La Banca, oggi.




Francesco Parrillo



l. La gestione del. credito, in questi ultimi anni, è stata sottoposta alle tensioni derivanti dalla crisi economica e dall'instabilità monetaria. La dichiarazione di inconvertibilità del dollaro, l'alterarsi dei rapporti di scambio tra mondo industriale ed economie emergenti, il subitaneo e dirompente effetto dell'aumento del prezzo dei prodotti petroliferi hanno innescato un meccanismo involutivo caratterizzato dalla contemporanea presenza di inflazione e recessione.
Il generalizzarsi di politiche restrittive del tipo "beggar on neighborug", il ricorso sino all'abuso della manovra monetaria, "non più una politica, ma una professione", hanno provocato sussulti e scossoni nelle singole economie, assestandole lungo linee di trend dai risultati deludenti.
In tale delicata fase del cielo, le politiche di stabilizzazione hanno pesato soprattutto sul settore creditizio soggetto al duplice impatto delle distorsioni che il mercato andava manifestando e ad un complesso di limitazioni e controlli. In particolare, il governo unistrumentale dell'economia ha imposto al sistema finanziario un prezzo molto alto in termini di deterioramento strutturale. Le eccessive aspettative riposte nell'utilizzo della leva monetaria e la fiducia in politiche "variabili", capaci di influire, nel breve periodo, sull'economia nel senso desiderato hanno portato ad inevitabili alterazioni nel campo del credito.
L'attenzione rivolta quasi esclusivamente al suo ruolo di canale di trasmissione degli impulsi prodotti dalla manovra sugli strumenti a disposizione della Banca Centrale ha posto in seconda linea la necessità di "tenere in ordine" il sistema bancario, perché questo adempia meglio alle sue funzioni tipiche, a cominciare da quella di efficiente allocatore delle risorse disponibili. I giudizi sulla "perniciosa inutilità" dell'azione monetaria e la condanna delle politiche di "fine tuning" derivano, quindi, da un'ottica che pone come obiettivo primario della condotta il buon espletamento, da parte della banca, dei compiti che le sono propri.
2. Proprio il ruolo essenziale delle banche, nell'ambito del mercato del credito, le pone al centro degli "interventi di crisi" che le autorità di governo elaborano di volta in volta, facendo carico al sistema di correggere le distorsioni nella creazione e nella ripartizione dei flussi finanziari. In quest'ottica si collocano i controlli diretti ed in particolare l'introduzione del vincolo di portafoglio.
Una maggiore rapidità di effetti ed un ridotto margine di errore tra intendimenti ed obiettivi conseguenti sono gli aspetti positivi della manovra creditizia, attuata in modo selettivo. E' ovvio che la misura per il suo attuarsi non deve filtrare attraverso il comportamento spontaneo di migliaia di operatori, ma ne costringe l'agire, sicchè la condotta della Banca Centrale risulta più pronta nei tempi di realizzo e meno soggetta a spostamenti rispetto all'obiettivo prefissato. Tuttavia, pur riconoscendo che un tipo di politica siffatto offre uno strumento addizionale, il quadro va completato ricordando il costo che, in termini aziendali e macroeconomici, il sistema subisce.
Come ha affermato il Governatore, l'imposizione di vincoli all'attivo patrimoniale delle banche dà luogo ad inefficienze allocative che si manifestano in una riduzione del volume di attività delle istituzioni ed in un aumento del divario dei tassi attivi e passivi. Misure di tipo coercitivo, come quella di cui si discute, sono giudicate distorsive quando si ritiene che le forze di mercato, lasciate libere di operare, conducano alla distribuzione ottimale delle risorse.
In particolare, il vincolo introduce non solo un notevole grado di irrigidimento nel bilancio bancario, ma ne determina, in modo immutabile, il rendimento.
Lo sfasamento che si crea tra remunerazione di larga parte del credito concesso e costo di acquisizione dei depositi essenzialmente variabile, genera "un'alterazione ciclica del rapporto che, in una ordinata gestione bancaria, dovrebbe esistere tra rendimento medio degli impieghi e quello della raccolta". In altri termini, la stabilità dei risultati economici richiede l'esistenza di una sincronia tra andamento dei tassi attivi e passavi, sincronia che si riflette sulle valutazioni patrimoniali, giacchè il valore di mercato dei titoli fluttua in relazione inversa al livello dei tassi di mercato.
Se poi gli investimenti obbligatori si combinano con una politica monetaria non espansiva, è vero che l'impatto inflattivo del deficit pubblico risulta attenuato, ma il peso del suo finanziamento viene a gravare sulle aziende di credito, con la conseguenza di innalzare il costo dei prestiti e comprimere la possibilità d'investimento delle imprese. In altri termini, il tentativo di "forzare" la composizione dei bilanci verso assetti non desiderati dalle banche, non solo altera i livelli dei tassi d'interesse, ma si ripercuote in una minore crescita degli impieghi. Se si tiene conto della rigidità del fabbisogno di finanziamento della pubblica amministrazione e della bassa elasticità della domanda di credito del settore rispetto al prezzo, si è in grado di valutare l'intensità con cui l'effetto restrittivo provocato dal vincolo si ripercuote sulle imprese private. Ne discende che il provvedimento può aiutare a conseguire l'allocazione desiderata delle risorse, a condizione che le cause di squilibrio nella ripartizione dei fondi siano temporanee e non un dato strutturale. In caso contrario, il vincolo perde di efficacia in ordine all'obiettivo di una composizione della domanda globale. E' nell'ambito di questa finalità momentanea, congiunturale, di mantenere in ordine i mercati e di ridurre l'instabilità nel finanziamento degli investimenti, che il vincolo può trovare un impiego transitorio rispondente alle linee di politica economica. In altri termini, misure di tipo coercitivo, pur dando luogo ad inefficienze allocative che si manifestano in una riduzione del volume di attività delle istituzioni ed in un aumento del divario tra tassi attivi e passivi, possono trovare giustificazione in un contesto in cui la funzionalità della struttura finanziaria rispetto agli obiettivi non è assicurata in modo automatico dal gioco della domanda e dell'offerta.
E' questa una diretta conseguenza dell'inosservanza nella condotta della politica economica di regole compatibili con la stabilità monetaria. L'alterazione del quadro in cui le istituzioni creditizie operano impone alle autorità di agire per ristabilire quella compatibilità, mediante interventi di carattere amministrativo. L'obiettivo di un graduale allentamento delle prescrizioni e dei condizionamenti che hanno imbrigliato il sistema bancario va, quindi, perseguito con costante impegno, ma nel quadro dell'evoluzione economica del Paese, in effetti, la riduzione della libertà di scelte delle aziende di credito è un fenomeno in stretta connessione con l'esistenza di cause di disturbo reali e finanziarie che affliggono il sistema produttivo. In una situazione difficile per il mercato del credito, in presenza di una marcata tendenza delle famiglie a preferire la liquidità, con il volume di risparmio che si riduce, con il crescere del fabbisogno del Tesoro, del settore pubblico e degli istituti speciali, non è facile togliere le briglie alle banche, se prima non si spezza l'assedio che la congiuntura sfavorevole e taluni nodi strutturali hanno posto alla nostra economia. A monte, esiste, in definitiva, l'esigenza di una politica del risparmio che si proponga di rivitalizzare i centri di formazione e di smistamento di questa importante risorsa attraverso, la creazione di strumenti di canalizzazione adattabili alla natura dei vari bisogni che si prospettano. L'esigenza di una efficiente intermediazione si lega col tema di una sana politica di bilancio e retributiva, capace di garantire la stabilità monetaria, giacchè è proprio il discostarsi dalle regole di una corretta politica economica ad imporre interventi di stato di necessità, nel tentativo di salvaguardare obiettivi di crescita che il mercato, per le restrizioni subite e gli squilibri che lo caratterizzano, non è più in grado di offrire.
3. In luogo di ripiegare su se stesso, il mondo bancario appare in evoluzione, un mondo che rivela un dinamismo insospettato per un ambiente ritenuto prudente per vocazione e tradizione. Tuttavia, in una situazione confusa, segnata da ricorrenti crisi nei. meccanismi dei pagamenti internazionali, non sono stati infrequenti errori di valutazione.
La natura temporanea delle soluzioni che si andavano affrontando (allargamento dei margini di intervento, riallineamento delle parità. cambi flessibili, doppi mercati, fluttuazioni congiunte) hanno, da un lato, accresciuto i rischi dell'agire e, dall'altro, aumentato l'interesse per la speculazione, foriera di elevati profitti.
Il costo sopportato è stato, in taluni casi, assai elevato. Sono note le situazioni di dissesto verificatesi in più paesi, le difficoltà che anche grandi istituti multinazionali hanno sperimentato, e le forme di intervento predisposte per evitare cedimenti a catena. Sono da ricordare le crisi vissute dalla Franklin Continental, dalla Herstat, dalla International Lloyd, dalle banche del gruppo Sindona, le .polemiche suscitate dalla decisione del Controller of Currency riguardo alla First National City Bank ed alla Chase Manhattan Bank, nonche, infine, i deliberati delle riunioni di Parigi e Basilea del 6-7-8 settembre 1974.
4. D'altro canto, proprio l'incertezza e la mancanza di prospettive hanno paradossalmente ingigantito il ruolo dell'intermediazione bancaria. La crisi dei valori azionari che hanno subito la duplice erosione dell'inflazione e del ribasso delle quotazioni, la fuga del risparmio privato dal mercato dei titoli a reddito fisso in conseguenza delle attese sui prezzi, la tendenza degli investitori, tipica, nei momenti difficili, a preferire forme di impiego liquide, sono tutti fattori che hanno contribuito ad alterare una fisiologica ripartizione dei flussi finanziari, concentrando presso il solo sistema creditizio un cospicuo volume di risorse.
La povertà del mercato e l'assenza di alternative valide, rafforzano la posizione del settore, ma è da osservare che la situazione non è senza pericolo per il sistema stesso, giacchè viene gravato di nuovi compiti, che tendono ad indebolirne le funzioni proprie ed a ridurne il margine di autonomia nella concessione di credito.
Si sottopone la banca a critiche pesanti ed ingiustificate. Si continua, non sempre disinteressatamente, a diffondere l'opinione che la sovrastruttura finanziaria - ed in specie quella creditizia - è vecchia, non adeguata, protetta da benefici monopolistici, scarsamente sensibile nei riguardi delle esigenze del settore produttivo, sul quale farebbe gravare oneri eccessivi. Per quest'ultimo aspetto è bene precisare che i saggi di interesse sono notoriamente condizionati, a monte, dalla politica monetaria. Ne consegue Che sono gli orientamenti della condotta delle autorità preposte a determinare i tassi, e non tanto decisioni amministrative e di cartello. Se si segue una politica restrittiva del credito, attraverso una drastica riduzione di liquidità ed una contemporanea elevazione del saggio ufficiale di sconto, è evidente che si avrà una scarsità di danaro ed una lievitazione del suo prezzo.
Nel caso opposto di una politica monetaria più permissiva, è ovvio che si assisterà, sul mercato, ad un'abbondanza di risorse a basso costo. Questi sono gli aspetti più significativi della posizione di forzata dipendenza della banca dalla politica monetaria. Per i tassi passivi, in particolare, occorre specificare che il loro livello è strettamente collegato al tasso interbancario, al tasso di inflazione, al tasso di rendimento, dei buoni postali e - ora più che mai - al tasso di rendimento dei B.O.T.
Circa la misura dei tassi attivi, inscindibilmente legati a quelli passivi, è stato dimostrato - da indagini accuratamente condotte - che essi sono stati negativi in termini reali anche quando hanno raggiunto le punte più elevate in termini nominali per effetto dell'inflazione.
5. In realtà, molti di coloro che puntano il dito accusatore pretendono dal settore ciò che esso non può dare.
Esiste confusione sulle finalità proprie delle istituzioni bancarie: un'efficiente intermediazione, una migliore allocazione delle risorse, un'efficace protezione del risparmio, un adeguato stimolo allo sviluppo economico.
Tra questi obiettivi e quelli "impropri", non vi è alcun "trade-off" se non in senso inverso e con effetti negativi difficilmente valutabili.
Un primo obiettivo "improprio" è quello di assegnare alle istituzioni creditizie il compito del risanamento delle imprese. Non vi è dubbio che, in una politica che affronti la crisi delle aziende produttive, le banche avranno una parte da svolgere. Il superamento degli squilibri dell'impresa contribuirà a rendere più funzionale il comparto del credito, ma al di là di questa ovvia osservazione, va respinta l'illusione che debba essere il settore creditizio a dover sanare i mali di quello reale.
Un secondo obiettivo "improprio" è quello che individua nella ristrutturazione delle istituzioni finanziarie il veicolo per superare le difficoltà del settore pubblico, quasi che l'origine della crisi fosse esterna e non interna all'organismo in cui si manifesta.
E' stato detto che un tale modo di pensare appartiene ad una certa vocazione alla versatilità secondo cui ciascuno può svolgere le funzioni di tutti; non bisogna dimenticare, è stato aggiunto, che il passo è breve, perché quella vocazione si trasformi per ciascuno nell'impossibilità a svolgere correttamente la funzione che gli è propria.
6. Sia le tensioni conseguenti al finanziamento del deficit petroliferi, sia taluni sviluppi connessi alla crescente discrasia tra centri di formazione ed utilizzo del risparmio, hanno indotto gli studiosi a focalizzare la propria attenzione sul funzionamento delle esistenti strutture creditizie, ponendo la banca al centro di un vivace dibattito, nel nostro come negli altri paesi. I rilievi del Controller of Currency negli Stati Uniti, le difficoltà vissute da alcuni istituti di credito in Germania, Austria, Svizzera e Gran Bretagna, hanno suscitato clamore e ravvivato polemiche latenti contro l'operato dell'intermediazione bancaria. In Italia il confronto dialettico tra coloro che individuano nel sistema creditizio una delle cause del malessere economico che affligge il Paese e chi è impegnato a riconsiderare il ruolo del credito in modo serio ed approfondito, si è sviluppato in volumi, saggi ed articoli, dando luogo ad una serie di interventi a diversi livelli di qualificazione. Gli stessi partiti politici hanno, tra gli obiettivi dei loro programmi di legislatura, la revisione di alcune strutture del settore. La presentazione di progetti e l'avvio di indagini conoscitive sono la manifestazione esterna di questa volontà di incidere, con la speranza, forse, di poter attenuare i problemi, che affliggono il settore reale. A cosa si deve la grande attualità della banca? Una molteplicità di cause sul piano interno ed internazionale hanno profondamente agito sui contenuti ed il ruolo di essa.
La triplice rivoluzione dei costi, monetaria, e del prezzo delle materie prime, ha provocato guasti profondi e duraturi nei sistemi produttivi, ai quali si è cercato di porre riparo impegnando in modo crescente., con una vera mobilitazione, gli strumenti monetari e creditizi. Il sostanziale insuccesso del tentativo di esorcizzare il malessere economico ricorrendo all'ingegneria finanziaria non ha scoraggiato coloro che si propongono, come sopra ricordato, di trasferire alle banche inefficienze e perdite altrui. Si è polemizzato sulla dimensione assunta dalla intermediazione, si è criticato lo strapotere bancario, si è colpita la fantasia della gente parlando di utili eccessivi, tralasciando di indicare le vere cause di una situazione subita, in primo luogo, con il deficit statale.
L'impossibilità di coprire la spesa con le entrate tributarie, e la ristrettezza rispetto alle esigenze del mercato finanziario, costringono il Tesoro a ricorrere con intensità al credito dell'Istituto di Emissione, che provvede immettendo liquidità. Non meno rilevante è il peso della profonda trasformazione avvenuta nella quota relativa delle diverse fonti di creazione di risparmio. Il risparmio pubblico è negativo ed assorbe risorse sottraendole a impieghi produttivi; il risparmio di impresa, soggetto ad una continua penalizzazione, in omaggio a miti e tabù ormai superati, si è fortemente ridotto, tanto da risultare un valore residuale nel processo di accumulazione. Il vero protagonista è il risparmio familiare, che da solo sostiene ed alimenta la crescita del capitale, sia pure in modo indiretto, affluendo in prevalenza presso il sistema di credito ordinario, a ciò indotto dalla fiducia nell'opera del banchiere e nella legislazione che lo tutela. Si tratta di meditare, riconsiderando il ruolo del credito nell'attuale quadro economico, e tentare di rimuovere tutte le vischiosità ed inefficienze che inevitabilmente si annidano anche in questo importante comparto. Ma ciò non deve significare la istituzionalizzazione di oneri, limiti e controlli che trovano giustificazione nella eccezionalità del momento.
Costrette a frazionare gran parte delle proprie risorse tra riserva obbligatoria, vincolo di portafoglio, settore pubblico e grossi "loss making" dell'industria italiana, le banche esercitano la propria autonomia gestionale sulla quota residuale del credito a breve termine e non senza il timore di vederlo tornare sotto forma di debiti congelati a lungo termine. In queste condizioni è molto difficile salvaguardare il carattere tipico dell'attività bancaria di stimolo e di rinnovamento del sistema economico, ed è ancora più arduo migliorare l'efficienza dell'intermediazione.
E' necessaria una valutazione approfondita della trascorsa esperienza per ricavare elementi di riflessione non contingenti e per evitare una acritica estensione al settore creditizio della generale propensione a ristrutturare che, oggi, nel campo economico, per effetto imitativo, pervade ogni discussione. Rifiuto, quindi, del cambiamento per il cambiamento, un modo di evadere da problemi e responsabilità concrete, sforzo continuo e permanente per realizzare, attraverso la razionalizzazione dell'organizzazione, corsi di formazione e qualificazione aziendale, innovazioni tecnologiche, la massima produttività del sistema, riducendo sprechi e tutelando, soprattutto, i valori dell'imprenditorialità.
D'altronde, la materia del credito è quanto mai delicata, discreta: ogni informazione infondata, distorta, potrebbe rapidamente incidere sul suo potenziale che, non va dimenticato, poggia sulla fiducia dei risparmiatori.
Notizie tendenziose o allarmistiche su ipotetici nuovi onerosi compiti del sistema creditizio, sull'abolizione od attenuazione del segreto bancario, possono ingenerare panico negli autentici protagonisti del sistema, coinvolgendoli in una spirale di paura.
E' stato un merito del settore quello di aver rafforzato la propria credibilità agli occhi dell'operatore interno ed esterno, testimoniata. dall'espansione della massa passiva e dalla capacità di indebitamento sui mercati extra-nazionali. La fiducia è un bene che va conservato e protetto, salvaguardando i valori dell'ortodossia che si identificano nella professionalità e nell'efficienza.
La banca è e deve rimanere una centrale di scelte di uomini, di processi produttivi e di settori economici, assolvendo così ad un compito, che tutti gli altri sovrasta, di ammodernamento e rafforzamento della struttura imprenditoriale del nostro Paese. La graduale estensione dell'interventismo pubblico e l'eccessiva politicizzazione del credito potrebbero attenuare sensibilmente lo spirito selettivo ed il senso di rischio della banca, avviandola verso il ruolo, meno impegnativo e creativo, di organi di tesoreria e di cassa.
Se non si vuole trasformare il banchiere in un tagliacedole, in un burocrate senza responsabilità e fantasia, occorre che il sistema creditizio venga restituito ad uno stato di funzionalità, che implica piena capacità di iniziativa, facoltà discrezionali, flessibilità di manovra, liberandolo da strettoie che ne imbrigliano la condotta e la funzione creativa sul mercato.
E' questa una richiesta ispirata da autentica volontà di collaborare, e non da gretti interessi corporativi. D'altronde, è noto che l'imposizione di vincoli, da parte delle autorità, può rivelarsi contraddittoria rispetto ai fini cui essa mira in particolare. L'esperienza ha dimostrato come l'esistenza di effetti collaterali negativi nei riguardi dell'efficienza allocativa abbia ridotto la portata di misure a favore del settore reale, sicchè il premere sugli intermediari per rendere più intenso e rapido l'esito voluto della politica monetaria può, di fatto, tradursi in un bilancio costi-benefici sfavorevole per l'intero sistema economico.

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