LIONELLO MANDORINO




Leonida Repaci



Si potrebbe parlare di Lionello Mandorino come di un pittore meridionale che abbia inteso svolgere un personale discorso sociologico: che pure c'è, (terre e case e paesi contadini sono i suoi, e non possono essere altro: il Sud è un grande continente contadino) ed è tutt'altro che trascurabile. Oppure, lo si potrebbe inquadrare in uno dei non pochi filoni validi della pittura meridionale, o della pittura pugliese, che ha avuto particolari e originali matrici creative. Tuttavia, il conto non tornerebbe per intero, perché non coglieremmo in tutte le sue componenti l'identità di questo artista salentino.
Egli è certamente figlio di se stesso. Che certe sue linee siano partite da maestri vicini (lasciati in ombra dalla critica per macchinosi interessi), dal Geremia Re, al Ciardo, è un fatto quasi accidentale. Da Geremia Re, Mandorino ha tratto (o ha rafforzato) il gusto della lealtà pittorica: che nativamente possedeva, poiché non si crea da un giorno all'altro. Dal Ciardo può aver derivato la sicurezza di certe spatolate. Ma, ripeto, sono piccoli debiti - forse più affettivi che reali - che Mandorino ha saldato e breve termine. Tant'è, che molto più moderno è il suo figurativo (prezioso per la sua rarità), e più aderente alla nostra sensibilità il suo linguaggio espressivo. Tant'è, che il colore in Mandorino (se si escludono i momenti di abbandono e di malinconia, che ogni artista autentico deve pure avere: quando le case sono cilestri, e gli uomini sono ombre, e i cieli risultano di una incredibile trasparenza madreperlacea: perché entra in gioco quel "dolore meridionale" che ci ha ispirati e perseguitati per secoli, per millenni), il colore, dicevo, in questo pittore sa realizzare un perfetto equilibrio, pur senza perdere in intensità, o in forza, o in luminosità. Tant'è, infine, che il gioco della fantasia liberamente trascorre dal tema realistico al tema onirico, dalla "cosa in sé" al sogno, passando come vuole per tutte le fasi intermedie, con naturalezza (e non è un gioco, né un contrabbando: si sente che è padronanza della tecnica espressiva e pieno possesso del segno e del disegno: ed è, soprattutto, proiezione di un'interna, sofferta esperienza). Il colore dicevo: che, sapientemente dominato, perde la spericolatezza dei timbri insidiosi, (biacca-rosso-blu di Prussia), viene in primo piano, proponendosi nei soli giganteschi, nei paesi stagliati sul verde-rossastro, nelle nature morte, nei fiori e nelle stupende persiane abbaglianti.
Questo colore mandoriniano da luce meridiana, che si fa spazio oltre la cornice: del resto, la natura stessa del disegno di Mandorino sconfina oltre le nozioni comuni di tempo-spazio. crea l'"altra" dimensione con un singolare gioco di azioni-reazioni, frutto non solo di una spiccata tendenza critica (e dunque creativa), ma anche di un costante aggiornamento culturale, di una adesione meditata ai movimenti artistici che, al di là di ogni latitudine, hanno dato continuità all'arte del Novecento. Da qui, la validità di certi "astratti" di Mandorino, che mai perdono di vista gli aspetti e le caratteristiche peculiari di tutta l'opera pittorica precedente; da qui, la modernità di questo artista, destinato a restare, per il suo rigore, per la sua coerenza, per la sua spiccata personalità, un punto fermo nella storia della pittura del nostro tempo.

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