§ Assemblea della Banca Agricola Popolare di Matino e Lecce del 24 aprile 1977.

Intervento del Prof. Francesco Parrillo








Caro Presidente, cari Soci,
nonostante io abbia partecipato, nell'esercizio della carica di Presidente dell'Associazione Nazionale "Luigi Luzzatti" fra le Banche Popolari, a numerosissime assemblee ed anche recentemente, nei mesi di marzo e aprile scorso, sia intervenuto ad una serie di assemblee delle Banche Popolari, non posso nascondere che in nessuno di questi incontri ho trovato un entusiasmo ed una tensione ideale pari a quella, così straordinaria, che provo oggi.
Causa di questi sentimenti è il senso di solidarietà e di concordia che è il fattore primo del successo della Banca Popolare di Matino e Lecce.
I risultati brillanti ottenuti da questa Banca sono da imputare anche all'opera del Presidente Giorgio Primiceri; mi associo, pertanto, all'omaggio che i soci hanno voluto tributargli, con unanime consenso, per la validità della sua attività bancaria che copre un arco temporale di ben 50 anni.
Alla testimonianza rivolta al Dr. Primiceri, dobbiamo aggiungere il plauso per i Vice Presidenti, il Consiglio di Amministrazione, il Direttore Generale, il Condirettore Generale, le Autorità, i soci e la stessa clientela; una costruzione armonica, quale la Banca di Matino e Lecce, non è infatti merito di una sola persona o di un gruppo di persone, ma è il risultato di un'azione solidale di tutta la comunità in cui la banca opera.
I risultati del Bilancio della Banca, confrontati con i dati generali del sistema creditizio, mostrano una eccedenza tanto per gli impieghi quanto per i depositi.
Gli impieghi, che superano il 25%, si pongono ad un livello più alto della media nazionale, che è stata del 22,6%, anche i depositi, ad un valore del più del 26%, vanno al di là della media generale del 22,8%.
Nella struttura del risparmio, la Banca Popolare di Matino e Lecce, registra una larga preponderanza del risparmio vero e proprio e cioè dei depositi a risparmio rispetto alla raccolta effettuata a mezzo di conti correnti; tale tendenza era presente, nel passato, a livello di sistema creditizio nazionale; in seguito hanno presentato un maggiore sviluppo i conti correnti mentre, attualmente, la ripartizione tra le due forme di deposito sembra in via di riequilibrio.
Anche per quanto riguarda gli impieghi, la politica della banca corrisponde ai canoni fondamentali di economia bancaria; essi appaiono, infatti, adeguatamente diversificati e frazionati.
Esiste, inoltre, la tendenza ad ampliare il settore dei crediti speciali; l'accentuazione di tale azione è stata richiesta da uno dei soci intervenuti nel dibattito. Questa attività più penetrante potrà essere certamente sorretta quando entrerà in funzione l'Istituto Regionale del Mediocredito per la Puglia. Frattanto, per le vie brevi, ho raccomandato al Direttore Dr. Casavola di intensificare, così come è avvenuto per la cassa di credito per le imprese artigiane, i collegamenti con la Centrobanca; soltanto a causa della presenza nel Mezzogiorno di specifici incentivi localizzati, l'appoggio di operazioni a questa istituzione centrale di categoria non si rende, talvolta, conveniente. Anche questo canale può essere, tuttavia, più opportunamente sfruttato.
Sia nella relazione che negli interventi di due soci Laudisa e Costa, è stata sottolineata l'esigenza che tutta l'attività di questa Banca sia incanalata verso programmi di azione sempre più diretti al servizio dell'uomo e della società. E' questo uno dei punti di maggiore interesse poiché l'immagine della Banca Popolare può essere colta soprattutto se in essa si vede questa stretta correlazione non solo con i fini che possono apparire materiali e contingenti, ma con l'obiettivo trascendente della crescita dell'individuo e della collettività.
A questo proposito, ricordo che, nella cerimonia che ha avuto luogo a Roma il 15 ed il 16 ottobre scorsi in occasione del centenario dell'Associazione Nazionale "Luigi Luzzatti" fra le Banche Popolari e dell'Assemblea Generale della Confederazione Internazionale del Credito Popolare, il Santo Padre, nell'udienza che ci è stata concessa, ha voluto evidenziare non solo i collegamenti tra credito popolare, risparmio e piccole e medie imprese, ma, particolarmente, la finalizzazione ultima dell'azione delle Banche Popolari e cioè il credito a servizio dell'uomo proprio per svilupparne le facoltà nel contesto di una società migliore.
Le parole del Pontefice si sono inserite, come momento esaltante, nelle ore intense e vibranti che hanno contrassegnato l'intera commemorazione del Centenario e l'Assemblea della CIPC, richiamate anche oggi dal Presidente Primiceri.
Dopo aver espresso il mio riconoscimento all'attività degli operatori della Banca Popolare di Matino e Lecce, che ha conseguito i brillanti risultati che appaiono dal bilancio, e aver rammentato il fine precipuo del credito popolare e cioè il collegamento con l'uomo e la società, vorrei collocare la situazione di questo Istituto e le aspettative che sono emerse dall'Assemblea, nel quadro più ampio della realtà economica nazionale.
La situazione appare incerta e le prospettive non sono ancora chiare, anche se il prodotto interno, che è l'espressione più sintetica e qualificante dell'andamento congiunturale, ha recuperato, con una crescita del 5,6% in termini reali, la caduta determinatasi nel 1975 (-3,5%).
La disaggregazione per settore produttivo mostra che l'evoluzione positiva del prodotto lordo interno è stata determinata in misura particolarmente accentuata dall'industria che, in termini reali, ha presentato un incremento del valore aggiunto del 9,7% per l'effetto combinato dei diversi andamenti; l'industria delle costruzioni ha segnato infatti, ancora una volta, un decremento pari all'1,2%.
L'agricoltura, anche a causa delle avverse condizioni climatiche, ha registrato una flessione del valore aggiunto del 3,3%. I servizi hanno conseguito un aumento pari al 4,0% in termini reali. La pubblica amministrazione, infine, ha accresciuto il proprio valore aggiunto del 2,0%.
Anche la produzione industriale presenta risultati altamente positivi per i] consuntivo della fine del 1976.
Un dato significativo riguarda l'andamento dell'occupazione. Nel 1976 si è determinato un aumento di 166.000 unità occupate che si sono indirizzate, in gran parte, verso il settore terziario; l'industria ha mostrato una contrazione di addetti per 5.000 unità e l'agricoltura per 30.000 unità.
Anche la riduzione delle ore concesse dalla Cassa integrazione guadagni rappresenta un risultato positivo. L'aspetto preoccupante è rappresentato dal permanere ed anzi dall'aggravarsi del fenomeno della disoccupazione giovanile specialmente per quanto riguarda la cosiddetta disoccupazione intellettuale e cioè l'incapacità da parte dei sistema economico di assorbire la quota disponibile di laureati e diplomati.
Anche le risultanze della situazione congiunturale del primo trimestre dell'anno in corso sono alquanto positive mostrando una continuazione del "trend" evolutivo della fine del 1976 specialmente per quanto riguarda l'industria. Si avverte, tuttavia, la necessità di tonificare la domanda che appare compressa principalmente per effetto delle politiche di contrazione della liquidità al fine di arginare il gravissimo fenomeno dell'inflazione che, anche se nei brevissimo periodo ed a tassi moderati, può accelerare l'attività produttiva, nel lungo termine, qualora raggiunga ritmi elevati, sconvolge l'intera struttura economica.
Il sistema Presenta tuttavia forti tensioni che incidono sulle condizioni di equilibrio dell'economia. Oltre alla presenza di elevati aumenti nel livello generale dei prezzi, si registrano le difficoltà derivanti dai disavanzi del bilancio pubblico e della bilancia commerciale i cui deficits sono di tipo strutturale e, quindi, difficilmente comprimibili. Per quanto riguarda !a bilancia dei pagamenti, infine, per il finanziamento degli squilibri di parte corrente, si ricorre ad un pesante indebitamento verso l'estero indispensabile anche a permettere alle riserve valutarie di restare al di sopra del livello di guardia.
L'esigenza di procedere alla stabilizzazione economica, tenuto presente che l'obiettivo prioritario è quello della lotta all'inflazione al fine di assicurare condizioni minime di base per procedere ad ogni ulteriore azione di politica economica, ha condotto all'emanazione di una serie di provvedimenti caratterizzatisi, in massima parte, in misure monetarie e creditizie che non hanno raggiunto l'effetto di sconfiggere i mali dell'economia.
In presenza di un tasso d'inflazione che si mantiene ancora a livello del 18 - 20% circa, si è fatto ricorso a politiche monetarie fortemente restrittive e a manovre creditizie che comprimono, o comunque non sostengono adeguatamente, l'attività produttiva. li saggio di sconto, al livello del 15%, rappresenta una indicazione del modo in cui si manifesta l'azione di controllo delle autorità monetarie; il vincolo di portafoglio è al 30% e la riserva obbligatoria al 15,75%. Recentemente sono stati, inoltre, prorogati i massimali alla erogazione del credito con alcune modifiche, che hanno reso le disposizioni fortemente limitative specialmente nei confronti delle piccole e medie imprese, in quanto hanno compreso nel vincolo anche le posizioni da 30 a 100 milioni precedentemente escluse.
Nel corso di una riunione interregionale tenutasi a Milano il 22 Aprile, con la presenza di circa 40 Banche Popolari, si è discusso il problema di proporre alcuni correttivi al meccanismo dei massimali. L'aspetto più preoccupante della questione è dato dal fatto che, secondo alcuni calcoli, il sistema produttivo si troverebbe nella condizione di dover restituire a quello creditizio ben 8.000 miliardi. Tale effetto di ritorno interesserebbe soprattutto le imprese di minori dimensioni, giacché le precedenti disposizioni sui massimali escludevano le erogazioni inferiori a 100 milioni. Il limite esente, con la norma di proroga, è stato abbassato a 30 milioni per evitare che i grossi complessi industriali sfuggissero, così come hanno fatto, attraverso il frazionamento degli impegni, alla normativa. Le aziende di credito, invece di rimanere nell'ambito di un aumento medio del 18%, hanno raggiunto percentuali di espansione dei crediti del 36% e le Banche Popolari stesse sono giunte al 30%.
La riduzione del plafono da 100 a 30 milioni, che assoggetta, quindi, al vincolo tutti i crediti che superano 30 milioni coinvolge il finanziamento alle piccole e medie imprese sia per la modestia del limite esente sia per il carattere retroattivo della norma e danneggia lo stesso settore dell'artigianato relativamente alle facilitazioni a medio termine ed a tassi agevolati previste da leggi nazionali e regionali.
L'Associazione Nazionale "Luigi Luzzatti" fra le Banche Popolari, rendendosi interprete delle esigenze dei minori organismi produttivi, ha richiesto alla Banca d'Italia alcuni correttivi al meccanismo dei massimali. Le attenuazioni proposte riguardano lo slittamento, per le operazioni di importo compreso tra 30 e 100 milioni, della base di riferimento al 31 marzo 1977 (o alla media del periodo gennaio-maggio o, comunque, a periodi vicini al 31 marzo) con aumenti dell'1% a maggio, del 2% a luglio, del 1% a settembre, del 4% a novembre, dell'11% a fine gennaio 1978 e del 13% a fine marzo. Si attuerebbe, in tal modo, per la fascia 30-100 milioni, lo stesso trattamento dei prestiti di importo superiore.
Si è chiesta, inoltre, l'elevazione da 30 ad almeno 50 milioni del limite di esenzione in relazione alla circostanza che la limitata incidenza globale, rappresentata da tale classe di impieghi, non dovrebbe comportare conseguenze monetarie di rilievo; tale modifica appare di grande importanza per la categoria dei piccoli imprenditori consentendo, inoltre, il rispetto delle agevolazioni previste dalle norme a favore degli artigiani che fissano a 40 milioni il limite massimo di intervento.
La serie di disposizioni restrittive di natura creditizia risponde agli impegni assunti a livello internazionale verso il F. M. I. per la riduzione dei tasso d'inflazione dal 16% nel 1976 al 13% nel 1977, mantenendo i costi del lavoro entro il limite d'accrescimento del 16%. Si tratta, quindi, di obiettivi che riguardano la politica economica interna ed esterna; compatibilmente con tali vincoli, sarà indispensabile svolgere una opportuna azione tendente a mitigare e a correggere le distorsioni che possono provenire dai meccanismi di contenimento della espansione creditizia e, in particolare, dalle disposizioni sui massimali.
Le Banche Popolari, infatti, svolgono la propria attività a favore delle piccole e medie imprese ancorandosi a quei valori umani che ho ricordato in precedenza; dal punto di vista operativo esiste una simbiosi tra istituzioni di credito popolare, comunità locali e organismi produttivi di dimensioni minori.
Sono convinto che una delle vie per la salvezza dell'economia italiana passa attraverso la promozione delle piccole e medie imprese; cioè attraverso l'azione di artigiani, professionisti e, in generale, del ceto medio che attualmente rappresenta la struttura portante del Paese.
In questo momento, i problemi delle imprese minori hanno acquistato un nuovo interesse e, da più parti, si auspicano e si decidono agevolazioni e contributi a suo favore perché si è compreso che essa è la base dell'attività produttiva; le piccole e medie imprese assumono, inoltre, un valore di grande rilievo non soltanto ai fini dello sviluppo economico ma anche della stabilità del tessuto sociale.
Nei giorni scorsi ho avuto occasione di partecipare a due importanti Congressi sul tema delle imprese minori di cui uno a livello internazionale e l'altro limitato all'area regionale della Lombardia. A Milano, nel corso del Convegno tenutosi il 29 marzo su iniziativa della Associazione Industriale Lombarda su: "La piccola e media industria, fattore di sviluppo della Lombardia" erano presenti duemila operatori circa, non tutti, forse, di dimensioni minori, che hanno mostrato un atteggiamento fortemente critico.
Nonostante l'ambiente si presentasse alquanto difficile, ho ritenuto doveroso riferire, anche in qualità di Presidente del Comitato Tecnico consultivo per gli studi sulle piccole e medie industrie presso il Mediocredito Centrale, sull'indagine che tale Comitato ha compiuto sulla piccola e media industria; tale indagine, che si fonda sulle indicazioni emerse da un questionario al quale hanno risposto ben 24.000 unità produttive, riguarda gli anni fino al 1973, ponendo interessanti raffronti con un analogo studio effettuato nel 1968 e introducendo alcuni aspetti dinamici dell'evoluzione degli organismi produttivi minori nell'arco temporale 1968-1973.
L'impresa di minori dimensioni mostra andamenti più favorevoli, maggiore adattamento, un indebitamento più contenuto, e migliore capacità di resistenza, rispetto alla grande industria. Le imprese presentano, oggi, posizioni debitorie che raggiungono i 120.000 miliardi in un contesto in cui anche l'amministrazione pubblica registra debiti per 100.000 miliardi e gli enti locali per 30.000 miliardi circa. In questa situazione, appare naturale pensare, come fanno alcuni, che l'inflazione possa alleggerire il pesante indebitamento; una azione anche inconsapevolmente favorevole al continuo deprezzamento della moneta condurrebbe, tuttavia, sulla strada della rovina economica e della disintegrazione produttiva.
Le Banche Popolari, consapevoli della funzione delle piccole e medie imprese, che restano una delle aree sane dell'economia, ritengono che debba essere offerta agli organismi produttivi minori una collocazione prioritaria nella erogazione del credito.
Al fine di sbloccare alcune spirali "perverse" che dominano l'economia italiana, è indispensabile operare in stretto collegamento con la Comunità economica europea, che ha un interesse precipuo ad assistere il nostro Paese aiutandolo a superare questa difficile fase economica caratterizzata da alti tassi di inflazione. Il paragone con la situazione dei paesi latino-americani, pur realistico, se si confrontano esclusivamente i ritmi di crescita dei prezzi, è tuttavia da respingere.
L'importanza dell'appartenenza dell'Italia alla CEE, al cui operato ho rivolto io stesso alcune critiche talvolta severe, deve essere maggiormente compresa utilizzando, in maniera più opportuna, quei meccanismi di tutela ed assistenza che essa offre; non bisogna lasciarsi tentare da spinte di tipo nazionalistico che possono escluderci dal contesto comunitario ma restare, al contrario, in linea con principi di solidarietà e di integrazione internazionale.
L'azione della Comunità a favore dell'Italia si è concretizzata nella concessione di crediti e nell'autorizzazione all'introduzione di alcune misure di salvaguardia quali, ad esempio, l'imposta sulla provvista di valuta e il deposito previo sulle importazioni.
Anche so si tratta di aiuti di consistenza ridotta in relazione alla grave situazione dell'economia italiana, la suddivisione dell'Europa in paesi a moneta forte e paesi a moneta debole rappresenta un danno gravissimo per la Comunità nel suo complesso.
Una terza via di salvezza, oltre alla promozione delle piccole e medie imprese e al collegamento della nostra politica economica con le direttive della CEE, è rappresentata da una più attiva azione di intervento a favore del Mezzogiorno. La centralità del tema dello sviluppo del Sud è stata ancora una volta ribadita nel corso del Convegno CEEP tenutosi a Napoli nella seconda metà del mese di Aprile. Nè il provvedimento sulla fiscalizzazione degli oneri sociali nè quello, che sta seguendo un tormentatissimo iter parlamentare, relativo alla riconversione industriale sembrano apportare vantaggi sostanziali al Mezzogiorno, ma anzi accrescere la frattura tra un Nord più prospero e un Sud depresso. Il bilancio della situazione economica meridionale non è esaltante. La legge 183 del 2 maggio 1976 prevede investimenti per 16.000 miliardi per il periodo 1975-1980; l'attuazione del progetti speciali, punto qualificante della nuova normativa, appare tuttavia estremamente macchinosa tanto da rendere difficili e lente le possibilità di impiego dei fondi.
Nel 1950 è stato posto il problema dello sviluppo economico italiano; a 27 anni da quella data non sono stati raggiunti i due obiettivi che ci si proponeva, consistenti nell'eliminare il divario tra il Nord ed il Sud e il dualismo agricoltura-industria.
Il solco non è stato purtroppo eliminato, ma è stato anzi approfondito; di fronte ad una certa omogeneità del sistema economico dell'area settentrionale del Paese, il Mezzogiorno presenta situazioni pluralistiche.
Una politica di reale incentivazione del Sud deve puntare sugli investimenti attraverso l'azione congiunta sia delle autorità di governo che di quelle più strettamente monetarie e creditizie. La compressione delle importazioni e la riqualificazione della spesa pubblica non hanno prodotto risultati positivi; bisogna incanalare le risorse non verso il finanziamento del settore pubblico, che produce effetti di scarsa efficienza, ma piuttosto verso gli impieghi a favore del Mezzogiorno al fine di non produrre un aggravio del distacco tra le condizioni economiche del Nord e del Sud del Paese.
Nel concludere il mio intervento, vorrei invitare a non indulgere in atteggiamenti fatalistici e disperanti, ma, al contrario, ad esaltare il coraggio di tutti, la fiducia e la speranza nella convinzione che la situazione presente non è irreversibile: da gravi momenti di oscurità e di crisi, che pure abbiamo attraversato nel corso della nostra storia anche la più recente, siamo passati a fasi di ricostruzione, di rinascita, di ripresa e di progresso.
L'importante è che ognuno, come ricorda Benedetto Croce, si impegni nell'adempimento del proprio dovere anche in modo drammatico, perché soltanto così sarà possibile superare le angoscie che sono dentro di noi. Dobbiamo, principalmente, evitare di essere sopraffatti dall'avversa congiuntura; attraverso l'unità, senza abbandonare la lotta, riusciremo ad utilizzare tutte le risorse disponibili alla riconquista della stabilità economica. Ha detto efficacemente uno scrittore inglese: "Non c'è un destino che si abbatte sugli uomini, comunque essi agiscano, ma c'è un destino che si abbatte sugli uomini se non agiscono".

Banca Popolare Pugliese
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