Sfida all'inflazione




Lucio Tartaro



Quali sono gli obiettivi che si propone il governo con il bilancio, presentato? Li hanno illustrati due ministri, quello del Bilancio e della Programmazione Economica e quello del Tesoro. Le massime autorità finanziarie hanno posto anzitutto in rilievo che la ripresa senza non è uno slogan, ma una formula che sintetizza la precisa strategia che il governo intende proporre al Parlamento per superare una situazione che resta tuttora assai difficile. Contro il rischio del ristagno economico e dell'inflazione, gli accordi politici sono un sostegno indispensabile per impostare una ripresa qualificata che si proponga la difesa dell'occupazione, in particolare di quella giovanile, e del Mezzogiorno.
Il nemico da battere resta dunque l'inflazione, un nemico che rischia di diventare più insidioso proprio nel momento in cui, superata la fase più acuta dello scorso anno, in cui tutti temevamo di essere travolti, e intravvedendosi il ritorno a condizioni di relativa stabilità, riemergono le tentazioni a forzare i tempi con indiscriminate manovre espansionistiche.
Queste tentazioni diventano più forti in una situazione nella quale il progredire del processo di stabilizzazione fa emergere i nodi strutturali della crisi. Infatti, i successi conseguiti nel riequilibrio della bilancia dei pagamenti, nella stabilità del tasso di cambio, nel controllo dell'inflazione, si accompagnano all'evidente rallentamento dei ritmi produttivi, al deterioramento dei conti economici delle imprese, e alle conseguenti preoccupazioni per i livelli occupazionali.
L'azione del governo, secondo gli osservatori politici, va tuttavia proseguita, senza indulgere a facili ma illusorie politiche di espansione generalizzata della domanda, lungo le linee indicate fin dalla relazione previsionale e programmatica dello scorso anno, e cioé controllo del disavanzo pubblico, contenimento dei costi di produzione e avvio di una organica ristrutturazione del sistema economico italiano.
Fin dallo scorso anno, infatti, si erano messi in evidenza i caratteri strutturali della crisi e la necessità di tempi lunghi per riportare l'economia su tassi di sviluppo compatibili con le notevoli risorse umane disponibili, e per tutelare le consistenti frange di popolazione che i conflitti sociali tendono ad emarginare. Si tratta, quindi, di sostenere e indirizzare l'attività produttiva entro i limiti consentiti dai vincoli esterni e dalla dinamica dei costi interni, con una politica di interventi selettivi, intesi a creare, attraverso il riequlibrio del sistema, le premesse di uno sviluppo più stabile e duraturo.
La relazione previsionale e programmatica indica le linee lungo le quali si articoleranno questi interventi nei settori prioritari della politica industriale e delle Partecipazioni Statali, dell'energia, dell'edilizia, dei trasporti e del settore - importantissimo per il nostro Paese - agricolo e alimentare. Apposite sezioni del documento esaminano accuratamente le interrelazioni di questi interventi con lo sviluppo delle regioni meridionali, i rapporti con la Comunità Economica Europea e con la politica del lavoro.
La legge sulla ristrutturazione industriale, approvata nell'agosto scorso dopo un vasto dibattito protrattosi per quasi un anno, individua nel Cipi (Comitato interministeriale per la programmazione industriale) il centro di coordinamento della politica industriale e introduce un complesso di istituti e di strumenti finalizzati ad una politica di intervento selettivo sulla formazione del capitale. Questa politica verrà coordinata in modo da costituire parte integrante di un organico disegno di rilancio industriale, che includerà politica del lavoro, commercio con l'estero, sviluppo delle regioni del Mezzogiorno, ricerca scientifica, commesse pubbliche, prezzi amministrati e Partecipazioni Statali.
Il riordino e il rifinanziamento delle Partecipazioni Statali, nonché interventi di risanamento finanziario, potranno sostenere ulteriormente la domanda effettiva, in funzione di una ripresa qualificata. L'accorta gestione Alle vertenze emergenti dovrà evitare ogni vuoto tra la grave crisi in atto e la predisposizione dei piani di settore.
Per quanto riguarda l'edilizia, la relazione richiama le linee di razionalizzazione e ristrutturazione del settore allo stato attuale in corso di elaborazione, per collegarle con misure di pronta attuazione, con cui sostenere questa attività, che deve essere trainante, particolarmente nelle regioni del Sud.
La politica energetica, secondo la versione aggiornata del programma settoriale predisposto dal ministero dell'Industria, si articola in un complesso di interventi volti da un lato a promuovere il riequilibrio del sistema energetico nazionale attraverso lo sviluppo dell'energia elettronucleare e il progresso scientifico e tecnologico nella produzione e nell'impiego dell'energia; dall'altro, ad affrontare il periodo transitorio che dovrà necessariamente trascorrere prima che quell'obiettivo fondamentale possa essere raggiunto attraverso la razionalizzazione dei sistemi di approvvigionamento, trasformazione e distribuzione delle fonti tradizionali, e il contenimento dei consumi.
L'intervento pubblico nel settore agricolo alimentare nel prossimo quinquennio si ispira, da un lato, all'esigenza di contenere l'altissimo deficit della nostra bilancia commerciale, e dall'altro a quella di consolidare l'integrazione dell'agricoltura con gli altri settori, industriale e commerciale.
Il piano dei trasporti consentirà di coordinare le molteplici iniziative intese a promuovere lo sviluppo e il riequilibrio dei comparti in cui si articola questo settore. Il fine è quello di incidere sui nodi strutturali dell'economia con tre obiettivi di fondo: sviluppo del Mezzogiorno, collaborazione europea e ristrutturazione sociale, con una più equa redistribuzione dei redditi, ma anche dei doveri dei cittadini.
Queste, le linee generali del bilancio, che si presenta come un mosaico di "buoni propositi", cui occorrerà, in seguito, in sede parlamentare, far seguire i fatti. Ci spieghiamo: i bilanci dello Stato sono rimasti quasi sempre e quasi del tutto delle espressioni approssimate di buona volontà. Nei fatti, poi, i comportamenti politici e di politica economica ne hanno tenuto ben poco conto. Oggi pare si abbia l'intenzione di porsi di fronte ai gravissimi problemi che ci riguardano tutti, indistintamente, con spirito realistico. Tuttavia, avremo modo di verificare se si conterrà la politica di espansione dei consumi; se si attuerà un riordinamento organico - in nome dell'efficienza e del risparmio - nel campo della politica che passa sotto il nome di "sociale" se ristrutturazione e riconversione industriale (con la gran massa di quattrini che è a disposizione) saranno veramente tali, io non piuttosto un'altra occasione per rastrellare soldi dello Stato, cioé di tutti i cittadini; se si getteranno le basi per una politica agricolo-alimentare che limiti il pesantissimo sbilancio che questa voce comporta nei conti con l'estero; se le Partecipazioni Statali saranno ristrutturate per esser rese produttive e concorrenziali a livello mondiale; se la burocrazia darà una mano a quest'opera, che è gigantesca, al punto in cui siamio, ma che da qualche parte dovrà pure essere avviata, oppure se opporrà la tattica della dilazione, del rallentamento e del rimescolamento continuo delle carte, come ha fatto fino a questo momento; se lo sviluppo del Mezzogiorno non resterà uno slogan, o l'eterna occasione per sfoggiare nei discorsi una sia pure approssimata conoscenza della storia socio-economica delle aree depresse del Paese.
Inutile nasconderci che il bilancio dello Stato, per quel che riguarda la parte previsionale, non presenta gran che di nuovo: molte cose le abbiamo sentite in passato, moltissime sono vecchie di almeno un decennio, forse più. Di nuovo sembra esserci un minimo di volontà per porre il Paese di fronte a problemi che rischiano di diventare insolubili. E' un bilancio dettato dallo stato di necessità. Cioé: siamo in fondo al pozzo; o si tenta di risalire, con lo sforzo di tutti, o ci resteremo per sempre. L'ultimo lusso che potremo permetterci, in questo caso, sarà quello di essere una colonia di un'economia forte. E non è una prospettiva dignitosa.

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