"Pellegrinaggio"
in una terra che, dal promontorio garganico alla penisola salentina, offre
una serie ininterrotta di miracolose rivelazioni.
Cesare Brandi, "pellegrino
di Puglia", scese nella nostra regione, a più riprese, prima
del 1960. Venne, come ha scritto un altro viaggiatore accanito, Giorgio
Manganelli, in cerca di cattedrali da amatore, di gravine per collezionisti,
di scoperte bizzarre e bizzose, anche di "tramonti privati".
Qual'é - si chiede Manganelli - la Puglia di Brandi? "La
Puglia è una regione ripostiglio, un solaio di regione, piena
di strane, segrete, improvvise meraviglie". La Puglia, dice Brandi,
bisognava infilarla tutta, per arrivare a Otranto. E allora cominciò
la scoperta. Né si arrestò a questo primo viaggio, né
al secondo, né al terzo: la scoperta non finirà mai, perché
è un paese, la Puglia, come il mattino, un mattino limpido, un
mattino di sole liquido: e, il mattino, sarà sempre lo stesso,
ma non viene mai a noia. Ed ha sempre qualcosa di nuovo, nel suo spettacolo
sempiterno. Così la Puglia, paese arcaico: che a pochi passi
da Bari, proprio sulla strada asfaltata, issa un menhir, e, accanto,
un cartellone pubblicitario.
La Puglia di Brandi, dunque, è "un meraviglioso, austero
paese arcaico", l'unico dove si assiste ancora allo spettacolo
incontaminato, e per interminabili distese, di una flora anteriore alla
calata degli indo-europei: solo ulivi e viti, viti e ulivi, le piante
che nel nome, tenacemente conservato e trasmesso, rivelano ancora di
essere state trovate sul posto dagli invasori ariani. Certo, aggiunge
Brandi, vi è anche il mandorlo, il fico, e il fico d'India, le
agavi: ma non così diffusi e promiscui come in Sicilia e in Calabria.
In realtà il severo paesaggio della Puglia è in queste
distese di mastodontici ulivi, in questi tappeti a non finire di viti
basse, che si tengono ritte da sé. E non c'è minor fascino,
per chi lo sa sentire, in tale elementarità di paesaggio, che
nei menhir, nel dolmen, nei trulli". Se si pensa che i trulli più
antichi non rimontano oltre il '600, sembrerà non so più
se fatidico o fatale che la Puglia seguiti ad esprimersi nei termini
di una civiltà neolitica, fino a ritrovare spontaneamente tecniche
preistoriche come quella della copertura a toilos per i trulli. Ritrovare
o conservare, non si sa bene: la tradizione", conclude Brandi,
"in un luogo così tenacemente arcaico, può riscoppiare
anche dopo secoli e secoli di letargo."
Scende dunque in questo "meraviglioso, arcaico paese", Brandi,
e gli si parano di fronte i miracoli: la festa di San Nicola, i vecchi
borghi, la maestosa Trani, la testa della regione, coronata dal gioiello
di Castel del Monte; poi, giù, verso il grecanico Salento: il
dolmen di Giurdignano, Gallipoli, Castro (ma fu Salento anche la terra
di Martinafranca e di Taranto); scopre i "tendoni", si incanta
dentro Alberobello, percorre le vie di "Lecce gentile", poi
va a Massafra e a Mottola, sconfina a Matera, ritorna a Gravina e ad
Altamura; rivà fuori, nella "angosciosa" Basilicata:
ad Acerenza; poi a Melfi; poi a Venosa, città di Orazio; risale
in Capitanata: a Foggia, a Lucera, nel luminoso Gargano, a Montesantangelo,
a Rodi, nella lussureggiante Foresta Umbra; si chiude, infine, questo
viaggio pugliese, con un saluto a Boemondo, straordinario personaggio
della prima Crociata, "colosso di nome e di fatto", figlio
di Roberto Guiscardo: tutti percorsi rivelatori, nei quali il viaggiatore
coglie il modo stesso di rivelarsi della Puglia "a chi la ricerchi
nella sua antica umanità, nel suo antichissimo aspetto, nelle
sue sorprendenti e inattese fioriture artistiche".
Un prezioso taccuino di viaggio (di una serie di viaggi, che alla fine
formano uno straordinario "unicuum"), questo di Cesare Brandi
"Pellegrino di Puglia": un taccuino che ora rivede la luce,
in un momento emblematico. Ostuni, dice Brandi, era un "tempo lento",
un paese tutto spontaneo, nell'architettura, nel ritmo della vita, nella
sua propria civiltà: senza perfidie. Ora il turismo sta sgretolando
tutto, anche Ostuni cambia, come va cambiando pian piano l'intera regione,
tutta questa terra che vede, uno accanto all'altro, il menhir, la strada
asfaltata e il cartellone pubblicitario. Eppure, molto resta intatto:
forse perché molte opere, (lo ha scritto Manganelli), al contrario
della celebre statua di Lisippo, non possono essere smontate, inscatolate
e trasportate in America. Forse. Ma è proprio per questo che
la "testimonianza" di Brandi, riproposta dal pugliese Laterza,
è quanto mai preziosa e, nel suo genere, unica. Cioé moderna,
pur parlandoci (in uno stile l'arcaico" anch'esso, cioé
classico) di cose antiche e nostre.
|