Balconi di Lecce




Enzo Panareo



" Punto nevralgico di tutta l'architettura leccese " definisce Cesare Brandi, in Pellegrino di Puglia (1), le mensole che reggono i balconi ed i balconcini dei palazzi barocchi di Lecce. Riferendosi al rapporto volumetrico tra lo spazio, esiguo ed irregolare, delle strade che dolcemente s'insinuano nel reticolo urbano e l'altezza dei palazzi leccesi, Brandi afferma che " ... L'architettura degli esterni diviene, relativamente al vano della strada con cui fa sistema, un'architettura d'interno: donde il senso architettonico straordinario che produce Lecce nell'osservatore, che intuitivamente realizza di trovarsi sempre interno ad una architettura. L'urbanistica fonde nell'architettura... ". Al Brandi fanno eco Calvesi e Manieri-Elia (2), i quali affermano: " ... La strada, come solo elemento di passaggio, corridoio sia pur chiuso da splendide pareti, non esiste; essa infatti, si risolve in una serie di spazi che hanno una loro fisionomia e un loro raccoglimento. E' un percorso che si snoda articolandosi in una successione di episodi spaziali che, con progressione emotiva, prepara via via il visitatore alle sorprese che la città gli riserva... ".
L'analisi è delle più seducenti ed induce ad osservare con maggiore attenzione quel miracolo d'inventiva, e di grazia anche, che nel sistema dell'architettura civile di Lecce rappresentano, in una scenografia esaltante, le ricche mensole dei balconi.
Ancora Calvesi e Manieri-Elia: " ... Alzando lo sguardo, si scopre anche in questa direzione la scrupolosa cura che i costruttori di Lecce seicentesca hanno posto nel rendere accogliente la loro città - la dovizia dei balconi mensolati, che sporgono così frequenti a coprire lo spazio destinato al passante è un commento d'eccezione ". Questi inconfondibili elementi architettonici, comunque, in qualche caso, riguardano anche l'architettura sacra e valga per tutti la ricca mensola del balcone della basilica di S. Croce, tra il primo ed il secondo ordine, maestosa nella sua severa linearità, che si assume il compito di sottolineare, assunto come punto di forza il limitato spazio dello slargo antistante la basilica, la grandiosità del rosone e delle statue laterali, che della basilica rappresentano, senza dubbio, gli episodi più solenni della facciata (3).
Le mensole dei balconi, in ogni caso, riguardano prevalentemente l'architettura patrizia. E' questa che annovera gli esempi più vistosi e quasi tutti d'impronta barocca, con decorazioni ora fastose, ora leggere nella semplicità, nella leggibilità si direbbe, degli elementi decorativi, ma non è raro trovare mensole di balconi riccamente decorate applicate su architettura profana rustica o, comunque, lineare sul piano inferiore, quello che corre lungo la strada, e che s'innalza, dopo il balcone, al piano superiore, che ha al di sopra di sé l'azzurro del cielo. Su questo secondo piano la facciata dello edificio si presenta con tutta una serie di elementi architettonici e decorativi caratteristici del barocco, a riscontro quasi di una eventuale colonna angolare, sempre liscia, alla cui sommità, come capitello, in coincidenza con il secondo piano, c'è uno stemma gentilizio o una statua sacra o un mascherone che non ha nulla di truce.
La tipologia dei balconi mensolati leccesi è ricorrente su motivi antropomorfi o zoomorfi o floreali, variamente fusi il più delle volte, realizzati nell'ottica di una enfatizzata mitologia popolare, indice di una inventiva cordiale che, nella sensibilità delle maestranze, ma anche degli architetti, affondava radici in una cultura tradotta, a mano a mano che la città si confermava in dignità nel reame ed assumeva un suo ruolo di città colta, in termini di favola. Donde le favole di una città che esaltava le sue mitiche tradizioni, delle quali nei testi storici dei secoli passati si rinvengono i clamorosi, ed incredibili, echi.
Una peculiarità di queste mensole è rappresentata dalla loro presenza su corpi di fabbrica che conservano vaghi elementi stilistici di epoche precedenti, talché i contrasti che si determinano sottolineano, più che non appaia, il momento storico nel quale le mensole - i balconi mensolati - cominciarono ad essere applicate a Lecce in architettura. Va tenuto, altresì, conto, per suffragare la loro necessarietà, architettonica e decorativa, di tutta una somma di fatti che vanno da quello politico a quello dell'economia e del costume soprattutto, che le dominazioni, ma anche il temperamento dei leccesi, realizzarono e talvolta esasperarono nel corso dei decenni nella città. Sostengono, infatti, Calvesi e Manieri-Elia che " Esiste indubbiamente un motivo climatico, che determina l'abbondanza dei balconi, quale riparo dal vano strada; ma vi è un altro fatto da considerare: il leccese non trascorre molto tempo in casa: la vita fluisce lungo le strade e lo stare chiusi nel proprio appartamento sottrae al continuo contatto umano, essenziale per il temperamento meridionale. Questo movimento dall'interno verso l'esterno provoca la sintomatica abbondanza dei balconi: la casa sembra, cioè rovesciarsi in fuori... E' utile rilevare anche che il balcone, oltre ad essere l'elemento più adatto a ravvivare architettonicamente il prospetto di un edificio che si affaccia su una via stretta, assolve l'importante compito di nascondere alla vista dei passanti l'interno dell'abitazione... E diviene l'occasione del più entusiastico impeto decorativo ". Qui il barocco è realtà sentimentale, fatto stilistico autonomo, fine a se stesso, piacere della decorazione, gioia dell'occhio, momento modico dello spirito, sintesi di sentimenti. D'altronde, a conferma di tutto questo, basta osservare, nel centro storico di Lecce, le vie nelle quali in particolare queste mensole, cui secondo il Brandi per forza lo sguardo del passante deve posarsi, sono presenti e realizzano quell'idea d'interno che è peculiare di tutto il tessuto urbanistico della città. Sono vie, fitte di riferimenti stilistici, che si snodano capricciosamente e pur razionalmente in tale capricciosità, ché nell'intenzione di quella che potrebbe anche dirsi una spontanea urbanistica dell'epoca del barocco, c'era la realizzazione di una misura di vita civile e di relazione nel cui contesto l'uomo, a qualsiasi classe esso appartenesse, qualunque fosse la sua condizione, si sentisse, sempre e dovunque, a suo agio, come in casa, circondato da affetti. Si sente che in queste stradine linde, dove la decorazione degli edifici aiuta ad arricchire lo spirito, la vita pulsava - e pulsa ancora - non per spinte esterne, ma per stimoli interiori, per sollecitazioni che agitavano nell'uomo le molte passioni sulle quali si edifica, quotidianamente e da parte di tutti, la storia.
Si tratta, per fare qualche caso, della via dei Perrone, di via Palmieri, di via Leonardo Prato, di via Vincenzo Morelli, di via del Palazzo dei Conti di Lecce , vie, come osservava il Riedesel (4) "larghe e ben pavimentate ", nelle quali, però, " in fatto di architettura, regna il gusto, il più detestabile ". Un tessuto, a parte il poco lusinghiero apprezzamento del viaggiatore tedesco, omogeneamente articolato di architettura patrizia che, tuttavia, non esclude, nelle stesse vie e in quelle adiacenti, certe appendici urbanistiche le quali, gradatamente, lasciano il posto ad un'architettura popolare affabile nella sua semplicità da intendersi come genuinità interiore, un'architettura nella quale sono presenti, al posto di balconi di delicata impostazione, disegnativa, i mignani o pignani, anche questi sorretti, talvolta, da mensole non più decorate alla maniera barocca, ma sobrie negli elementi decorativi. Fino all'ingenuo, e pur tanto suggestivo, paradosso del balconcino d'angolo di via Acava, con il quale si respira un po' della leggendaria aria di Spagna, ed il cui uguale è possibile ammirare, in Italia sempre, a Caltagirone. E non vanno esclusi, a questo punto, per un'idea del paesaggio umano che scorreva all'ombra di questi balconi mensolati, certi cortiletti intimi, familiari, nei quali la gente si raccoglieva, sul far della sera, a conversare tranquillamente.
Nei quali cortiletti, comunque, l'elemento distintivo resta la scala, non priva anche essa, alla sommità generalmente, sul pianerottolo, di gradevoli elementi decorativi. E' in virtù delle mensole generosamente aggettanti il più delle volte, sostenenti balconi riccamente decorati e sovrastati, a circoscrivere il vano o i vani, da archi a tutto sesto appena accennati sulla facciata, ideali monofore o bifore, che la strada diventa - come afferma il Brandi e, con lui, Calvesi e Manieri-Elia - spazio architettonico, rapporto di volumi che hanno come termine estremo il cielo. E' per questo che le mensole dei balconi, con i loro motivi floreali, antropomorfi e zoomofi, suggestivamente intrecciantisi in un " delirio di fantasia ", come si espresse il Marti (5) riecheggiando il Briggs (6), felicemente si propongono nelle piazzette, negli slarghi, nelle sinuosità delle stradine, dove quelle figurazioni esaltano il loro mordente di affabilità, ma anche di fabulosità, e quel senso di protezione nei riguardi del passante con il quale sembra che s'intrattengano in un colloquio sommesso ed interminabile. In tal modo, la strada diventa uno scrigno di umanità varia, complessa, articolata nelle sfumature delle passioni, una umanità che è anch'essa architettura, di sentimenti questa volta, di passioni, a riscontro di quelle decifrabili sulle facciate delle chiese, dei palazzi, nei volti sereni o ghignanti delle figure umane ed animali che senza fatica alcuna da secoli sorreggono gli edifici barocchi di Lecce.
Quanti sono a Lecce i balconi impreziositi da questi peculiari elementi dell'architettura barocca? Quanto spazio urbanistico, quanto flusso di umanità sono argutamente osservati da secoli da tanti Inoffensivi mostri, da tanti angeli erculei che sorreggono i balconi leccesi e dei quali il tempo, con la sua patina, ha accresciuto la suggestività?
Essi andrebbero accuratamente censiti, ma basta, adesso, indicarne qualcuno.
Sulla via Vittorio Emanuele si ammira il balcone su due lati del Palazzo Donadeo-Tafuri, con mensola sorretta da motivi zoomorfi di natura allegorica. Il colore del tempo ha reso queste figure più misteriosamente suggestive e la loro presenza rende il sagrato della Chiesa di S. Irene, solenne nelle sue linee rinascimentali, più accogliente, come più protettivo. Di fronte alla Chiesa di S. Matteo, ardita nella sua facciata, c'è, anche questo su due lati, il balcone fastosamente mensolato del Palazzo Rossi ed è riccamente mensolato anche il balcone di una casa in Via Leonardo Prato. Motivi spagnoli sono presenti, illegiadriti da tutta una somma di motivi decorativi sottostanti, alcuni balconi, anche questi mensolati, di Via del Palazzo dei Conti di Lecce. In queste strade si verifica, secondo Calvesi e Manieri-Elia, che " nel programma spaziale degli architetti non c'è che la parete, pronta a flettersi e ad avvolgere gli spazi più capricciosi, cosi tenera e generosa di colore e di chiaroscuro ". Non è un carattere architettonico ed urbanistico soltanto, ma anche umano!
D'altronde, per uscire un solo attimo da Lecce, va citata a tal proposito, la ricca, fastosissima balconata di Palazzo Saluzzo di Lequile, la cui mensola ha angeli, festoni, raffigurazioni mitologiche; e va, altresì, citata, per la robustezza d'impianto, la mensola dei tre balconi della facciata del Palazzo Ducale di S. Cesario, per finire, trascurando tanti esemplari sparsi in provincia, con i due Palazzi Imperiali, di Manduria e di Francavilla, la cui tipologia pretende, nei balconi, altre mensole, con altro tipo di decorazione che, però, richiama, sia pure alla lontana, la decorazione delle mensole dei palazzi leccesi.

NOTE
1) C. BRANDI, Pellegrino di Puglia, Bari, Laterza, 1960.
2) M, CALVESI - M. MANIERI-ELIA, Personalità e strutture caratterizzanti il " Barocco " leccese. Comunità Europea dell'Arte e della Cultura, 1966. Cfr. anche, degli stessi, Architettura barocca a Lecce e in terra di Puglia. Milano-Roma, Ed. Bestetti, 1971(2).
3)Lecce: Santa Croce a cura di N. VACCA e G. BORRELLO, in Tesori d'arte cristiana. Fascicolo n. 84 dell'11 novembre 1967. Bologna, 1967.
4)Un viaggiatore tedesco in Puglia nella seconda metà del sec. XVIII. Lettere di I.H. RIEDESEL a J.J. Winckelmann. Casa Editrice "Apulia", Martina Franca, 1913.
5)P. MARTI, Ruderi e Monumenti nella penisola salentina. Lecce, Primaria Tipografia "La Modernissima ", 1932.
6)M.S. BRIGGS, Nel Tallone d'Italia. Lecce, R. Tipografia Ed. Salentina, 1913.


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