Molti paesi conservano
ancora, pressoché intatti, nuclei urbani di altissimo interesse
storico. Tra i più tipici, quelli di Gallipolli, Otranto, Galatina
e del capoluogo, Lecce.
Il borgo medioevale
gallipolino è forse il più suggestivo, fiorito com'è
sulla celebre isola, collegata alla terraferma con il ponte del 1600.
Difficile scorgervi nuclei di case che vadano al di là, del primo
piano, quasi lutto il borgo, recinto da apparecchi di difesa muraria
lungo l'intero periplo, si allarga a macchia d'olio, con abitazioni
di pescatori e artigiani ad un solo piano, a volte sovrastanti angusti
scantinati. Le strade pienamente rientrano nel giuoco: sono strette
e tortuose, adatte ai traffici dell'epoca e, forse anche, alla difesa
interna in caso di improvvise invasioni. Da qui, una serie di corti,
di vichi, di strade apparentemente senza uscita: in realtà, si
scopre che in non poche occasioni alcune case, quelle che chiudono la
corte o il vicolo "cieco", hanno due aperture. si affacciano
cioè su due corti o su due vicoli confinanti, o contrapposti
in senso alare; davano nello stesso tempo la possibilità della
fuga e della intercomunicazione, della difesa doppia su fronti contrapposti.
Anguste anche le piazze; limitate quasi sempre, su un fronte, dalle
maestose chiese e cattedrali delle epoche successive. Piazze bianche,
dapprima, poi lastricate (alcune nel sedicesimo secolo, come quella
di Galatina e quella della zona orientale del borgo di Nardò).
Nella piazza sfociavano, dì regola, le due vie (quattro, quando
giungevano "a croce". dai diversi punti cardinali) che collegavano
il borgo con i paesi vicini. Unica eccezione, Gallipoli: la sola strada
di accesso era quella che scendeva dalla Serra dominante tutta l'area,
veniva da Alezio attraverso una campagna brulla che poi portava - e
porta ancora, ovviamente - all'unico "altopiano" salentino,
dalla Serra di Sant'Ermete (195 metri sul livello del mare) al "Passo
del Colle", o Collepasso, verso la depressione che da una parte
è limitata dall'abitato di Galatina, dall'altra da quello di
Nardò.
Il borgo galatinese è limitato verso sud dalla splendida Chiesa
delle Anime, a pianta ottagonale. Qui, porta d'ingresso meridionale,
non esiste più il bastione che pure doveva esserci, e si apriva
sulle campagne di Soleto, ai margini della "Grecia salentina".
Si entra in una serie di vicoli aperti sulla strada principale, angusta.
tortuosa, con case a uno o a due piani, addossate, compatte, con piccole
finestre (quasi delle feritoie) aperte ad una certa altezza, con la
grata di ferro incrociato e la chiusura interna. Irregolare la piazza
del borgo. Da qui, si sbucava. attraverso una serie di stradine, verso
l'area della Porta Nuova, una delle porte d'ingresso superstiti dell'antica
città; le altre (Porta Luce, verso l'area di Galatone e di Noha;
e Porta di Santa Caterina, 'alle spalle della Chiesa omonima, ben distante
nel tessuto urbano del tempo, verso Corigliano d'Otranto), anche queste
pressoché intatte, anche per restauri portati a termine in epoche
più recenti. Tipiche del borgo galatinese, ma anche di quello
di Nardò le piccole terrazze con le acale "a tromba",
vale a dire con la sopraelevazione tipica degli agglomerati urbani premedioevali
e medioevali, che serviva per l'avvistamento e la segnalazione, probabilmente,
da quartiere a quartiere.
Interessanti i monumenti conservati nel borgo medioevale neretino: tra
i più notevoli, la Cattedrale, e poi Piazza Salandra, che presenta
bellissimi palazzi sopraelevati nell'età barocca. Al centro di
Piazza Salandra. la Guglia dell'Immacolata. Del secolo sedicesimo, invece,
sono le strutture della bella chiesa di San Domenico. Anche questo borgo
presenta le stesse caratteristiche stradali (vie piccole e strette,
costellate di corti e vicoli ciechi, spesso intercomunicanti attraverso
abitazioni "di sbarramento" a doppio ingresso, o, se si preferisce,
a doppia uscita). Solo che il borgo neretino è più articolato,
più complesso di quello galatinese, anche se non raggiunge le
dimensioni strutturali del borgo isolano di Gallipoli.
Bastionato poderosamente, con le porte sghembate sul mare, il borgo
medioevale di Otranto èunico nel genere. Anche Gallipoli aveva
mura perimetrali, ma erano apparecchi di difesa direttamente aperti
sul mare, dunque bassi e scanditi da una serie di piccole fortificazioni
sporgenti sulle spiagge o sulle scogliere; difesa da mare pressocché
interno, anche se i pericoli d'invasione (con gli appoggi che i nemici
potevano trovare, logisticamente, sulla catena di piccole isole che
fronteggiavano la città) non erano inferiori. Otranto, invece,
"classica porta per e dall'Oriente", aveva bisogno di ben
altre protezioni murarie, e ne sono riprova non solo i bastioni di cui
fu munita, ma la sua stessa tragica storia, i saccheggi e gli eccidi
che dovette subire. Ancora oggi è possibile scorgere, dentro
le mura, le grosse palle di pietra sparate dalle artiglierie turchesche.
Vicoli angusti, casette con piccole aperture d'ingresso, strade che
salgono e scendono in un intrico di innesti e biforcazioni (come non
ricordare, certi momenti, Palma di Majorca?), corti dal passaggio strettissimo,
finestrelle rastremate e protette da grate ferrigne: è il tipico
borgo d'avamposto, dentro il quale si innalzano i più bei monumenti
della Cristianità sud-salentina.
Altro nucleo urbano medioevale, quello di Scorrano cui si accede attraverso
la quattrocentesca Porta Terra.
All'interno, la Chiesa del 1600, e il ducale Palazzo Guarini, del secolo
successivo.
Infine, il borgo di Lecce, racchiuso da Porta Rudiae al retroterra della
superba Santa Croce, e da Via Idomeneo alla ricchissima Piazza del Duomo.
Ininterrotta la serie di piazze e piazzette intersecate di strade, di
ingressi in corti che si allargano improvvisamente con grandi cortili
comuni, coronate da facciate di chiese e di palazzi gentilizi, cui la
grazia del ferro battuto e il fiorire del barocco plateresco danno una
fisionomia, tipica. E' proprio dentro questo tessuto urbano che il capoluogo
salentino conserva i suoi monumenti più significativi: Cattedrale
ed Episcopio, il Seminario e il Campanile dello Zingarello, Santa Croce,
San Matteo, l'anfiteatro romano e, poco distante, più chiuso
e quasi raccolto, quello greco, lo sfolgorio delle case barocche, lo
splendore di certe vie che fecero dire ad uno scrittore che non era
certamente noto per gli eccessivi o improvvisi entusiasmi che, se tutta
questa Lecce fosse stata posta ai margini di una sola arteria, si sarebbe
ottenuta la strada più bella del mondo.
Certamente, quello leccese è il borgo maggiore, il più
vivo, in massima parte inserito nella vita cittadina d'oggi. Ciò
accade per tutti gli altri borghi medioevali salentini: ma altrove quasi
si sente un muro di bambù, una sottile - appena percettibile,
se si vuole - barriera che quasi isola dal tessuto esterno e moderno.
A Lecce, no. La vita è fiorente, dentro il borgo, per le vie
ricche di negozi, perfettamente conservati sono, nella maggior parte,
case e palazzi, attivi i commerci, vien fuori tutto il senso di operosità
dell'uomo con una intensità, direi con una completezza e una
costanza sconosciute oltre questa città. Vi spira, così,
un'aria diversa, il borgo è di per sè stesso la città,
e per mutar clima è necessario andare lontano, verso quella piazza
nota come "dei Trecentomila" (mi pare che, oggi, sia intitolata
a Mazzini) che è già un altra mondo.
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