Le previsioni
per i singoli comparti confermano le molteplici difficoltà operative
delle aziende. Il Sud sarà sempre più Sud. Dati della Svimez
sull'occupazione: il Mezzogiorno a braccia incrociate.
Le previsioni relative
al biennio 1977-1978 indicano, per la produzione nei diversi settori
industriali e del sistema nel suo complesso, un sensibile rallentamento
rispetto allo scorso anno, quando si verificò un apprezzabile
aumento produttivo (9,9 per cento rispetto ad 1975). In particolare,
nel 1977 la produzione industriale dovrebbe attestarsi su livelli solo
di poco superiori a quello del 1976 (+1,4 per cento). L'aumento di produzione
previsto per il 1978 (+4,1 per cento rispetto al 1977) non appare, peraltro,
in grado di individuare un concreto miglioramento delle condizioni operative
delle imprese industriali in relazione al presunto permanere nel sistema
di taluni elementi negativi (insoddisfacente livello della domanda interna,
aumento dei costi di produzione, ampi margini di capacità produttiva
inutilizzata), illimitativi di un'espansione più marcata.
Tale dinamica sconta, a livello di ramo industriale, il presunto aggravarsi
della situazione produttiva nel settore delle costruzioni edili e dell'installazione
di impianti, ancora interessato nel biennio '77-78 alla prosecuzione
della fase riflessiva già in atto da qualche anno, e di cui non
sembra potersi prevedere altro che deboli attenuazioni.
Il ramo delle industrie elettriche, del gas e degli acquedotti dovrebbe
presentare, nel periodo previsivo considerato, tassi di aumenti produttivi
mediamente superiori a quelli dell'industria nel complesso, pur risultando
di entità inferiore a quella del 1976.
Per le industrie manifatturiere, infine, che per il rilevante peso nell'apparato
industriale contribuiscono in misura determinante allo sviluppo complessivo,
gli operatori economici prevedono un notevole rallentamento dell'attività
di produzione (+7 per cento nel biennio 1977-'78) rispetto al 1976,
anno !in cui si è verificato un aumento di attività particolarmente
sensibile (+12,4 per cento).
E' da sottolineare, in tale ambito, che questo rallentamento sembra
manifestarsi in misura elevata nel corso del 1977 (solo +1,9 per cento),
mentre è previsto un certo miglioramento (+5 per cento) per il
1978, sebbene non allineato con le risultanze del 1976.
Solo le industrie produttrici di mezzi di trasporto e quelle di derivati
del petrolio e del carbone dovrebbero presentare, per il 1977, tassi
d'aumento della produzione superiori a quelli posti, in essere nell'anno
precedente (rispettivamente: +9,8 per cento e +7 per cento, contro +5,7
per cento e +5 per cento), da collegare presumibilmente al progressivo
superamento degli effetti negativi della non lontana crisi petrolifera.
Particolarmente accentuate appaiono le flessioni di alcuni settori di
tipo tradizionale, (legno, mobili, e arredamento: -11,4 per cento; vestiario,
abbigliamento e lavorazione delle pelli e del cuoio, -7,1 per cento;
fonocinematografiche, -7 per cento; tessili, -2,1 per cento), che sembrano
dover risentire in ampia misura, della flessione della domanda interna
di tali beni.
Nel 1978, peraltro, secondo l'indagine della Confindustria, tutti i
comparti manifatturieri dovrebbero presentare aumento di produzione.
Rimarchevoli quelli relativi alle industrie produttrici di fibre chimiche
(+22,5 per cento) e quelle del legno, mobilio e arredamento (+14,4 per
cento), le quali vedrebbero così ampiamente neutralizzata la
caduta produttiva del 1977. Viceversa, le industrie tessili e quelle
del vestiario, dell'abbigliamento e della lavorazione delle pelli e
del cuoio dovrebbero presentate nel 1978 i tassi di aumento più
modesti (rispettivamente +1,4 per cento e +2,3 per cento), riuscendo
quindi a recuperare solo in parte la flessione dei livelli di produzione
del 1977.
Esaminando questi dati, si nota che ancora una volta sarà proprio
il Mezzogiorno a pagare il prezzo più alto per questi anni di
crisi economica. Del resto, è una "tesi" emersa da
tempo con chiarezza dalle aspettative e dalle previsioni degli industriali.
Nelle zone del Centro-Nord gli investimenti aumenteranno molto più
della media nazionale, mentre l'occupazione diminuirà, sia nel
1977 che nel 1978: se l'industria italiana sta diventando "più
moderna", dunque, nelle regioni del triangolo e in quelle che vi
gravitano attorno questo fenomeno è spinto al massimo. E nel
Mezzogiorno? Nel 1977 gli investimenti sono addirittura in forte diminuzione,
mentre l'occupazione aumenta. Nel 1978 gli investimenti saliranno di
poco, a fronte di un altro aumento, sia pur lieve, dell'occupazione.
Anche in questo caso, purtroppo, non vi possono essere dubbi nell'interpretazione
delle cifre: i pochi investimenti che si fanno nel Mezzogiorno probabilmente
creano qualche posto di lavoro in più, ma nel suo complesso l'industria
meridionale perde terreno, in quanto a "modernità",
rispetto al Centro-Nord. Il Sud, insomma, diventa sempre più
Sud.
La situazione non migliora se consideriamo anche il numero dei disoccupati:
su poco più di un milione e 300 mila unità dell'intera
penisola, 770 mila riguardano le regioni, meridionali, il resto il Centro
e il Nord. Un quarto di tutti i disoccupati italiani risiede nella sola
Campania. Altro occhio di spia, le ore concesse dalla Cassa integrazione
guadagni, che nei primi cinque mesi dell'anno hanno superato i sessantuno
milioni. In media, nel complesso nazionale, si sono pressoché
dimezzate rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente: ma nel
Sud il calo è stato di appena il 20,6 per cento. Perché?
perché in due regioni meridionali, invece di una diminuzione,
c'è stato un sensibile aumento: in Calabria (+127,4 per cento),
e in Puglia (+29,3 per cento).
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