ne sono direttamente interessate.
In questi tempi,
in modo particolare per le Regioni, ottenere l'erogazione dei contributi
della Comunità economica europea in favore dell'agricoltura e
della formazione professionale dei lavoratori è un'impresa piuttosto
ardua. Complicazioni procedurali, incroci di competenze e la proverbiale
inefficienza della burocrazia sono tali che, proprio perché sono
convinte di non riuscire ad ottenere con la dovuta tempestività
gli aiuti comunitari, molte regioni italiane, e quasi la maggioranza
di quelle del Mezzogiorno, rinunciano addirittura a mettere in cantiere
progetti che potrebbero beneficiare del sostegno della Cee.
Con il fondo, invece, che in ultima analisi dovrebbe funzionare come
una specie di polmone finanziario, i finanziamenti previsti potrebbero
essere anticipati alle Regioni, in attesa del rimborso proveniente dalla
Comunità economica europea una volta avviati i progetti e i programmi
da realizzare.
Con questo meccanismo (almeno, così calcolano al dicastero degli
Esteri), almeno seicento miliardi di lire all'anno di contributi della
Comunità economica europea potrebbero essere " scongelati
". Un buon affare, e soprattutto un'occasione da non perdere per
quel che riguarda le regioni meridionali, che in fondo sono le destinatarie
principali dei fondi messi a disposizione dagli uffici comunitari. Da
ora in poi, dunque, Bruxelles avrà una specie di interlocutore
unico per tutte le operazioni previste per il nostro paese: un interlocutore
che, già in precedenza, e con la necessaria tempestività,
avrà articolato gli obiettivi di spesa, anticipandone i mezzi
e gli strumenti finanziari. L'unico modo possibile, per non perdere
una sola battuta, come del resto fanno paesi più ricchi del nostro,
dalla Germania federale alla Francia e all'Olanda.
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